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27. (L) DA CUI MALA PARTITA DI' CHE FACESTI... Meglio mi sarebbe, disse (terz. 23), essere con lui sotto la peFRATE: Sardo, vicario e fattore di Nino.

ce.

28. (L) DONNO, signore. FE' LOR Sì... li liberò per oro.

(SL) DONNO. Titolo alla maniera sarda e sicula. Nino de' Visconti, amico di Dante, signore del Giudicato di Gallura, lo fece impiccare.

(F) VASEL. Vit. s. Girol. Vasello d'ineffabile virtù. Is., XXXII, 7: I frodolenti son vasi pessimi. 29. (L) DI PIANO: senza processo.

(SL) DI PIANO. De plano, modo giudiziale. De

30. Usa con esso donno Michel Zanche Di Logodoro e a dir di Sardigna Le lingue lor non si sentono stanche. 31. O me! vedete l'altro che digrigna. I' direi anche: ma i' temo ch'ello Non s'apparecchi a grattarmi la tigna. 32. El gran proposto, vôlto a Farfarello, Che stralunava gli occhi per ferire, Disse :

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- Fatti 'n costà, malvagio uccello.

33. Se voi volete o vedere o udire

(Ricominciò lo spaurato appresso), Toschi o Lombardi, i' ne farò venire. 34. Ma stien le Malebranche un poco in cesso, Si ch' ei non teman delle lor vendette: Ed io, seggendo in questo luogo stesso, 35. Per un, ch' io so', ne farò venir sette, Quando sufolerò, com'è nostr'uso Di fare allor che fuori alcun si mette. 36. Cagnazzo a cotal motto levò 'I muso Crollando 'I capo, e disse: Odi malizia Ch'egli ha pensata per gittarsi giuso. 37. Ond'ei, ch'avea lacciuoli a gran divizia, Rispose: Malizioso son io troppo,

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30. (L) USA: conversa.

(SL) USA. Lat. Eo utitur familiarissime. ZANCHE. Sardo: Siniscalco della madre d'Euro, il figliuolo di Federico II. Enzo nel 1238 sposò Adelasia marchesa di Massa, erede delle giudicature di Gallura e di Logodoro in Sardegna. Federico, padre di lui, conquistò poi tutta l'isola, ed Enzo fu coronato re: nel 1249 prigione de' Bolognesi, morì nel 1272. - Anon.: Zanche per sue rivenderie in tante ricchezze divenne che, dietro alla morte d'Adelasia moglie d'Enzo, divenne signore del Giudicato di Logodoro.

31. (L) O ME! Oime!

LA TIGNA: a lacerarmi.

ANCHE: più. A GRATTARMI

(SL) ELLO. Nel Sacchetti ed in altri.

32. (L) GRAN PROPOSTO: Barbariccia.

(F) UCCELLO. Bolland., I, 522, al demonio: Esei

di lei, o cruenta bestia.

34. (L) STIEN: cessin.

(SL) CESSO. Ha esempi anco in prosa. 35. (L) So': son. - METTE per refrigerio, e sufola se non vede diavolo per chiamare i compagni.

(SL) SUFOLERÒ. Bugia del barattiere: tutti in questa bolgia bugiardi. 36. (L) GITTARSI GIUSO: cogliere il destro per fuggirci. (F) MALIZIA. Trecent. ined. La malizia che Dido aveva pensata. Os., VII, 45: In me cogitaverunt maiitiam. Hor. Ep., II, 1: Fraudem....... incogitat. 37. (L) LACCIUOLI: astuzic. TROPPO. Ironia. — A' MIEI MAGGIOR TRISTIZIA: farli lacerare da voi. (SL) LACCIUOLI. Vit. s. Girolamo: Ordinandır, contro lui insidie e lacciuoli. —MIEI. Altri legge mia: men bene, giacchè trattasi d'altri da far venire. Ma i codici fiorentini scrivendo a' mia intendono a' miei.

38. Alichin non si tenne, e di rintoppo Agli altri, disse a lui: Se tu ti cali, l' non ti verrò dietro di galoppo, 39. Ma batterò sovra la pece l'ali.

Lascisicolle, e sia la ripa scudo, A veder se tu sol più di noi vali. 400 tu che leggi, udirai nuovo ludo.

Ciascun dall'altra costa gli occhi volse; Quel prima, ch'a ciò fare era più crudo. 41. Lo Navarrese ben suo tempo colse:

Fermò le piante a terra, e in un punto Saltó, e dal proposto lor si sciolse. 42. Di che ciascun di colpo fu compunto, Ma quei più, che cagion fu del difetto: Però si mosse e gridò: - Tu se' giunto. 43. Ma poco valse: che l'ale al sospetto Non potero avanzar. Quegli andò sotto; E quei drizzò volando suso il petto.

38. (L) RINTOPPO: contro.

(SL) RINTOPPO. Arios., XXVIII, 66: Rispose di

rimando.

39. (L) COLLE, E SIA LA RIPA SCUDO: cima dell'argine, e ci volteremo in là per non esser visti.

(SL) COLLE. Inf., XXIII, t. 15: Collo della ripa dera. Imaginate il lago di pece in mezzo alla bolgia si che rimangano due margini di qua e di là al passaggio de' diavoli; imaginate che ai due lati si alzino due alti orli di pietra; la sommità di ciascun rilievo chiamato collo; il pendio ripa; e intenderete, come la ripa faccia scudo e nasconda i diavoli ai dannati, e i dannati a quelli. SCUDO. Per qualsiasi riparo, anco ne' Salmi. 40. (L) LUDO: gioco. QUEL: Gagnazzo. CRUDO: diffidente.

(SL) LUDO. Ha qui forse doppio senso e di gioco e di corsa, come ai Latini.

(F) VOLSE. Qui i diavoli sono acchiappati: potevano appiattarsi dietro in agguato, senza volger gli occhi. Ma Dante vuol rappresentare i barattieri più furbi del diavolo, e vuol trovare ai diavoli stessi una pena che li traffigga più addentro di tutte, quella dell' essere canzonati.

41. (L) FERMO LE PIANTE A TERRA, come chi spicca un salto. SCIOLSE: liberò dal proposito che avevano di

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44. Non altrimenti l'anitra di botto,

Quando 'l falcon s'appressa, giù s'attuffa ; Ed ei ritorna su crucciato e rotto. 45. Irato Calcabrina della buffa,

Volando dietro gli tenne, invaghito Che quei campasse, per aver la zuffa. 46. E come 'l barattier fu disparito,

47

Cosi volse gli artigli al suo compagno; E fu con lui, sovra 'l fosso, ghermito. Ma l'altro fu bene sparvier grifagno Ad artigliar ben lui: e amendue Cadder nel mezzo del bollente stagno. 48. Lo caldo sghermidor, subito, fue. Ma però di levarsi era niente; Si aveano inviscate l'ale sue. 49. Barbariccia, con gli altri suoi dolente, Quattro ne fe' volar dall'altra costa Con tutti i raffi; e assai prestamente 50. Di qua, di là discesero alla posta ;

Porser gli uncini verso gl' impaniati, Ch'eran già cotti dentro dalla crosta. 51. E noi lasciammo lor così 'mpacciati.

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(F) QUEI. I malvagi si volgono l'uno contro l'altro, quando non hanno più deboli da danneggiare. 46. (L) SOVRA'L FOSSO: in aria.

(SL) Fu. Legg. di Tobia: L'angelo fu disparito. 47. (L) ALTRO: Alichino.

(SL) GRIFAGNO. Lo sparviero di nido dicesi nidiace; quando spiega l'ali, ramingo; adulto, grifagno. 48. (L) SGI ERMIDOR: si staccarono dal dolore.- MA... DI LEVARSI ERA IENTE: non si potetter levare.

(SL) SCHERMIDOR. Arios., XXIX, 47 e 48: Cadon nel fiume e vanno al fondo insieme ....... L'acqua li fece distaccare in fretta. NIENTE. Inf., IX, t. 49. SUE. II verso stesso è invischiato. E tutti questi ultimi che paiono tirati giù, son lavoro di mano maestra; e ognuno ritrae col suono l'imagine.

49. (SL) COSTA. Fa che i due diavoli inseguendosi caschino più là tanto che per acchiapparli altri di loro debban volare lontano da dove sono i Poeti, acciocchè questi possano più sicuramente spacciarsi da loro. — RAFFI. Æn., V: Acuta cuspide contos Expediunt, fraclosque legunt in gurgite remos.

50. (SL) POSTA. Firenzuola: Il capocaccia partì î cacciatori alle poste; sciolsero i bracchi.

I barattieri e i diavoli.

Barattiere dicevasi chi vendesse altrui degli atti del proprio uffizio, o truffasse, a ogni modo, delle pubbliche cose. Pietro di Dante distingue le baratterie che si fanno giuocando, giudicando, amministrando. Baratteria, dice l'Anonimo, è quella frode per la quale l'uomo inganna e baratla la Repubblica, e la sua patria in comune o in particularitade. Distingue la Repubblica e la patria, intendendo il primo delle istituzioni, il secondo delle sorti del popolo. Baratteria è dunque ogni inganno ch'abbia il lucro per fine, o diretto o indiretto, o prossimo o remoto; e non solamente chi traffica sulle sorti e le istituzioni del popolo in comune; ma chi lo fa in casi particolari, per minimi che sieno, è barattiere; e il barattiere al minuto è reo di lesa maestà patria, se non quanto, almeno come il barattiere indigrosso. Dice l'Anonimo che nel ventunesimo Canto si tratta di barattieri in libera Repubblica; nel seguente, di que' che vivono in corte di principi. Anco nell'Inferno di Virgilio troviamo i barattieri: Vendidit hic auro patriam, dominumque potentem Imposuit, fixit leges prelio atque refixit (1). E più sopra: Nec veriti dominorum fallere dextras: che vengono ad essere appunto i due generi che distingue l'Anonimo. E due volte è in Virgilio dominus come due volte in Dante donno Michel Zanche; e: ebbe i nemici di suo donno in mano, E fe' lor si che ciascun se ne loda: se non che qui donno ci cade ancor meglio, dacchè un Navarrese parla d'un Sardo.

Dante da' suoi nemici, con quella stoltezza che è la pena dell'odio, accusato di baratteria, egli che nota il villan... da Signa, che già per barattare ha l'occhio aguzzo! (2); egli che nomina i barattieri accanto ai mezzani mercenarii d'amore (3); egli che dal suo titolo di poeta, il quale porta tanti malanni seco, doveva almeno essere lavato di quest'altra pecca (4), si vendica dell'accusa volgendo in deriso i calunniatori, forse più veramente colpevoli, con una di quelle ironie delle quali egli è potente, per più di due Canti continuata. Ridiculum acri Fortius et melius magnas plerumque secat res (5). E veramente il suo verso

(1) Æn., VI. —(2) Par., XVI. - (3) Inf., XI: Ruffian, baratti, e simile lordura. (4) Hor. Ep., II, 1: Vatis avarus Non temere est animus; versus amat, hoc studet unum; Detrimenta, fugas servorum, incendia ridet: Non fraudem socio, puerove incogitat ullam Pupillo. (5) Hor. Sat., I, 40.

è spada che taglia. E però nel principio del Canto ripete il titolo di Commedia dato al poema; al qual proposito potrebbesi del resto notare che anche Longino di que' versi d' Omero in cui moralmente discorre della vita domestica d'Ulisse, li dice racconto che è una specie di commedia in cui si dipingono costumi (1). E Pietro a proposito della trombetta diabolica: Per dimostrare i turpi abili ed atti di questi tali: ed è scusato di dire simili cose, siccome poeta, del quale è proprio indurre imagini di virtù anco per via di qualche rappresentazione indecente (2).

I barattieri sono tuffati in pegola bollente perchè questo è vizio contagioso; e ogni frode è attaccaticcia e ogni avarizia tenace e nera; o perchè la mente del barattiere è un continuo fermento in calliditate et deceptione bullit, così Pietro di Dante. Dicesi tuttavia aver le mani impeciate o sporche chi riceve o piglia mal guadagnato danaro. Ma l'idea del tormento e' l' avrà forse attinta dal virgiliano: Per pice torrentes atraque voragine ripas (3). Ed Ambrogio: Cujus torrentes in picem convertuntur (4).

In una visione rammentata dal signor Ozanam un dannato è prima incatenato, poi fatto in pezzi e gettato a bollire in una caldaia; il che rammenta i raffi, gli uncini, i roncigli de' demonii di Dante; e la sua comparazione dei cuochi che fanno a' lor vassalli (i cuochi avevano allora vassalli; ora i vassalli hanno cuochi) tuffare nella caldaia la carne. E Armannino fa che Tesifone faccia a' suoi ministri voltare con forconi i bugiardi ed i seminatori di scandali; e ripete la comparazione de' cuochi. Ne' bollandisti (5): Il diavolo è veduto pescare in aria coll'amo.... Un demonio con lanaglie infiammate ed uncini tira un' anima fuor del corpo. Il diavol nero che corre su per lo scoglio, fiero nell' aspetto e acerbo negli atti, ajutandosi de' piedi insieme e dell'ali, e portando sulla gobba un Lucchese a cavalcioni, tenendogli con le mani i piedi stretti, è una imagine più scolpita tra quelle tante delle quali formicolano le solite visioni. Tetros et nigerrimos spiritus (6). Hominem nebulosum deformis staturæ, nigrum, squallidum, pannis et annis obsitum (7). Le grida de' diavoli pri.

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3

ma contro il Poeta (quasi per alludere alle accuse avventategli da'suoi Fiorentini), poi contro il Navarrese, rammentano quel di Bernardo: Griderà il demonio al demonio: Lacera ratto; strappa le spoglie. Agostino, così Tommaso (1), tocca (2) delle opinioni di coloro che posero i demonii avere corpi naturalmente a se uniti, ma non lo afferma di suo (3). Il Gaetano e l'Eugubino fanno i demonii con organi corporali (4).

Tommaso fa questa questione: Utrum inter dæ mones sit prælatio; e risponde che si; cioè che gli uni sovrastano, e altri obediscono (5), come qui Malacoda ordina ai dieci che accompagnino i due Poeti, e per decurione gli dà Barbariccia: sebbene questo Malacoda sia eletto, quasi per suffragio universale, che vada al parlamento, forse in grazia del nome che rappresenta l'intenzione di tutti (6).

I demonii non sono uguali di natura come sono gli uomini: ma l'assoggettarsi che fanno gl' inferiori di natura ai superiori non è a bene di quesli, anzi a male; perchè il malfare essendo miseria, il soprastare nel male è più misera cosa. La pena de' demonii non è mitigata dalla potestà di punire altrui. E a codesta podestà Dante pon per confine il giro della bolgia dalla quale non si possono dipartire (7). E la zuffa che tra due di

(1) Som., 1, 2, 89.-(2) De Div. dem., IV. — (3) Come appare dal detto De civ. Dei. — (4) In Ephes., XI. Eug., de Per. Phil., VIII, 26. —(5) Girolamo afferma (Adv. Rufin., IX): Dæmones inter se diversa officiorum genera esse sortitos. — (6) Traggasi avanti l'un di voi, che moda.... Tulli gridaron: Vada Malacoda (Inf., XXI). (7) Luc., XVI, 26: Qui volunt hinc transire ad vos, non possint. Aug.: Diabolus vult plerumque nocere .. et non potest quia potestas ejus est sub potestate.

loro accade, oltre all'essere comica, ritrae il proprio de' barattieri e di tutti i frodolenti e i cattivi, che dopo collegatisi per nuocere altrui, s' azzuffano poi tra sẻ, e l'un sull' altro si vendicano del tristo esito dell' arti loro. Della quale zuffa la ragione filosofica è in questo della Somma: La concordia de' demonii, per cui taluni obediscono agli altri, non viene da affetto che abbiano tra sẻ, ma da comune nequizia che li fa odiare gli uomini, e ripugnando, adempire la giustizia di Dio. Perchè proprio è de' cattivi che si congiungano e sottomettano ad altri cattivi per mettere ad effetto la malizia propria, quanto li veggono più potenti di forze (1).

Belle in questi due Canti le molte similitudini. Sembra quasi che dopo sfoggiato nel ventesimo erudizione profana, e nel diciannovesimo dottrina sacra e poetico sdegno, in questi due voglia riposare la propria mente e de' lettori con imagini più rimesse.

All'aridità del secondo Canto abbiamo vedute succedere le bellezze del terzo, e alle enumerazioni del quarto la pietosa poesia del seguente; e alla disputa sulla Fortuna, il furor dell'Argenti; e a questo, la venuta dell'Angelo, e le scene del Farinata e del Cavalcanti; e dopo la scolastica precisione del Canto XI e le enumerazioni del XII, il Canto de' suicidi; e dopo la descrizione de' fiumi d'Inferno, la scena con Brunetto e co' tre Fiorentini; e innanzi alla tromba che suona pe' simoniaci, la faceta rappresentazione di Venedico, d'Alessio e di Taide. Varietà mirabile se pensata; se inavvertita, più mirabile ancora.

(1) 1, 1, 109.

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CANTO XXIII.

Argomento.

Sdrucciolano nella bolgia degl'ipocriti: trovano due frati bolognesi, coperti di cappe di piombo dorate di fuori, e Caifasso e gli altri nemici di Gesù, crocefissi per terra con pali, e passare gl'ipocriti su i loro corpi. Virgilio s'accorge che i diavoli aveano detta bugia, e se ne turba, come sincero ch' egli è.

Nota le terzine 1, 2, 4; 6 alla 10; 12, 13; 14 alla 24; 26 alla 30; 32, 34, 36, 37, 38, 40, 41, 42, 48.

1.

Taciti, soli, e senza compagnia,

N'andavam, l'un dinanzi e l'altro dopo,
Come i frati minor' vanno per via.

2. Vôlto era in sulla favola d'Isopo

Lo mio pensier, per la presente rissa, Dov' ei parlo della rana e del topo: 3. Chè più non si pareggia mo ed issa,

Che l'un con l'altro fa, se ben s'accoppia Principio e fine con la mente fissa. 4. E come l'un pensier dall'altro scoppia, Cosi nacque di quello un altro poi, Che la prima paura mi fe' doppia.

5. I' pensava così: Questi per noi

Sono scherniti; e con danno e con beffa Si fatta, ch'assai credo che lor nôi. 6. Se l'ira sovra 'l mal voler s'aggueffa, Ei ne verranno dietro più crudeli Che cane a quella levre ch'egli acceffa.»

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3. (L) Mo: ora. — ISSA: adesso. FINE della nostra avventura: volevano coglierci, furon colti.

(SL) Mo. Da modo. È nel Sacchetti. ISSA. Da hac ipsa hora. Inf., XXVII, t. 7; Purg., XXIV, t. 19. L'uno Lombardo, l' altro Toscano.

4. (SL) SCOPPIA. Buonar., Fiera: Questo a quello Pensier succede, e visco all' altro fassi, E l'altro all'altro. Pensieri impegolati.

5. (L) PER NOIi sono scherniti... La voglia che il Poeta ebbe di parlare a Ciampolo fu occasione alla rissa. Noi spiaccia.

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6. (L) AGGUEFFA: aggiunga. ciuffo. (SL) S'AGGUEFFA. Nel proprio vale aggiungere filo

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a filo, come si fa ponendo il filo dal gomito alla mano, e innaspando. Qui per aggiungere: come se l'ira s'av volgesse e s'aggomitolasse col malnato talento. En., IV: Aggerat iras. O da gueffo che vale sporto. G. Vill., III, 12; M. Vill., III, 83 Parte quasi aggiunta ad un edifizio. 7. (L) DELLA: dalla.

(SL) ARRICCIAR. En., IV: Arrectæ... horrore comæ. Bocc.: Tutti i peli gl' incominciarono ad arricciar addosso.

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(SL) TRARREI. Æn., IV: Mille trahens varios adverso sole colores. IMPETRO. Purg., XIV: Lo 'ntendimento tuo accarno Con lo 'ntelletto. Petr.: Cristallo o vetro Non mostrò mai di fore Nascosto altro colore, Che l'alma sconsolata altrui non mostri Più chiari i pensier nostri.... si fiso Li tenni nel bel viso (gli occhi) Per iscolpirlo, imaginando, in parte.

(F) Fossi. Prov., XXVII, 19: Siccome nelle acque risplendono i volti de' riguardanti, così i cuori degli uomini sono manifesti a' prudenti.

10. (L) Mo: ora. -VENIENO I tuoi pensier' tRA' MIEI: pensavo come te. CONSIGLIO deliberazione.

-

(SL) VENIENO. Purg., XIII: quando fui si presso di lor giunto, Che gli atti loro a me venivan certi. — Arro. Æn., XII: Nec... mihi curæ Sæpe tuo dulci tristes

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