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Volume I

NOVEMBRE-DICEMBRE 1899

Dispensa 8a-9a

La Bibliofilía

RACCOLTA DI SCRITTI SULL'ARTE ANTICA

IN LIBRI, STAMPE, MANOSCRITTI, AUTOGRAFI E LEGATURE DIRETTA DA LEO S. OLSCHKI

ANCORA DELLE ANTICHE CARTE DA GIUOCO"

L'ARGOMENTO

'ARGOMENTO è sí importante sotto diversi rispetti (xilografia, stampa, statuti municipali, costumi) e sí malagevole a trattarlo compiutamente per la scarsità di documenti e dei cosí detti pezzi d'appoggio e di confronto, come d'ogni incunabulo xilografico, che ogni qual volta se ne scopra per avventura qualcuno nuovo, è pregio dell'opera ripigliarlo in esame, nell'intendimento di chiarire qualche dubbiezza e di progredire nelle ricerche col sussidio di esso e della critica. Le scoperte si vanno facendo e allargando coll' indagare meglio tra le raccolte pubbliche e private di stampe, per entro i codici e libri vecchi; e per ogni dove può rimanere nascosto qualsiasi frammento di carta antica, che abbia ricevuta un'impronta a mano, a torchio, o in qualsiasi altra maniera. Onde qui torna più opportuna che mai, la esortazione de' padri nostri: Colligite fragmenta ne pereant!

Antonio Gheno nel Bibliofilo n. 7 del 1890 fece la descrizione di un'antica carta da giuoco incisa in legno, esistente nel civico Museo di Bassano; ma per quanto esattamente e minutamente fatta, non era facile formarsene un adeguato concetto non essendo accompagnata da riproduzione a facsimile, la quale non dovrebbe mancar mai a illustrazione di simili soggetti, come ha ben compreso l'egregio Direttore di questo periodico (fig. 1).

Il Gheno, esaminata la carta proveniente dalla raccolta del Remondini, non esita a ritenerla un prezioso avanzo dell'arte xilografica veneziana di cui fa cenno la matricola del 1441. E quanto all'epoca egli la giudica quasi

1) Bibliofilia, disp. 2"-3a, pagine 37-46.

contemporanea alle antiche soltanto dipinte, <<< tanto assomiglia loro per disegno e per forma. »

E per rispetto al carattere o maniera del disegno, egli vi scorge l'influenza dell'arte bizantina, allora dominante presso la regina delle Lagune.

Il Barone De Reiffenberg, membro dell'Accademia reale del Belgio, avendo trovate, alcuni anni fa, cinque carte da giuoco del secolo XVI (fig. 2-4) presso un libraio antiquario di Colonia, volle darne notizia corredandola della loro riproduzione a fac simile.

Egli ritiene che queste carte provengano dall'antica fabbrica d'Ulm, seguendo in ció l'opinione di Heinecken, che attribuisce agli alemanni la invenzione delle carte da giuoco.

Come si vede, a capo della prima coppia (ossia di due carte non peranco tagliate per farne uso), v'è una iscrizione in maiuscole mal formate ZVULM e dopo, il monogramma dell' incisore che non è citato dal Brulliot.

[graphic]

Il mentovato De Reiffenberg trattando dei diversi sistemi escogitati per iscoprire le origini delle carte da giuoco, cominciando dall'eroica e favolosa, ch'ebbero comune cogli scacchi, e indagando ne' tempi storici a chi ne spetti l'invenzione, ricorda pure che il Duchesne l'attribuisce all'Italia.

Fig. 1.

Carta da giuoco esistente nel civico Museo di Bassano.

Un argomento a favore del nostro paese si è creduto desumerlo da un verso di un romanzo di cavalleria, intitolato La Spagna istoriata, che sebbene composto nel secolo XIV, non fu pubblicato che nel 1519 a Milano.

« Au chant XX de ce poëme héroïque Roland a recours à un sortilège pour découvrir les ennemis de l'empereur Charlemagne :

Fece un cerchio e poscia gittò le carte.

« Il fait un cercle, et puis jette les cartes. — Si le mot italien carte a réellement cette signification, le passage ne serait pas défavorable à M. Duchesne. >>

ZVVLM

Fig. 2.

Ma il verso è sbagliato, e per soprassello citato a sproposito.
Esso deve suonare cosí:

Fe'un cerchio e poscia vi gittò le carte.

Il che vuol dire che non gittó le carte come si fa nel giuoco, o nella gittata de' dadi, ma le gittó entro al cerchio, per iscoprire dalla loro giacitura, determinata da virtú magica (sortilegio) quali fossero e dove si trovassero i nemici dell' imperatore.

Vero è che ai Naibi si vollero dare da alcuni radici arabe od ebraiche che portano con sé l'idea di profezia o di predizione.

E anche al Renier pare verisimile la ipotesi messa innanzi dal Cicognara) che i disegni attribuiti al Mantegna potessero servire a passatempi di natura affatto diversa dai giuochi di carte, per esempio a qualche cosa di simile a quei giuochi di ventura (divinatorii e supertiziosi) di cui nei libri del Fanti e del Marcolini abbiamo esempi cosí complessi e splendidamente illustrati, pei quali peraltro solevansi adoperare i dadi. Comunque ne sia, egli è certo che la parola carte nella nostra lingua ha vari sensi; ma non molto dopo le origini, le carte di cui discor

Fig. 3.

riamo, cominciarono a chiamarsi carte da giuoco, per distinguerle da tutte le altre.

R. Renier nel suo scritto intitolato Tarocchi di Matteo Maria Bojardo prima nella Rassegna Emiliana, poscia in opuscolo a parte (Bologna, Zanichelli, 1894) fece per primo notare un fatto curioso e dianzi non avvertito, che i cinque capitoli del Bojardo furono scritti in servizio di un giuoco di tarocchi, e quindi ne fece la dimostrazione, valendosi di un codicetto sincrono inedito contenente un accuratissimo commentario di quei capitoli del Bojardo, per opera dell'urbinate Pier Antonio Viti. Nel quat

1) Memorie spettanti alla storia della calcografia. Prato, 1831.

trocento i tarocchi si usavano dipinti a mano ed anche intagliati in legno (xilografia); ma prima e dopo questo tempo le famiglie principesche preferivano far dipingere le carte da appositi pittori, a vivacissimi colori e ad oro come le miniature; sebbene il vero alluminare non si possa eseguir perfettamente che su pergamena, alla quale, specie pei ritratti, succedette l'avorio.

Su uno di questi mazzi, dipinto a mano, il Bojardo condusse i suoi capitoli; e il giuoco poetico fu destinato ad uno di quei vari trattenimenti sociali, di cui si dilettavano le nostre

corti del rinascimento.

Ciascuno di questi mazzi, e segnatamente i miniati e alluminati, costituiva una preziosità eccezionale, e l'alto prezzo corrispondeva al gran pregio in cui erano tenuti.

Secondo il Decembrio fu pagato il prezzo di 1500 scudi d'oro al pittore Marziano da Tortona per un mazzo di carte eseguito a commissione del duca Filippo Maria Visconti.

Fig. 4.

Il Renier, notato che molte volte in Italia si sbizzarrí la poesia intorno ai giuochi di carte, molto svariati e curiosi, alcuni andati in desuetudine, altri tuttora in uso, ai quali dettero il nome il giulé, il cocconetto, l'asino, la primiera, il faraone, il mauss, la bassetta, la calabresella, il tresette, il tersilio, la bazzica, la briscola, i tarocchi e i tarocchini e le minchiate, passa a dare la bibliografía de' componimenti poetici, con cui ciascuno fu descritto, insegnato e celebrato. Poesia varia, quant'altra mai; ve n'è di tutti i generi e per tutti i gusti: dal didattico al giocoso, dal satirico al galante. Chi predilige il romantico e il tragico, vada a Montecarlo!

Il giuoco dei dadi, della mora, della passatella, che si fa nelle luride taverne e osterie non è meno tragico de' giuochi di borsa pei quali si sono innalzati edifizi grandiosi e monumentali. Anche alcuni governi innalzarono templi a Mercurio educando e arricchendo le moltitudini col giuoco del Lotto.

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