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Chiese occidentali 1. I contraddittori, che la fanno originare dall'Oriente oppongono ad argomento, che essa, contrariamente all'uso della Chiesa di Roma, celebrava la Pasqua secondo il costume delle Chiese antiche orientali. Ma sono smentiti dalle testimonianze di Eusebio 2, di Socrate 3 e dal Concilio di Arles citato, le quali affermano che al principio del IV secolo la Chiesa britannica seguiva in questo punto di disciplina la Chiesa romana. La Chiesa della Ibernia e della Scozia non hanno diversa origine. Il primo a spargervi i semi della fede fu il Vescovo Palladio; gli venne appresso S. Patrizio: ambidue aveano attinte le loro dottrine in Roma; ambidue le predicarono per la missione ricevuta da Papa Celestino I. I Pitti stanziati nella Scozia ebbero a primo predicatore della fede il Vescovo Nyma, allevato in Roma, poi S. Colomba, provegnente dall' Ibernia 4. Da un monastero pure dell' Ibernia uscì il monaco Colombano, citato dal Ramée. Il quale con dodici compagni venuto in Francia fondò prima il monastero di Anegray, poscia quello di Luxovio: discacciatone dal re Teodorico per aizzamento dell'ambiziosa Brunechilde, e trattenutosi per qualche tempo ne' dintorni del lago di Costanza, in fine calò in Italia, dove eresse il monastero di Bobbio 5. Ora se coi documenti alla mano appare evidente, che le dottrine germogliate nella Chiesa delle Isole britanniche sono venute tutte da Roma, chi non terrà in conto di sogno quello spirito orientale d'indipendenza, onde si fa dominata, e l'apparizione di S. Colombano nell'Italia per combattere lo spirito oppressivo della Chiesa romana?

Ma v'ebbe opposizione. Mettiamola in chiaro. Sette furono i Vescovi chiamati a Sinodo, tutti della provincia di Walles, e tre le richieste, riferentisi alla materia del disparere, proposte loro da S. Agostino: si acconciassero nel conferire il battesimo al rito usato dalla Chiesa romana; celebrassero la Pasqua nel tempo dalla medesima determinato; e lo aiutassero nella conversione degli Angli

1 APOL. 2, adver. Arianos; Nic. CALLIST. Lib. X, c. 42.

2 Vit. Const. III, 19.

3 Hist. Lib. V, c. 22.

4 BEDA, Hist. Lib. I, c. 4; MABILLON, Ann. Bened. Lib. VIII, n. 9, 10. 5 MABILLON, loc. cit. Lib. X, n. 46-52, 55.

e dei Sassoni. La terza di queste domande c'indica apertamente, che la diversità di sentenza non cadea sopra alcun domma. Se fosse stato altrimenti, avrebbeli S. Agostino domandati dell' opera loro nella conversione di que' popoli pagani? No: avrebbeli piuttosto rifiutati, come maestri di eresia: avrebbeli condannati. Dunque la quistione si versava tutta circa alcuni punti di disciplina. Tali sono di fatto e il rito usato nel ministrare il battesimo, e la celebrazione della Pasqua a dì fissato. Que' Vescovi non aderirono alle proposte e in questo consiste tutta la opposizione: ma ciò non fecero per ispirito di ribellione e d'indipendenza, sibbene per improvvido consiglio. Abbiamo il fatto raccontato dal Beda. I detti Vescovi, dopo il primo colloquio avuto con Agostino, essendo rimasti incerti intorno a ciò che dovessero fare, ne chiesero parere ad un antico solitario o colideo, tenuto in istima di santo. Questi rispose tosto, che accettassero le proposte di Agostino, se egli avesse lo spirito del Signore, e dell'averlo sarebbe infallibile segno, se tornando essi a Concilio ei si levasse in piè al primo vederli. Il segno non si verificò; e quei Vescovi, dopo brevi parole, se n'andarono, senza alcuna conchiusione 1. Chiamate quest'atto semplicità, chiamatelo ignoranza, chiamatelo con qualunque altro nome, che vi aggrada, ma non potrete mai in buona coscienza chiamarlo effetto dello spirito d'indipendenza.

Dal discorso in questo paragrafo due conchiusioni: 1.a Egli è moralmente e storicamente falso, che la massoneria odierna tragga la sua origine dai Collegi dei costruttori, fondati da Numa. Moralmente, perchè la natura e la forma di svolgimento dei Collegi sono dirittamente opposte alla natura ed alla forma dello svolgimento della massoneria odierna. Storicamente, perchè la propagazione delle supposte iniziazioni è fondata sopra la falsità e sopra la favola. 2. I principii capitali professati dalla moderna massoneria, stando alla testimonianza degli scrittori massoni citati, sono quegli stessi delle sètte misteriose del paganesimo e delle sètte cristiane di oriente, indi germogliate. -La prima esclude l'antichità della massoneria: la seconda c'indica la fonte donde sono attinti i principii massonici, che ci siamo proposti di rinvenire. Notiamola, perchè ci varrà di mezzo a gravi discoprimenti.

1 Lib. II, c. 2.

I NIPOTI DI SISTO IV.

Raffaele Volaterrano, in quella sua enciclopedia, secondo i tempi eruditissima, che pubblicò in 38 Libri sotto nome di Commentarii Urbani e dedicò nel 1506 a Giulio II, venendo a parlare di Sisto IV e de' suoi nipoti, scrisse che niun Pontefice s'era mai veduto più di lui fecondo di parentele: fratrum sororumque filios extulit, neque enim alter propinquis foecundior fuit 1. E poco appresso, entrando negli elogi del medesimo Sisto, soggiunge quel che per altro tutte le memorie di quel pontificato attestano ad una voce, che niuno fu di lui più munifico e liberale, niuno donatore più allegro, nè dispensatore più pronto di onorificenze e dignità: eo Pontificum nullus nec animo munificentior, nec in dando hilarior, nec in promovendis hominibus promptior repertus fuit 2. Ora in questi due tratti si ha la prima spiegazione naturalissima di quel nepotismo, che da tutti gli storici è attribuito a Sisto, e che da molti vien ripreso come la più grave macchia del suo pontificato. Sisto era, per indole e per virtù, sommamente generoso e facile a largheggiare di doni e di grazie con tutti; non è dunque meraviglia che, elevato al colmo degli onori e della potenza, si mostrasse anche largo in singolar modo verso quella turba di nepoti e parenti, ai quali uno special vincolo d'amore, e d'amore giustissimo, lo stringeva. Se non che, a ben giudicare di questo fatto e a distinguere quel che vi potè essere

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di veramente riprovevole dalle intollerabili esagerazioni, onde l'altrui malignità o ignoranza lo ha aggravato, è necessario entrare a considerarlo alquanto più minutamente.

Leonardo della Rovere e Luchina Monleoni 1, genitori del nostro Francesco, ebbero parecchi altri figliuoli, che, preso stato coniugale, furono anch'essi fecondi di prole; talmente, che, al tempo dell'esaltazione di Francesco al Papato, viveano oltre a quindici suoi nipoti o pronipoti, tutti fiorenti di gioventù e naturalmente vaghi di partecipare alle grandezze e liberalità dello zio. Raffaele DELLA ROVERE, fratello di Sisto, avea sposata una Teodora di Giovanni Manirola d'origine greca; e ne eran nati Giuliano, Giovanni, Bartolomeo e Luchinetta. Da un altro fratello, di cui non sappiam bene il nome, era nato Leonardo, che era quindi cugino, e non già fratello carnale dei quattro della Rovere testè nominati, come lo fa, benchè dubitando, il continuatore del Litta 2. Delle sorelle di Sisto, Bianca, Luchina ed una terza di nome ignoto, avean tolto marito in tre casati di Savona, Riario, Basso e Giuppo; e gli avean creato un' altra serie di nipoti e pronipoti per lato materno. Imperocchè Bianca sposatasi a Paolo RIARIO, ne avea avuto due figli, Pietro e Girolamo ed una figlia Violante; la quale, maritata poi ad Antonio Sansoni, fu madre del Cardinale Raffaello Riario Sansoni, celebre per la parte che gli toccò nella congiura de' Pazzi. Luchina da Giovanni di Guglielmo Basso ebbe cinque figli, Girolamo, Antonio, Gugliel mo, Francesco e Bartolomeo, ed una figlia Maria: questa, sposata ad Antonio Grosso, diventò genitrice di Galeazzo e Francesco Andrea che furon fatti Vescovi, di Clemente e Leonardo, creati poi Cardinali da Giulio II, di Nicoletta che fu madre a Marco Vigerio,

1 Nella Cattedrale di Savona, riedificata da Sisto IV e da Giulio II, e nella Cappella ivi detta di Sisto, vedesi la nobil tomba marmorea da lui eretta a' suoi genitori, col seguente epitaffio, riferito presso il CIACCONIO, T. II, pag. 1277:

Iuncta Leonardo coniux Luchina quiescit:

Filius haec Sistus Papa sepulcra dedit.

2 Famiglie celebri italiane, Dispensa 147*, Milano 1863.

decorato anch'esso della porpora dal medesimo Giulio, di Luchina madre di Gian Vincenzo Foderato che fu Vescovo di Noli, e di Isabella madre di Orlando del Carretto che fu Arcivescovo d'Urbino. La terza sorella di Sisto, maritata in Pietro GIUPPO, diè la luce ad un Antonio, il quale poi generò due altri pronipoti pontificii, Bartolomeo e Giacomo. Nè qui ha termine la genealogia nepotesca di Sisto IV: ma, siccome non è nostra impresa darne il quadro compiuto, così non ci piglieremo altro impaccio di cavar dalle tenebre certi nomi più oscuri, che possono vedersi presso i genealogisti di professione 1.

Veggiam ora piuttosto con qual liberalità il Pontefice versasse i suoi favori sopra questa corona di parenti, i quali la fortuna di lui aveva chiamati all'improvviso dalla mediocrità della lor condizione nativa in un angolo della Liguria a brillare in qualità di Principi nella reggia del mondo cattolico. I primi a sperimentarne gli effetti, furono Fra Pietro Riario e Giuliano della Rovere, che furono subito dal nuovo Papa creati Vescovi, quegli di Treviso, questi di Carpentrasso; e poco stante nel Concistoro del 15 Decembre 1471, vennero fatti Cardinali, il primo col titolo di S. Sisto, il secondo con quel di S. Pietro in Vincola, tenuto già dallo zio; ed arricchiti poscia di Commende, di Vescovadi e di pinguissimi beneficii. Sisto inoltre li creò al tempo medesimo suoi principali ministri, con essi dividendo gli ardui pesi del pontificato e le cure del governo spirituale e temporale della Chiesa, siccome quelli che a straordinario ingegno e abilità pei negozii congiungevano tutti i titoli alla fiducia e all'amor suo. Ma delle qualità e dei meriti di ambedue dovrem tornare più tardi a parlare stesamente.

Leonardo della Rovere, cugino del Cardinal Giuliano, fu da Sisto creato, nel Marzo del 1472 2, Prefetto di Roma, ed ammogliato po

1 Vedi specialmente il PASSERINI continuatore del LITTA, nella dispensa testè citata delle Famiglie celebri italiane; dove tuttavia son da correggere varii errori, e i giudizii soprattutto intorno ai personaggi ed agli avvenimenti storici sono si sconciamente spropositati, che sembrano scritti a bello studio, non per illustrare, ma per falsare la storia.

2 INFESSURA, Diario Romano, pag. 1143.

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