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GIOV: BENEDETTO SINIBALDI

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SE colla vita di Gentile da Lionessa, noi offerimmo un omaggio a quella Città dalla quale abbiamo tratta l'origine mostrandola altrice di generosi e forti Eroi nella guerra, colla vita di Sinibaldi faremo scorgere a chi ha fior di senno, che anche fu madre di sommi ingegni, de' nobili e pacifici studj cultori. Noi avremo così reso un duplice tributo sincero alla Patria svolgendo i suoi annali gloriosi. Ma un altro più nobile motivo si aggiunse all' amore di Patria, e sospinse l'animo nostro a tener ragiouamento del Sinibaldi . L'incuria degli Scrit→ tori delle nostre Storie Letterarie aveva posto in obblìo il suo nome e la sua Opera, abbenchè nol meritassero. A chi meglio si apparteneva di vendicare la sua memoria che ad un suo postero concittadino? Risorge adunque la sua fama in quest' Opera quando era vicina ad estinguersi, ed io mi fo altissima gloria di togliere questo trionfo al tempo divoratore.

Ma come farem noi a rintracciar le notizie della sua vita nel silenzio quasi universale degli Scrittori ? Pitagora da un piede, che a caso trovò di una statua ne giudicò l'intiera misura, e giunse a dimostrare, ch' essa rappresentava Ercole Tebano. Dall' opera, che unica ci rimane del nostro Sinibaldi noi nello stesso modo faremo emergere alcune notizie sulla vita di lui, ed il giudizio della sua dottrina .

Sappiamo adunque ch' egli sotto il puro cielo di Lionessa bevve la vita; che venuto in Roma molto giovane egli con fervore a' buoni studj applicossi, e tanto nell'arte difficile della Medicina levò grido, che gli fu concesso di sedere professore nell' Archi-Ginnasio Romano. Fiorì nel secolo XVII epoca nella quale Roma vedea nel suo seno altri Medici di fama, che erano pure nati in Lionessa (a).

(a) II Pacichelli

ed il sunnomato Sinibaldi ci parlano di due fratelli di casa RISA di Lionessa, che furono nella corte di Papa Clemente IX, in carattere di Auditori, e di Medici, ed in abito prelatizio.

in 4.

Le opere che di lui ci rimangono sono le seguenti :

1. Hippocratis Antiphonon. Libri quinque. Romæ. 1650

2. Geneantropheja, sive de Hominis generatione Deucathecon. Ubi ex ordine quæcunque ad humanæ generationis liturgiam, ejusdemque principia, organa, tempus, usum, modum, occasionem, voluptatem, aliasque omnes affectiones quæ in Aphrodisiis accidere quoque modo solent ac possunt, dedita opera plene methodicè, et jucunde pertractantur. Roma 1642 fol. Fu ristampata in Francfort. 1669 in 4. (a).

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Non avendo avuto sott' occhio la prima opera, noi ci contenteremo di favellare della seconda, che può chiamarsi giustamente un Trattato Filosofico-Medico sulla generazione. Egli scrisse su questa materia antecedentemente ad Harveo, a Graaf, ed a Coupero, i quali aprirono la strada a' più ragionevoli sistemi su questo importantissimo argomento. Aristotele, Ippocrate, e Galeno erano quelli i quali aveano preceduto il nostro Sinibaldi : quindi egli adottò molte opinioni di codesti illustri Scrittori. Infatti egli siegue la opinione d'Ippocrate ammettendo per la generazione la riunione de' due semi onde nel Lib. I. così si esprime: Ad perfectam generationem viventum requiritur necessario utriusque seminis concursus Attribuisce la generazione al seme ch' egli chiama specierum promptuarium. Così su questo proposito elegantemente si esprime: Semen est ipsius naturæ universalissimum ac principalissimum instrumentum , quo illa immortalitatis avida , tamquam unico suffragio suo consuluit perennitati. Considera le ovaje delle donne come due testicoli destinati alla secrezione del se

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(a) Questa opera è dedicata al Card. Principe Estense. Un Trattato sulla generazione diretto ad un Cardinale! Nella Prefazione il Sinibaldi accenna di voler pubblicare molte altre sue opere, cioè: Commentaria opulentissima in sextum epidemic Liber de morbis contagiosis: Tractatus locuples de morbis hæreditariis: Tractatus de morlis puerorum. Sembra ch' egli valesse anche nell' Erudizione, poichè parla in ultimo di un suo scritto sopra i simboli di Pitagora.

9:

me a cui attribuisce la generazione, onde nel Libro V. Tratt. 1. Cap. 1. scrive così: muliebre semen active ad generationem concurrit. Quindi nel Capitolo susseguente si occupa a sciogliere la questione: Cur si fœmina fœcundo semine diffluit, suo tamen cum sanguine, suoque in utero citra maris genituram concipere nequeat? Dopo aver riferite le opinioni altrui scioglie la quistione ne' seguenti termini: Ita ergo aliis omnibus convulsis opinionibus meam in medium affeTram non multis obvolutam verborum ambagibus. Dico itaque, ideo mulierem non posse citra viri rorem genitalem concipere quoniam in ipsa generatione motus principium fit a semine viri, si autem principium talis motus deficiat, deerit quoque progressus ac finis. Quod in semine viri sit principium motus expressis verbis non in uno loco enunciavit magnus Philosophus ac precipue 6. de generatione animalium cap. 2. ubi marem ita generationis principium constituit ut omnem a muliebri semine auferat motionem. Profecto major illa efficacia ac preeminentia quæ masculino semini pari voto a Philosophis ac medicis decernitur, nequaquam consistit in majori copia, non in majori robore seu masculinitate, si quidem ut ex Ippocrate jam ostendimus muliebris interdum genitura copia, viribus et masculinitate virili præcellit. Igitur alibi reponi debet, in hoc scilicet, quod sit motionis ejus initium, quasi fœmineum semen antequam masculini accedat impulsus sit omnino ociosum ac pene sopitum, ubi vero ab illo excitatum fuerit, suas partes obeat, suoque munere fungatur, et validius etiam quam. ipsum virile semen. Ma andrebbe errato, di gran lunga colui, che credesse che il medico Lionessano abbia seguiti sempre alla lettera gli antichi Scrittori : perciocchè si trovano nella Geneantropeja molle grandi vedute mediche, e ad ora ad ora: vi appariscono alcuni lampi di quelle scoperte, che poi han fatto tanto onore a' moderni. Da questo passo del Libro V. del.' opera può raccogliersi, ch' egli riponea nel seme muliebre il principale istrumento della generazione, mentre il seme virile era da lui considerato siccome lo stimolo perchè incominciasse a svolgersi il seme muliebre, ovvero il germe. Questa appunto è l'opinione che molto tempo dopo la pubblicazione

dell' Opera di Sinibaldi fu abbracciata da Bonnet

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Di Sinibaldi favellano Van der Linden nella sua grand' opera de Scriptis medicis. Eloy nel suo Dizionario Storico della Medicina non solo favella di lui, ma anche del suo figlio Jacopo Sinibaldi nato nel 1641, morto nel 1720, che seguendo le orme del suo illustre genitore fu Professore nella Sapienza, Decano del Collegio de' medici in Roma Protomedico generale dello Stato Ecclesiastico e Arcade col nome di Panopo Melenidio; di cui si veggono a stampa: L'Embrione Filosofico: L' Apollo ec. Parva methodus medendi.

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Ecco ciò che volevamo consegnare alla memoria de' posteri in rapporto al nostro Gio: Benedetto Sinibaldi . Accennaremo

in ultimo, che in veggendo la sua opera ripiena di una vastissima erudizione greca e latina noi possiamo stabilire ch'egli non solamente coltivò le scienze e l'arte salutare

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ma che let

fu cultore pur anche delle belle arti e delle amene tere al pari del Severino, del Capoa e d'altri illustri Fisiologi .

GIUSEPPE BOCCANERA DA MACERATA.

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