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punto principale, cioè alla santità di san Giuseppe, diciamo, che non piccola pena deve apportare ai divoti di questo Santo, il vedere come egli è trattato dal ch. Autore. Il santo Patriarca è chiamato giu→ sto da san Matteo 1, anche prima che l'Angelo gli apparisse e gli rivelasse l'Incarnazione avvenuta del Verbo divino; ed il nostro Autore afferma, ch'egli non potè incominciare ad esser giusto, se non dopo quell'apparizione e quella rivelazione. Ecco dunque, che san Giuseppe solo nella età virile e matura, cioè verso il quadragesimo anno di sua vita (perchè in questo tempo il De-Vit pone il matrimonio di lui colla Beata Vergine 2), ebbe il benefizio della grazia santificante. Egli visse quindi per tanto numero di anni nella colpa origile, e macchiato di questa colpa, fu dato sposo alla Vergine Immacolata. Eletto a padre putativo di Cristo, autore della grazia effettiva e reale, non incominciò ad esser congiunto a lui con questa grazia, se non quando credè che erasi compiuto il mistero della sua Incarnazione; visse prima lungamente come figlio di Agar ancella, e non come figlio di Sara libera; vale a dire, giacque sotto il giogo e la servitù della legge, la quale minacciava e atterriva, e non appartenne allo Spirito, il quale vivifica gli uomini eletti, e li rende figli di Dio ed eredi delle promesse; e per conseguenza non potè nulla meritare con vero merito, in sì lungo tratto di tempo, mentre una delle condizioni essenziali pel vero merito è, che l'anima sia vestita della grazia della nuova legge, di cui Gesù Cristo è l'unico autore. Simili sentenze diminuiscono grandemente la giusta stima, che hanno i fedeli del santo Patriarca e della sua eccelsa santità. Ma, ciò che è più, i principii, dai quali queste opinioni si derivano, sono opposti alla cattolica dottrina, e restringono, come abbiamo accennato di sopra, la virtù e l'efficacia della Redenzione.

Oltre a tutti codesti errori, che offendono la santità di san Giuseppe e di tanti altri illustri Patriarchi e santissimi personaggi dell' antico Testamento, e scemano il valore e falsano la economia rivelata dalla Redenzione, un altro vogliamo riferirne, il quale ferisce la virtù in

1 Capo I, 19.

2 Pag. 38.

tellettiva e la scienza dello stesso Redentore. Ecco ciò che il De-Vit afferma in questo proposito, colle medesime sue parole: « Gioverà, egli dice, anche notare, che il non sapere o ignorar qualche cosa non è un difetto, e molto meno un' imperfezione dell'umana natura, ma una semplice limitazione della medesima; conciossiachè l'infinito sia solo proprio di Dio. Laonde Gesù Cristo stesso, parlando del giorno estremo, come ci lasciò scritto S. Marco, disse: De die autem illa vel hora, NEMO SCIT, neque angeli in coelo, NEQUE FILIUS, nisi Pater (XIII, 32). Egli dunque non sapeva quell'ora, ma non in quanto Dio, ma sì in quanto uomo, e non la sapeva perchè non voleva saperla: appunto per dimostrarci, che quello era un dono ch'egli avrebbe potuto fare all'uomo da sè assunto, ma nolvolle fare anche per nostra istruzione, acciocchè noi avessimo chiaramente a conoscere per questo la distinzione in lui delle due sue nature, infinita l'una, limitata l'altra e finita 1. » Così egli.

Or lasciamo da parte altre avvertenze, che si potrebbero fare su questo tratto, e solo consideriamo l'ignoranza che in esso si attribuisce a Cristo. Con ciò solo il De-Vit è caduto in un errore gravissimo, e ha richiamato a vita l'eresia sepolta e dimenticata di quegli eutichiani, ai quali fu bene a ragione dato il nome di agnoiti, derivato dal verbo greco, che in nostra lingua suona ignorare. Ed è tanto più maraviglioso, che egli sia sdrucciolato in tale eresia, quanto era più facile l'evitarla. A questo effetto non bisognava far altro, che aprire una delle opere più volgari di teologia, quali sono per esempio le enciclopedie ecclesiastiche, stampate in grande numero e recentemente nella nostra Italia. Si apra quella, pubblicata in Venezia nel 1854, ove leggesi ciò che qui trascriviamo: « AGNOITI, nome dato̟ ad una setta di Eutichiani, la quale, comparsa nel secolo sesto, diceva che Gesù Cristo come uomo ignorava certe cose, e tra le altre quando accadesse il finale giudizio. Questo errore adottato da alcuni solitarii dei contorni di Gerusalemme, fu combattuto soprattutto da Eulogio, patriarca d'Alessandria; ma fu ritornato a vita da alcuni protestanti. Gli Agnoiti fondavano la loro dottrina sopra un passo dell' Evangelio, in

1 Pag. 167 e 168,

cui leggesi, appo S. Marco cap. XIII, vers. 32:- Quanto a quel giorno nessuno lo sa, nè gli Angeli che sono nel cielo, nè il Figliuolo, ma il solo Padre Ma i cattolici, spiegando questo passo, l'altro portano in campo in cui si legge, negli Atti al capo I, che Gesù Cristo disse ai discepoli suoi, che ad essi non apparteneva il conoscere il tempo nè il momento che il Padre pose in suo potere. Colle quali parole egli volle reprimere la loro indiscreta curiosità, loro facendo conoscere che ignorava per essi questo giorno, e che non era della sua missione il manifestarlo. Tale risposta è fondata sulla interpretazione di molti Padri della Chiesa, e tra gli altri di S. Basilio, S. Ambrogio e S. Agostino; sopra gli altri luoghi della Scrittura, in cui Gesù Cristo descrive le circostanze e i segni che devono precedere il giudizio; in fine sulle parole di S. Paolo che dice, in Gesù Cristo essere rinchiusi tutti i tesori della sapienza e della

scienza. >>

Il detto fin qui ci sembra, che abbastanza chiarisca quello che avevamo preso a dimostrare: cioè che questa vita di san Giuseppe non può correre qual è per le mani de' semplici fedeli, senza pericolo e scapito delle loro cattoliche credenze. Nè dubitiamo che lo stesso ch. Autore non sia del medesimo nostro avviso. Se però il libro fosse da lui purgato da simili macchie (e potrebbe essere facilmente); meriterebbe al certo di esser divolgato e raccomandato; poichè, come nel principio abbiamo detto, nel massimo numero de' capitoli si contengono cose utilissime alla pietà ed anche alla istruzione de' divoti del glorioso Patriarca. L'essere poi questo stesso libro venuto alla luce con approvazione ecclesiastica, e le lodi amplissime le quali, dopo scritta questa Rivista, abbiamo veduto tributarglisi, senza alcuna riserva, da uno de' migliori giornali cattolici d'Italia, ci porge il destro di riflettere qui in fine, quanto sia necessario che tutti noi scrittori cattolici osserviamo fedelmente in pratica, quello di cui tutti siamo pienissimamente convinti in teorica: vale a dire, di non indurci facilmente ad approvare e celebrare un libro per la ragione del pio argomento in cui esso si versa, e per l'autorità dell' autore cattolico che lo ha scritto; ma ben facciamo se prima di portare e manifestare il nostro giudizio, percorriamo con pazienza e con attenzione ad una ad una tutte le sue pagine.

1. I telegrafi pontificii -2. Statistica delle elezioni politiche ed amministrative
dell'Italia negli anni 1865-66.

1. È stato pubblicato pei tipi il consueto Rendiconto statistico ammi-
nistrativo dell' Azienda telegrafica pontificia. Esso abbraccia l'esercizio
dell' anno 1866 ed è compilato colle stesse norme, colle quali vennero
composti i due Rendiconti precedenti 1. Tutti i più minuti e particolari
elementi che possono servire a far conoscere l'uso, l' estensione, le spe-
se, le variazioni, i miglioramenti di questo servigio, vi sono classificati
con una precisione e chiarezza, che nulla lascia a desiderare. Noi com-
pendieremo le più importanti notizie, che ci vengono fornite dalle otto
tavole il più ristrettamente che ci sarà possibile nel seguente unico Pro-
spetto, per quindi dedurne qualche utile riflessione.

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TOTALE netto degl' introiti sui di-

spacci internazionali trasmessi,

ricevuti e transitati. Scudi 14,331.15.5 17,355.80 18,727.11 14,309.52.5 12,543.47.4

PRODOTTO medio degl' introiti dei

telegrammi per Chilometro di
linea
Scudi

SPESA complessiva dell'Azienda. Scudi

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58,279;

18,386

2,096

5,632.27.5 7.160.92.3 6,615.89.9

INTROITO complessivo.

Scudi

4 Vedi i quaderni 373 e 598 della Civiltà Cattolica.

Dallo studio di questa tavola si deduce chiaramente che l'amministrazione migliorasi e si estende ogni anno di più, e che l'uso dei dispacci elettrici si va progressivamente aumentando, tanto nell'interno dello Stato, quanto nelle relazioni coll'estero. Questo miglioramento pel servigio del pubblico è però costato all'erario la somma di scudi 7090, quant'è la differenza tra l' introito e la spesa totale dell' Azienda telegrafica. Ma come ciò avviene, mentre per tutto altrove il servigio telegrafico suol dare anzi un più o men grande profitto all' Erario stesso? È facile spiegarlo. In primo luogo la condizione economica delle province lasciate al Governo pontificio ne dà una prima ragione. Dei 22 ufficii telegrafici che presentemente esistono, quattro soli bastano a sè stessi; anzi danno un incasso maggior delle spese per scudi 5,736 : e sono quelli di Roma, di Civitavecchia (stazione e città) e di Ceprano (stazione). Gli altri diciotto spediscono o ricevono sì pochi dispacci, che essi soli dànno una risultanza passiva di scudi 8,469 : i quali sopra un incasso totale di meno di 20 mila scudi debbono necessariamente distruggere tutto il beneficio, che il miglioramento dell' amministrazione possa ottenere. La seconda ragione si è che in quest' anno 1866 oltre le spese di ordinaria manutenzione delle linee e degli strumenti, vi è stata una spesa straordinaria di grandi riparazioni nelle linee da Roma a Viterbo, e da Nepi a Civitacastellana, che ha assorbito 1751 scudi; e un' altra spesa per un tratto di linea tra la città e la stazione ferroviaria di Civitavecchia. In terzo luogo è da considerare il servigio che l'azienda telegrafica porge allo Stato, per cui uso furono spediti nell'anno 17,849 telegrammi, spesso ben prolissi, tanto per l'amministrazione interna quanto per i dispacci diplomatici all'esterno. Negli altri Stati questo servigio è calcolato ad esito dei singoli Ministeri, e ad introito dell'azienda telegrafica. In Roma non si fa questo giro di partite. Se si facesse, l'azienda telegrafica avrebbe incassato un circa 5,500 scudi di più, e così invece di disavanzo avrebbe presentato un sopravanzo. Finalmente la diminuzione notabilissima della tassa, fatta a beneficio del pubblico, se ha sinora aumentato il numero dei dispacci, non ha ancora raggiunto nell'aumento quella cifra, che possa compensare all' Erario la diminuzione del riscosso da ciascun d'essi. Da tutto ciò ricavasi che con nuove cure da parte dell' amministrazione, e col progredir del tempo v'è da sperare che quest' azienda giunga non solo a bastare a sè stessa, ma a fornire eziandio un qualche utile effettivo alla finanza.

2. Dalla Direzione generale di Statistica in Firenze sono stati raccolti tutti gli elementi numerici che servono a comprendere quello che chiamasi movimento elettorale in Italia. Lasciamo da parte le elezioni comunali, e provinciali: e desumiamo unicamente le principali cifre che si riferiscono alle elezioni politiche dei Deputati al Parlamento. Alla fine dell'anno 1866 si dovettero convocare i collegi elettorali per la loro ele

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