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Notevole un bel gruppo vicino ad una chiesa, in un cimitero, e due superbi mezzi busti di ragazze. Tutto trattato a matita nera con lumi di rossa.

La fila termina con l'arresto di Luigi XVI al ponte di Varennes, da Francesco Pellegrini (1768?-1812), acquaforte interamente a puntini, a mezzo lavoro, ma sí noiosa, che quantunque non terminata, io credo non sia opera del Bartolozzi, bensí d'un suo scolaro, tanto piú non essendo firmata.

Ed ora, passando ad esaminare le incisioni poste sui due mobili in mezzo alla sala, Maria Cristina d'Austria, sorella di Maria Antonietta, da Alessandro Roslin (1733-1793), in rosso.

Raccolta del grano, dall' americano Benjamin West (1738-1820), luminosa e bella stampa di un carattere molto moderno.

Un disegno di bambina seduta su di una sedia di vimini, con sotto questa scritta:

a

<< fatta da mè F. Bartolozzi l'anno 1796 per la Sig. Maria Fabbris, essendo una bambina della quale essa aveva cura, essendo figlia di Luvigi Borghi. Mio particolare amico. »

Di seguito, un ritratto d'uomo a lapis nero e rosso.

Nel verso del mobile, da John Reynolds (1723-1792), il Lord Gran Cancelliere d'Inghilterra Edward Thurlow, una fra le sue belle cose, in fatto di ritratti. Edito nel 1782. Il Lord è in tutta la pompa del suo ricco costume, con una maestosa parrucca.

Superbo, caratteristico ritratto, che unito al suo susseguente, quello di Earl of Mansfield, dallo stesso autore, fa ammirare l'effetto dell' incisione a punti nella riproduzione delle carni.

Disegni di putti, figure allegoriche, in lapis, e due figure, una delle quali, d'uomo, reca a penna e matita scritto: «Uomo che era nella banca di Magonza che vomitò.»

Bellissimo disegno a matita rossa, nera, turchina e gialla, rappresentante un gruppo mitologico, cioè una giovane con due amorini ai lati, uno dei quali regge una face in mano.

Cleone, dalla Kauffmann.

Giove ed Io, da Antonio Allegri da Correggio (1494-1534). Finissima e delicata incisione in rosso.

Sulla sponda d'un ruscelletto, nel quale viene ad abbeverarsi un timido cerbiatto, sta la Dea nuda, seduta di profilo, cogli occhi socchiusi

dall' ebbrezza, e sembra svenire in un supremo bacio fra le braccia del tonante dell' Olimpo che sporge da una nube. Una vera meraviglia di concetto e d'esecuzione!

Nel mobile seguente, l'ultimo :

I Ghiottoni, incisione buttata giú alla svelta, e forse della scuola del Bartolozzi, come l'arresto di Luigi XVI. Sono due buongustai, che man

giano a piú non posso, serviti da cinque camerieri, che vanno e vengono carichi di vivande e di vini. I piedi infasciati dei banchettanti, poggianti su cuscini, chiariscono che il male degli epicurei, la gotta, gli ha assaliti senza pietà.

Anfitrite ed un Tritone, disegno che per tecnica si allontana tanto dagli altri del nostro, da farci dubitare della sua identità.

Una bella Griselda a colori, dalla Kauffmann.

La Fama che getta fiori sulla tomba di Shakespeare. Tre piccole illustrazioni del Teatro di Shakespeare, da Philipp Jakob Loutherbourg (1728-1812), accuratissime.

All' altro lato del mobile, un

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Giove ed Io, incisione a punti di F. Bartolozzi, dal quadro del Correggio. paesaggio a penna ed acquerello, e da Reynolds, in rosso, il ritratto di Maria Anna Angelica Kauffmann, buono assai. Dalla Kauffmann, il ritratto di Miss Luisa Hammond, e il Damone e Musidora, in rosso.

Da Cipriani, putti che si bagnano, molto graziosa incisione, e tre tondini con la Primavera, l'Autunno e l' Inverno.

Da Carlo Cignani (1628-1719), una scena di satiri e putti che suonano. E l'esposizione termina con uno schizzo di Anton Domenico Gabbiani (Firenze, 1652 -1726), la Cena in Emaus, maestrevolmente inciso a guisa di disegno. La qualità della carta e la tonalità del color dell'inchiostro, che sembra nero di seppia, ingannano l'occhio e concorrono a fare di tutto una cosa sí perfetta e bella, che chi nol sa è assolutamente impossibile la prenda per un'incisione.

Ed eccoci al fine.

Avverto che ho accennato soltanto le incisioni piú interessanti per carattere artistico e per concezione, ed anzi, piú che altro, ho dovuto limitarmi a spigolare qua e là,

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fra sí florida messe artistica che avevo spiegata sott'occhio.

I lettori si saranno agevolmente accorti che a rendere completa l'esposizione mancano parecchie delle più belle stampe del nostro incisore.

In prima fila il capolavoro suo, la meravigliosa Clizia abbandonata da Apollo, la Madonna del Silenzio da Annibale Caracci, Orlando ed Olimpia dallo stesso, la Morte di Didone,

o Didone sul rogo, la Circonci- Minerva, Incisione a fac-simile di F. Bartolozzi, da un sione di Gesú dal Guercino, la

disegno di G. B. Cipriani.

Partenza d'Abramo con la famiglia dallo Zuccarelli, Giove e Leda da Vieira, Narciso al fonte dallo stesso, le Bagnatrici da Cipriani, la Strage degli Innocenti e l'Adultera.

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Frontispizio del Corso di Figura, disegnato da F. Bartolozzi.

Incisioni tutte che il Gabinetto delle Stampe non possedeva affatto.

Ma ad onta di ciò, l'esposizione, bisogna riconoscerlo, grazie a chi con tanta assiduità e criterio se ne occupò, è riuscita veramente di molto superiore alla generale aspettativa, vuoi per copia, vuoi per varietà di materiale esposto, che va dalla minuscola alla grande stampa, dall'incisione da gabinetto alla vignetta, e raggiunge perfettamente lo

scopo prefissosi, d'illuminare in tutti i suoi momenti ed in tutte le sue memorie l'opera di Francesco Bartolozzi, gloria italiana.

Ed il pubblico accorre continuamente numeroso, ad ammirare e gustare le splendide creazioni, a trascorrere istruttiva un'ora fra le pareti tappezzate tutt' ingiro di multiformi e sapienti lavori dell'illustre e fecondo incisor delle Grazie, del magistrale bulino dell' incisore anglo-italiano del secolo della rivoluzione').

ROMOLO ARTIOLI.

1) L'esposizione è stata chiusa il 16 aprile del corrente anno, per dar posto a quella dell'opera di Albrecht Dürer, illustrata nello scorso numero di questa Rivista, dal chiaro direttore cav. Leo S. Olschki.

RECENSIONI

Il Codice Diplomatico Dantesco.

Alle pubblicazioni recentemente venute in luce, del Volkmann, del Krauss, del Ricci, del Bassermann, del Berthier che, giovandosi dei moderni ritrovati di riproduzione, splendidamente illustrano la vita o le opere dell'Alighieri, un'altra se ne aggiunge, italiana; il Codice Diplomatico Dantesco coraggiosamente iniziato e in modo degno d'ogni lode proseguito dai signori Guido Biagi e Giuseppe Lando Passerini. I quali, propostisi di raccogliere in un corpo solo tutte le notizie certe, risultanti da documenti, riferentisi alla vita pubblica e privata, agli antenati, ai discendenti, ai parenti, agli amici, a coloro tutti che ebbero col Poeta in qualsisia maniera rapporto, cosí, rivolgendosi agli studiosi dell'Alighieri, dichiararono il loro intendimento: << È tempo oramai che gli studi sulla vita di Dante, con la scorta e l'esempio dei piú venerati maestri, siano messi per una via da cui non si torni indietro; non più quella delle vaghe affermazioni o dei sistematici dubbi, sibbene l'altra, diretta e sicura, della riprova dei fatti. E a questa via da tre punti conviene muovere: dallo studio delle notizie soggettive sparse qua e là nelle opere del Poeta; da quello delle notizie tradizionali forniteci dai biografi antichi piú degni di fede; dall'esame dei documenti acquisiti alla storia. » Da quest'ultima parte i due benemeriti eruditi han mosso il passo: e che l'opera loro, per corredo di ricerche e di studi, per gusto e per critica sorpassi le promesse convien che dichiari chiunque abbia sott'occhio i quattro fascicoli fin qui pubblicati; come il beneficio grande che vengon rendendo agli studi danteschi, raccogliendo in assetto definitivo l'ingente cumulo di scritti cui la sola vita del Poeta ha dato origine, misurerà chi pensi che quegli scritti son dispersi in pubblicazioni di pochi esemplari, difficilmente reperibili, in riviste d'ogni parte, anche in giornali politici.

L'opera, come vuole la mole sua e la sua laboriosa preparazione, esce a fascicoli; senza che n'abbia detrimento l'immediata utilità pratica; poiché opportuni indici agevoleranno l'ordinamento e le ricerche, sia perché ogni fascicolo, in sé

stesso compiuto, illustra uno o più fatti della vita di Dante; e dato il carattere del lavoro, non racconto, ma Codice Diplomatico, non ne soffre l'unità del lavoro che non è una biografia, ma una raccolta di documenti. E i documenti dati in splendide tavole di fac-simile conservando le dimensioni delle pergamene e delle carte o di poco riducendole, mette sotto agli occhi del lettore i tesori di piú archivi e biblioteche, facendogli cosí vedere con la maggiore fedeltà possibile, gli originali stessi. Oltre la riproduzione in zincotipia, si dà del documento, quando bisogni, la storia; sempre poi si accompagna con la trascrizione diplomatica, con note illustrative delle persone, degli avvenimenti menzionati e le illustrazioni son anche figurative da miniature, da pitture, da sculture contemporanee, o delle più vicine a quei tempi. Sicché l'arte bellamente s'accoppia alla erudizione per darci una genuina rappresentazione, sotto ogni aspetto compiuta, delle memorie che all'Alighieri ed ai suoi si rilegano.

Dei quattro fin qui pubblicati, il primo fascicolo è consacrato all'ambasceria di Dante per il comune di Firenze al comune di San Gimignano: gli altri tre hanno la serie degli atti consiliari dello stesso comune di Firenze nei quali Dante intervenne e consigliò.

Una scoperta degli egregi editori rende pregevole di novità e d'importanza il fascicolo primo. Da essi ritrovata nel R. Archivio di Stato in Firenze, qui si pubblica per la prima volta la deliberazione dei 31 marzo 1299 del Consiglio dei Cento sull'elezione dei sindaci della Taglia guelfa di Toscana, in esecuzione della quale deliberazione la città di Firenze inviava a San Gimignano un ambasciatore, che fu Dante, per invitare quel comune a nominare un suo rappresentante in un parlamento da convocarsi in breve, per provvedere al grave affare della nomina del Capitano della Taglia stessa. Ai 7 maggio parlò l'Alighieri innanzi agli ufficiali ed al Potestà di San Gimignano, ottenendo ciò che domandavasi, compiendo felicemente l'ambasceria, prima delle due che certamente egli compì. Era allora potestà in San Gimignano Mino di Simone dei Tolomei da Siena, soprannominato Zeppa, che Cecco Angiolieri vituperò per avaro e codardo. Di Mino si dànno molte notizie e importanti, con l'albero genealogico; e ancora del notaro di lui, ser Tuccio di Segna, del quale si ristampa una singolare ballata « Molto à ch'io non cantai, » che il Carducci per il primo ritrovò e fece conoscere. Si aggiungono altre notizie sul Capitano della Taglia guelfa, ufficio che in quel tempo teneva il conte Taddeo di Monte Orgiali della Maremma senese, forse dei Cacciaconti, quello stesso che fu curatore di Giovanna, figliuola di Nino Visconti di Gallura e che trattò il matrimonio di lei.con Corradino Malaspina.

Alle fototipie della carta sangimignanese fanno corredo una veduta della terra turrita di San Gimignano, e due suoi splendidi stemmi, dei quali uno nella sala del Comune (fig. 1), l'altro che sta nella chiesa di Sant'Agostino all'altare di San Bartolo, è opera di Benedetto da Maiano; la riproduzione del Palazzo del Popolo, e della sala di questo palazzo, conservata anche oggi come Dante la vide, salvo che in luogo delle ricche pitture d'allora, delle quali solo alcune tracce restano oggi, poco appresso, nel 1317, vi conduceva Simone Memmi il grandioso affresco della

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