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CANTO IV.

Argomento.

Beatrice confuta l'errore platonico: l'anime tornare alle stelle dove abitavano prima: dice l'infiuenza dagli astri venire. Poi scioglie un dubbio: perchè se quelle monache forzate non consentirono al make, abbiano minor merito. Risponde: non consentirono al male; ma non lo ripararono, tornando, allorché polevano, al chiostro.

Il Canto è arido, ma le terzine sul dubbio valgono per due Canti. Nell' Inferno trattò i vizii umani politicamente considerati, nel Purgatorio i difetti considerati moralmente, nel Paradiso le virtù considerate metalis camente e teologicamente. Le più alte questioni degli umani destini son qui toccate. In questo Canto parla della libertà, del motivo dell' operare, dell' influenza, dell' origine dell' anime, della provida forza del dubbio Nola le terzine 2, 4, 6, 12, 26, 28, 29 59 alla 45 con la 47.

1. Intra duo cibi distanti, e moventi

D'un modo, prima si morria di fame,
Che liber' uomo l'un recasse a' denti.

2. Si si starebbe un agno intra duo brame
Di fieri lupi, igualmente temendo;
Si si starebbe un cane intra due dame.
3. Perchè s' io mi tacea, me non riprendo
(Dalli miei dubbi d'un modo sospinto,
Poich' era necessario), nè commendo.
4. Io mi tacea; ma 'l mio disir dipinto

M' era nel viso, e 'l dimandar con ello,
Più caldo assai, che per parlar distinto.

1. (L) DISTANTI E MOVENTI D'UN MODO: che non ci fosse motivo più per l'uno che per l'altro,

(F) MOVENTI. Ognuno rammenta l'asino di Buridano. Pone la questione medesima San Tommaso (Som., 1,2; q. 13, art. 6) e la scioglie con dire che in un cibo dovrebbe l' uomo alla fine trovare una condizione che lo movesse più forte. E codesto avvien sempre. Montaigne avverte il medesimo.

2. (L) Si: così. IGUALMENTE egualmente. caprioli.

DAME:

(SL) BRAME. Ovid. Met., V: Tigris ut, auditis diversa valle duorum Erstimulata fame mugitibus armentorum, Nescit utro potius ruat; et ruere ardet utroque. DAME. Georg., III: Timidi dama... inter... canes. Buc., VIII: Cum canibus timidi... dama. Nella prima è da ambe parti uguale il timore, nella seconda la voglia; ma la seconda è la similitudine più propria; che niun filosofo ha disputato mai se un agnello tra due lupi tema egualmente di questo e di quello. La tema qui non si divide, ma, confusa, raddoppia. 3. (L) PERCHE: onde.

(SL) SOSPINTO. Ovid. Met., X: Sic animus vario labefactus vulnere nulat Huc levis, atque illue; momentaque sumit utroque.

4. (L) ELLO: desiderio.

(SL) DIPINTO. Dante, Rime: Le vedete Amor pinto nel viso.

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(SL) DANIELLO. Spiegò a Nabuccodonosor il soc da lui medesimo dimenticato (di cui nel XIV dell' I ferno), che gli altri indovini nol poterono spiegare onde il re montò per le furie. Dan., II, 12, 13, 26, 46: Il re in furia d'ira grande comandò che per 1 sero tutti i dotti di Babilonia... I dotti erano ammun 2zati, e cercati Daniello e suo' compagni a morte... I troducimi al cospetto del re, e gli dirò la soluzione. Credi tu davvero potermi additare il sogno ch'io tiới. e l'interpretazione di quello?..... Allora il re... cadde bor cone e s'inchinò a Daniello. - FELLO. Inf., XVII, t. 44 Disdegnoso e fello. Arios.: Pugna fella. Prov, tose. Bello e fello.

6. (L) Fron: in parole.

(SL) LEGA per impedire. Æn., X: Inque ligatus Cedebat.

7. (L) VOLER delle smonacate.
8. (L) ANCOR : inoltre.

(F) PLATONE. Nel Timeo. Che le anime fosser create prima de' corpi e abitanti le stelle, e di li scen dessero in terra, e dopo morte risalissero al cielo per dimorarvi, più o meno lungamente, secondo i meriti quaggiù contratti, s. Agostino (de Civ. Dei, XIII, 49), Proclo, lib. V, Comm. del Timeo

9. Queste son le quistion' che nel tuo velle Pontano igualemente. E però pria Tratterò quella che più ha di felle. 10. De' Serafin colui che più s' india,

Moisé, Samuello, e quel Giovanni, Qual prender vuogli (io dico, non Maria), 11. Non hanno in altro cielo i loro scanni, Che quegli spirti che mo t'appariro, Ne hanno all' esser lor più o meno anni: 12. Ma tutti fanno bello il primo giro; E differentemente han dolce vita, Per sentir più e men l'eterno spiro. 13. Qui si mostraro, non perché sortita

Sia questa spera lor, ma per far segno
Della spiritual, ch' ha men salita.
44. Cosi parlar conviensi al vostro ingegno;
Perocchè solo da sensato apprende
Ciò che fa poscia d'intelletto degno,
15. Per questo la Scrittura condiscende

A vostra facultate, e piedi e mano
Attribuisce a Dio, e altro intende.

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11. (L) NON HANNO IN ALTRO CIELO I LORO SCANNI..... NË HANNO... non sono dispersi per i pianeti, nè tornano dopo certi anni alla terra.

(SL) SCANNI: Sedes, delle celesti, è nel Vangelo. ANNI. Può anco dire: il bene di tutti è eterno in durata; in ispazio, immenso.

(F) CIELO. Conv., II, 4: Questo luogo è di spiriti beati, secondo che la santa Chiesa vuole, che non può dire menzogna.

12. (L) PRIMO GIRO: l' Empireo. DIFFERENTEMENTE HAN DOLCE VITA hanno più o men beatitudine.

(SL) DOLCE: En., VI: Dulcis vita; ma della mortale. 13. (L) PER FAR SEGNO... a te dell' essere men alti in merito.

(SL) SORTITA. Inf., XII, t. 25: Sangue... che sua colpa sortille. Greg. Hom., XIX: Retribuzione d'eterna vita sortirono. Som.: Immutabilitatem sortiuntur a Deo. En., VI: Nec vero hæ sine sorte data... sedes. SALITA. Purg., IV, t. 29: 'L poggio sale più... - XI, t. 14: Varco... che men erto cala.

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16. E santa Chiesa con aspetto umano Gabriele e Michel vi rappresenta,

E l'altro che Tobia rifece sano. 17. Quel che Timéo dell' anime argomenta, Non è simile a ciò che qui si vede, Perocchè come dice par che senta. 18. Dice che l'alma alla sua stella riede, Credendo quella quindi esser decisa Quando Natura per forma la diede. 19. E forse sua sentenza è d'altra guisa,

Che la voce non suona: ed esser puote Con intenzion da non esser derisa. 20. S'egli intende tornare a queste ruote

L'onor dell' influenza e 'l biasmo, forse In alcun vero suo arco, percuote. 21. Questo principio, male inteso, torse

Già tutto 'l mondo quasi, si che Giove, Mercurio e Marte a nominar trascorse. 22. L'altra dubitazion, che ti commove, Ha men velen; però che sua malizia Non ti poria menar da me altrove.

16. (L) L'ALTRO: Raffaello.

(SL) RIFECE. Joan., V, 41: Sanum fecit. 17. (L) SENTA: creda alla lettera.

(SL) SENTA. Conv., II, 4: Aristotele pare ciò

sentire. 18. (L) DECISA: staccata quasi dalla stella. FORMA vitale al corpo.

(SL) DECISA. Som.: Il seme ha innanzi a sè l'animale o la pianta ond'è deciso (tolto).

(F) RIEDE. Cic. de Univ.: Chi avrà dirittamente finito il corso di sua vita, a quell' astro, al quale egli è ordinato, ritorna. De Somn. Scip.: Harum ( civitatum) rectores...hinc profecti, huc revertuntur. Platone e altri vollero che le anime procedessero dalle stelle, e fossero nobili più o meno secondo la nobiltà della stella. Aristotele (De An., I) combatte Platone. NATURA, Nel III del Paradiso distingue Dio e Natura. Nel XVI e nel XXV del Purgatorio dice l'anima ispirata direttamente da Dio. FORMA. Conv. La sua forma, cioè la sua anima. Som.: Siccome ogni cosa è formalmente in virtù della sua forma, cosi il corpo vive per l'anima.

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19. (SL) VOCE. Som.: La cosa significata per la voce. 20. (L) INFLUENZA, che non toglie libertà. IN ALCUN VERO SUO ARCO PERCUOTE: dice in parte vero. (SL) INFLUENZA. Som. Causa influente. ARCO. Dell' intenzione del dire, Orazio (De Art. poet.): Feriet quodcumque minabitur arcus.

(F) ONOR. L' influenza celeste è parte di grazia: e i meriti umani onorano Dio e la creazione. 21. (L) TORSE: traviò. A NOMINAR: a adorar. (SL) NOMINAR. Come invocare è adorare. Pronunziare il nome è segno d'affetto.

(F) TRASCORSE. Non è questa la ragione unica dell' idolatria. Qui l'Ottimo cita un libro de Sacrificiis Deorum.

22. (L) NON TI PORÍA MENAR DA ME ALTROVE: non contraria al domma.

(SL) DUBITAZION. Som. La dubitazione accade in alcuno circa gli articoli della fede. Voce scolastica. COMMOVE. Som.: Pati motum dubitationis. - Commovere è nel latino antico, e ne' Salmi è turbare.

23. Parere ingiusta la nostra giustizia

Negli occhi de' mortali, è argomento Di fede, e non di eretica nequizia: 24. Ma perché puote vostro accorgimento Ben penetrare a questa veritate; Come desiri, ti farò contento.

25. Se violenza è quando quel che pate Neente conferisce a quel che sforza, Non fur quest' alme per essa scusate. 26. Chè volontà, se non vuol, non s'ammorza; Ma fa come natura face in foco Se mille volte violenza il torza; 27. Perché, s'ella si piega assai o poco, Segue la forza. E cosi queste fêro, Potendo ritornare al santo loco. 28. Se fosse stato il lor volere intero, Come tenne Lorenzo in su la grada, E fece Muzio alla sua man severo, 29. Così le avria ripinte per la strada Ond' eran tratte, come furo sciolte. Ma cosi salda voglia è troppo rada.

30. E per queste parole, se ricolte

L' hai, come dêi, è l'argomento casso
Che t'avria fatto noia ancor più volte.

23. (L) PARERE INGIUSTA LA NOSTRA GIUSTIZIA...: l' ingiustizia apparente de' giudizii divini è argomento a più credere, non già a dubitare. Ma qui la ragione può arrivare; però te lo spiego.

(SL) PARERE. Non evidente. ARGOMENTO. Som.: L'argomento è ragione che fa fede di cosa dubbia.

(F) FEDE. Ad Hebr., XI, 1: Fede... argomento di cose non apparenti. Le apparenti ingiustizie ci fanno intendere l'incertezza del nostro vedere, e la necessità d'una vita futura, ove a tutti sia reso secondo il merito. Greg., Hom. XXVI: Ivi la fede non ha merito dove l'umana ragione porge lo sperimento.

25. (L) SE VIOLENZA È QUANDO... il forzato non dee punto contribuire con la sua volontà: queste contribuirono perchè, potendo, non tornarono al chiostro. PATE: patisce. NEENTE: niente.

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(SL) PATE. Fuor di rima, nel XX del Paradiso, t. 11. NEENTE. Som. Il corpo niente conferisce all'operazione dello intelletto nella visione di Dio. SCUSATE. Non chiaro

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(F) SE. Greg. A quel che si fa per timore alquanto conferisce la volontà del temente. Sebbene chi patisce, dice un altro antico, non conferisce operando, conferisce volendo patire, non ricusando la forza. Arist. Eth., V: Nessuno patisce ingiustizia se non volente. 26. (L) TORZA: torca; li dirizza.

(SL) TORZA. La e la c si commutano anche nel dialetto toscano: Franzese. Le due ≈ qui suonano sforzo. 1

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31. Ma or ti s'attraversa un altro passo

Dinanzi agli occhi, tal che per te stesso Non n'usciresti, pria saresti lasso. 32. Io t'ho per certo nella mente messo Ch' alma beata non poria mentire, Però che sempre al primo Vero é presso. 33. E poi potesti da Piccarda udire

Che l'affezion del vel Gostanza tenne; Si ch'ella par qui meco contraddire. 34. Molte fiate già, frate, addivenne

Che, per fuggir periglio, contr'a grato Si fe' di quel che far non si convenne: 35. Come Almeone che, di ciò pregato

Dal padre suo, la propria madre spense. Per non perder pietà si fe' spietato. 36. A questo punto voglio che tu pense

Che la forza al voler si mischia: e fanno Si che scusar non si posson l' offense. 37. Voglia assoluta non consente al danno; Ma consentevi in tanto, in quanto teme. Se si ritrae, cadere in più affanno. 38. Però quando Piccarda quello spreme. Della voglia assoluta intende; ed io Dell' altra si che ver diciamo insieme. 39. Cotal fu l'ondeggiar del santo rio

Ch' uscia del fonte ond' ogni ver deriv
Tal pose in pace uno e altro disio.

31. (SL) PASSo. Par., II, t, 42: Tener to guado, -LASSO. Dante, Rime: Parli faticosa e forte. 32. (L) AL PRIMO VERO: a Dio.

(SL) MENTIRE. Par., III, t. 11; Thom., cont Gen

tes, IV. 33. (L) L' AFFEZION DEL VEL... TENNE: desiderò tempre il chiostro.

(SL) TENNE. Par., III, t. 39. 34. (L) FRATE: fratello. ADDIVENNE: avvenne. CONTR'A GRATO SI FE'...: a mal grado s'opera, ma non si temesse il pericolo, si potrebbe non operare. (SL) GRATO. Purg., XXVI, t. 18. Rime antic A servir contro grato.

35. (L) PER Non perder pietA': al comando del pa dre. SPIETATO alla madre.

(SL) SPIETATO. Ovid. Met., IX: Facto pius et see leratus codem. Inf., XX, t. 14, d'Anfiarao; Purg., AH t. 17, d' Erifile.

(F) PIETÀ. Inf., XXVI, t. 32: La piéta Del ve chio padre. Cic., de Inv. rhet., II: Pietas est per que sanguine junctis, patriæque benevolis officium et du gens tribuitur cultus.

36. (L) La FoRZA AL VOLER SI MISCHIA: E FANNO SI c'è un po' di forza e un po' di volere, quindi un po ♣ colpa.

(SL) OFFENSE. Som.: Deo in quem est offen commissa.

37. (L) VOGLIA ASSOLUTA NON CONSENTE AL DANNO, MA IN QUANTO TEME: assolutamente non assente al peccata ma per paura.

(SL) ASSOLUTA. Modo d'Aristotele (Eth., III) 38. (L) QUELLO SPREME: esprime dell' amor di C

stanza.

39. (L) UNO E ALTRO DISÍO: due dubbii, del ciela *

del velo.

(SL) FONTE. Boet.: Felix, qui potuit boni For tem visere lucidum,

40.

--

O amanıza del primo Amante, o Diva (Diss' io appresso), il cui parlar m'inonda E scalda si che più e più m'avviva; 41. Non è l'affezion mia tanto profonda

Che basti a render voi grazia per grazia: Ma Quei che vede e puote, a ciò risponda. 42. Io veggio ben che giammai non si sazia Nostro intellettò se 'I Ver non lo illustra, Di fuor dal qual nessun vero si spazia. 43. Posasi in esso, come fera in lustra,

Tosto che giunto l'ha. E giunger puollo: Se non, ciascun disio sarebbe frustra. 44. Nasce per quello, a guisa di rampollo, Appiè del vero il dubbio: ed è natura Ch' al sommo pinge noi di collo in collo.

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(F) RAMPOLLO. Boet. Un dubbio reciso, altri innumerabili, come i capi dell' Idra, ricrescono. Più bella l'imagine del Poeta. COLLO. Cod. Caet.: Di una verità in un'altra ci muove alla scienza. Cod. Cass.: Di grado in grado. Conv., IV, 12: Vedere si puole che l'uno desiderabile sta dinanzi all'altro agli occhi della nostr'anima, per modo quasi piramidale, che il minimo li cuopre prima tutti ed è quasi punta dell'ultimo desiderabile ch'è Dio, quasi base di tutti.

45. (L) QUESTO desio non vano.

46. (L) Si... CHE... NON SIEN PARVI: si che i beni fatti compensino il voto non adempito. VOSTRA: di voi celesti.

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I cieli e i meriti.

Due dubbii lascia il dire di Piccarda nella mente di Dante: l'uno dell'origine dell'anima, l'altro di quel che costituisce la natura dell'anima stessa, il libero arbitrio; ne' quali due dubbii rinchiudonsi tutte le altre questioni della divina e umana scienza. Ed essi con ugual forza lo tirano ciascuno a parlare, perché d' uguale gravità nel pensiero suo; ond' egli sospeso tace, come cane, dice egli, tra due caprioli, e come tra due lupi agnello. E alla fine del Canto dice dell'anima che si riposa nel vero come fiera in suo covo: perché le imagini della caccia erano allora cosi famigliari come le imagini della guerra, e perchè dal cacciare son

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lonia non è colpa solamente de' sudditi. E pero | tra' santi più alti nel merito e' numera qui Samuello, il severo giudice de' re, e i due Giovanni, dico l'Apostolo ed il Battista, ponendo a paro lui che fu successore a Gesù nel nome di figliuolo a Maria, e lui del quale non fu maggiore tra i nati di donna (1), e che al re Erode rinfacció il suo peccato, onde fu messo in carcere, e pur dalla carcere gli era liberale di chiesti consigli. Quanto a Maria, egli le assegna luogo ancora più alto, perch' ella nel consenso all'incarnazione meritò più che tutte le creature, tanto angeli quanto uomini, in tutti gli atti e pensieri loro (2).

La prima questione, del risedere le anime umane negli astri, gli rammenta la sentenza di Platone che dagli astri le dice staccate per abitare la terra, e di qui poi ritornarsene ad essi; di che Virgilio Deum namque ire per omnes Terrasque, tractusque maris, cœlumque profundum; Hinc pecudes, armenta, viros, genus omne ferarum, Quemque sibi lenues nascentem arcessere vitas; Scilicet huc reddi deinde, ac resoluta referri Omnia; nec morti esse locum; sed viva volare Sideris in numerum, atque allo succedere cœlo (3). Questa opinione afferma Beatrice aver più fiele e veleno che l'altra di cui poscia, si perchè tocca l'essenza della natura divina e dell'umana, si perché a Dante poteva parere che la confermasse nelle recate parole si splendide d'eleganza Virgilio suo maestro. Ma questi adduce quella opinione siccome d'altrui, quidam..... dixere (4); e quanto a Platone, Dante crede potersi il suo detto interpretare benignamente, conciliandolo con la verità; e ci ammaestra cogliere anco dal falso ne' filosofi il vero, a scoprire nelle tradizioni alterate la tradizione pretta, a guardarci dal tristo vizio di calunniare con l'imaginazione perversa le dottrine de' maggiori e de' coetanei, e di esagerare il male o pur divulgarlo improntamente siccome sogliono i mormoratori di crocchi e gli abbaiatori di piazza. Beatrice soggiunge che da codesto errore del fare le stelle nido agli spiriti, anzi genitrici di quelli, ebbe origine l'idolatria: e ancorché l'unica origine non sia questa, vero è nondimeno che la falsata tradizione delle intelligenze ordinate custodi della materia, fu pendio all' adorare la materia in se stessa. Or Beatrice risponde che tutti gli angeli ei santi, tranne Maria la cui sede è ineffabile, hanno nel cielo empireo la fruizione loro. Il terzo cielo e il cielo spirituale dove gli angeli e le anime sante gioiscono della contemplazione di Dio (5). Il medesimo luogo, cioè il

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(1) Som., 2, 2, 2. Il Battista fu de santi maggiore e vicinissimo a Cristo (Matth., XI, 41). (2) Tom., Serm. (3) Georg., IV. — (4) L, c. — -(5) Glos. in II ad Corinth., MI; Som., 4, 112.

cielo empireo, devesi alle anime sante (1). — Il cielo empireo sarà presente a' beati non per necessita della beatitudine, SED SECUNDUM QUAMDAM CONGREENTIAM ET DECOREM (2). Aveva già detto nel terzo Canto cosa, che in parte scioglieva il dubbio, e che in quel luogo forse giovava tacere: Chiaro mi fu allor com'ogni dove In cielo è Paradiso, et si la grazia Del Sommo Ben d'un modo nƠN VI piove (3). E poi più d'una volta dirà che ne cielo non è propriamente luogo, secondo quel di Aristotele Il cielo non è luogo, ma alcun che del cielo è luogo, cioè l'estremo e il termine che è in quiete e che tocca il corpo mobile (4). - Quando quei che contiene non è diviso ma continuo, dicesi che il contenuto non è in quello come in luogo, ma come la parte nel tutto (5).

Nota Beatrice che l'apparire dell'anime in qu sto o in quel cielo a Dante è per mostrare per via d'imagini il grado di loro santità e beatitedine, appunto come la Bibbia usa traslati to't da cose corporee per adattarsi al modo uman d'intendere, e parla, a cagion d'esempio, del braccio di Dio: Nelle Scritture sogliono le cose sp rituali disegnarsi per le corporali, acciocché dair cognite alle incognite c'innalziamo, come dice Gre gorio in un' omelia (6). Procede la nostra cogni zione intellettuale dalle più note alle men mult cose; e però dalle cose più note trasportansı i nomi a significare le men note a noi (7). Quandi alcune passioni umane figuratamente assumonn parlando di Dio, ciò si fa secondo la similitudine dell' effetto (8). Quando la Scrittura nomina i braccio di Dio, non è senso letterale, che in D sia siffatta parte corporea; ma quello che è por tal parte significato, cioè la virtù operativa (9 Ma il vero si è che la diversità delle mansi nell'elerna vita significa il diverso grado del funzione (10): e che ciascun beato tanto è necess8rio che vegga nella divina essenza, quanto la perfezione della beatitudine sua richiede (11).

Cosi nell'atto stesso di rappresentare viventişi idoli delle cose corporee, il Poeta si tiene debil d'avvertire che e' son pure il riflesso d'un lume più reale e più intimo; e quest' avvertenza, invece di distruggere l'illusione e fare il vuotə cəl nulla, crea una gemina realità, immedesima l'arte alla scienza, contempera il senso alla fede. Aveva già detto: Così parlar conviensi al vostro ingegno; Perocchè solo da sensato apprende. Ciò che là poscia d'intelletto degno (12). Ed ecco a questa

(1) Som. Sup., 69. (2) Som., 2, 1, 4. —(5) Terz 30 -(4) Phys., V. (5) Arist. Phys., IV. — (6) Sa 2.1, 4. (7) Som., 1, 2, 6. (8) Som., 1, 1, 19 (9) Som., 1.4. (10) Som., 1, 2, 5.-(14) Som. Sop.. (12) Terz. 14. Notisi la bellezza potente, perch vera, di questo d' intelletto degno; che innalza al pi alto significato il virgiliano: Haud... tali me digni komore (En., 1).

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