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mune ed economica la scrittura ed assicurano la continuità della storia. I popoli selvaggi anche oggidì cercano di supplire con varî modi all'ufficio della scrittura per conservare la memoria dei trattati, che fermano con le vicine nazioni. Vi hanno popoli che ripetono a memoria le convenzioni verbali, affinchè la tradizione le tramandi nella tribù. Altri che affidano ad una classe di uffiziali tale narrazione. Altri usano segni raffigurativi del loro consenso e delle loro obbligazioni.

OVALLE, uno degli storici del Chili, racconta che il Padre Torres incontro una sera un Indiano, che parlava solo e ad alta voce sul bivio di una foresta. Quest' uomo, interrogato, gli rispose che recitava le tradizioni del villaggio, che nessuno doveva dimenticare. Era un uomo archivio, che conservava le clausole de' trattati ed ogni altra memoria politica. 1

Presso gli Atzechi nella regione dell' Anahuac con scritture, che erano chiamate didattiche, si determinava la natura di taluni trattati e le loro clausole. I popoli del Perù avevano la classe degli Amantas, il cui ufficio era di trasmettere a memoria i trattati di pace. I guippos o guipus si componevano di piccoli cordoncini, cordoncillos, di colori diversi, che annodati in certe guise a piccoli pezzetti di legno formavano archivî affidati alla custodia dei guippo-camaycos, i quali erano nello stesso tempo conservatori ed interpreti di nodi religiosi, storici, diplomatici ed amministrativi. 3

Nello stesso modo i popoli del Canadà, benchè tanto lontani dal Perù, conservavano memoria de'loro trattati e ne stipularono parecchi nel secolo XVII con i Francesi. 4

1 ALONSO DE OVALLE. Relacion historica del Reyno de Chile, Roma, 1646, in folio.

2 Lord KINGSBOROUGH. Antiquities of Mexico, ecc. Londra, 1830, 9 volumi.

3 Nel libro VI, De los Comentarios reales di GARCI-LASSO. Nouveaux voyages de M. le baron DE LAHONTAN dans l'Amerique septentrionale. Aia, 1704, vol. 1, pag. 48, e vol. II, pag. 100.

Gl'Indiani dell' America del Nord ratificavano col segno della croce i trattati, che stipulavano con gli Europei, così come fanno i contadini illetterati. Si potrebbe scrivere un libro speciale sopra i segni figurativi adoperati dai popoli selvaggi per supplire al difetto di scrittura.1

82. Ma la scrittura non indica da sè sola la progredita espansione de' rapporti internazionali. Prova maggiore de' medesimi si raccoglie dalle diverse materie, che i trattati contemplarono, e dalla classificazione che ce ne tramandarono gli scrittori.

Le leggi di Manù distinguevano le alleanze più o meno strette. Nell'Hitopadesa sono numerati sedici termini per indicare le diverse specie di alleanze. 2

La diffidenza era il principio ispiratore di ogni convenzione. « Un sovrano, profondo politico, deve porre in opera ogni mezzo affinchè i suoi alleati, le potenze neutrali e i suoi nemici non abbiano alcuna superiorità su di lui ». 3

Bisognerà aspettare ancora molto tempo prima che nella storia s'incontri l'istituto delle ambascerie permanenti. Le relazioni diplomatiche essendo poco operose, specialmente per la mancanza di strade, non potevano suggerire la continuità delle rappresentanze diplomatiche. Però l' India conobbe per tempo l'importanza degli ambasciatori. Le leggi di Manù distinguono già i differenti uffici delle grandi dignità dello Stato: « L'esercito dipende dal generale, il tesoro ed il territorio dipendono dal re, la guerra e la pace dall' ambasciatore, infatti questi riunisce i nemici e divide i collegati. Per mezzo di lui il re è istruito de' disegni de' sovrani stranieri. Per questi ufficî eleg

1 Vedi la Note sur les traités de paix chez les peuples sauvages di FERDINANDO DENIS in appendice al libro di EGGER: Etudes historiques sur les traités publics chez les grecs et chez les romains, ecc. 2 IV, 13, 105, 125.

3 Leggi di Manù, vii, 158.

gerà uomini che sappiano interpretare i segni, gli atteggiamenti, i gesti, uomini puri ne' loro costumi e incorruttibili». 1 Costoro dovevano seminare la divisione ne' regni stranieri, attirando dalla loro parte i pretendenti al trono del principe nemico ed i ministri malcontenti. 2

3

Al cospetto della perfidia di questi consigli l'arte di governo degli scrittori del Cinquecento non è nuova. Machiavelli non riesce in ogni suo punto originale. 3 I templi e i luoghi sacri servivano di convegno ai ministri ed ai loro spioni. Costoro vestivano l'abito religioso e della penitenza; andavano macchinando scaltrezze politiche sotto il pretesto di conferenze religiose. Queste arti della casta indiana fanno correre il pensiero ai frati, che viaggiavano per le corti straniere, ed ai gesuiti, che pretesero di decidere le sorti della politica.

83. La guerra seguiva alla fallita corruzione o al mancato accordo diplomatico.

Il re doveva combattere valorosamente per debellare il nemico. 4 La legislazione guerresca dei bramani era piuttosto umana. La devastazione ed il saccheggio erano i modi generalmente usati per far accettare al nemico la volontà del vincitore. Manù raccomanda al re di devastare il territorio straniero, di guastare le erbe dei pascoli, le provviste, l'acqua ed il bosco dell'avversario; 5 ma la legge indiana non consente la distruzione delle piantagioni e degli abituri. Questo divieto era sconosciuto al diritto guerresco degli altri popoli dell' antichità. Il rispetto dell'agricoltura poteva essere consigliato dalla necessità di conservare la esistenza e la pace della casta degli agricoltori. 6

Leggi di Manù, vii, 177.

2 Leggi di Manu, vII, 107, 197.

3 LAURENT, loc. c., pag. 131.

4 Leggi di Manù, v11, 200.

5 Leggi di Manù, 195.

DIODOR, 11, 36, 40.

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84. Il legislatore comandava la più schietta lealtà. I poemi indiani riferiscono belli episodî di questa onorata condotta sopra i campi di guerra. « Un guerriero non deve giammai impiegare contro i suoi nemici armi perfide, come bastoni che racchiudano stili affilati, nè frecce frastagliate, avvelenate, nè dardi infiammati. Ch' egli non ferisca nè il nemico a piede, s'egli è sopra il carro, nè quello che ha le mani congiunte per chiedergli mercè, nè quello che gli dice: io son tuo prigioniero; nè l'uomo addormentato, nè quello che non ha corazza, ně quello ch'è nudo, nè quello ch'è disarmato, nè quello ch'è già alle prese con un altro, nè quello di cui l'arma è infranta, nè colui ch'è preso da dolore, nè l'uomo gravemente ferito, nè il vile, nè il fuggitivo: che si ricordi i doveri de' prodi guerrieri ». 1

85. Dopo questo cenno della condizione de' vinti, della diplomazia e del diritto guerresco indiano occorre dire alcuna parola delle relazioni dell' India con i popoli stranieri.

Gli Stati teocratici per l'influenza della casta sacerdotale, che cerca sempre di fortificare le passioni politiche con le prescrizioni religiose, sono condannati al più esclusivo isolamento.

L'antagonismo esistente tra la razza ariana e le nazioni straniere fu più profondo di quello che divise i Greci dai barbari. Gl'Indiani chiamavano Melcha gli altri popoli: parola che significa uomini parlanti lingua straniera. Nell' Occidente il principio di separazione fu la coscienza di un maggiore incivilimento, l'orgoglio del cittadino; invece la divisione degli Indiani era il corollario de' dommi religiosi.

Malgrado il precetto religioso, gli scrittori greci celebrarono la grande virtù dell'ospitalità dei popoli riveraschi del Gange. Diodoro, Strabone e Filostrato parlano di magistrati che avevano per ufficio di ricevere gli stranieri e di vigilare a che

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non patissero ingiustizia, di medici che ne curavano le malattie e di molti altri aiuti prodigati; dånno testimonianza che quei popoli seppellivano i cadaveri degli stranieri e rendevano agli eredi i beni dei defunti.1 L'ospitalità fu pure celebrata dalla letteratura indiana.

Parecchi scrittori mostrano dubbiezza di questi racconti, confrontandoli o con le prescrizioni de' Libri Sacri o con lo stato de' costumi dei moderni Indiani.

L'efficacia de' precetti religiosi scade col tempo quando i popoli diventano adulti. Mal si giudica lo spirito antico con i sentimenti moderni.

86. Malgrado le incertezze che la critica può sollevare, l'India portò fuori i limiti suoi il prisco incivilimento, istaurò relazioni con i popoli dell' Oriente, mediante la conquista, la colonizzazione ed il commercio.

Gli Arî nella prima immigrazione occuparono una parte dell' immenso Arcipelago che costeggia l'Asia orientale.

La stessa natura iniziò quell'impero alle fortune del commercio. L'India era isolata dai grandi imperi dell'Asia, ma dalla via del mare erano facili le sue vie di comunicazione con l'Arcipelago, con la Cina, la Persia, l'Arabia e le sponde orientali dell'Africa.

Il sacerdozio, ostile al commercio, non ebbe ripugnanza per la navigazione. La mitologia indiana non insegna l'avversione per il mare, il quale, lunge dall'essere impuro, deve la sua origine alle emanazioni del fiume sacro, il Gange. 2 Le leggi marittime degl' Indiani non sono conosciute, ma nel Codice di Manù si rinvengono alcune disposizioni relative alla navigazione ed al contratto di prestito a rischio marittimo. Queste tradizioni passarono dall' India nel Mediterraneo, ove furono recate dagli Arabi e comunicate ai Fenicî. Esse rimangono immutabili, onde

1 DIODOR., II, 42; STRAB., XV, pag. 487; PHILOSTRAT., Vit.; APPOLLON., II. 11.

2 RAMAYANA, 1, 44.

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