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licei d'Italia non divengano semenzai fecondi di Aristoteli e di Platoni?

Del rimanente questa esuberanza e disparatezza di materie, che impacciano i maestri e confondono in cambio d' istruire le menti della gioventù studiosa, e quando anche l'istruiscano, il fanno a guisa d'infarinatura non d'impressione, giacchè pluribus intentus minor est ad singula sensus, è vizio osservato e ripreso universalmente nei programmi per l'insegnamento d'Italia. Il nuovo ministro Broglio, succeduto al Coppino dopo la pubblicazione di questo suo capolavoro, il 20 Gennaio di quest'anno 1868, ha spacciala una lettera circolare ai regii provveditori delle scuole che comincia così: Le relazioni presentate dai professori alla fine dell'anno scolastico attestano, che a parecchi non bastò il tempo per trattar pienamente il programma, a molti per trattarlo accuratamente. Quindi il macro profitto e la povertà degli ultimi esami. Di questo che egli chiama danno, afferma essere varie le cause, ma non ultima certamente il numero sconvenevole delle vacanze. Se non che, dato che questa non sia l'ultima, fuor di dubbio l'ampiezza sconvenevole dei programmi è tra le prime di queste cause.

A riprova di che, per un solo ramo delle scuole, ed è quello delle tecniche, noi apporteremo la viva dimostrazione di un signor Ascenso Marinelli, che abbiamo letta nell'Istitutore di Torino 1; uomo l'uno e giornale l'altro, che non paiono da sospettare di malevolenza pel Governo italiano. Ebbene il signor Marinelli, dopo affermato che l'istruzione tecnica « in questi sette anni di novella libertà » è mal riuscita all' Italia, e dopo certificati i lettori che egli sa in quali acque si peschi, con queste parole: « Io conobbi i giovani delle nostre province centrali, ho conosciuti quelli delle province siciliane, e conosco bene questi delle province meridionali »; così procede alla sua dimostrazione. « Or nei regolamenti in vigore, per i quali in una medesima scuola entrano ed escono quattro o cinque professori successivamente, l'uno per un'ora, l'altro per un'ora e mezzo, ad insegnarvi lettere italiane, lingua francese, matematiche,

1 N. 2 del 1868.

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disegno, computisteria e nozioni fisiche, che risultato si ha mai? Non altro che questo: tener ilari gli alunni ed appagarne la curiosità, senza che però si apparecchino, e si concentrino sovra alcuna delle materie loro proposte, le quali pel numero e per l'importanza sopraffanno le lor tenere menti. E per vero, in un'ora di lezione che și potrà far mai a dieci o venti giovani, che pur debbono ripetere ciò che hanno imparato, esser corretti nei loro errori, e dire e ridire una medesima cosa a chi è tardo ad apprendere? Ma vi ha di più; in molte scuole tecniche del Regno, la durata di cinque ore per ogni giorno, si prosegue senza interruzione. Di qui è che o non preparati o insoddisfatti i giovani delle brevi lezioni che ascoltano, ciascun maestro non trova altro in loro che stanchezza, disordine, e direi sciopero scolastico: chi uscito fuori, chi in via di uscire per darsi bel tempo, chi parla di cose inutili é superflue, e chi peggio. Insomma nessuna attenzione e diligenza, nessun profitto e disciplina nella scuola! >>

Se s'invitassero i maestri delle scuole ginnasiali e liceali a proferire pur essi l'opinion loro, circa il «< numero » e l'« importanza >> delle materie imposte lor da insegnare, niun dubbio che i più ripeterebbero sottosopra questa descrizione del signor Ascenso Marinelli. Riprensibile è pure quella brevissima mezza paginetta 1, che i compilatori dei programmi spendono in chiarire qual esser debba l'insegnamento della religione: conciossiachè usino un linguaggio così indeterminato, che non si capisce bene se parlino della religione cattolica o della protestante: ed usino questo linguaggio con tale arte, che sembrino escludere affatto l' insegnamento della fede e richiedere solo quel della morale.

Ma non ci dilungheremo oltre in censure che si potrebbero moltiplicare d'assai, e termineremo notando una vergogna, della quale avrebbero da arrossire i paladini di un Governo, che si vanta di non avere altro orgoglio, fuorchè l'onore della nazione cui presiede. Eccola. In questi programmi., quasi mai non si nomina un libro o un lavoro qualsiasi di testo, per indirizzamento dei maestri o degli sco

1 Pag. 137.

lari, che non sia di origine tedesca, inglese, francese; in somma forestiera i libri di origine italiana appariscono rari come le mosche bianche. Pel greco si consigliano la grammatica di Giorgio Curtius e gli esercizii di versione di Carlo Schenkl; e nel caso che la grammatica del Curtius non convenisse, si indica quella di Raffaele Kühner 1. La più lodata delle grammatiche latine, è quella di Ferdinando Schulz 2, che muove a riso gl'intelligenti. Per l'italiano invece niuna grammatica si propone, forse perchè non si aveva nessun autore alemanno da suggerire. Se bisogna un atlante oroidrografico, si presceglie quello del Sydow; se uno politico, quello del Rooste; se uno di geografia fisica e politica, quello dello Stieler e del Berghaus; se uno antico, quello del Menke; se uno di geografia storica, quello del Bretschneider; se uno storico geografico, quello dello Spruner 3. Occorre una tavola descrittiva delle profondità dell'Oceano? Si offre quella dell'inglese Maury, il cui libro è tradotto in francese dal Terquem. E un altro libro dello stesso Maury, sulla geografia fisica, si annunzia prossimo ad uscire voltato in italiano; e ciò nel paragrafo medesimo, in cui si commenda il bel volume della signora Soumerville, volto dall' inglese nella nostra lingua 4. La tavola dei volcani da prediligersi, sia quella dell'inglese Poulett Scrope 5. Due italiani, il Collegno ed il Pilla, sono additati come preziose guide per lo studio della geologia; ma pare che si preferiscan loro il Lyell e l' Handbook inglesi 6. Un' altra preziosissima guida, per la distribuzione geografica degli animali, si notifica nel libro del Van der Hoeven 7. Il corso elementare del Milne Edwards è raccomandato per la zoologia 8; ed è raccomandato pure, con gli scritti dell' Omoboni, ma più di lui, il libro della natura dello Schoedler 9. Che più? di questi medesimi autori stranieri, chi ha stesi i programmi sembra aver avuta così piccola conoscenza, che nell'edizione officiale di essi, ne ha storpiato i nomi ed i titoli delle opere in foggia veramente burlesca 10.

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10 Sidow in luogo di Sydow, Sticler in luogo di Stieler, Handbuch in luo

go di Handbook ecc.

Per finirla, questa vergogna è così luculenta, che, nel!a Nota agli orari, gli autori dei programmi non si son potuti astenere dal confessarla. Si desidera che i buoni ingegni del Regno si volgano a quest'opera dei libri di testo degna di loro, affinchè presto ci accada di vedere i testi per le nostre scuole imitati e tradotti all'estero, mentre ora, meglio è confessarlo, troppo sovente si verifica il caso contrario 1.

Vano però stimiamo noi un tale desiderio. Se in sette anni di fortuna propizia e di scalacquamento della pubblica sostanza, il Governo dell' Italia unificata non è giunto a trovare fra i suoi due o tre uomini a modo, che fosser capaci di compilargli libri di testo per le scuole; molto meno vi giungerà ora, che la fortuna gli piega sinistramente ed è in procinto di andare fallito. A scompigliare e a distruggere non ha patito difetto di aiuti ma ad ordinare ed a costrurre, sia pur certo che difficilissimamente avrà chi gli dia una mano utile, contuttochè interessata. Senza che se i suoi ingegni buoni non sono stati idonei fino al presente ad apparecchiargli i libri che desidera, come sperare che gliene vengan su altri più idonei a farlo in futuro, posto il bello e fruttuosissimo insegnamento con cui li addottrina e li avvalora? La pensino altri a loro talento; noi, colle prove in mano, giudichiamo che, come la rivoluzione ha stabilito in Italia, grazie alla sua morale, il regno della disonestà; grazie alla. sua economia, il regno della miseria; grazie alla sua politica, il regno della servitù; così, con la sua istruzione pubblica, quanto a sè, nulla ha risparmiato per diffondervi l'impero della presunzione, figliuola dell' ignoranza.

1 Pag. 152.

II.

Vita di S. Giuseppe, sposo di Maria Vergine, scritta dal sacerdote VINCENZO DE-VIT Modena, tip. dell'Imm. Concezione editrice,

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MDCCCLXVIII. Un volume in 8.° di pag. 304.

Mentre ne' nostri giorni si va sempre più propagando il culto al glorioso patriarca san Giuseppe, può facilmente intendersi, che Dio non accenda il cuore de' fedeli a rendere ogni maniera di ossequio a questo piissimo capo della sacra famiglia, senza che insieme stimoli i loro desiderii a voler sapere il più che è possibile delle azioni e delle virtù, da esso esercitate nel compiere quell'ufficio eccelso. La notizia de' meriti è necessario, che vada innanzi agli affetti di devozione e di riverenza; ma ove questi affetti sieno una volta germogliati nell'animo, sorge subito la brama di conoscere meglio la persona riverita e d'investigare tutto quello che ad essa si appartiene. E se per avventura nulla può sapersene di nuovo, è nondimeno sommamente gradito riandare le cose conosciute, vestirle di nuove forme, e contemplarle sotto nuovi aspetti.

Per cagione di questa onestissima voglia de' divoti fedeli, il ch. sacerdote Vincenzo De-Vit è stato indotto a comporre ed a pubbli care la vita, che qui sopra abbiamo annunciata, del santo Patriarca. « La devozione, egli dice, verso lo sposo di Maria Vergine ai nostri giorni si è accresciuta per modo, che ben possiamo affermare essere oggimai divenuta particolare di quasi tutt'i fedeli della Chiesa di Gesù Cristo. Per la qual cosa non è maraviglia, se ai nuovi serti di gloria, che si offrono di continuo al gloriosissimo Patriarca, sia sorto in molti de' suoi divoti il pensiero di aggiungere una nuova vita; non già perchè la scritta da tanti nei secoli scorsi e in quelli a noi più vicini non sia degnissima di tutta lode, ma sì per questo, io mi credo, che avendo ogni secolo un suo modo di vedere e di rappresentare le cose, ed inoltre anche uno stile suo proprio, il nostro già dai trascorsi assai dilungato, tornando addietro non più vi si trova, e pare gli manchi pur qualche cosa; onde quel continuo ri

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