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nell'intelligente. Sicut enim ex hoc, quod aliquis rem aliquam intelligit, provenit quaedam intellectualis conceptio rei intellectae in intelligente, quae dicitur verbum; ita ex hoc quod aliquis rem aliquam amat, provenit quaedam impressio, ut ita loquar rei amatae in affectu amantis, secundum quam amatum dicitur esse in amante, sicut et intellectum in intelligente. Per questa via S. Tommaso si apre il varco a spiegare l'esistenza e la distinzione delle divine persone, in virtù dell'atto onde Iddio conosce ed ama sè medesimo 1. Il termine prodotto nell' intelligente per l'atto d' intendere, e il termine prodotto nell' amante per l'atto dell'amore, in noi, creature, son mere modificazioni e sopravvengono alla nostra natura; ma in Dio, il producente e i due termini prodotti, l'uno per l'atto dell'intelletto, l'altro per l'atto dell' amore, son tre perfette sussistenze, che s'identificano colla natura, e si distinguono realmente tra loro per la scambievole opposizion relativa. Così abbiamo il concetto della divina Trinità: il Padre, il Verbo, generato per l' intelligenza paterna, e l'Amore, spirato per la dilezione comune del Padre e del Figlio; e così pure abbiamo il concetto della divina Sapienza e dell'Amore non solo in senso assoluto di divini attributi, ma ancora in senso relativo di Sapienza e di Amore ipostatico. Ma omai ei accorgiamo d'esserci troppo allungati in questa rivista; e però affrettiamoci a dire alcuna cosa dell'altro punto, da noi accennato, colla massima brevità.

Dalle ultime cose dette, i lettori si saranno potuti accorgere del l'influenza dello spirito liberalesco nel nostro autore; il quale spirito dove non può appieno corrompere, procura almeno d'ammorbidire e ammorbidendo guastare i dommi e gl' insegnamenti della Chiesa. In questa materia voi difficilmente troverete un liberale, che vada del tutto immune da difetto. I più sani di testa vi mostreranno sempre una frattura in mezzo alla fronte. Essi accettano la dottrina della Chiesa, ma sempre, come suol dirsi, col benefizio dell'inventario. Vogliono farla da dottorelli, che trovano sempre qualche cosa da correggere, o da spiegare a modo loro, negl' insegnamenti della infallibile loro maestra.

1 Summa th. 1. p. q. XXXVII, a. 1.

Tocchiamo un altro punto d'influenza liberalesca; e poi basta. Sia esso il giudizio che il Linati reca, intorno al contegno tenuto dal Clero in questi ultimi tempi.

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Egli dice: «Mentre francamente e risolutamente affermo che nessuna religione è atta quanto la cattolica a dar vita ed incremento a libere e progressive istituzioni, mentre dichiaro erroneo e fallace quanto possono dire in contrario i nemici e i falsi amici, non presumo però di negare che il Clero cattolico siasi in parecchie contrade di Europa e malauguratamente anche in alcune province della nostra Italia, mostrato avverso alla libertà ed alla indipendenza della patria 1. » Quindi, mentre dall'una parte riprova gli eccessi d'ingiustizia, commessi contro del Clero; dall'altra riprende il Clero medemo di mancare ai doveri verso la patria. « La forza ineluttabile degli eventi, così egli, e la volontà dei popoli, congiunsero al nuovo regno tre quarte parti dello Stato pontificio. Non bastava forse? Perchè bandire e carcerare Vescovi e preti? Perchè chiuder seminarii? Perchè porre le mani nei beni ecclesiastici, occupare conventi, sopprimere gli istituti religiosi, e, quello che è peggio, consacrare l'irreligione nei codici, proteggerla nei parti di una stampa licenziosa, empia e menzognera, favorirla sotto le forme di un bastardo protestantesimo, atto a dividere piuttosto che a convertire gli Italiani? Che volete di più? Che più occorre per dimostrarvi che se noi abbiamo degli addebiti da rinfacciare al ceto ecclesiastico, questo non ne ha dei men gravi da rinfacciare a noi? E se il clero venne meno non di rado ai suoi doveri cittadini, sorreggendo la tirannide interna e invocando le armi straniere, noi venimmo meno ai nostri doveri di cristiani non solo, ma a quelli della giustizia invocata da noi, a quelli della eguaglianza procacciata da noi, a quelli della libertà, unico fine delle opere e dei sagrifizii nostri 2. >>>

Come qui sembra l'Autore non guarda di mal' occhio la sacrilega usurpazione, fatta dal Governo piemontese, delle province pontificie; giacchè la scusa colla necessità degli eventi e colla volontà dei popoli quasichè non fosse patente la violenza armata, colla

1 Pag. 87.2 Pag. 88.

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quale fu fatta, e la commedia de' plebisciti, venuta oggimai in dispregio presso gli stessi suoi millantatori. Benchè poi riprovi le inique persecuzioni del Governo, patite dalla Chiesa, gitta la colpa d'averle provocate sopra gli ecclesiastici, addebitandoli d'osteggiare le legittime aspirazioni de' popoli, d'aver sorretta la tirannide interna e invocate le armi straniere. Dove si vede che il Linati crede conforme alla giustizia non solo il regno italico, formatosi colla rapina dell' altrui, ma crede da secondarsi eziandio le sue aspirazioni, quali che sieno. Tiene di più per tiranni i legittimi Principi, spodestati dalla rivoluzione; e non dubita di riprendere lo stesso Pontefice, pel soccorso invocato o ricevuto da figliuoli fedeli, contro figli ribelli e parricidi. A giudizio dunque del Linati dovrebbe il Papa - farsi impunemente assassinare, sacrificando non solo la sua dignità, ma l'indipendenza stessa dell' intera Chiesa di Cristo, per soddisfare al capriccio de' rivoluzionarii italiani; e il Clero avrebbe dovuto predicare la ribellione, allorchè ai liberali giovava; giacchè non altrimenti puntellò la tirannide (per usare la frase dell' Autore), che inculcando ai popoli la soggezione ai proprii Principi, giusta il pre-cetto di S. Paolo: Admone illos principibus et potestatibus subditos esse 1.

Il Linati da buon liberale non dimentica di dare anche una ceffata ai Gesuiti; e come potrebbe altrimenti procacciarsi fama di zelante patriotta? Egli con lealtà liberalesca ripete l'antica e mille volte confutata calunnia, accusandoli d'avere nei due secoli antecedenti a giustificato, consigliato e promosso perfino il regicidio, eccedendo in un senso, come fanno oggi nell' altro, e favoreggiando le col pe dei popoli, come fanno oggi quelle dei Principi 2. » Il valentuomo evidentemente ha presa questa erudizione dal Gioberti, di cui si professa sempre caldo ammiratore. Ma il Gioberti si mostra più accorto e meno ingiusto di lui; giacchè, notando che in quei tempi non i popoli ma i Principi erano potenti, ed oggi per contrario potenti sono i popoli, o, per dir vero, coloro che dei popoli si vakgono come di zimbello; accusa i Gesuiti d'aver mancato di pruden

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za, nimicandosi ora con loro danno i secondi, come un tempo si nimicarono i primi. Senonchè chi in tal guisa li accusa, non s'avvede che in cambio di vitupero tesse loro un elogio; giacchè di questo fallo, di dichiararsi sempre in favore dei deboli contro dei forti, è glorioso andar reo. E se è presumibile che non il debole ma il forte sia tentato ad offendere le ragioni della giustizia; ognun vede quanto più quell' accusa riesce ad encomio degli accusati.

II.

Il Centenario di S. Pietro ed il Concilio ecumenico, Lettera pastorale al clero, di Monsignor ENRICO EDUARDO MANning arcivescovo di Westminster. In 8.o di pag. 80 Roma, tip. della Civiltà Cattolica 1867.

L'importanza di questa lettera dell'esimio Arcivescovo di Westminster è, a giudizio nostro, tale e tanta, per la robustezza ed altezza degli argomenti con cui stabilisce la infallibilità dottrinale del sommo Pontefice, e mostra i bisogni che la Chiesa cattolica e la cristiana società hanno di un Concilio ecumenico, e i frutti amplissimi da sperarsene, che non contenti di averla noi tradotta in italiano e divulgata coi nostri tipi, avremmo voluto riportarla per intero anche nei nostri quaderni: ben certi che un grande numero di lettori ce ne avrebbe saputo grado, come di uno squisitissimo regalo. Ma la copia delle materie che ci sovrabbondano, impedendoci dal fare questa riproduzione, abbiamo stimato di mettere sotto i loro occhi una, se non altro, delle due precipue parti che la lettera comprende, vale a dire quella che tratta del Concilio, e il meno compendiatamente che le angustie dello spazio ce lo consentano. La qual magnifica esposizione dei concetti di sì pio, ingegnoso ed illu minato personaggio noi riputiamo, che non solamente sia idonea a confondere quegli spiriti o empii o leggieri che si ridono "del Concilio annunziato dal Santo Padre Pio IX, o non ne prezzano le conseguenze; ma altresì a schiarire viepiù la mente ed a confortare gli animi di que' buoni, e non sono pochi, i quali non vedono come

mai un Concilio possa far uscire vantaggiata la Chiesa dal presente vortice di rivolture, e quindi paventano una quasi ruina generale di tutto l'ordine religioso e civile della cristianità: - Modicae fidei, quare dubitatis? pare dir loro in queste pagine l'angelo della Chiesa di Westminster. Leggete e meditate.

Quali sono le cause che oggidì richiedono la celebrazione di un generale Concilio? Quali sono i frutti che dalla sua celebrazione si possono aspettare? Monsignor Manning, innanzi di rispondere, avverte che egli non si arroga di conoscere le ragioni, che hanno mosso il Pontefice a volere un Concilio, oltre quelle espresse nella Allocuzione dei 26 Giugno 1867: ma soggiunge che indicherà quelle cause e quei frutti, che facilmente si possono antivedere.

La prima causa, e la più ovvia di convocare un Concilio generale, è lo stato interno della Chiesa medesima. Nell' ultimo Concilio generale, la maggior parte degli atti si riferì alla disciplina e reggimento della Chiesa negli Stati e regni del mondo cattolico. Delle venticinque sessioni di Trento, molte sono intitolate De reformatione; cioè sopra il correggere i mali, le usurpazioni, gli abusi, e sopra il ristorare le pratiche e istituzioni dei vari paesi cattolici, conforme le leggi ed i principii immutabili della Chiesa cattolica. Nella disciplina della Chiesa vi sono dunque due elementi: uno fisso ed immutabile, che è la legge divina, morale e positiva, di cui la Chiesa è testimone e custode; l'altro variabile ed accidentale, che dipende dalle condizioni delle società e de'popoli. Possono recarsi come esempio del primo, i santi Sacramenti e tutto ciò che si connette colla loro amministrazione, per la forma e per la materia; del secondo, le leggi dei benefizii e del patronato, i modi dei tribunali e di procedura. È cosa evidente che, quanto a questa seconda categoria, gli ultimi trecent' anni resero necessaria un'ampia modificazione della disciplina della Chiesa. Benefizii, patronato e tribunali, sono stati portati via in quasi tutti i paesi. La Chiesa ha bisogno di riordinarsi sopra i suoi principii immutabili, ma in armonia colle nuove condizioni della società.

Un'altra causa che esige le deliberazioni della Chiesa è il cambiamento delle sue relazioni, sia per parte della Santa Sede, come delle diverse chiese di sua comunione, verso le potestà civili di tutti

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