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Scipione Ammirato

Celebre Istorico.
Sacque in Lecce nel 1531.
Mori in Fiorenza nel 1601.

In Napoli presso Nicola Gervasi al Gigante N.23

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SCIPIONE AMMIRATO.

ACQUE Scipione Ammirato in Lecce di nobil famiglia, che da Firenze traeva l'origine, nel 1531. da Jacopo ed Angiola di Raimondo, nobile donna di Brindisi. Fanciullo apprese i primi rudimenti delle lettere nella terra di Poggiardo sotto la disciplina di Angelo Sorano; ed ebbe a maestri nella Rettorica in Brindisi Battista Lasci, e Giulio Santo. Il padre che sin da prima destinavalo allo studio delle leggi, carriera, che in questo Regno, tranne quella delle armi, fu per lungo spazio tenuta la sola convenevole ad uomo di nobil grado, lo spedì con questo scopo in Napoli all'età di anni 16. Aveva egli fermo che il talento del figliuolo gli avesse procacciato ricchezze, ed onori, ma andaron ben presto fallite le sue speranze. Non prima in Napoli fu giunto, che si legò in amistà con Angelo di Costanzo e Bernardino Rota, la dimestichezza de' quali crebbe vie maggiormente il suo amore per l'amena letteratura e per la Poesia, ai quali studj lo avea natura inclinato. Benchè egli dunque impreso avesse lo studio della Civile ragione sotto la disciplina del Bolognetto, e del Benignino, poco vi attese e tutto si abbandonò a' ง diletti suoi studj; la qual cosa i rimproveri del divisato suo padre li attirava frequentemente.

pre

A capo di quattro anni quattro anni, fu astretto di ritornar nella casa paterna; sorpreso da mortal malattia, della quale essendosi riavuto in Napoli fece ritorno; ma caduto in novella indisposizione, nella patria si recò di bel nuovo. Nella dimora che vi fece, gli fu apposta una satira che quivi a quel tempo si sparse. Egli allora si rifuggì in Venezia, onde schivare i rischi, che a lui soprastavano. In quella città, spiccò molto col suo ingegno, e vi udiva il Molino, il Veniero, e lo Sperone; ma chiaritasi la sua innocenza, perchè il padre con lui sdegnato, poco curava di sovvenirlo, fu indotto a far nella casa ritorno, laddove molto non fu ben accolto.

Seguentemente, a persuasione di Braccio Martelli Cavalier Fiorentino, allora Vescovo di Lecce, il quale molto ne conosceva il valore, s'indusse a prender abito di chie

sa, e venne da questi al Sacerdozio ordinato, ed in premio de' servigj che gli rendè, promosso alla dignità di Canonico in quella Cattedrale. Il divisato Vescovo lo spedì quindi segretamente in Roma onde negoziasse per lui per agevolarlo co' suoi maneggi ad ottenere il cappello cardinalizio, al quale il detto Vescovo pretendea. L'Ammirato vi andò, ma trovato non ben disposto animo di Papa Giulio III. verso il Vescovo ' a persuasione di Alessandro Contarino, che di lui avea inteso parlare in Provincia di Otranto dove per cagion di traffico avea fatto soggiorno, in Vinegia egli recossi, laddove molta buona accoglienza da prima ne ricevè, ma ben tosto novella tempesta sorger vide contro di lui. Avea il Contarino per donna giovane famosa a quei dì per le sue bellezze, per le sue grazie e pel suo spirito, che perciò la bella Loredana veniva denominata, la quale avendo presa coll'Ammirato dimestichezza, il marito ne venne in tanta gelosia, che egli dovè colla fuga sottrarsi al rischio della vita.

Assunto Paolo IV. al Ponteficato, l' Ammirato si diede al servigio di Briana Caraffa nipote del divisato Pontefice, e con lei accontatosi seco in Roma si portò ; ma avendo presa parte nelle gare che insorsero tra la divisata Dama e Catterina sorella del Pontefice, dovè abbandonar la Corte, e ridursi di nuovo in patria, dove fondò l'Accademia de' Trasformati, della quale avventura ei così scrive al Costanzo ne' versi a lui indirizzati:

Ei bisogno, Costanzo, di galoppo

Tornare in casa e di mia vita incerto.

Volle tentar di nuovo il sentiero della Corte, ed entrò al servigio del giovane cavaliere Gian Lorenzo Pappacoda, che fu poi marchese di Capurso, il quale tutto il favore, e tutta la confidenza godea di Bona Sforza vedova regina di Polonia, la quale allora in Bari faceva soggiorno; ma cangiato aspetto di bel nuovo la sorte, in patria un'altra volta il ridusse.

Per appagar le voglie del padre, che non mai rifiniva di dolersi di lui, s'indusse a trasferirsi in Napoli per imprendervi l'interrotto esercizio delle leggi; ma essendosi appiccata briga tra lui, e Paolo Terracino, che fu poi Vescovo di Calvi, dal quale oltraggiato, egli rispose con

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