La divina commedia, Volume 2

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M. Guigoni., 1863
 

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Pagina 147 - Prima che sia, a guisa -di fanciulla, Che piangendo e ridendo pargoleggia, L'anima semplicetta, che sa nulla, Salvo che, mossa da lieto fattore, Volontier torna a ciò che la trastulla. 90 Di picciol bene in pria sente sapore: Quivi s'inganna; e dietro ad esso corre, Se guida o fren non torce
Pagina 111 - Pur di non perder tempo; sì che in quella Materia non potea parlarmi chiuso. A noi venia la creatura bella, Bianco vestita, e nella faccia quale Par tremolando mattutina stella. 90 Le braccia aperse, ed indi aperse l'ale: Disse: Venite: qui son presso i gradi: E agevolmente ornai si sale. A questo annunzio
Pagina 77 - Vinto dal sonno, in su l'erba inchinai Là, 've già tutti e cinque sedevamo. « Nell'ora, che comincia i tristi lai La rondinella- presso alla mattina, Forse a memoria de' suoi primi guai ; E che la mente nostra, pellegrina Più dalla carne, e men da' pensier presa, Alle sue visìon quasi è divina;
Pagina 298 - son terra sparte. E se il sommo piacer si ti fallio Per la mia morte, qual cosa mortale Dovea poi trarre te nel suo disio ? Ben ti dovevi, per lo primo strale Delle cose fallaci, levar suso Diretr' a me, che non era più tale. Non ti dovea gravar le penne in giuso Ad aspettar più colpi, o pargoletta,
Pagina 279 - com' egli eran candelabri apprese, 50 E nelle voci del cantare Osanna. Di sopra fiammeggiava il bello arnese Più chiaro assai, che Luna per sereno Di mezza notte nel suo mezzo mese. Io mi rivolsi d'ammirazion pieno SS Al buon Virgilio; ed esso mi rispose Con vista carca di stupor non meno. Indi rendei
Pagina 8 - Tragga la gente per udir novelle, E di calcar nessun si mostra schivo ; Così al viso mio s'affissar quelle Anime fortunate tutte quante, Quasi obbliando d'ire a farsi belle. Io vidi una di lor traggersi avante, Per abbracciarmi, con si grande affetto, Che mosse me a far lo somigliante. Oh ombre vane, fuor che
Pagina 16 - è dato lor per lutto: Io dico d'Aristotile e di Piato, E di molti altri. E qui chinò la fronte, E più non disse; e rimase turbato. Noi divenimmo intanto appiè del monte: Quivi trovammo la roccia si erta, Che indarno vi sarien le gambe pronte. Tra Lerici e Turbia,
Pagina 43 - E qual da lato gli si reca a mente. Ei non s'arresta, e questo e quello intende; A cui porge la man, più non fa pressa: E così dalla calca si difende. Tal era io in quella, turba spessa, 10 Volgendo a loro e qua -e là la faccia, E promettendo mi sciogliea.- da essa.
Pagina 278 - O sagrosante Vergini, se fami, Freddi o vigilie mai per voi soffersi, Cagion mi sprona ch'io mercé ne chiami. Or convien ch'Elicona per me versi, Ed Urania m'aiuti col suo coro Forti cose a pensar mettere in versi. Poco più oltre, sette alberi d'oro Falsava nel parere il lungo tratto Del mezzo,

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