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CANTO XXXI.

Argomento.

Giungono al nono ed ultimo cerchio. Sino al quinto è punita l'incontinenza; nel sesto e nel settimo la malizia; la bestialità nell'ottavo e nel nono. Da' lascivi agl' iracondi, gl' incontinenti, i maliziosi; dagli eretici agli usurai; in Malebolye, i bestiali, quelli cioè che il vizio trassero a tale eccesso da indurre l'umana natura a stato incivile e ferino. La bestialità porta quasi sempre la frode, cioè il tristo uso della ragione e dell'arte; ond'è che in Malebolge e nel pozzo penano i frodolenti; in Malebolge la frode contro chi non si fida; nel pozzo i tradimenti, che rompono il vincolo e di natura e di fede. E perchè nelle più gravi reità più profondo è l'orgoglio, però stanno a guardia del pozzo i giganli.

Nota le terzine 3 alla 7; 11 alla 14; 16, 20, 21, 22, 25; 27 alla 30; 32, 36, 44, 46, 47, 48.

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(SL) MORSE. Lingua che morde; traslato non bello. Hor. Ep., I, 16: Mordear opprobriis falsis, mutemque colores?

2. (L) DEL SUO PADRE: Peleo, che feriva e sanava.

(SL) LANCIA. Ov., Rem. Am., 48: Vulnus in Herculeo que quondam fecerat hoste, Vulneris auxilium Pelias hasta tulit. - MANCIA. Valeva dono in genere. Ov. Met., XII: Opusque meœ bis sensit Telephus hastæ. [Goethe, le Tasse, IV, 4: Les poëtes nous racontent que la lance d'Achille guerissait, par une réparation bienfaisante, les coups qu'elle même avait portés; la langue de l'homme possède aussi cet heureux privilège, etc. Di Bernardo di Ventadour, poeta provenzale che fiori verso la metà del XII secolo, dice il Millot (Hist. litt. des Troubadours, t. 1, p. 27): Il comparoit le baiser qu'il avoit reçu à la lance d'Achille, seule capable de guerir les blessures qu'elle avoit faites. Voilà un trait d'érudition singulier pour un troubadour. Vedi Warton's, History of English Poetry, vol. I, sect. II, p. 245.] 3. (L) DEMMO: volgemmo.

(SL) DEMMO. Livio e Virgilio: Terga dare.—RIPA. Passano l'ultim'argine della decima bolgia, e traversano lo spazio tra la bolgia ed il pozzo.

4. Quivi era men che notte e men che giorno,
Si che 'l viso m'andava innanzi poco;
Ma io senti' sonare un alto corno,

5. Tanto ch'avrebbe ogni tuon fatto fioco;
Che, contra sé la sua via seguitando,
Dirizzo gli occhi miei tutti ad un loco.
6. Dopo la dolorosa rotta, quando

Carlo Magno perdè la santa gesta,
Non sono si terribilmente Orlando.
7. Poco portai in là alta la testa,
Che mi parve veder molte alte torri :
Ond' io: Maestro, di' che terra è questa? ·

4. (L) Viso: vista.

5. (L) CHE, CONTRA SÈ LA SUA VIA SEGUITANDO, DIRIZZÓ GLI OCCHI MIEI tutti ad un loco: dirizzò a un luogo gli occhi miei seguitanti a andare di contro alla parte ond'esciva il suono del corno, ch'era la via del suo suono. 6. (L) GESTA: impresa.

(SL) DOLOROSA. G. Vill.: Dolorosa sconfitta. ROTTA di Roncisvalle, quando Carlo volle cacciare i Mori di Spagna il Saracino Marsilio, intesosi con Gano traditore, li assalse. Orlando suonò il corno per chiedere aiuto e fu sentito otto leghe lontano. Carlo voleva ritornare: Gano lo dissuase. Orlando suono tanto, dice la Cronaca, ch' e' ne scoppiò. Trentamila cristiani perirono. GESTA. Petr., Trionfo della Fama: Goffrido, che fe' l'impresa santa. Pulci: Or sarà spenta la cristiana gesta. · [ORLANDO. Milton, Parad. Lost 1, 586; Warton's, History of English Poetry, vol. I, sect III, pag. 132.]

7. (L) TERRA: città.

8. Ed egli a me: - Però che tu trascorri Per le tenebre troppo dalla lungi, Avvien che poi nel maginare aborri. 9. Tu vedra' ben, se tu là ti congiungi, Quanto 'l senso s'inganna di lontano. Però alquanto più te stesso pungi. 10. Poi caramente mi prese per mano, E disse: Pria che no' siam più avanti, Acciò che 'l fatto men ti paia strano, 41. Sappi ch'e' non son torri, ma giganti : E son nel pozzo, intorno dalla ripa, Dall' umbilico in giuso, tutti quanti. 12. Come, quando la nebbia si dissipa, Lo sguardo a poco a poco raffigura Ciò che cela 'l vapor che l'aere stipa; 43. Così, forando l'aer grossa e scura,

Più e più appressando invêr la sponda, Fuggémi errore, e giugnémi paura. 44. Perocchè, come in su la cerchia tonda Montereggion di torri si corona; Cosi la proda che 'l pozzo circonda 15. Torreggiavan di mezza la persona

Gli orribili giganti, cui minaccia
Giove del cielo ancora, quando tuona.
16. Ed io scorgeva già d'alcun la faccia,

Le spalle, e 'l petto, e del ventre gran parte,
E, per le coste giù, ambo le braccia.

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(SL) FORANDO. Purg., X, t. 40: Disviticchia col viso. Il francese: percer.-FUGGÉMI. Æn., XII: Fugit... dolor. GIUGNÉMI. Vita Nuova: Mi giunse un si forte smarrimento. Jer., XLIX, 24: Tremor apprehendit cam. Psal. LIV, 6: Timor et tremor venerunt super me. PAURA. Æn., III: Pavor ossa reliquit.

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14. (SL) MONTEREGGION. Castello sanese, che nel circuito delle sue mura ha quasi ad ogni cinquanta braccia una torre, non avendone in mezzo per lo castello alcuna (Anon.) CORONA. Virgilio, de' soldati: Rara muros cinxere corona (Æn., X).

15. (SL) [TORREGGIAVAN. Questa terzina è pure esempio di gran pensiero semplicemente detto.] GIOVE. Boccaccio: Giove che ancor li spaventa tonando. A memoria del fulmine che in Flegra li colse. Georg., I: Flagranti aut Atho... telo dejicit. Hor. Carm., III, 4: Terra... mæretque partus fulmine luridum Missos ad Orcum.

16. (L) BRACCIA legate.

17. Natura certo, quando lasciò l'arte Di si fatti animali, assai fe' bene, Per tor cotali esecutori a Marte. 18. E s'ella d'elefanti e di balene

Non si pentè, chi guarda sottilmente, Più giusta e più discreta la ne tiene; 19. Chè, dove l'argomento della mente S'aggiunge al mal volere e alla possa, Nessun riparo vi può far la gente. 20. La faccia sua mi parea lunga e grossa Come la pina di San Pietro a Roma, E a sua proporzione eran l'altr' ossa. 21. Si che la ripa, ch' era perizoma

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17. (L) L'ARTE DI SÌ FATTI ANIMALI: di creare giganti. (SL) NATURA, Lucan., IX: Nec de te, Natura, queror: tot monstra ferentem, Gentibus ablatum dederas serpentibus orbem. - ANIMALI. Cosi chiama anche l'uomo nel V dell' Inferno.

18. (L) D' ELEFANTI E DI BALENE NON SI PENTÉ : non si penti di creare elefanti e balene. -DISCRETA: intelligente. (F) PENTÈ. Gen., VI, 6: Pœnituit eum quod hominem fecisset.

19. (L) L'ARGOMENTO: la ragione.

MAL. Aug., de Civ. NESSUN. Som.: Pejor

(F) Dove. Arist. Polit., I, 9: Siccome l'uomo, se sia perfetto in virtù, è l'ottimo d ́gli animali; cosi se si diparta da legge e da giustizia, è il pessimo di tutti, avend' egli l'arme della ragione. Dei, XIV, 13: Mala voluntas. est malus homo quam bestia. 20. (SL) PINA di bronzo: un tempo sulla mole Adriana: oggi sulla scala dell'abside di Bramante. (F) A SUA PROPORZIONE. Som: Ad suam propor

tionem.
21. (L) PERIZOMA: cintura.
in su.

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DI SOPRA: dalla cintola

(SL) PERIZOMA. Gen., III, 7, in senso di cintura Fecerunt sibi perizomata. Sovrastanno come torri, ma tengono i piedi nel ghiaccio di Cocito.

22. (L) FRISON: di Frisia; gente alta. - DAL LOCO IN GIÙ Dov' com s'AFFIBBIA: dalla forcella del petto alla cintura.

23. (SL) RAFEL. Parole senza senso: lo dirà Virgilio, e lo nota l'Anonimo; ond'è vano spiegarle come siriache od arabiche. Ma forse son prese da più lingue d'Oriente; e vanno pronunziate altrimenti da come giacciono scritte per fare verso.-FIERA. En., VI: Fera corda. BOCCA. Semint. : Gridò con paurosa bocca, SALMI. Altre volte note, metro, rima. Jer. Thr., III, 63: Ego sum psalmus eorum.

24. (SL) TOCCA. Lucr., I: Tangitur ira. Æn., XII : Te... tangere cura. Gen., VI, 6: Tactus dolore.

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25. (L) DOGA. Quasi doga da botte, curvo e immenso. (SL) SOGA. Soga, cioè correggia del soatto. In Toscana, sogatto e sogattolo correggiuola di cuojo.DOGA. Perchè curvo. Cosi Aletto in Virgilio: Cornuque recurvo Tartaream intendit vocem qua protinus omne Contremuit nemus.... Audiit et Triviæ longe lacus (En., VII).

(F) CONFUSO. Amb., de Poen., XI, 6: Peccati dies confusionis appellatur: confusio est enim quando Christus negatur.

26. (L) Coro: pensiero della torre. PURE: solo. (SL) Coro. Par., III, 9. Da cogito: onde oltra

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(SL) MAGGIO. Nembrotto, nota l'Anonimo, nacque naturalmente; Efialte era di razza mostruosa. 29. (L) CHE. Riempitivo. MAESTRO artefice.

(SL) MAESTRO. Inf., XVII, t. 13. SUCCINTO. En., Succinctam pharetra, et maculosæ tegmine lyncis. 30. (L) 'N SU LO SCOPERTO SI RAVVOLGEVA INFINO AL GIRO QUINTO: nella parte del corpo che esce la catena dal pozzo fa cinque giri.

(F) AVVINTO. Jud., 6: In judicium magnæ dici, vinculis æternis sub caligine reservavit. Nel XX dell'Apocalisse il principe de' demonii è legato.

31. (L) ESSERE SPERTO sperimentare. premio.

MERTO :

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Presso di qui, che parla, ed è disciolto; Che ne porrà nel fondo d'ogni reo. 35. Quel che tu vuoi veder, più là è molto; Ed è legato, e fatto come questo; Salvo che più feroce par nel volto. 36. Non fu tremuoto già tanto rubesto, Che scotesse una torre così forte, Come Fialte a scuotersi fu presto. 37. Allor temetti più che mai la morte; E non v'era mestier più che la dotta, S'i' non avessi viste le ritorte. 38. Noi procedemmo più avanti allotta;

E venimmo ad Antéo che, ben cinqu'alle
Senza la testa, uscia fuor della grotta.

(SL) FIALTE. Da Efialle, come pistola da epistola, e sopra maginare per imaginare.-PRUOVE. Georg., I: Ter sunt conati imponere Pelio Ossam Scilicet, atque Ossæ frondosum involvere Olympum. PAURA. Hor. Carm., III, 4: Magnum illa terrorem intulerat Jovi Fidens juventus horrida brachiis. Ovidio, di Tifeo: Cœlitibus fecisse metum (Met., V ).

33. (SL) BRIAREO. Virgilio lo colloca nell' Inferno: Et centumgeminus Briareus (Æn., VI). Æn., X: Egœon qualis, centum cui brachia dicunt Centenasque manus, quinquaginta oribus ignem Pectoribusque arsisse, Jovis quum fulmina contra Tot paribus streperet clypeis, tot stringeret enses. Stat., II: Immensus Briareus. Lucan.,IV: Briareusque ferox.

34. (L) PARLA. Non come Nembrotto. DISCIOLTO per posare al fondo i dannati e per minor pena. REO: reità.

(SL) ANTEO. Lo nomina nel Convivio. Qui accenna ai versi di Lucano (Phars., V). REO. Nel VII del Purgatorio (terz. 3) usa rio sostantivo. Stat., VIII: Mundum.... nocentem.

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(SL) FATTO. Il Poeta lo credeva di cento braccia, come Virgilio dipinge: il maestro lo toglie d'errore. Le cento braccia eran simbolo di sua forza. FEROCE. Lucan., IV: Briarcusque ferox. 36. (L) RUBESTO: fiero.

(SL) RUBESTO. Purg., V, t. 42. L'Ottimo: Il tiranno è rubesto e fiero. TORRE. V. terz. 7. Fialte si scuote per gelosia del sentire altri più feroci di lui, e per mostrare sua forza, benchè legato. SCUOTERSI. Stat., VIII: Habeo jam quassa Gigantum Vincula. 37. (L) DOTTA: paura.

(SL) DOTTA. Da dubito. G. Vill.: ridottato; come agli antichi Italiani sicuro per coraggioso.

(F) DOTTA. Sap., XI, 20: Non solum læsura poterat... exterminare, sed et aspectus per timorem occidere.

38. (L) ALLOTTA: allora. ALLE. Franc. auncs, due braccia. DELLA GROTTA: del pozzo.

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(SL) PROCEDEMMO. Æn., II e III: Procedo et... ALLE. Corrisponde a due braccia: il braccio è tre palmi; dunque trenta palmi, come disse più sopra. La favola gli da braccia quaranta. GROTTA. Accenna forse agli

antri dove Anteo visse.

39. O tu che nella fortunata valle Che fece Scipion di gloria ereda (Quand' Annibál co' suoi diede le spalle), 40. Recasti già mille lion per preda;

E che, se fossi stato all'alta guerra De' tuoi fratelli, ancor par ch'e' si creda 44. Ch' avrebber vinto i figli della Terra; Mettine giuso, e non ten venga schifo, Dove Cocito la freddura serra. 42. Non ci far ire a Tizio nè a Tifo.

Questi può dar di quel che qui si brama: Però ti china, e non torcer lo grifo. 43. Ancor ti può nel mondo render fama;

Ch' ei vive, e lunga vita ancora aspetta
Se innanzi tempo Grazia a sẻ nol chiama..

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(SL) FORTUNATA. Nel senso del Canto XXVIII, terz. 3. [VALLE. Liv., XXX; Lucan., IV, 590, 656.]· GLORIA. Scipione, scrivendo al senato: Vinsi tutta l'Africa, disse: non ne riportai che la gloria. Lucano pone il regno d'Anteo presso là dove Annibale fu sconfitto. Non così Plinio (V, 1) nè Solino (Polyhist., 27). Loda Anteo, per farlo più mite. Così Pompeo loda Erittone nel VI di Lucano.

40. (L) DE' TUOI FRATELLI : de' Giganti.

(SL) GUERRA. Lucan., IX: Bellum... immane Deorum. Così i Giganti in Orazio e Virgilio. - PAR. Dice par ch'e' si creda per moderare l' esagerazione di Lucano, ma intanto lusinga l'orgoglio del mostro. 41. (L) LA FREDDURA. Caso retto.

(SL) FIGLI. Æn., IV: Illam Terra parens, ira irritata Deorum... Progenuit. COCITO. Inf., XIV e XXXIV. Dante, Rime: E l'acqua morta si converte in vetro Per la freddura che di fuor la serra. 42. (L) TIFO: Tiféo. lando di te fra' vivi.

QUESTI Dante.

DAR, par

(SL) Tizio. Gigante, di cui nel VI di Virgilio. Lucano lo nomina con Tifone, per dire che Anteo era più forte di loro. In questa menzione è una memoria Jusinghiera ad Anteo. TIFO. Æn., VIII: Non terruit ipse Typhæus Arduus arma tenens. Lo nomina Orazio.

GRIFO. Dopo lodatolo, e promessogli fama, acciocchè non sia adulazione, gli dà della bestia; ed è perorazione infernale. Come dire: non far lo sdegnoso; che altri ti potrà rendere lo stesso servigio.

43. (F) CHIAMA. Sophon., I, 7: Sanctificavit vocatos

44. Così disse 'l maestro: e quegli in frella Le man distese (e prese il duca mio), Ond' Ercole senti già grande stretta. 45. Virgilio, quando prender si sentio, Disse a me:-Fatti 'n qua si ch'io ti prenda.Pui fece si che un fascio er' egli ed io. 46. Qual pare a riguardar la Carisenda

Sotto 'I chinato, quand' un nuvol vada Sovr' essa, si ched ella incontro penda; 47. Tal parve Antéo a me, che stava a bada Di vederlo chinare. E fu tal ora Ch'i' avrei volut' ir per altra strada. 48. Ma lievemente, al fondo che divora Lucifero con Giuda, ci posÒ;

Né, si chinato, li fece dimora. 49. E, com'albero, in nave si levò.

suos. Psal. CI, 25: Ne revoces me in dimidio dierum meorum. En., X: Sua Turnum Fala vocant. 44. (L) ERCOLE SENTI GIÀ GRANDE STRETTA: vinse Anteo tenendol levato da terra.

(SL) [ERCOLE. Dante, de Monarchia, lib. II.] — STRETTA. Ercole ed Anteo in Lucano: Herebis pressis intra mea pectora membris (Phars., IV). Quel che Ercole fece ad Anteo, Anteo fa ad altri in memoria della sua fine; e in pena dell'orgoglio è fatto, di re, facchino. Cosi Nesso che mal passò il guado con Dejanira, porta in groppa il Poeta per il guado di sangue.

45. (SL) FASCIO. Nel Canto XVII fra Gerione e Dante s'interpone Virgilio. Ecco i passaggi di tutto l'Inferno: Flegias, Gerione, Anteo.

46. (L) SOTTO 'L CHINATO: a chi è dalla parte ove la torre pende. CHED: ch'.

(SL) CARISENDA. Torre di Bologna, oggidi Torremozza, tanto pendente, che a chi sta sotto parrebbe, in veder passare una nuvola di contro, che non la nuvola ma la torre si mova. Così fa la luna quando le nubi le movono incontro. L'Anonimo la dice chinata per difetto de' fondamenti.

47. (L) TAL ORA: un momento. 48. (L) Si: così.

(SL) GIUDA. Inf., XXXIV, terz. 21.

(F) DIVORA. Prov. I, 12: Deglutiamus eum sieut infernus viventem. Psal. LXVIII, 46: Neque absorbeat me profundum: neque urgeat super me puleus os

suum.

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non è illecito indurre che siffatte congiunzioni fossero senza legge di rito, e procreassero prole o non certa o non curata da' padri distratti dalla moltitudine della famiglia e avidi di nuovi amori, onde figliuolanza o veramente illegittima, o come se illegittima fosse.

La superstizione giudaica faceva i giganti nati da angeli mescolatisi a femmine; e però forse Dante li colloca intorno al pozzo ove sta fitto Lucifero. Ma la favola pagana adombra anch'essa la storica verità dove dice i giganti figli della terra, la quale locuzione ognuno sa ch'anco in tempi di civiltà non credula comunemente valeva figli d'illegittime nozze. E i così fatti dicevansi nati dall' amore d' un nume con donna mortale e quello che in prima era forma di corpo gigante, divenne poi forza di valore più o meno accompagnata da virtù benefica di cuore e di mente. La cura grande che non solo nell'antichità giudaica ma da tutte le nazioni veggiamo serbata acciocchè le schiatte e le cittadinanze rimangano pure, come Dante dice (1), e senza confusione di persone, ci attesta non tanto l'orgoglio de' primi patriziati, quanto la religione delle tradizioni nelle famiglie, delle quali il capo era principe e prete. Onde in origine codesta cura era meno politica che religiosa e morale: e così le idee del Vico vanno dichiarate e ampliate. E così spiegasi come il commescolamento non tanto de' sangui quanto delle tradizioni e abitudini men buone con le buone facesse degenerare l'umanità, e preparasse la pena delle acque espiatrici e il rinnovellamento che provvido segue sempre alla pena (2).

Non è però da sconoscere che siccome nella Bibbia e nella storia tutta dell' umanità, della quale la biblica e simbolo e chiave, così nel poema di Dante il mondo morale, il religioso, e il civile fanno sola una cosa. E però quel Nembrotte che la Genesi fa cacciatore robusto, come la favola fa cacciatori i Centauri, ai quali Dante commette saettare i tiranni, è tal cacciatore che imperava alle genti. Fuit autem principium regni ejus Babylon.... De terra illa egressus est Assur, et ædificavit Niniven (3). E però Dante fa questi giganti eseculori a Marte, alla forza discorde, distruggitrice della civiltà, e segnatamente di Firenze sua (4); e però benedice alla natura che altri mostri genera, ma non tali in cui l'ingegno s' aggiunge al malvolere e alla possa. Cicerone: Quid aliud est gigantum modo

(1) Par, XVI. - (2) Il modo della Genesi (VI, 7) : Punitet... me fecisse cos (hominem), è in questo di Dante: Sella (la natura) d'elefanti e di balene non si pentė. (5) Gen., X, 10, 11. — (4) Inf., XIII; Par., XVI. La statua di Marte è simbolo della guerra civile.

bellare cum Diis quam naturæ repugnare ? (1). L'Ottimo: Questi giganti hanno a significare quelle persone le quali, per propria industria, potenzia e seguito, vogliono nel mondo operare oltre il termine umano... Li poeti... metlonli combattitori con gli Dei; il quale detto ha a significare che tali abili sono contra a Dio, non solo in disordinare loro medesimi, ma eziandio in mettere disordine tra le creature. Forse il Poeta intendeva che principio de' tradimenti morali e politici è lo smisurato orgoglio ed irreligioso guelfismo di certi uomini del suo tempo. Nella Volgare Eloquenza, laddove parla della confusione delle lingue, e' nomina i giganti siccome ribelli al celeste impero. Filippo il Bello, nel Purgatorio, è figurato come un drudo gigante. Lucifero è nel centro della terra, madre dei giganti che gli stanno intorno, come angeli innanzi a Dio. Ben sono collocati costoro fra' traditori e i frodolenti.

Potentes a sæculo viri famosi, li chiama la Genesi (2); e Dante fa Anteo ed i suoi pari bramosi di fama. Ugo da S. Vittore: Spiritus superbiæ amor propriæ laudis. I giganti simbolo della superbia, però torreggiano. Ezechiele (3): Potentissimi robustorum de medio inferni.... quorum.... sepulchra in novissimis laci. Isaia (4): Infernus subter conturbatus est in occursum adventus tui, suscitavit tibi gigantes. Baruch (5): Ibi fuerunt gigantes nominati illi, qui ab initio fuerunt, statura magna, scientes bellum.

Il Poeta confondendo la storia di Nembrot con quella della torre, avrà quindi avuta conferma si a fare i giganti superbi e avidi di fama, e si a vedere nella guerra loro un simbolo storico delle discordie e dispersioni originate dalla superbia de' potenti. Celebriamo, dicono que' della torre, il nome nostro innanzi che ci dividiamo per le regioni diverse della terra... Uno era il popolo e uno il labbro, cioè il linguaggio e la pronunzia di tutti: confondiamo la lingua loro, sicchè non oda l'uno la voce dell' altro prossimo suo.... Li disperse il Signore sulla faccia di tutte le regioni (6). E forse che le parole labbro e voce significhino la differente pronunzia dalla qual poi col tempo le diverse lingue, senza che sia necessario credere le lingue diverse formate al piè della torre: forse che per lingua ha a intendersi il linguaggio ed il sentimento significati dal senso della parola, nella quale quegli uomini altieri più non convenivano dacchè la differenza era dentro ne' cuori. Nembrotte, come cacciatore, ha un corno alla proporzione delle sue membra giganti, che rimbomba come tuono: e quel suono guida

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