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17. La città di Lamone e di Santerno

Conduce il leoncel dal nido bianco, Che muta parte dalla state al verno. 18 E quella a cui il Savio bagna il flanco, Così com'ella si è tra 'l piano e 'l monte, Tra tirannia si vive e stato franco. 19. Ora chi se', ti prego che ne conte.

Non esser duro più ch'altri sia statu; Se 'l nome tuo nel mondo tegna fronte. 20. Poscia che 'l fuoco alquanto ebbe rugghiato Al modo suo, l'aguta punta mosse

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11. (L) TENTO DI COSTA: toccò per cenno. Italiano, non Greco.

LATINO:

(SL) TENTO. Inf., XII, t. 22. COSTA. Hor. Sat., II, 5: Cubito stantem prope tangens. LATINO. Nella Volgare Eloquenza chiama l'italiano latinum vulgare. 13. (L) NON È..... SENZA GUERRA ne' cuor de' suoi TIRANNI: e' la bramano sempre.

(F) TIRANNI. Jer., VI, 28: Omnes isti principes declinantes, ambulantes fraudulenter, æs, et ferrum: universi corrupti sunt. Som.: La tirannide è la pessima corruzione del reggimento.

14. (SL) [AQUILA. Tiraboschi, Stor. lett., t. V. 1. III, c. 11, pag. 13.] — CERVIA. Lontana dodici miglia da Ravenna.

15. (L) LA TERRA...: Forli. BRANCHE del leone.

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(SL) TERRA. Forli che sostenne l'assedio d' un anno contro i Bolognesi e la Chiesa e sotto gli Ordelaffi successori di Mainardo, che avevan per arme un leoncino verde, dal mezzo in su d' oro, in giù con tre liste verdi e tre d'oro. [PRUOVA. Modo che tiene del sublime: Antonio, Che per amor perdè la gran ventura. Petrarca ne abbonda ne' Trionfi: Milziade che il gran giogo a Grecia tolsc.] FRANCESCHI per Francesi, anco in prosa. MUCCHIO. En., VI: Super confusæ stragis X: Ingentes Rutulorum linquis acervos... [Ricorda molte storie de' suoi tempi. Offizio dell' alto poeta.]

accrvum.

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(SL) MASTIN. I due Malatesta. Il vecchio nel 1296 combatte co' Guelfi contro i Ghibellini, li cacciò con istrage, incarcerò Montagna, cavaliere della famiglia riminese de' Parcitati; poi gli diede la morte. Malatestino, suo figlio, è il mastin nuovo di cui nacquero il marito di Francesca e Paolo e Pandolfo, e Malatestino il traditore, cieco da un occhio (Inf., XXVIII). Questa famiglia signoreggiò gran parte della Marca, e fu detta da Verrucchio, da un castello che Rimini donò a Malatesta padre del vecchio Mastino. Questi nel 1275 co' Bolognesi, Parmigiani, Modanesi, Reggiani, Ferraresi, sconfisse que' di Forlì e di Faenza: nel 1288 fu cacciato di Rimini: quindi, aiutato dal Papa, ricuperò la tirannide. GOVERNO. Petr., Trionfo della Fama, II: Chi de' nostri duci... fece 'l mal governo. —Succmo. Sacah.. Fece un foro con un succhio in quel muro.

17. (L) LA CITTÀ DI LAMONE E DI SANTERNO: Faenza e Imola. PARTE: partito. In Toscana, ch'è a mezzodi, guelfo; in Romagna, ch'è a tramontana, ghibellino. (SL) LAMONE. Faenza, presso il fiume Lamone; Imola presso il Santerno. LEONCEL. Forse leoncel o nido per ispregio. Il leone in campo bianco era l'arme di Mainardo Pagani di Susinana, soprannominato il Diavolo, uomo, accortissimo, nemico dei pastori di santa Chiesa; Guelfo in Toscana, Ghibellino in Romagna, come lo fa un trecentista; nobile, bello, forte, audace, al dire di Benvenuto imolese. Fu in varii tempi signore d'Imola, di Cesena, di Faenza (ove nel 1290 succedette a Manfredi), di Forlì, di Ravenna; nel 1289 combatté contr' Arezzo; nel 1300 entrò in Firenze col Valois (Dino, II); mori in Imola il 1302; aveva moglie una fiorentina de' Tosinghi, famiglia nominata da Dante (Par., XVI). E' combatteva co' Guelfi di Firenze co' suoi Romagnoli contro gli Aretini nel 1289 alla battaglia di Campaldino, dove combattè Dante stesso. Buono e savio capitano di guerra lo chiama il Villani (VII, 34). Nella guerra fra Azzo VII d'Este e Bologna, dal 1295 al 1299 combatte per Azzo co' suoi Faentini; nel 1997 aiutò a prender Imola (Murat:, IX, p. 854; XV, p. 543; XVIII, p. 299).

SI. Riempitivo.

18. (L) E QUELLA: e Cesena. (SL) PIANO. Sempre il monte è più libero della valle. Nel 1304, Uguccione, abitante in Cesena con altri due grandi sospettati di voglie tiranniche, fu cacciato di viva forza (Scip. Chiaram. 1. XI). — FRANCO. Vill.:

Franchi cittadini.

19. (L) CONTE: racconti. ALTRI in Inferno a parlarmi. SE: cosi. TEGNA FRONTE: viva. 20. (L) AGUTA: acuta.

(SL) DIE. Æn. V: Dedit sonitum tuba. Georg.. III: Sonum... arma dedere. Ov. Met., IX: Lingua..... icto... dedit aere voces.

22 (SL) SENZA. Ciò prova che nessuno al mondo sapeva la colpa appostagli dal Poeta. 23. (L) CORDIGLIERO: Francescano. Si: così. - A MENDA de' falli miei. - VENIVA: s'adempiva.

24. Se non fosse 'l gran prete, a cui mal prenda, Che mi rimise nelle prime colpe: E come e quare, voglio che m'intenda. 25. Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe, Che la madre mi die, l'opere mie Non furon leonine, ma di volpe.

26. Gli accorgimenti e le coperte vie

I' seppi tutte; e si menai lor arte
Ch' al fine della terra il suono uscie.
27. Quando mi vidi giunto in quella parte
Di mia età, dove ciascun dovrebbe
Calar le vele e raccoglier le sarte;

28. Ciò che pría mi piaceva, allor m'increbbe: E pentuto e confesso mi rendei,

Ahi miser lasso! e giovato sarebbe.

29. Lo principe de'nuovi Farisei,

Avendo guerra presso a Laterano

(E non con Saracin', nè con Giudei;

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(SL) MAL. Fior. d' It.: Male te ne coglierà. QUARE. Sacch., III.

25. (L) FORMA: anima avvivante il corpo.

(F) FORMA. Som. Essendo la forma dell'uomo cosa naturale, richiede determinata materia, cioè carne ed ossa, che convien porre nella definizione dell' uomo: come dal Filosofo (Arist. Met., VII). Luc., XXIV, 39: Spiritus carnem, et ossa non habet. Ov. Met., IV: Exsangues sine corpore et ossibus umbræ.

26. (L) FINE: confine. SUONO USCIE: fama si stese.

(SL) FINE. Semint.: De' fini della patria. Caro : De' suoi fini in bando. - Uscie. Psal. XVIII, 4: In canem terram exivit sonus eorum. Dino, 1. II: Il buon Guido da Montefeltro, di cui graziosa fama volò per

tutto il mondo.

(F) VIE. Som.: Ad astuzia appartiene ritrovare terte vie apparenti e non vere a conseguire il fine proposto: e l'esecuzione dell'astuzia si fa per dolo in parole, per frode in fatti.

27. (L) IN QUELLA PARTE DI MIA ETÀ: presso ai 74. — CALAR LE VELE E raccoglier le SARTE: darsi a Dio.

(SL) GIUNTO. En., X: Metasque dati pervenit ad ori.

(F) SARTE. Conv.: L'anima in vecchiaia ritorna a Dio, siccome a quello porto ond ella si partio... Cosi come il buono marinaro, che, com' ello appropinqua al porto, cala le sue vele, e soavemente con debile conducimento entra in quello; così noi dovremmo calare le vele delle nostre mondane operazioni, e tornare a Dio... Certo il cavaliere Lancillotto non volle entrare con le vele alte; nè il nobilissimo nostro latino Guido Monfeltrano... nella loro lunga età a religione si rendero, ogni no diletto e opera diponendo. Sen. Incipiamus in senectute vela colligere... In frelo viximus, moriamur in portu. Semint.: Raccoglier le vele.

28. (L) PENTUTO E CONFESSO: pentito e confessato. RENDEL frate.

(SL) CONFESSO. Gio. Vill., XII, 10: Andasse a Roma onfesso e pentito de' suoi peccati. · RENDEL. Conv.: A

eligione si rendero.

29. (L) LO PRINCIPE DE NUOVI FARISEI: il papa. CERRA... CON SARACIN', NÈ CON GIUDEI: a portar arme o ettovaglie agl'infedeli.

(SL) [PRINCIPE. Gio. Vill., VIII, 23.] AVENDO. Som.: Jobent bellum justum. — LATERANO. Coi Colonnesi ch'a

30. Chè ciascun suo nimico era cristiano, E nessuno era stato a vincer Acri, Ne mercatante in terra di Soldano); 34. Ne sommo uficio nè ordini sacri Guardò in sè, nè in me quel capestro, Che solea far i suoi cinti più macri. 32. Ma, come Costantin chiese Silvestro, Dentro Siratti, a guarir della lebbre; Gosi mi chiese questi per maestro 33. A guarir della sua superba febbre: Domandommi consiglio; ed io tacetti, Perchè le sue parole parvero ebbre. 34. E poi mi disse: Tuo cuor non sospetti ; Fin' or t'assolvo; e tu m'insegna fare

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» Si come Penestrino in terra getti.

vevano lor case presso quella basilica. Fin dal 1290 i Colonna erano troppo grandi neilo Stato Romano; Bonifazio li temeva. Il Petrarca, di lui: Fulminabat ille de terris... et dictis minacibus intonabat. Bonifazio, per saziare le libidini d' un suo nipote, invitò a mensa una de' Colonna, e la diede alle voglie di costui: la donna resistette onde gli odii. I Colonna rubarono non so che tesoro del Papa; ond' egli depose i due Cardinali della famiglia, e atterrò le lor case, e bandi loro la croce addosso, chè sapeva ch' e' tenevan trattato con Federigo re di Sicilia. Ed eglino negarono a Bonifazio ubbidienza e s'appellarono al futuro concilio.

(F) PRINCIPE. Matth., XXVII, 20: Principes... sacerdotum; ma qui principe ha doppio senso. - FARISEI. Cardinali, dice l' Anonimo. Matth. XXIII, 2, 5: Super cathedram Moysi sederunt Scribæ, et Pharisæi... Quæcumque dixerint vobis, servate, et facile; secundum opera vero eorum nolite facere.

30. (SL) ACRI. Rinnegata la fede, non era stato co' Saraceni a combattere. Nel 1291 il Soldano di Babilonia con grand' oste attorniò la città indarno difesa dai valorosi Templarii; la vinse, la saccheggiò: sessantamila furono tra morti e presi; il commercio fiorentino n' ebbe gran rotta, perch' Acri, dice il Villani, era un elemento del mondo (VII, 144, 145).

31. (L) SOMMо: papale. CAPESTRO: Cordone. - MACRI, per le astinenze, i frati che lo cingevano.

(SL) CAPESTRO. Dante, di s. Francesco: L'umile capestro (Par., XI). — MACRI. Nel Paradiso rimprovera più volte la carnale lautezza a costoro.

(F) SACRI. A religioso, dice l'Anonimo, è interdetto ogni alto laicale, non che di guerra. 32. (L) SIRATTI: Soratte, ora monte Sant'Oreste.

(SL) COSTANTIN. Tradizione favolosa. Dittam., II, 12: Il magno Costantin ch'essendo infermo Alla sua lebbra non trovò sostegno Quando Silvestro a Dio fedele e fermo, Partito da Siratti e giunto a lui, Sol col battesmo gli tolse ogni vermo. - Som.: Silvestro fu famigliare a Costantino. [De Mon., lib. III: Dicono taluni tultavia che Costantino mondato dalla lebbra, per interces sione di Silvestro Sommo Pontefice, la sede dell' imperio, cioè Roma, donasse alla Chiesa con di moll'altre dignità

imperiali.] SIRATTI. Anco in prosa. MAESTRO per

medico, il Boccaccio (XXIX, 2). Qui ha doppio senso. 33. (SL) PAROLE. Tibul., III, 6, 56: Ebria verba.

(F) FEBBRE. Ambr.: Iracondia è la nostra febbre. Bernardo Il peccato è alla natura quel che è al corpo la febbre. EBBRE. Jer., XIII, 15. Implebo... sacerdotes... ebrietate. Som.: Paragona la speranza all'ebbrezza. 34. (L) FIN' OR : fin d'ora. PENESTRINO: Preneste, ora Palestrina. GETTI io.

(SL) Cuor. Is., VII, 4: Cor tuum ne formidet. —

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Là 've 'l tacer mi fu avviso il peggio; E dissi: Padre, dacchè tu mi lavi 37. Di quel peccato ov' io mo cader deggio; Lunga promessa con l'attender corto » Ti farà trionfar nell'alto seggio. 38. Francesco venne poi, com' i' fui morto, Per me. Ma un de' neri Cherubini Gli disse: Nol portar: non mi far torto. 39. Venir se ne dee giù tra'miei meschini, Perchè diede 'l consiglio frodolente,

. Dal quale in qua stato gli sono a'crini. 40. Ch'assolver non si può chi non si pente; Nè pentere e volere insieme puossi, Per la contraddizion che nol consente. »

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(SL) PINSER. Hor. Sat., II, 6: Hæc ubi dicta Agrestem pepulere. Æn., IV: Animum... labantem impulit. (F) LAVI. Som.: Lavare dal peccato. 37. (L) LUNGA PROMESSA CON L'ATTENDER CORTO: molto promettere, poco fare.

(SL) PROMESSA d'assoluzione se s'arrendono. Resero la fortezza e il papa li cacciò. — ATTENder. Dino, II, 49. Vive tuttora. CORTO. BOCC.: Corta fede.

38. (L) FRANCESCO: il padre dell' ordine mio. - PER ME: per levarmi seco. NERI CHERUBINI: demonii.

(SL) PER ME. Vit. ss. Padri: Li santi Angeli erano venuti per l'anima sua. Petr.: Al por giù di questa spoglia Venga per me.

(F) NERI CHERUBINI. Cosi forse li chiama per opposizione al serafico Padre. Anon.: Un demonio che fu dell'ordine de' cherubini, tanto più presso all'imperatore del regno doloroso, quanto i cherubini sono piu presso a Dio. Som.: L'angelo di Satana.

39. (L) STATO Gli sono a' crini perchè non mi fuggisse. (SL) MESCHINI. Inf., IX.

40. (L) PENTERE E VOLERE: pentirsi del male e volerlo.

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Tu non pensavi ch'io loico fossi!. 42. A Minos mi portò: e quegli attorse Otto volte la coda al dosso duro;

poi che per gran rabbia la si morse, 43. Disse: Questi è de'rei del fuoco furo. Per ch'io, là dove vedi, son perduto; E, si vestito andando, mi rancuro. 44. Quand'egli ebbe 'l suo dir così compiuto, La fiamma dolorando si partio, Torcendo e dibattendo 'l corno aguto. 45. Noi passammo oltre, ed io e 'l duca mio, Su per lo scoglio, infino in su l'altr'arco, Che copre 1 fosso in che si paga il fio 46. A quei che scommettendo acquistan carco.

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(SL) CONSENTE. Cresc.: Se l'amore lo consentirà, (F) VOLERE. Greg.: Neque enim unquam conveniunt culpa operis et reprehensibilitas cordis ; nam bonus et malus quis simul esse non potest. - Che i dannati non si pentano, V. Som., 97, 16; 99, 2 TRADDIZION. Arist. Met., IV: Tutti i principii riduconsi a questo primo: impossibile insieme affermare e negare, 41. (L) LOICO FOSSI. Adduce il principio della contraddizione.

(SL) O ME DOLENTE! Boccaccio ed altri.-Loco.

Villani. 42. (L) OTTO: lo danna all' ottava bolgia. — RABBIA di tale reità.

(SL) OTTO: lo danna all' ottava bolgia; e si morde la coda, irato anch'egli, di tale reità - RABBIA. Stazio, del re dell' Erebo che giudica: Nil hominum miserans iratusque omnibus umbris (VIII).

43. (L) FURO: ladro. - PER CH': onde. -Si: così. — MI RANGURO: mi dolgo.

(SL) DISSE. Non basta attorcere la coda; convien che accenni la bolgia. - FURO. Inf., XXVI: Ed ogni fiamma un peccatore invola. RANCURO. Rancura per dolore è nel Purgatorio e in Dante da Maiano. 45. (L) SCOGLIO dell'argine. ARCO: ponte. 46. (L) SCOMMETTENDO: mettendo discordia.-CARCO di colpa.

(SL) CARCO. Diciamo: carico di coscienza, peso

sull' anima.

Giustizia e misericordia.

La fine di questo Canto, dove un Cherubino nero toglie al Padre serafico l'anima volpina d'un frate, ha riscontro nel quinto del Purgatorio, dove l'anima di Buonconte, anch'egli da Montefeltro come questo Guido dannato, è presa dall'Angelo di Dio, e quel d'Inferno grida: O tu dal ciel, perchè mi privi?, come questo qui grida a Francesco: Nol portar, non mi far torto. Qui il diavolo è logico, e reca in mezzo il principio di contraddizione; là si diletta di meteorologia, e non potendo aver l'a

nima, se la piglia col corpo, e facendo nascere una bufera che gonfii la fiumana, dall'Archiano lo travolge in Arno, e scioltegli le braccia in croce ch'e' si strinse al petto morendo, lo caccia tra la melma ignoto e insepolto. Vendetta da diavolo canzonato. Questa invenzione ha fondamento in quel di Tommaso (1): La divina sapienza permette che alcuni

(1) Som., 1, 1, 109.

mah sien fatti per mezzo degli Angeli o degli uomini rei per i beni che di li deduce, onde gli Angeli buoni non totalmente rattengono i rei dal nuocere. E l'altra invenzione del presente Canto ci reca anch'essa alle sue autorità (1): Gli Angeli buoni rivelano alcune cose a' rei per punire le anime prare, come gli assessori del giudice dicono certe cose ai bassi ministri della giustizia. E Basilio: Verrà l'Angelo orribile a prendere l'anima tua, e trovalala dalle forti catene de' peccati legata e cinta, e tulta intenta alle mondane cose e a' terreni pensieri, tutta lamentevole seco ne la trarrà a viva forza.

In una visione narrata dal calabrese abate Gioachino, un religioso fa per via forte e pericolosa il cammino di ben sei giorni, e si ritrova fra linci, leoni e serpi che gli impediscono il passo (2). Ed ecto, mentre egli si teme divorato da quelli, apparirgli un fiume di zolfo e di fuoco con sopravi un ponte stretto e sdrucciolevole; le anime ree cadono nei gorghi ardenti, le giuste passano ratte com'aquila.

Qui giova recare tradotto alla lettera un Canto serbico che non è de' più belli tra i tanti bellissimi di quel popolo, ma è documento di tradizioni e costumi:

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(1) Som., 1, 1, 109. - (2) Inf., I. — (5) Santa Maria Maddalena e s. Elia che cadono di luglio hanno affidati a sè nelle tradizioni serbiche i tuoni e i lampi e la folgore; l'aggiunto poi di fiammante sta bene alla donna che con l'ardenza del nobile amore riscattò il men che degno. — (4) In altre visioni d'altri popoli s. Pietro accompagna i visitanti l'Inferno come se le sue chiavi servissero da per tutto. · (5) Inf., XIX. — (6) Anche qui la pena ineguale secondo la colpa, come in Dante e sovente ora espresso ora inteso. Inf., IX, XJI, XXVIII, ed altrove. — (7) Le solite domande di Dante: Inf., III, IV, V e sempre. (8) Inf., III: Dicerolti molto breve. -(9) Comare in italiano nome quasi di celia, a' Serbi rappresenta un vincolo religioso e piucchè fraterno. I presenti non erano a cupidigia, ma a testimonianza

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E presero maledetta taglia;

E non s'attesero ancora a questo,
Ma facevano quanto potevano,

Gli usurai, sorella, e i taglieggiatori
D In due tanti a Dio maledetti. »
Poi mossero un po' innanzi,
Ivi trovarono una giovane sposa,
Che le ardono e i piedi e le mani,

E le casca la lingua fuor delle mascelle (5),
E pendono a lei vipere (6) dalle mammelle.
Quando la vede la fiammante Maria,
Ella tosto all'Apostolo domanda:

In che la trista a Dio peccò,

» Che pena a pene gravi?

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d'affetto I negarli dunque era insieme avarizia e durezza di cuore e sconoscenza, e quasi irreligione. (1) En., VI: Pulsatusve parens. Dante non ha per questo peccato un proprio luogo nè tormento, come se consentisse al legislatore ateniese, il quale non assegnò pena al parricidio siccome a misfatto creduto impossibile. Ma nel XII dell' Inferno tocca d'uno ucciso dal figliuolo, che, per rispetto al sacro nome, egli chiama figliastro. (2) Inf., XXXI. Noi procedemmo più avanti allotta. Altrove spesso. (5) Cosi Virgilio a Dante figliuolo; e Beatrice fratello. -- (4) Inf., XXIII. Da tua terra insieme presi..... per conservar sua pace. (5) Inf., XVII, XXVIII. (6) Inf., XXIV, XXV. (7) Inf., XIX. Di parecchi anni mi menti lo scritto. XXIX: Infallibil Giustizia Punisce i falsator', che qui registra,

fusi insieme il cantore cieco da cui l'ebbe il signor Vick Stefanovick. Perchè trattasi di donna ch'ebbe quattro mariti, e che maltrattava i figliastri; il che non ha punto che fare con Maria Maddalena; ma è documento della moralità dei Canti di Serbia, i quali cogli esempi e del bene e del male, insegnano la santità degli affetti domestici. Il Canto finisce :

Ancora la madre lamentarsi volea,
Ma non gliel dà Pietro Apostolo.
Ma Pietro per mano l' afferra,

E gettala in mezzo i diavoli:

Bada demonio: tienla diavolo! » (1)
Cosi fu. E Dio ci salvi.

In questa santa che crede poter liberare un'anima dall'inferno hai tradizione simile a quella dell'imperatore Traiano, che per aver resa giustizia a una povera vedova è liberato d'inferno dalle preghiere di Papa Gregorio; al che in due luoghi accenna il poema di Dante (2). E nelle tradizioni e serbiche e degli altri popoli così come nel vero spirito cristiano, prevale il senso della misericordia. Agostino (3): Lo spirito disertore della vita e peccatore è retto dallo spirito razionale pio e giusto. Gregorio (4): Gli Angeli son potestà a cui le virtù avverse vanno soggette; e Tommaso (5): Gli Angeli buoni hanno sopra i cattivi preminenza.

Antonio abate in una delle sue visioni vede un gigante nero che dava del capo nelle nuvole e gettava in un lago, grande come il mare, le anime che non fossero dagli Angeli portate in alto. In una visione narrata da Beda, i demonii stanno entro le fiamme, un Angelo salva da essi un'anima pericolante; in altra i diavoli mettono in barca re Dagoberto, e i Santi Maurizio e Martino lo liberano; in altra i demonii mettono in bilancia i peccati dell' imperatore Carlo Magno, ma dall' altro lato la fanno tracollare le Chiese e Badie edificate. In altra, un prete inglese vede in una grandissima chiesa Angeli leggere libri scritti col sangue, quelle note via via cancellarsi. Nella nota visione d'Alberico, che con tante altre rammenta nel suo bel lavoro il signor Ozanam, una lagrima di carità raccolta dall'Angelo della misericordia cancella le colpe che nel suo libro presenta l'Angelo della pena. Onde Dante: Tu le ne porti di costui l'eterno Per una lagrimetla che 'l mi toglie (6).

Ne'Bollandisti (7): « La vergine del Signore andò alla chiesa di Dio, ch'era in quella medesima pieve, a prendere il velo. E, strada facendo, la beata Ida, ecco molti demonii vennero contro lei nella via, e cominciarono contro la Vergine di Dio a contendere in modo atroce. Allora gli Angeli di

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I' ero condotto da non so che Etiopi (2) ch'avevano statura di giganti (3) e aspetto orribile (4), gli occhi come fornace di fuoco (5), i denti come di leone, le braccia come travi (6), l'ugne come d'aquila, e ne' quali non era misericordia. E' mi conducevano esultanti in inferno; e quando giả ero vicino alla bocca del pozzo dell'abisso (7), s'aspettava ancora che la mia carne fosse resa alla terra onde fu tolta. Ma poichè tu, o preside, facesti ritirare il corpo mio, e il beato Giuliano per me rivolse l'orazione al Signore de' cieli, tutto l'inferno si conturbò, e una voce dal trono di Dio fu udita, dicente: Per il diletto mio Giuliano ho ricondotta l'anima di costui.... E vennero due vestiti di bianco e mi tolsero dalla signoria de' diavoli, e resero a questa luce. Un'altra ancora: A Serafina moriente assistè Veronica, e vide con gli occhi del corpo la crudel guerra dell'antico nemico (8), con la quale vessava lei vicina ad esalare lo spirito. L'Angelo di luce stava presto ad accoglierla nella partita di contro il demonio apponeva a Serafina e gravi colpe e leggiere... Ma l'Angelo di luce rispondeva, Serafina essere di tutte confessa... E quando Serafina diede l'ultimo spirito, Veronica vide l'Angelo di Dio molto lieto: onde intese l'anima di Serafina non essere addetta all'eterna dannazione (9). •

.

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La sant' anima uscente dal corpo Michele arcangelo con una schiera d'Angeli venne incontro a ricevere per condurla ne' cieli. E a un tratto da aquilone, cioè dalla sinistra (10) parte, venne una plutonica (14) innumerabile turba a bestemmiare la sant'anima e dire: Quest'uomo è nostro compagno, che con timida fuga perdè la corona del martirio; giacchè dice Cristo (12): Beato l'uomo che soffre tentazione, chè, provato che sia, rice» verà la corona di vita, la quale Dio promise a chi l'ama. L'inobediente trasgressore de'coman

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(1) Bolland., I, 585. Vit. s. Juliani. - (2) Inf., XXI: Un diavol nero. (3) Inf., XXXI. —(4) Inf., XXI: Ahi quant'egli era nell'aspetto fiero! — (5) Inf., III: Caron dimonio, con occhi di bragia. (6) Inf., XXXIV: Vele di mar non vidio mai cotali. (7) Inf., IX. (8) Purg., XI: Antico avversaro. (9) Bolland., I. Vit. s. Veronica di Binasco, p. 897. - (10) Sempre in Dante la sinistra è segno di perdizione. Inf., XIX. (11) Anco nelle vite de Santi Padri qualche rimasuglio mitologico: pensa se Dante poteva astenersene in un poema. - (12) Anco in Dante il Diavolo adopra l'antorità de' libri santi.

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