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Ond' uscì 'l sangue per Giuda venduto, Col nome 17 che più dura e più onora

Er'io di là, rispose quello spirto, Famoso assai, ma non con fede 18 ancora. Tanto fu dolce mio vocale spirto

Che, tolosano 19, a sè mi trasse Roma, Dove mertai le tempie ornar di mirto. Stazio la gente ancor di là mi noma:

Cantai di Tebe e poi del grande Achille, Ma caddi 'n via 20 con la seconda soma. Al mio ardor fur seme le faville

Che mi scaldår della divina fiamma Onde sono allumati più di mille; Dell'Eneide dico, la qual mamma

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contenta tanto del sapere quanto ne è grande il suo desiderio, non saprei dire quanto il parlare di Stazio mi fece prode, mi recò piacere. Quant'e' mi fece leg. ge col vat. 3199 la 3 romana.

11 veggio la rete ecc. Intendi: veggo la cagione che vi trattiene in questo cerchio, cioè la voglia disordinata

3 Ma per vento ecc. Credevano gli antichi che il che quivi si purga. vento sotterraneo fosse cagione de' terremoti.

4 Tremaci, trema qui.

5 che surga, cioè: che, essendo presso le scale del monte, surga per quelle. O che si mova Per salir su, cioè: o che, essendo lontana dalle scale, sia costretta a moversi, a girare alcun poco pel cerchio di sua dimora, onde trovar le scale per salir su.

12 e come si scalappia ecc., e come cotal rete si apre, si volve; cioè: come la voglia di soddisfare alla giustizia divina libera l'anima che da quella era presa. 13 Perchè ci trema, perchè tremi il monte: e di che congaudete, e di che vi congratulate, cantando Gloria ecc.

14 E perchè ecc. Intendi: e fa che cappia le tue

che a me indirizzerai; fa che per le tue parole io sappia perchè tanti secoli ecc.

6 e tal grido. Intendi il grido della Gloria in excel-parole a me, cioè fa che sia contenuto nelle tue parole sis ecc. Seconda, cioè accompagna il tremare del monte. 7 Della mondizia ecc. Intendi: solamente il libero volere di salire al cielo che è nell'anima, fa prova, fa fede ch'ella è purgata, monda da ogni peccato, e la sorprende ecc., cioè la move a mutar convento, luogo.

8 Prima ecc. Intendi: ha bensì anche prima il volere inefficace di salire al cielo, ma non lascia il talento, cioè nou lascia il desiderio di soddisfare alla giustizia divina, la quale pone esso desiderio nelle anime purganti: contra voglia, cioè contro quell' inefficace volere. 9 Come fu al peccar ecc. Le anime nel peccare avevano il buon volere di salvarsi, ma l'appetito stava contro quel volere; così nel purgatorio hanno la voglia di salire al cielo, ma il desiderio di soddisfare alla giustizia divina sta contro la detta voglia.

15 Tito Vespasiano, che distrusse Gerusalemme, 16 Del sommo rege, cioè di Dio: vendico le fora, vendicò i fori, le ferite che i Giudei fecero a G. C. 17 Col nome ecc., col nome di poeta, il quale onora l'uomo più che il nome di re e simili.

18 con fede, cioè con la fede cristiana. 19 tolosano. Stazio poeta è quegli che qui favella. Dante lo suppone tolosano, secondo che a suoi tempi si credeva e fu creduto fino al secolo XV. Da due luoghi del libro V delle Selve, opera di Stazio, si ricava che fu napoletano.

20 Ma caldi 'n via ecc. Intendi: non detti perfezione al secondo libro (all' Achilleide), poichè la vita

10 e perocchè si gode ecc. E perciocchè l'uomo si non mi bastó.

Fummi, e fummi nutrice poetando: Sanz'essa non fermai peso di dramma 1. E, per esser vivuto di là quando

Visse Virgilio, assentirei un sole, Piùch'io non deggio, al mio uscir di bando. Volser Virgilio a me queste parole

Con viso che tacendo dicea: Taci. Ma non può tutto la virtù che vuole; Chè riso e pianto 3 son tanto seguaci

Alla passion da che ciascun si spicca Che men seguon voler ne' più veraci. Io pur sorrisi, come l'uom ch' ammicca 4: Perchè l'ombra si tacque e riguardommi Negli occhi 5, ove 'l sembiante più si ficca. E, Se tanto lavoro in bene assommi, Disse, perchè la faccia tua testeso? Un lampeggiar d'un riso dimostrommi? Or son io d'una parte e d'altra preso: L'una mi fa tacer, l'altra scongiura Ch'io dica; ond' io sospiro e sono inteso. Di', il mio maestro, e non aver paura, Mi disse, di parlar; ma parla e digli Quel ch' e' dimanda con cotanta cura. Ond'io: Forse che tu ti maravigli,

8

Antico spirto, del rider ch'io fei;
Ma più d'ammirazion vo' che ti pigli.
Questi che guida in alto gli occhi miei 9

1 non fermai peso di dramma, cioè non stabilii nel mio pensiero alcuna cosa, la minima sentenza ecc.

2 E, per esser vivuto ecc. Intendi: e acconsentirei di penare un giro di sole, un anno di più che non deggio in questo esilio del purgatorio, se avessi avuta la sorte di vivere nel tempo che visse Virgilio.

3 Chè riso e pianto ecc. Intendi: imperciocchè il riso segue si prontamente alla passione da cui si spicca, da cui procede (cioè all'allegrezza), e il pianto alla tristezza, che negli uomini più veraci (cioè di cuore aperto) non aspettano, per esternarsi, l'atto della volontà; per la quale cosa io pure, che era verace ed ingenuo, sorrisi,

4 ch'ammicca, che accenna la cosa che ha in animo di significare con parole. Ammicca, dice il Vellutello, è forse corruzione del latino adnictare.

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9 guida in alto gli occhi miei, guida me a vedere in alto.

10 togliesti Forza a cantar, prendesti coraggio a mettere in versi i fatti degli uomini e degli dei. Forza a cantar legge il cod. gaet. in modo molto simile all'autald., che ha Fortezza a cantar d'uomini e di dei. Si preferisce la lezione Forza a cantar all'altra Forte a cantar della nidob. ecc., perciocchè pare ch'ella sia la più naturale.

11 ed esser credi Quelle parole ecc. Intendi: e credi essere stata cagione del mio sorridere quelle parole che di lui dicesti, non pensando ch'ei fosse qui presente. 12 dismento nostra vanitate, dimentico che tu sei ombra vana, impalpabile. Dismento da dismentare, che vale dimenticare.

13 un colpo raso, uno de' P simbolici, de' quali è detto altre volte.

5 Negli occhi ecc., cioè negli occhi, ove l'aspetto dell' animo, l'interno pensiero si pone e fa di sè mostra. 14 E quei c'hanno a giustizia lor disiro Detto n'avean 6 E, Se tanto lavoro ecc. Intendi: e disse: se tu beati in le sue voci leggono tutte le antiche edizioni. Il possa condurre a buon termine la grande opera intra- ch. Antonio Cesari ne fa sapere di aver trovata nel cod. presa di visitare vivo questi luoghi, perchè ecc. Labo- | del m. Capilupi di Mantova la lezione che abbiamo pore (cioè fatica) leggono i codd. gaet., vat. 3199 e sta nel testo per la ragione seguente. Nel girone di cui chig. E. R.

il P. parla qui sta un angelo solamente, il quale canta una delle otto beatitudini contraria al vizio che ivi si

7 testeso, testè, ora. 8 d'una parte e d'altra, cioè da Virgilio e da Stazio. purga, a quel modo che nel girone degli accidiosi un

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Con sitio e senz'altro ciò forniro; Ed io più lieve che per l'altre foci M'andava sì che senza alcun labore 2 Seguiva in su gli spiriti veloci 3; Quando Virgilio cominciò: Amore Acceso di virtù 4 sempre altro accese, Pur che la fiamma sua paresse fuore. Onde dall' ora che tra noi discese

Nel limbo dello 'nferno Giovenale 5, Che la tua affezion mi fe palese, Mia benvoglienza 'nverso te fu quale

Più strinse mai di non vista persona, Sì ch'or mi parran 6 corte queste scale. Ma dimmi e, come amico, mi perdona

Se troppa sicurtà m'allarga il freno, E, come amico, omai meco ragiona: Come poteo trovar' dentro al tuo seno Loco avarizia tra cotanto senno

Di quanto per tua cura fosti pieno? Queste parole Stazio mover fenno

Un poco a riso pria, poscia rispose:

altro angelo canta Qui lugent affermando esser beati. Laonde le parole detto ne avea si denno riferire ad un angelo solo e non a più angeli o alle anime di altro girone. Intendi dunque: Già l'angelo ecc. ne aveva detto essere beati quei che hanno lor desiro a giustizia, e le sue voci (le parole dell'angelo) Beati... finirono con sitio, cioè con la sentenza evangelica in cui la parola Beati è congiunta col verbo sitio. Che Beati qui esuriunt et sitiunt iustitiam sia la sentenza che si canta dagli angioli contraria all'avarizia, si ricava dalla proibizione, che G. C. fa nel Vangelo del soverchio amore al denaro, ove aggiunge: Quærite ergo primum regnum Dei et iustitiam eius.

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Troppo 10 da me, e questa dismisura
Migliaia di lunari 11 hanno punita.

E se non fosse ch'io drizzai mia cura
Quand' io intesi là dove tu chiame 12
Quasi crucciato 13 all'umana natura:
Per che non reggi 14 tu, o sacra fame
Dell' oro, l'appetito de' mortali?
Voltando 15 sentirei le giostre grame.
Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali 16
Potean le mani a spendere, e pentémi

Così di quel come degli altri mali. Quanti risurgeran 17 coi crini scemi

Per l'ignoranza 18 che di questa pecca

i.

9 La tua dimanda ecc. Intendi: la tua dimanda mi accerta esser tuo creder, cioè il tuo avviso ecc. 10 Troppo, fino all'altro estremo vizio, cioè a quello della prodigalità.

11 lunari, Junazioni. Intendi: per lo spazio di più migliaia di mesi sono stato qui punito.

12 chiame, chiami, invochi. Esclame legge il codice gaet. Clame hanno altri codici. Qui si è preferita la lezione chiame, a persuasione delle ragioni recate dall'editor padovano.

13 Quasi crucciato ecc., quasi sdegnato colla natura

umana.

14 Per che non reggi ecc. Intendi: per quante e

1 più lieve, fatto più leggiero per l'altro P cancel- quali vie distorte non signoreggi l'appetito degli uomilato.

2 labore, fatica: latinismo, da cui provengono le parole laborioso, laboriosissimo, laboriosità, laborio

samente.

3 gli spiriti veloci, cioè Virgilio e Stazio. Amore acceso ecc. Intendi: lo amore che nacque in alcuno per cagione di virtù e che per esterni segni si manifestò accese sempre il cuore dell' amato.

4 Acceso di virtù. La nidob. legge acceso da.

ni, o esecrata fame dell' oro? Così il Cesari. Si allude al passo di Virgilio: Quid non mortalia pectora cogis, Auri sacra fames! A che legge la nidob

15 Voltando ecc. Se non fosse (come dice ne' versi precedenti) che io`drizzai mia cura, mi diedi ad operate secondo ragione, quando io lessi quello che tu hai scritto contro la mala fame dell'oro, sarei tra coloro che voltano pesi per forza di poppa, cioè sarei nell'inferno fra gli avari e i prodighi. La riprensione che Vir

5 Giovenale. Fiori poco dopo Stazio e lodò la Tebai-gilio fa agli avari fa conoscere biasimevole anche la prode, nella quale questi mostra grande affezione a Vir- digalità; poichè sì l'avaro che il prodigo hanno mala gilio.

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fame dell' oro.

16 aprir l'ali ecc., cioè aprir le dita; metaf. ardi

tissima.

17 Quanti risurgeran ecc. V. nel canto VII dell'Inferno i v. Questi risurgeranno dal sepolcro ecc., ove dice che i prodighi risusciteranno coi capelli tosati.

18 Per l'ignoranza ecc., l'ignoranza per la quale non credono che la prodigalità sia vizio.

1

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Toglie 'I penter vivendo e negli estremi! | Per te poeta fui, per te cristiano;

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13

Verso Parnaso a ber nelle sue grotte
E primo appresso Dio 14 m'alluminasti.
Facesti come quei che va di notte,

Che porta il lume dietro, e a sè non giova,
Ma dopo sè fa le persone dotte,

Quando dicesti: Secol si rinnova 15;
Torna giustizia e primo tempo umano,
E progenie scende dal ciel nova.

1 vivendo e negli estremi, in vita e in morté.

2 la colpa che rimbecca ecc., la colpa che diretta mente è contraria, opposta ad alcun peccato, siccome è Ja prodigalità all'avarizia.

3 suo verde secca, si consuma.

4 m'è incontrato, mi è accaduto.

5 le crude armi, la pugoa dei due figliuoli di Giocasta, Eteocle e Polinice, che per empia sete di regno

si trucidarono.

6 Della doppia tristizia, intendi i due tristi ed empj figli di Giocasta.

7'l cantor ecc., Virgilio cantore della Bucolica o sia de' versi pastorali.

17

Ma perchè veggi me ciò ch' io disegno, A colorar 16 distenderò la mano. Già era il mondo tutto quanto pregno Della vera credenza, seminata Per li messaggi 18 dell' eterno regno; E la parola 19 tua sopra toccata,

Si consonava a' novi predicanti, Ond' io a visitarli presi usata 20. Vennermi poi parendo tanto santi

Che, quando Domizian 24 li perseguette, Senza mio lagrimar non fur lor pianti. ( E mentre che di là 22 per me si stetté

Io li sovvenni, e lor dritti costumi Fer dispregiare a me tutte altre sette. E pria ch'io conducessi i Greci a' fiumi Di Tebe, poetando, ebb' io battesmo, Ma per paura chiuso 23 cristian fumi, Lungamente mostrando paganesmo ;

E questa tiepidezza il quarto cerchio 24 Cerchiar25 mi fe più che'l quarto centesmo. Tu dunque, che levato hai'l coperchio 26

Che m' ascondeva quanto bene io dico, Mentre che del salire avem soverchio 27, Dimmi dov'è Terenzio 28 nostro amico,

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8 Clio, la musa che Stazio invoca nel principio della | perseguette, perseguitò i cristiani la seconda volta. Tebaide. Tasta, cioè tocca accenna.

9 fedele, cioè credente.

10 La fe senza la qual ecc., la fede cristiana.

11 qual sole o quai candele, qual celeste o qual terreno lume?

22 E mentre che di là ecc., cioè: e mentre io stetti di là, mentre io vissi.

སྙན་དྷ་

23 chiuso, occulto: fumi, fuimi, mi fui.
24 il quarto cerchio, ove si punisce l'accidia.
25 Cerchiar, girare: più che 'l quarto centesmo,

12 al pescator, a s. Pietro, che fu pescatore in Ga-più di quattro volte cent'anni. lilea.

!

13 grotte, gli antri secreti del monte Parnaso. 14 E poi appresso a Dio legge il sig. De-Romanis col cod. gaet.

15 Secol si rinnova ecc. V. Virg. nell' egloga IV, ove dice essere giunto il tempo predetto dalla sibilla cumana. Servio commentatore di Virgilio opina che i versi alludano alla nascita di Salonino figliuolo di Asi

26 levato hai 'l coperchio ecc, Intendi: hai levato il velo che io aveva dinanzi agli occhi dell'intelletto e che mi toglieva di scorgere verità della fede cristiana. 27 del salire avem soverchio, per salire abbiamo più tempo che non abbisogna.

28 Terenzio ecc. Terenzio, Cecilio e Plauto poeti comici latini notissimi. Varro. Varrone scrittore latino famoso per dottrina e per erudizione.

Cecilio, Plauto e Varro, se lo sai; Dimmi se son dannati ed in qual vico. Costoro e Persio ed io e altri assai,

Rispose'l duca mio, siam con quel Greco1 Che le muse lattâr più ch' altro mai, Nel primo cinghio del carcere cieco. Spesse fiate ragioniam del monte 2 Cha le nutrici nostre 3 sempre seco. Euripide v'è nosco e Antifonte, Simonide, Agatone e altri piue

Greci che già di lauro ornår la fronte. Quivi si veggion delle genti tue 5 Antigone 6, Deifile ed Argia

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10

E già le quattro ancelle eran del giorno
Rimase addietro, e la quinta era al temo11,
Drizzando pure in su l'ardente corno 12,
Quando'l mio duca: Io credo13 ch'allo stremo
Le destre spalle volger ci convegna,

1 quel Greco ecc., Omero.
2 del monte ecc., del Parnaso.

3 le nutrici nostre, le muse.

4 Euripide, ateniese, notissimo poeta tragico. Antifonte, poeta tragico lodato da Aristotile e da Plutarco. Altre ediz. Anacreonte, Simonide ed Agatone, altri poeti.

5 delle genti tue, cioè de' personaggi da te cantati nella Tebaide e nell' Achilleide.

6 Antigone, figliuola di Edipo re di Tebe. Deifile, figliuola di Adrasto re degli Argivi e moglie di Tideo, uno de' sette che assediarono Tebe. Argia, altra figlia d'Adrasto, moglie di Polinice. Ismene, figliuola di Edipo. 7 quella che mostrò ecc., Isifile figliuola di Toante re di Lenno. Fu da'corsari venduta a Licurgo di Nerea ed ebbe a nudrire un figliuolo di lui chiamato Ofelte. Stava un giorno fuori della città a diporto col fanciulio in collo. Adrasto, assetato, pregolla d'insegnargli una fontana: ond'ella, deposto il bambino, corse a mostrare a quel re la fonte Langia. Tornata al fanciullo, il trovò morto dai morsi di una serpe.

8 la figlia di Tiresia, cioè Manto, indovina.

9 Liberi dal salire, per essere finita la scala, e liberi dalle pareti, dalle sponde fra le quali era scavata essa scala.

10 le quattro ancelle del giorno, le ore prima, seconda, terza e quarta.

11 al temo, al timone del carro solare.

Girando il monte come far solemo. Così l'usanza fu lì nostra insegna 14; E prendemmo la via con men sospetto Per l'assentir di quell' anima degna. Essi 15 givan dinanzi, ed io soletto

16

Diretro ed ascoltava i lor sermoni Ch' a poetar mi davano intelletto. Ma tosto ruppe le dolci ragioni Un alber che trovammo in mezza strada17 Con pomi ad odorar soavi e buoni.

E come abete 18 in alto si disgrada

Di ramo in ramo; così quello in giuso,
Cred' io perchè persona su non vada.
Dal lato 19 onde'l cammin nostro era chiuso
Cadea dall' alta roccia un liquor chiaro
E si spandeva per le foglie suso 20.
Li due poeti all' alber s' appressaro,
Ed una voce per entro le fronde
Gridò: Di questo cibo avrete caro 21.
Poi disse: Più pensava Maria onde 9
Fosser le nozze orrevoli ed intere
Ch'alla sua bocca, ch'or per voi risponde;
E le Romane 23 antiche per lor bere

Contente furon d'acqua; e Daniello 24
Dispregiò cibo ed acquistò savere.

12 l'ardente corno, cioè la punta luminosa del detto timone.

13 Io credo ecc. Intendi: io credo che dobbiamo camminare tenendo il lato destro volto alla estremità del monte, come abbiamo fatto sin ora, seguitando gli insegnamenti degli spiriti, ai quali nel precedente girone domandammo della via più corta.

14 full nostra insegna, fu lì la nostra guida. 15 Elli leggono molte ediz.

16 ragioni, cioè ragionamenti. Nostre ragioni legge il cod. gaet.

17 in mezza strada, in mezzo alla strada.

18 E come abete ecc. Intendi: come l'abete melte suoi rami sempre più sottili all' alto che al basso; così quell'albero li metteva più sottili presso il tronco e li veniva ingrossando a mano a mano verso la cima, acciocchè persona non vi potesse salire.

19 Dal lato ecc., cioè dal sinistro lato, ove il monte faceva sponda alla strada.

20 giuso legge il vat. 3199. E. R.

21 avrete caro, avrete carestia, ne sarete privati in pena della golosità di che siete puniti in questo cerchio. 22 d'onde legge il cod. gaet. E. R.

23 E le Romane ecc. Le donne romane non costu→ mavano di ber vino, secondo che attesta Valerio Massimo.

24 Daniello coi tre fanciulli suoi compagni ottenne di pascersi di legumi, invece della squisita vivanda

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