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cattività e del crudele supplizio di Manfredo Pallavicino, ecc., ne accende l'animo contro il Re di Francia, mentre la « stygia soror» di lei, Aletto, alla sua volta adempie allo stesso ufficio presso il Re, cui descrive l'indole non sincera di Leone X e la sua ingratitudine verso il Duca d'Urbino. Per tal modo si va preparando la guerra, di cui un primo episodio è il tentativo contro Reggio, dove cade Alessandro da Triulzio e quasi è fatto prigione lo Scudo (Tommaso di Fois, monsignore di Lescuns) 1), mentre Federigo da Bozzolo col fratello Pirro cerca riordinare e confortare le schiere fuggenti per lo spavento. Leone X dopo lunga titubanza si è finalmente dichiarato in favore di Carlo: l'esercito imperiale sotto la condotta di Prospero Colonna e del Marchese di Pescara ha invasa la Lombardia. Una visione consiglia al pontefice di affidar il comando delle truppe della chiesa a Federigo marchese di Mantova, di cui così gli dice:

<< Hac tanta de stirpe idem est, Patre natus ab illo
Qui toties Gallos felici Marte subactos
Expulit ultra Alpes Federicus, imago paternæ
Virtutis, senium iuueni qui in pectore gestat.
Ille inquam qui imberbis adhuc prudentia et armis
Post Juli æterno luctu plorabile funus,
Sedictione intra Romam gliscente, tumultus
Compressit, tutumque sacri conclave senatus
Reddidit atque metu uacuum in suffragia ucrtit
Libera, quo rerum summa est translata potestas
In te unum, ut per te solium regale tenentem
Roma decus priscum teneat, sua iura reposcat ».

1) È interessante vedere in qual modo alla descrizione del Benevoli (c. 9r): « Scutiger accurrit Princeps, sedare tumultum Ut temere exortum conatur uoce manuque.... Talia tentantem circumstant agmina, ut hostem Iamiam certatim præhensant. At prouidus urbis Præfectus turba exemptum subducit ab omni. Rumor (ut est populi leuis aura) per agmina fertur Occubuisse Ducem

....

«

corrisponda la narrazione del Guicciardini (XIV, 1): « gli altri fuggirono, nè salvò lo Scudo altra cosa, che il rispetto che ebbe chi voleva tirare a lui, di non percuotere il Governatore. Ma essendo egli pieno di spavento.... il Governatore presolo per la mano, e confortandolo che sopra la fede sua lo seguitasse, lo introdusse nel rivellino.... E fu cosa maravigliosa, che tutte le genti di arme come intesero lo Scudo essere entrato dentro, andata tra loro la voce che era stato fatto prigione, si messero in fuga.... pochissimi furono quegli che aspettassero lo Scudo; il quale dopo lungo parlamento.... fu licenziato dal Governatore, il quale rispetto alla fede data.... non volle ritenerlo ».

Persuasovi anche da Baldassarre Castiglione, il Papa lo elegge Capitano generale: e Federigo allestisce l'esercito, cui tiene un energico. ed opportuno discorso.

Lib. II. Questo libro si apre con l'assedio di Parma, alla cui difesa da Lautrech 1) è mandato lo Scudo insieme con Federigo da Bozzolo (che vi comanda 5000 fanti italiani). In un fatto d'arme, il valoroso suo fratello Pirro mena molti prigionieri, meritandosi l'elogio di Federigo: ma poi per lo strapazzo egli cade ammalato. Intanto Parma è intercettata delle vettovaglie e dell'acqua. Ben ne incoraggia i cittadini alla resistenza Federigo: un traditore addita agli assalitori un passaggio pel Codiponte. Ne seguono combattimenti, in cui spiegano insigne valore Federigo, col nipote Gianfrancesco soprannominato Cagnino, e il fratello naturale Febo. Federigo è ferito da un colpo di archibugio (c. 25: « Celtiber et tygri et fata immanior ursa | Abditus igniuomum Federici in pectora telum Dirigit: at nimio liquefacta supervolat igni | Glandula liuentis plumbi, dextramque micantis | Altius ingreditur; medias penetrasse medullas | Credidit infixam, tanto furit illa dolore. | Dissimulat tamen inuoluens cubitumque manumque »): e di questa disgrazia del suo consanguineo generosamente prova rincrescimento e pietà il Marchese di Mantova «< honos quem et uincula tangunt | Sanguinis, et pietas tantæ virtutis anhelum | Torquet, et it meditans hominum crudelia fata: | Quam minimis inceant nostra hæc supposta periclis | Friuola quæ tumido incedunt corpuscula fastu. Verum ubi non dubiam medicos spondere salutem | Fama uolat, subito crispatæ nubila frontis | Excutit, et Superis libat pro munere tanto. | Non tamen absistit cæptis bellumue remittit ». Una parte della città, lasciata sprovveduta di difesa, vien miserabilmente saccheggiata: però in buon punto giungono ad essa dei soccorsi.

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Lib. III. Resistendo ostinatamente i nemici, che intanto, ripreso animo, vanno devastando il paese e ne traggono dei prigioni, il Marchese di Mantova « natum genitore Rhodulpho | Gonziada ad ripas qui Tari fortiter olim | Occubuit multa Gallorum ex strage cruentus | Alloquitur », e lo eccita a correre in aiuto dei collegati 2). Egli però vien ferito a un occhio e ad una gamba. A tal caso Febo « lyram proiecit », e corso al

1) Nel corso del poema questi è chiamato sempre Vtrech. A c. 105" una mano relativamente recente, inserendovi un La, ne fece Lautrech.

2) Luigi figlio di Rodolfo Gonzaga quartogenito di Lodovico, Marchese di Mantova: il quale per tal ferita fu poi detto il Guercio.

l'antro di Vulcano gli move aspre querimonie perché abbia permesso tale danno al suo protetto « quem celebrant certatim omnes uno ore Poeta ». Vulcano allora fa che il medico Abraam (il quale « Solyma de gente ortus miracula nouit | Naturæ et telluris opes fundentis in herbas | Cælorum influxu uarios uirtutis honores») accorra a curare e guarire il ferito, com'esso fa esortatovi anche da Federigo da Bozzolo e da Pirro stesso, che lo sollecitano ad accorrere nella città di Bianore, dove il ferito era stato trasportato. Fra le operazioni guerresche, che intanto continuano, ma con meno vigore ed ardore « autumno iam iam subeunte », è ricordato in special modo uno scontro accanito di Giovanni de' Medici co' Francesi al passaggio del Po. Ma il tempo si fa vieppiú cattivo e sfavorevole, tanto che viene a mancare il vitto a' soldati, i foraggi a' cavalli; onde il Marchese di Mantova trovandosi costretto ad interrompere le operazioni di guerra ed a ritirarsi, prima si trasferisce a Casalmaggiore, signoreggiato da Lodovico, fratello di Federigo da Bozzolo; quindi a Sabbioneta, dove è ospitalmente accolto da Lodovico e dalla madre di questo Antonia de Baux (« Regia stirps) procerumque trium celeberrima Mater.... prudens animo, nec Palladis artis | Nescia, consilio simul et pietate regendis | In populis mira atque grauis »). Questo incontro offre modo al poeta di tesser l'elogio di Antonia, « quam circum (veluti radiantia sydera) quinque | Constiterant (soboles Lodouici pulchra) nepotes | Et totidem studiis habiles grauioribus absunt », e di ricordare fra questi nipoti dell'Antonia, figli di Lodovico e di Francesca di Gianluigi Fieschi, in modo speciale Luigi, detto poi Rodomonte, che allora militava (forse in Spagna) sotto le bandiere imperiali, Pirro insigne negli studi filosofici e la poi troppo celebrata Giulia). Però all'improvviso annunzio che i suoi stessi stanno

1) Era figlia di Pirro Principe di Altamura. La de Baux (dal Balzo) fu un'antica famiglia di Provenza, ramificatasi anche in Italia (Duchi d'Andria, Principi di Taranto, ecc.). Il regia stirps del Nostro trova del resto riscontro nelle parole, con cui comincia l'iscrizione sepolcrale dell'Antonia (madre a Lodovico, Federico e Pirro) nella Chiesa di San Pietro da Gazolo, riferita dall'Affò (op. cit. pag. 127): « Antoniae Bauciae, quam Familiam ab uno ex tribus Magis originem ducere vetus et constans fama est», ecc.

2) (f. 38):

«

Julia sed cunctas superat longe ipsa sorores

Callidula, ingenio facili, condita lepore,
Blandula, composito promens dicteria vultu :

Mitis, et ad cantus modulos studiumque mineruæ

Nata, uel artifici dextra simulare quod ultro

Fingere multiplici potis est natura colore.

Obstupuit tanto ingenio tantoque lepore

Atque ait: Haud mirum est. Aquilam non uulturis oua

Progenerant, fortemue imbellis cerua leonem ».

dando il guasto alle campagne intorno, il Marchese corre a frenarli e far punire i colpevoli, accompagnato dal conte Niccolò Maffei, suo fide Acate, e vola al campo. Soprastando alcuni giorni l'esercito della lega a Gabbionetta, avviene una scorreria di Mercurio Paleologo, e dà prova d'insigne valore Guido Gonzaga, il quale però vien fatto prigioniero. Poi si occupa Ostiano, e sopraggiungono gli Svizzeri, alla cui testa sta il Cardinale Sedunense. Prospero Colonna tiene cogli altri capi un consiglio intorno a quello che sembra opportuno si faccia per venir a capo dell'impresa. Lib. IV. Deliberatosi dai capi dell'esercito della lega il passaggio dell'Adda per muover contro Milano, il Marchese di Mantova tiene ai suoi un energico discorso intorno a tal passaggio, che deve farsi qualunque sia l'opposizione de' nemici. E questi infatti vi s'oppongono accanitamente, dando luogo a vari fatti d'arme: Giovanni de' Medici (cfr. Guicciardini, lib. XIV, c. 3 fine) passa valorosamente il fiume a cavallo << dando nell'istesso tempo terrore agl'inimici, e conforto agli amici »; lo Scudo stesso vi corre grave pericolo, ed i Francesi debbono cedere, scompigliati: il fiume è passato. Fugge Lautrech a Cassano, e di là ripara a Milano; fugge Teodoro da Triulzi, governatore de' Veneziani; e già si era ritirato il loro provveditore Andrea Gritti che previdente « palam attonitis prædixerat omnia frustra | Vt Cassandra olim leuibus non credita teucris ». Fuggiti i Francesi, il Marchese di Mantova riconforta i suoi eccitandoli a perseverare coraggiosi per conseguir compiuta la vittoria. Piacenza accoglie Vitello Vitelli; Pavia si arrende: e con un altro discorso il Marchese di Mantova incoraggia le truppe a trar lieti auspici da questi felici successi. L'esercito della lega si muove da Marignano verso Milano; un'ombra predice a Federigo da Gonzaga la riuscita dell'impresa, preannunziata anche da varii prodigi o portenti. Ferrante, marchese di Pescara, irrompe nei suburbi di Milano; per Porta Ticinese vi entra Prospero Colonna; Milano si arrende, mentre valorosamente si salva il Duca d'Urbino, Francesco Maria della Rovere. Anche in quest'occasione il Marchese di Mantova dimostra sentimenti di profonda pietà verso i vinti, che cerca di proteggere da' maltrattamenti de' soldati vincitori. Quindi si prende Como, ma, contro i patti, la si lascia miseramente saccheggiare. I Francesi si ritirano allora a Cremona, e Lautrech ordina a Federigo da Bozzolo di ritirarsi da Parma.

Lib. V. Federigo da Bozzolo s'allontana con vivo rammarico da Parma. A Casalmaggiore rivede sua madre, l'Antonia de Baux, che per

la commozione cade svenuta; ma (c. 64') « Fomentis studioque omni præclusa cadentis | Spiramenta animæ reuocat celer arte Machaon | Augustus medica meus et Podalirius alter». Rimessosi in via, apprende la morte di Leone X, e raggiunto Lautrech, si lamenta con esso del richiamo da Parma e della condizione delle cose volgentisi a male per imperizia e imprevidenza. Fatto da lui tranquillo, richiesto d'aiuto dal Duca d'Urbino per poter rientrar nel possesso dei suoi Stati, egli vi manda il fratello Pirro, giacché sarebbe per esso « regia castra | Deseruisse nefas, tanto impendente periclo », e lo anima all'impresa con eloquenti parole e col ricordargli quali prodi vi avrà a compagni, ad esempio Ercole di Febo Gonzaga, Emilio Frulano, Iacopo Masini di Cesena, Demetrio Epirota, Lorenzo e Girolamo Silva, Malatesta Baglioni figlio del Giampaolo ucciso sotto Leone X, il fratello di quell'Alfonso Petrucci di Pandolfo, che - cardinale – per accusa di tradimento contro il Papa era stato strangolato, ecc. Cosí si accingono all'opera, concedendo loro il passo Alfonso Duca di Ferrara, che sotto Leone X aveva sofferto infinite angherie: prima però Pirro recasi in patria a salutarvi la moglie Camilla de' Bentivoglio e la figliuoletta Isabella. Le schiere sono pronte. A Roma intanto ha luogo il conclave per la successione a Leone X, e vi tiene una nobile orazione il cardinale Sigismondo de' Gonzaga. Niuno per altro appare meritevole della dignità papale: dei Cardinali chi è contaminato dall'uno, chi dall' altro di questi vizi: « superbia, avaricia, litigiosa hypocrisis, alia hypocrisis sub seueritatis uelamine, uenus omnifariam, ingluuies, iracundia ferina, seditio, sacrilegium, periurium, infidelitas »! Durando già da 14 giorni il conclave inutilmente, perché Aletto vi semina largamente la discordia, e in particolare si contendono i voti Giulio de' Medici e Pompeo Colonna, a porvi un fine si sopprime il vettovagliamento ai Cardinali, conforme « vetus instituit legum lex optima quondam | Vt quos cæca animi in præceps discordia raptat | Saltem dira fames et amor compescat edendi ». Alfine San Pietro appare in una visione a Giulio de' Medici, e rimproverandolo gli addita in Adriano cardinale di Tortosa il futuro Pontefice voluto da Dio. Propugnatane infatti l'elezione anche da Tommaso cardinale Gaetano, i voti si raccolgono su Adriano, che è proclamato Pontefice.

Lib. VI. Il Duca d'Urbino rioccupa i suoi Stati, riconfermatovi dai Cardinali riuniti in conclave: gli si arrende anche Pesaro, e Perugia, cacciatone Gentile, v'accoglie i fratelli Malatesta e Orazio Baglioni, respinto o a meglio dire ritiratosi Vitello che a Gentile aveva portato soc

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