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Come vi sbrigate voi da questo semplicissimo e facilissimo ragionamento? Come giungerete a distruggerlo nella mente de' cattolici? Voi stessi confessate, che la questione del poter temporale è lotta religiosa 1. Or come estinguere cotesta lotta? Voi non rispondete altro, se non: Ciò non ci riguarda 2. Sapevamcelo: non riguarda voi, i quali della religione non vi curate più che tanto ; ma riguarda tutti i cattolici, che son qualche cosa da più di voi. Essi dunque vi combattono. Il sentimento cattolico ci è nemico, esclamava il Massari 3. Quindi non è meraviglia, se come notò non solamente il Crotti, ma ancora il Civinini, in Italia la maggiorità del popolo è pel potere temporale del Papa. « Se credete, o signori, che nei nostri villaggi e nelle nostre campagne vi sia agitazione per Roma capitale d'Italia; voi vi sbagliate di gran lunga. Almeno i quattro quinti dei nostri villici sono ancora cattolici sinceri. » Così il primo. Ed il secondo: «Io credo che l'idea di Roma sia una tradizione di noi letterati, di noi filosofi. Ma se vi spingete a interrogare quel popolo che si conta a milioni, quel popolo che non iscrive e non legge giornali, io vi dico che il nome di Roma o non significa nulla, o significa il Papa 5. »

Non la finiremmo sì presto, se tutte riportar volessimo le rivelazioni, fatte nel Parlamento di Firenze. Però affrettandoci al termine, facciamo menzione di due sole altre, riguardanti Roma e la Francia. Quanto alla prima, fu dichiarato essere pura chimera il pensare ad accordi. « Tra l'Italia e il Papa-re non ci è concilazione possibile. » Così il deputato Villa 6. « La Convenzione di Settembre aveva per iscopo la conciliazione col Pontefice. Questo era una chimera. >> Così il deputato Miceli 7. « Senza Roma non havvi (per l'Italia) nè unità, nè sicurezza, nè pace. » Così il Bertani 8. « Il possesso di Roma è necessità assoluta del regno d'Italia... Una lotta, che non potrà giammai cessare, finchè o l'uno o l'altro scompaia, esiste tra il poter temporale del Papa ed il regno d'Italia. » Così il Rattazzi 9; il quale più esplicito degli altri, manifesta senza reticenze essere il

1 Tornata del 9 Dicembre. 2 Ivi. 3 Tornata dell'11 Dicembre.

4 Tornata de' 21 Dicembre.

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5 Tornata del 10 Dicembre. 6 Tornata del

10 Dicembre. -7 Tornata del 9 Dicembre.

9 Tornata del 18 Dicembre.

- 8 Tornata del 12 Dicembre.

lusoria qualunque promessa si facesse dall' Italia sopra un tal punto. « Voi potrete dire quanto vi piace che rinunziate a Roma, voi potrete rassicurare le Potenze e il Pontefice coi vostri discorsi, voi potrete dire, che rinunciate ad ogni idea di voler incorporare quelle province al regno d'Italia; ma il potere temporale ben comprende che egli non potrà mai essere tranquillo, finchè non ritorni l'antico stato di cose, poichè questo regno è una minaccia permanente e continua contro la sua esistenza 1. » E come no, se il Villa dichiara che l'Italia non ha alcun dovere verso lo Stato pontificio 2; e il Crispi aggiunge che tra l'Italia e il Papa lo stato di guerra è permanente 3? E qui è da notare che questi stessi, i quali protestano in tal modo, accusano poi la ostinazione del Papa a non voler trattare coll' Italia, per trovare un modum vivendi. Ma con chi dichiara d'esservi nemico a morte, e di non ristare, finchè non vi abbia toto tutto quello che avete, qual modus vivendi è possibile? Non altro, che tenerlo, il più che vi riesce, lontano, e non aver troppo a fare con lui.

Per quello poi, che si riferisce alla Francia, altri tra' Deputati itaJiani disse, che l'alleanza francese non è più compatibile colla dignità dell'Italia 4; altri che tra la Francia e l'Italia si è alzata una barriera di odio 5; altri propose l' immediata sospensione delle relazioni diplomatiche colla Francia 6; e altri che si preparasse contro di lei la guerra: «Riordinate l'esercito, armatelo, agguerritelo, e presentatevi dinanzi alla Francia, come lo deve un popolo di venticinque milioni 7. » E questo pensiero di apparecchiarsi per rompere le ostilità contro alla Francia, dove ella persista a negare all' Italia l'usurpazione di Roma, fu comune a quasi tutti i Deputati; i quali mostrarono apertamente, che non avrebbero esitato a farlo fin d''ora, se l'esercito fosse stato in pronto e le finanze in grado di sopperire alle spese. Lo stesso Ministero non seppe recare altra ragione del non essersi opposto colle armi all' intervento francese, se non l'insuflicienza delle milizie. « Non era con questa truppa che si poteva far guerra alla Francia 8. »

1 Tornata del 10 Dicembre.

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2 Tornata del 15 Dicembre. 3 Torna5 Tornata degli 11

ta del 12 Dicembre. 4 Tornata del 10 Dicembre. Dicembre. 6 Tornata del 10 Dicembre.

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7 Ivi.

8 Discorso del Pre

sidente de' Ministri nella Tornata del 9 Dicembre.

Dalle quali cose apertamente risulta che d'oggi innanzi nè il Papa nè la Francia può più fidarsi dell'Italia. In ordine a ciò il Parlamento fiorentino ha il merito d'avere rimosso ogni nebbia. Esso non ha dubitato di confessare che la Convenzione è stata violata, ed è stata violata perchè non poteva osservarsi, essendo impossibile di operare a lungo in contraddizione con sè medesimo. Esso ha dichiarato altresì che ogni altro trattato sopra cotesto affare sortirebbe il medesimo effetto. Neppur la parola, che si desse non più alla sola Francia, ma alle Potenze in generale, sarebbe sincera e valevole. Ed è il Rattazzi, capo del passato Ministero, e capo altresì della maggiorità della Camera, quegli che fa una sì preziosa confessione. Ciò serve a far intendere, qual valore può avere nella mente dei reggitori d'Italia la stessa Conferenza, sopra cui sembrava che la Francia facesse tanto assegnamento. Il regno d'Italia, lo ha detto senza veli il medesimo Rattazzi, è una minaccia permanente e continua contro l'esistenza del poter temporale del Papa. « La lotta non potrà mai cessare, finchè l'uno o l'altro scompaia. » Lode alla schiettezza di questo linguaggio, colla quale ora il Rattazzi, da Deputato, compensa la doppiezza, adoperata da Ministro. Ma quale dei due scomparirà il regno d'Italia, o il poter temporale? Lo stesso Rattazzi par che ne sia molto impensierito; giacchè soggiunge: «Se non vi fosse l'innesto della potestà spirituale, certo non avremmo gran fatto a temere del potere temporale. Ma per l'autorità spirituale, per quell'autorità che ha impero sulle coscienze, autorità che si esercita in questo regno e dappertutto, la lotta è molto grave 1. » È gravissima, aggiungiamo noi; anzi è tale, che chi vi s'ingaggia, può eeser certo d' uscirne col capo rotto. La storia d' undici secoli ne fa testimonianza ; e undici secoli di costante esperienza costituiscono, a parer nostro, un' induzione molto terribile. Il regno d'Italia non giungerà mai a detronizzare il Pontefice. Potrà bravare, potrà pretendere, potrà irritarsi; ma non ha potenza da ciò: Superbia eius, et arrogantia eius, et indignatio eius, plusquam fortitudo eius 2.

1 Ivi.

2 ISAIA XVI.

I CALUNNIATORI DI SISTO IV.

Gli ultimi Papi del secolo decimoquinto sono il tema favorito di tutti i nemici della Chiesa, e il campo in cui la loro penna maledica suole pigliare più licenziosa e ardita carriera a strazio della Corte di Roma e della S. Sede. Roma papale, dicon essi, toccò allora l'apice della corruzione; allora si rividero in lei gli scandali del secolo X, ma di tanto più colpevoli e funesti, quanto i nuovi tempi vincevano per splendore di civiltà la barbarie tenebrosa di quella ferrea età; allora i Vicarii di Cristo, dimentichi più che mai della loro missione sovrumana, non si brigarono quasi d'altro che delle temporali grandezze, di farsi Re possenti e temuti, d'ingrandire i nepoti e i parenti; e con ciò spalancarono la via a tal piena di abusi e di disordini, che misera la Chiesa, se la gran ribellione di Lutero e la defezione di mezza Europa non veniva tosto a farli rinsavire e mostrar loro l'urgente necessità di una severa riforma, la quale cominciasse dal capo, per applicarsi poi con utile efficacia ai membri del clero e del popolo cristiano.

Così la sogliono discorrere, ora con piglio d'insulto beffardo, ora con sussiego di giudici imparziali o in tuono di zelanti predicatori, gli avversarii del Papato; e questa tesi presso di loro passa per assioma così infallibile ed evidente, che il solo rivocarla in dubbio sembra loro una temerità, essendo che la storia abbia già su tal punto pronunziato il suo giudizio irrevocabile, ed il pretendere og

gimai di purgare la memoria di quei Pontefici sia impresa non meno folle e vana che quella di imbiancare un etiope. Nè può negarsi, che essi parlino con qualche fondamento o apparenza di verità. Pur troppo, la pessima condizione de' tempi che ebbe a traversare la Chiesa in quel periodo che segna il passaggio dal medio evo all'età moderna, esercitò anche sopra di lei funeste influenze, deplorate da uomini santissimi. Il secolo decimoquinto, specialmente nella sua ultima parte, fu una delle età più corrotte che mai vedesse il mondo cristiano; e la nostra Italia, che a quei dì, per lustro d'incivilimento e per materiale prosperità, precedeva di gran tratto tutte le altre contrade d'Europa, sembrava avanzarle altresì in depravazione. Quella fede viva e quel sentimento profondo di religione che nel tempo delle crociate e dei Comuni, animava, per dir così, tutte le fibre della società, erasi nel quattrocento in gran maniera illanguidito; il mondo paganeggiava non solo nella letteratura, ma anche in filosofia, in politica, e quel che era peggio, nella morale pratica. Quindi è che la pubblica e universale licenza dei costumi, la facilità e frequenza degli atroci delitti, la sfacciata corruzione delle numerose Corti di quei Principi e Signori, tra cui era allora sminuzzato il dominio della penisola; e negli ordini politici, quell'ateismo pratico che dal nome del troppo celebre autore, il quale poscia ne formolò il codice, chiamossi machiavellismo; formano orri- ' bili ombre al quadro di quell'epoca, per altri rispetti così splendida; e danno gran ragione a quei savii, i quali giudicarono, lo spaventose calamità e guerre, che indi colla calata di Carlo VIII cominciarono a piombare sopra l'Italia e per oltre a un mezzo secolo la travagliarono, essere state castighi troppo giustamente dovutile a purgarla dalle scelleraggini del quattrocento.

Nell'atmosfera pertanto di un mondo così guasto, qual meraviglia che anche l'ordine ecclesiastico ne patisse grave infezione? che molti chierici e Prelati rispondessero men degnamente alla santità dal loro stato richiesta? che, nella corruttela universale, penetrato lo scandalo anche nel santuario, ivi. brillassero men luminosi e frequenti gli esempii di quelle virtù, le quali aveano dato in altri tempi più felici, e diedero poscia e danno ancora oggidì spettacolo

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