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རྩྭ

II. IL TERRENO DOVE SI TROVA SCAVATO L'IPOGEO

La tomba della famiglia degli Scipioni è situata, secondo la testimonianza degli antichi scrittori, fuori della Porta Capena ed entro il primo miglio 1.

Dal luogo della Passeggiata Archeologica dov'era l'antica Porta Capena, misurando lungo l'attuale Via di Porta S. Sebastiano, si hanno fino alla porta che è segnata col No. 12, dov'è l'ingresso attuale dell'ipogeo, circa m. 1,250 cosicchè l'indicazione data è esatta 2.

1 Cicero, Tusc. 1, 7, 13: an tu egressus porta Capena cum Calatini Scipionum Serviliorum Metellorum sepulcra vides miseras putas illos? Cicero pro Arch. 9, 22: in sepulcro Scipionum putatur is (Ennius) esse constitutus ex marmore. Livius 38, 55: (Q. Terentium Culleonem) ad portam Capenam mulsum prosecutis funus (Africanis maioris) dedisse; ibid. 38, 56: Romae extra portam Capenam in Scipionum monumento tres statuae sunt, quarum duae P. et L. Scipionum dicuntur esse, tertia poetae Q. Enni. Suetonius apud Hieronymum p. 25 Reiff: Ennius poetae septuagenario maior articulario morbo periit sepultusque est in Scipionis monumento intra primum ab urbe milliarium.

2 Dalla porta No. 12 fino all'arco cosidetto di Druso, sono circa 240 m.; la somma delle due distanze dà una lunghezza di m. 1490, cioè poco più di un miglio romano. Su questo percorso di un miglio l'attuale Via di Porta San-Sebastiano passa al principio molto più a destra dell'antica Via Appia, poi lungo le Terme di Caracalla prosegue parallelamente al suo lato destro, e dopo la biforcazione della Via Latina, fino al di là del sepolcro degli Scipioni continua quasi sull'antico tragitto. Finalmente presso alla Porta di S. Sebastiano alcuni lastroni del pavimento antico conservati sul margine destro ci mostrano che la Via Appia andava un tempo quattro metri più a destra (Cfr. Lanciani, Forma Urbis Romae, tav. 35, 41, 42 e 46).

Esaminando attentamente l'attuale Porta di San-Sebastiano, osserviamo dalla parte destra dell'arco della porta, tre blocchi di travertino regolarmente tagliati, avanzi di un arco più antico di una porta

situata m. 3,80 più a destra; questa porta corrispondeva precisamente ai resti di lastricato rimasti quasi 4 m. più verso destra. Però, dato che l'asse di questa porta infilava in parte anche col basamento di destra del così detto arco di Druso, si potrebbe supporre che mentre la porta era ancora in uso l'arco non esisteva ancora. Questo fatto sarebbe una tentazione per farci credere che siamo qui di fronte ai resti della porta originaria di Aureliano-Probo. Questa ipotesi essendo però difficile ad ammettersi, è molto più probabile che questi blocchi siano resti di una doppia porta della ricostruzione di Onorio; questo genere di porte essendo caratteristico a quella ricostruzione (cfr. p. es. presso Nardini, Roma antica, I, c. IX, p. 68 una veduta della porta Portese, demolita nel 1643 dal Papa Urbano VIII). In questo caso le due vie che correvano sotto quelle due porte facevano un giro intorno all'arco dall'una e dall'altra parte. Rispetto a quest'arco, a dire il vero, solo il perfetto taglio dei blocchi della volta ha fatto mettere in dubbio gli archeologi inducendoli ad attribuirlo a un'epoca migliore, mentre tutti gli altri elementi lo mostrano come un rifacimento dei tempi più tardi. Così, per esempio, il primo blocco di marmo della cornice esterna del pilastro destro (voltando le spalle alla città) non ha il profilo scolpito fino al margine, ciò che dimostra che è stato preso da un altro monumento; anche le parti sporgenti dei blocchi che formano la chiave della volta non pare fossero prima scolpite con ornamenti e che questi fossero poi scalpellati, giacchè la sporgenza è troppo grande per poterlo ammettere. Siamo dunque inclini a credere che

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L'ipogeo è scavato in una falda del terreno del così detto «Monte d'oro», formato di tufo di cenere e lapilli gettati dai crateri dei vulcani Sabini € Laziali quando l'intera regione si trovava ancora in istato di maremma 1. Tra questa falda e un'altra dirimpetto a questa verso occidente, passa entro una fenditura la Via Appia, oggi Via di San-Sebastiano. L'altezza di questa falda nella quale si trova scavato l'ipogeo, sopra il livello attuale della strada, è di quasi m. 15 (vedasi la tav. II). Nella fig. 1 presentiamo una veduta della falda, presa dal giardino con direzione verso N. - S. Nella fig. 2 abbiamo una veduta generale del terreno, presa dal giardino che è quasi alla stessa altezza oltre la Via Appia. La casa che vi si vede sorge proprio sopra l'ipogeo, comprendendo nella sua parte inferiore, di faccia, tre camere di cui si distinguono gli ingressi dietro un corridoio; il tutto costituisce il primo piano della fabbrica antica.

quest'arco sia stato fatto nei tempi di Diocleziano all'occasione della ricostruzione dell'acquedotto Antoniniano, qui, sul luogo dove passava sopra la Via Appia. Tra gli autori più recenti, il Lugli (Zona archeologica di Roma, 1924 p. 315) lo ritiene del tempo di Caracalla. E' probabile che l'arco sia stato costruito adoperando gli avanzi di un altro più antico, rovinato, forse di quello di Traiano, che si trovava in prossimità (a qualche passo forse dal primo miliare) ed il quale, secondo il parere dell'Huelsen (Jordan-Topographie der Stadt Rom. I, 3, 1907, p. 216–217) sarebbe proprio questo. I tre blocchi sporgenti a destra dell'arco essendo tagliati in linea retta e non curva, non possono aver appartenuto addirittura alla volta laterale; non essendovi abbastanza posto sui pilastri che sostengono la volta attuale per i blocchi degli archi laterali, si deve supporre che questi siano stati di mattoni facendo parte del suddetto acquedotto. Al tempo di Giustiniano la Porta Appia fu totalmente rifatta, con l'erezione anche delle due grandi torri rettangolari. In questa ricostruzione si adoperarono blocchi di marmo lunghi fino a due metri, alti fino a un metro e spessi m. 0,30-0,40, presi da una grande fabbrica anteriore, molto probabilmente dal tempio di Marte che si ergeva nella vicinanza (cfr. Lanciani, Ruins and excavations, p. 78). I blocchi sono senza dubbio lavorati nell'interno. La Porta essendo stata ri

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costruita in fretta, le bosse, tanto le piccole quanto le grandi alcune sporgenti più di m. 0,50 — che avevano questi blocchi, per adattarli meglio alla muratura, vennero lasciate stare, e si vedono specialmente sui fianchi esterni delle torri per quali la preoccupazione estetica era ancora minore. In questo tempo fu restaurato anche l'arco aggiungendovi le colonne composite, tra le quali le due nella direzione della porta sono ancora rimaste; i blocchi di marmo che formano il piedistallo di queste colonne, serbano anch'esse però una piccola bozza; parimenti il blocco di sopra la colonna di destra ne serba una sulla faccia esterna. La volta attuale della porta, lavorata in blocchi irregolarmente tagliati, è della stessa epoca bizantina; sulla chiave della volta, sporgente verso l'interno si vede scolpita una croce bizantina chiusa in un cerchio, che presenta, nella sua parte superiore l'iscrizione: ΑΓΙΕ ΚΩΝΟΝ|ΑΓΙΕ ΓΕΩΡΓΙ, sotto: ΘΕΩΥ XAPIC (cfr. Nibby, Roma nell'anno 1838, I, p. 150 e Jordan Topographie, I, 1. p. 366 not. 39). Per l'arco cosidetto di Druso vedasi L. Rossini, Gli archi onorarii... p. 5-6 e tav. 25 (dove però l'arco della Porta San Sebastiano che si vede nel fondo, non è esattamente disegnato), 26 e 27.

1 Vedasi A. Verri, Carta geologica di Roma, Novarra (Istituto Geografico De Agostini), 1915.

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La porzione di terreno in cui si trova scavato l'ipogeo fu comprata dal Comune nell'anno 1880 in seguito alle insistenze del Lanciani 1. L'ingresso si effettua per mezzo di una porta che al di dentro è costruita in forma di edicola sostenuta da due colonnette. I fratelli Sassi che la costruirono ne adornarono la parte superiore con un piccolo frontone nel quale collocarono a guisa di fregio il coperchio di un sarcofago di marmo dell'epoca imperiale con in rilievo il noto motivo dei due gruppi di Amoretti a mezzo sdraiati e che tengono in mano un canestro di frutta poggiato sul ginocchio piegato; sulla lastra di mezzo tra i due gruppi,

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la quale è rimasta per caso senza iscrizione, essi scolpirono il nome della loro proprietà: Vinea Sassi. Da questa porta si sale per un piano inclinato lungo circa m. 14 ad un'altezza di circa m. 2 dove si arriva all'attuale ingresso dell'ipogeo (fig. 3).

L'ingresso si trova nella facciata di un muro con una cornice il cui profilo è un'imitazione fatta dai fratelli Sassi, dalla cornice di peperino dell'antica facciata. A destra della porta sorge un annoso e bellissimo cipresso mentre di faccia all'ingresso, dai due lati, trovansi due pepi. D'ogni intorno ci sono alcuni pezzi di lastre di sarcofago ricavate dall'interno e numerosi frammenti d'iscrizioni e di sarcofagi fittili o di marmo trovati nei dintorni.

III. DESCRIZIONE ED ANALISI DELLO STATO PRESENTE

DELL'IPOGEO

Nel descrivere lo stato presente in cui trovasi l'ipogeo, abbiamo notato nelle nostre tav. III e VI l'itinerario seguito coi numeri da 1-108 e ciò,

1 Ruins and excavations, p. 321.

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