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CANTO XV.

Argomento.

Siccome l'esalazioni de' vapori spengono un lume, e quelli segnatamente della palude ov'era Soddoma, coși da'vapori del ruscello è ammorzata sui margini la fiamma che cade; onde i Poeti camminano illesi. E allontanatisi gran tratto dalla selva de' suicidi, si trovano non più tra'dispregiatori di Dio ma tra' violenti contro natura. Quivi incontra Brunetto; e parlano di Firenze, e delle sventure al Poeta destinate. Vede molti dotti famosi, trista qualificazione dei dotti di quella età. Poi Brunetto si fugge per raggiungere la sua schiera.

Nota le terzine 3; 5 alla 15; 19, 20; 26 alla 29; 31, 34, 39, 40, 41.

1. Ora cen porta l'un de' duri margini ; E 'I fummo del ruscel di sopra aduggia, Si che dal fuoco salva l'acqua e gli argini. 2. Quale i Fiamminghi tra Guzzante e Bruggia, Temendo 'I flotto che invêr lor s' avventa, Fanno lo schermo perché 'I mar si fuggia; 3. E quale i Padovan lungo la Brenta,

Per difender lor ville e lor castelli,
Anzi che Chiarentana il caldo senta;
4. A tal immagine eran fatti quelli:
Tuttochè nè si alti, nè si grossi,
Qual che si fosse, lo maestro felli.
5. Già eravám dalla selva rimossi

Tanto, ch'i' non avrei visto dov' era,
Perch'io indietro rivolto mi fossi:

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6. Quando incontrammo d' anime una schiera
Che venia lungo l'argine; e ciascuna
Ci riguardava, come suol da sera

7. Guardar l'un l'altro sotto nuova luna:
E si ver noi aguzzavan le ciglia,
Come vecchio sartor fa nella cruna.
8. Così adocchiato da cotal famiglia,

Fu' conosciuto da un, che mi prese

Per lo lembo, e gridò: - Qual maraviglia! 9. Ed io, quando 'l suo braccio a me distese, Ficcaï gli occhi per lo cotto aspetto, Si che'l viso abbruciato non difese 10. La conoscenza sua al mio 'ntelletto; E chinando la mano alla sua faccia, Risposi: Siete voi qui, ser Brunetto?

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correggere poi, chi per fallo maggiore. Autorevole cittadino, gioviale, modesto mondano lo chiama Giovanni Villani, ma gran filosofo e... sommo maestro in rettorica... e in digrossare i Fiorentini e farli scorti in bene parlare e in sapere... reggere la repubblica. Filippo lo dice iracondo. Il Poeta lo colloca tra i soddomiti, sebbene non sia del Latini l'infame Pataffio: nè si può credere che il Poeta lo calunnii; egli che gli si mostra si rispettosamente affezionato. Mondano del resto si chiama il Latini stesso nel suo Tesoretto. Andò ambasciatore ad Alfonso re di Castiglia perchè reprimesse Manfredi. Mori nel 1294; nel 1260 esulò in Francia; nel 1269 ripatriò. [Dante mette a questa pena Brunetto, e tuttavia troviamo nel Tesoretto (XXI): Ma tra questi peccati Son vie più condannati Que' che son soddomiti. Deh, come son periti Quei che contra natura Brigan con tal lussura.]

(F) INTELLETTO. La memoria senza l'intelletto non riconosce, perchè non raffronta (Purg., XXIII). 11. (L) LA TRACCIA: la fila de' suoi,

(SL) INDIETRO. Æn., VI: Juvat usque morari, Et conferre gradum, et veniendi discere causas. — - TRACCIA. Inf., XII: In traccia Correan Centauri.

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12. (L) PRECO: prego. ROL: lo farò. COSTUI Virgilio.

- FA

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17. Lassù di sopra in la vita serena (Rispos' io lui) mi smarri' in una valle, Avanti che l'età mia fosse piena. 18. Pur ier mattina le volsi le spalle: Questi m'apparve, ritornando in quella; E riducemi a ca per questo calle. 19. Ed egli a me: Se tu segui tua stella, Non puoi fallire a glorioso porto, Se ben m' accorsi nella vita bella. 20 E s'i' non fossi si per tempo morto, Veggendo 'I Cielo a te così benigno, Dato t'avrei all'opera conforto. 21. Ma quello ingrato popolo maligno, Che discese di Fiesole ab antico,

E tiene ancor del monte e del macigno,

fare vicissim, Attulerint.... An monitu Divům? an quæ te fortuna fatigat, Ut tristes sine sole domos, loca turbida, adires? In Dante fortuna non vale caso (Inf., VII).DESTINO. En., VI: Fataque, fortunasque virùm. STRA. En., I: Monstrante viam.

Mo

17. (L) Lut: a lui. L'ETÀ MIA... PIENA: di 35 anni. (SL) LASSÙ. Pandolf.: Su, di sopra. SERENA. Contrapposto de' regni bui. Æn., VI: Dulcis vitæ. — PieNA. Nacque nel 14 di maggio del 1265, si smarri nel marzo del 1300; non avea 35 anni interi. - Ovid. Met., VIII: Pleni anni. Ad Eph., IV, 13: Plenitudinis ætatis.

(F) VALLE. Ter., II, 23: Quomodo dicis... post Baalim non ambulavi? Vide vias tuas in convalle, scito, quid feceris. GA: casa.

QUELLA valle.

18. (L) PUR: sol. (SL) PUR. Da un giorno e mezzo si trovava in Inferno. QUESTI. Non nomina Virgilio nè al Cavalcanti nè a Brunetto nè ai tre del canto seguente; si per non ripetere sempre, e sì per non deviar l'attenzione in iscene estranee al suo tema. Ben Virgilio si nomina a Ulisse; e Dante lo nomina a Stazio, perchè ne aveva in que' luoghi special ragione. APPARVE. Indica che gli è un morto e a qualche modo risponde alla domanda: chi è questi? RITORNANDO. Per ritornante, al modo del 300.- CA. Vive in Toscana ed altrove. E mostra che non pur morale ma politico era lo scopo di questo viaggio.

19. (L) FALLIRE A GLORIOSO PORTO: mancar di giungere a gloria. BELLA: del mondo.

(SL) BELLA. Inf., VII: Mondo pulcro.

(F) SEGUI. L'impulso che ti vien dalla stella, la qual potè sul tuo nascere. Petr.: Non mio voler, ma mia stella seguendo. (Par.. XXII.) Nacque entrando il sole in Gemini, che, dice l' Anonimo, secondo gli astrologhi, è significatore di scrittura e di scienzia. E il Boccaccio: Nella sua infanzia assai segni apparirono della futura gloria del suo ingegno: dal principio della puerizia... non secondo i costumi de' nobili odierni si diede alle fanciullesche lascivic e agli ozii. - PORTO. Psal. CVI, 30: Deduxit eos in portum voluntatis eorum.

20. (SL) TEMPO. Non già che morisse giovane; ma tanto non visse da potere aiutare Dante nell'opera sua letteraria e politica e il Poeta vuol dar a conoscere che Brunetto avrebbe pensato con lui. — BENIGNO, Purg., XIX, t. 15.

21. (SL) QUELLO. Piacque, disse il Rossetti, al Poeta porre in bocca ad un Guelfo la condanna de' Guelfi. INGRATO. Vill., VI, 79: La rabbia dello ingrato popolo di Firenze. FIESOLE. Distingue tra i Fiorentini discesi da Fiesole, disfatto Catilina, a popolare la città, dove pochi eran restati della colonia romana: li distin

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gue, dico, dal puro seme romano. [G. Vill., 1. IV, c. 5; e Machiav., Ist. Fior., 1. XI.] MONTE. Nella Volgare Eloquenza biasima le montanine e rusticane loquele; nel XVI del Paradiso grida contro Del villan d'Agugiten, di quel da Signa. MACIGNO. Virgilio, delle pietre forse d'Epiro: Unde homines nati, durum genus (Georg., 1). Inde genus durum sumus experiensque laborun: Et documenta damus qua simus origine nati (Ovid., Met., I).

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23. (SL) ORBI. Fiorentini ciechi: il proverbio vive tuttora; fin dacchè i Pisani, conquistata Majorica, offrendo a Firenze due porte di bronzo o due colonne, questa scelse le colonne, ed erano annerite dal fuoco; ma, perché rinvoltate, i Fiorentini non se ne avvidero se non tardi. Altri vuole che qui s'accenni alla cecità di Firenze quando apersero le porte a Totila, che poi la distrusse. Vill., II, 1: I Fiorentini malavveduti, e però faro... chiamati eiechi, credettono alle sue false lusinghe... e misero dentro lui e sua gente. Ciò fu nel 440. D Villani, ancora : Noi Fiorentini detti orbi per antico volgare proverbio per li nostri difetti e discordie. 24. (L) MA LUNGI: invano.

(SL) PARTE. Bianchi e Neri, Dall' accoglienza avota od offerta o sperata nelle Corti de' signori romagnuoli, lombardi o toscani e' deduceva l'augurio. -FASE DI TE. Ma nel XVII del Paradiso egli, l'infelice, ha fame della ingrata sua patria. BECCO. Nel verso segaente li chiama bestie.

25. (L) FACCIAN... Strame di lor MEDESME: s'ammontino e infradicino fra loro.

(SL) PIANTA. Cavalc., II, 6: Che alcuna pianta era rimasta degli antichi padri della Repubblica. 26. (L) Fu fatTO 'L NIDIO DI MALIZIA TANTA: fu creata Firenze. NIDIO: nido.

(F) ROMAN. Dante si stimava doppiamente romano, come discendente della nobil famiglia Frangipani. I pregiudizii d'astrologia e di nobiltà nella mente di lui s'accoppiano a' sentimenti più alti: sebbene questo delle schiatte, che in Dante è pregiudizio, in sè sia principio verissimo. Nel Convivio chiama Firenze bellissima e famosissima figlia di Roma. Il Villani (IV, 6) spiega perché i Fiorentini son sempre in iscisma e parti e divisioni fra loro. I Fiorentini son oggi stratti di due popati cosi diversi di costumi e natura, e sempre stati nimici per antico, siccome cra il popolo romano e quello

27.

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Se fosse pieno tutto 'l mio dimando (Risposi io lui), voi non sareste ancora Dell'umana natura posto in bando. 28. Chè in la mente m'é fitta, ed or m'accuora, La cara e buona immagine paterna

Di voi, quando nel mondo ad ora ad ora 29. M'insegnavate come l'uom s'eterna:

E quant' io l'abbo in grado, mentre io vivo, Convien che nella mia lingua si scerna. 30. Ciò che narrate di mio corso, scrivo; E serbolo a chiosar con altro testo A Donna, che 'l saprà, s' a lei arrivo. 31. Tanto vogl' io che vi sia manifesto,

Pur che mia coscienzia non mi garra; Ch'alla Fortuna, come vuol, son presto. 32. Non è nuova agli orecchi miei tale arra. Però giri Fortuna la sua ruota

Come le piace, e 'l villan la sua marra.—

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(SL) FITTA. En, IV: Hærent infixi pectore vultus Verbaque. Greg., Ep., XLI: Vultus tui imaginem intra cordis viscera impressam porto. — IMMAGINE. ED., IX: Atque animum patriæ strinxit pietatis imago - II: Subiit cari genitoris imago. VI: Tua me genitor, tua tristis imago Sæpius occurrens hæc limina tendere adegit. AD ORA, vedendola si deturpata. Nel XXIII del Purgatorio, a Forese: La faccia tua, ch' io lagrimai già morta, Mi dù di pianger mo non minor voglia... veggendola si torta.

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29. (L) S'ETERNA per l'ingegno. ABBO: ho. -MENTRE: finchè. LINGUA: parole. SCERNA: CODosca. 30. (L) CORSO: vita. SCRIVO in mente.- ALTRO TESTO: la minaccia di Farinata. A CHIOSAR... A DONNA: a chiosar da Beatrice.

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(SL) TESTO. Inf., X. Parole di Farinata. SAPRA. Inf. X: Da lei saprai di tua vita il viaggio. (F) CORSO. Tim., II, IV, 7: Cursum consummavi. Æn., IV: Vixi et, quem dederat cursum fortuna, poregi. SCRIVO. Inf., II: O mente che scrivesti ció ch' io vidi. CHIOSAR. Frase troppo scolastica, ma Dante ne ha spesso.

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31. (L) TANTO: questo. - GARRA: riprenda. — PRESTO: preparato.

32. (L) NON È NUOVA: l'intese da Farinata. --ARRA. La predizione è caparra del futuro. PERÒ GIRI FORTUNA... lei rispetto, i villani da Fiesole non curo.

(SL) Nuova. Æn., VI: Non ulla laborum....... nova mi facies inopinave surgit: Omnia præcepi, atque animo mecum ante peregi.

(F) FORTUNA. Da Virgilio sa essere providenti e immutabili gli ordini di lei. Æn., VI: Tu ne cede malis; sed contra audentior ito, Quam tua te fortuna sinet (Inf., VII). Forse il motto del villano non è da recare alla fortuna, ma quasi a contrapposto di quella: come dire, l'ordine delle cose segua la via sua, e gli uomini facciano pure il male; io questi non temo, mi assoggetto a quello.

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33. Lo mio maestro allora in su la gota

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Destra si volse 'ndietro, e riguardommi; Poi disse: Bene ascolta chi la nota. 34. Nè per tanto di men parlando vommi Con ser Brunetto, e dimando chi sono Li suoi compagni più noti e più sommi. 35. Ed egli a me: Saper d'alcuno è buono: Degli altri fia laudabile tacerci; Chè 'l tempo saria corto a tanto suono. 36. In somma sappi che tutti fur cherci, E letterati grandi e di gran fama, D'un medesmo peccato al mondo lerci. 37. Priscián sen va con quella turba grama, E Francesco d'Accorso anco; e vedervi, S'avessi avuto di tal tigna brama,

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(SL) Chi la notA. Così: Chi la fa, l'aspetta. Da questi modi famigliari il Poeta del dire illustre non rifugge. NOTA. Æn., III: Sidera cuncta notat. Petr. : E come intentamente ascolta e nota La lunga istoria delle pene mic.

(F) DESTRA. Parte più fausta. Il Poeta ha sempre riguardo a queste allusioni. 'NDIETRO. Lo precedeva sempre (Inf., IV, XXXIV). Solamente nel sangue de' tiranni, il Centauro va innanzi. NOTA. Dante avea notato le parole di Virgilio nel V dell'Eneide: Superanda omnis fortuna ferendo est: e nel I: Durate, et vosmet rebus servate secundis; e di Beatrice. Dan., VIII, 26: Visionem signa quia post multos dies erit. 34. (L) NË PER TANTO DI MEN PARLANDO VOMMI: nè lascio però di parlare.

(SL) MEN. Simile al virgiliano (Georg., II): Nec minus interea. Æn., VI: Nec minus Encas... Prosequitur lacrimans longe. Ne la lode di Virgilio, nè le triste predizioni sturbarono il mio desiderio di: sapere. Nel trecento le particelle intensive accoppiavansi anco a' superlativi.

35. (L) Stoxo: dire.

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(SL) BUONO. Modo nella Bibbia frequente. SuoNO. Inf., VI: Pose fine al lagrimabil suono. 36. (L) CherCI: chierici. — LERCI: sudici.

(SL) Turri. La plebe disprezzata è meu lercia di certi vizii squisiti. Intendi non che fossero cherici insieme e letterati, ma l' uno o l'altro e cherico qui vale uomo colto: letterato, più innanzi nella scienza. Que' della masnada di Brunetto erano tutti tali: ce n'era altri poi, come nel seguente canto. — LETTERATI. Comprendeva gli scienziati. Vill. Letterato in ogni scienza, LERCI. Vive in Toscana. Albert. Di peccato si lercia. 37. (L) PRISCIAN. Grammatico.

(SL) PRISCIAN. Lo pone forse a simbolo de' pedagoghi che in tal genere han mala fama. - ACCORSO. Fiorentino, figlio del celebre giureconsulto del medesimo no

38. Colui potei, che dal servo de' servi Fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione, Ove lasciò li mal protesi nervi. 39. Di più direi: ma 'l venir el sermone Più lungo esser non può; però ch'i' veggio Là surger nuovo fummo dal sabbione. 40. Gente vien, con la quale esser non deggio. Siati raccomandato 'l mio Tesoro, Nel quale i' vivo ancora; e più non cheggio. — 41. Poi si rivolse; e parve di coloro

Che corrono a Verona 'l drappo verde

Per la campagna e parve di costoro 42. Quegli che vince, e non colui che perde.

me, professore anch' egli valente, mori nel 1229. — Trans Anco la tigna è prurito.

38. (L) POTEI: potevi. DAL SERVO DE' SERVI: dal papa. TRASMUTATO di sede vescovile. D' ARNO IN BACCHIGLIONE: di Firenze in Vicenza. — OVE LASCIÓ LI... NERVI dove mori.

(SL) COLUI. Andrea de' Mozzi, vescovo di Firenze, il quale per questo vizio fu trasferito al vescovato di Vicenza, dove mori gottoso.

(F) NERVI. Som.: In sanguine et nervo intelligitur prohiberi crudelitas et voluptas, et fortitudo ad peccandum. 39. (L) Nuovo FUMMO per la rena mossa dallo scalpitar di gente.

(SL) SERMONE. Æn., I: Longo sermone. — - Pro. Rammenta il congedo di Deifobo. Æn., VI: Explebo numerum reddarque tenebris. I decus, i nostrum; melio ribus utere fatis. VEGGIO. Æn., IX: Hic subitam nigro glomerari pulvere nubem Prospiciunt Teucri ac tenebras insurgere campis. FUNNо. Come nel XVI del Purgatorio, Marco si congeda da Danté.

40. (L) Vivo di fama.

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(SL) Vivo. Enn.: Nemo me lacrimis decoret... volito vivu' per ora virum. Ov. Met., XV: Si quid habent veri vatum prœsagia, vivam.

(F) TESORO. Allora, che non avevan la stampa, alla fama d'un'opera era più bisogno della cura de' benevoli per non perire. Del Tesoretto non parla, come cosa minore. Ma questo è l'abbozzo d'un viaggio simile a quello di Dante. Il Tesoro è un' enciclopedia del suo tempo scritta dopo il Tesoretto; il testo francese è inedito; lo tradusse in parte Bono Giamboni. Lo stile poetico di Brunetto è nella Volgare Eloquenza biasimato

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Della Chiarentana, ed alcuno varianti di Dante.

(Lettera a Niccolò Filippi di Trento.)

Lo scritto del professore Lunelli mi piace: ma il Dembsher non intendeva che fosse Carintia il Tirolo. Quantunque in antico il nome di Carintia si distendesse a ben più larghi confini, e forse significasse la regione montana, come suona la radice ar, non solo nelle lingue orientali, ma in altre di molte. Dante pur disse lombardi i parenti di Virgilio: non fece con ciò Virgilio longobardo. Né credo che quelle voci e modi che nella Commedia sono, e sono nel dialetto di Trento, il Poeta le traesse di costi, non dall'uso toscano. Que' medesimi modi troviamo in Toscani che mai non videro Trento. Ed è cosa dimostrata oramai, che il Poeta da' luoghi del suo doloroso esilio attingeva affetti, pensieri ed imagini, non parole. Potrebbesi lasciare intatta quella lista, che giova alla storia della lingua, dicendo soltanto che Dante nel Trentino avrà rincontrati vestigi, più che adesso non paia, della favella materna.

M'era già nota la varia lezione: che sugger dette a Nino (1); ma la mi pare affettata, e non di quella potente evidenza che è propria del nostro. Nel che succedette è adombrata la morte del marito e la cagion della morte, e quel ch'ella fece e pati, succedutagli.

Nel mio Commento non ho disputato della lezione ne dette le ragioni della mia scelta; che m'avrebbe condotto a lunghezza infinita; ma qui per saggio darò qualche esempio.

.... Lupa, che di tutte brame Sembiava carca nella sua magrezza (2): nella, non colla; perchè nella magrezza par di vedere incarnate le brame: e risalta viemmeglio il contrapposto tra le idee di magrezza e di carca. Or se' tu quel Virgilio, e quella fonte Che spande di parlar si largo fiume (3)? Della fonte è lo spandere, non di Virgilio; no spandi, dunque, ma spande.

Me degno a ciò, nè io nè altri crede (4): il crede riempie il verso, ma è riempitivo troppo alfieriano, e non ce n'ha in Dante esempio, ch'io sappia.

Su la fumana, onde 'l mar non ha vanto (1). Dicendo ove, il mare trasportasi nella fiumana, miracolo non necessario,

Bestemmiavano Iddio e' lor parenti (2):

e i lor toglie al verso e snellezza e armonia. Vede alla terra tutte le sue spoglie (3). Vedere alla terra le spoglie sue è più poetico, parmi, del renderle. Virgilio:

Miraturque novas frondes et non sua poma (4); oltrechè rendere le sue spoglie è quasi contraddizione; il suo non si rende.

Per ficcar lo viso a fondo (5).

Se dici al fondo togli quell' indeterminata immensa profondità che intende il Poeta. S'e' sapeva di ficcar gli occhi al fondo, lo discerneva egli dunque.

Caina attende chi vita ci spense (6). Se tu dici in vita, sarà come dire ci ha morti vivendo, sebbene un modo simile trovisi in altro antico.

Chè tutto l'oro ch'è sotto la luna,
E che già fu, di quest' anime stanche
Non poterrebbe farne posar una (7).

Non O che. Lasciamo agli scolastici le particole disgiuntive. L'e incalza l'idea, l'o l'ammezza. Scrivo non poterebbe che vien da potare, ma poterrebbe che così sentii pronunziare a' vecchi del popolo florentino. La lezione non e' potrebbe mi suona non so che barbaro.

Perch'una gente impera e altra langue (8). Se una va senz' articolo, perchè apporlo ad altra? Vidi genti fangose in quel pantano, Ignudi tutti, e con sembiante offeso (9). Non ignude, ma ignudi, che è più proprio, più vario, più evidente.

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(3) Inf., III, (4) Georg. II. (5) Inf., IV, t. 4. (6) Inf. V, t. 36. (7) Inf., VII, t. 22. (8) Inf., VII, t. 28. (9) Inf., VII, t. 37.

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