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dell'arte dell'incisione; del resto, stante la magnificenza dell' esemplare esposto, le poche lacune lamentate si scorgono appena. Non vogliamo passare in silenzio il fatto, che esemplari completi di quest'opera sono infinitamente rari'). La grandiosità e sontuosità di questo insigne capolavoro dell'arte fa passare quasi inosservato il bellissimo Carro trionfale dell' imperatore Massimiliano I (Bartsch 139), composto di 8 tavole, ed esposto a lato dell'Arco2).

Nel Gabinetto trovansi esposte soltanto, come abbiamo notato in principio, le incisioni di Albrecht Dürer a parte, mentre, come è noto, molte sono ancora quelle che trovansi inserite in opere, per le quali il grande maestro avea fornito i disegni; diamo un saggio di queste colla riproduzione di una delle visioni di santa Brigitta che trovasi nell'opera della detta Santa stampata dal Koburger a Norimberga, nel 1500.

Prima di chiudere questo nostro articolo, ci piace far notare che vi è esposto anche un disegno a penna, che il solerte ed instancabile. direttore del Gabinetto, il prof. Venturi, ultimamente ha scoperto. Esso rappresenta un paesaggio con edifici; l'assoluta rassomiglianza coi disegni per le incisioni, lo stile düreriano facilmente riconoscibile e - last not least - l'autorità dell' egregio prof. Venturi, garantiscono l'autenticità di questa preziosa scoperta.

L'interessamento per l'esposizione, che si manifesta nell' immenso numero dei visitatori, è straordinariamente vivo, e sembra che abbia già cominciato a dar buoni frutti, poiché è innegabile che da poco tempo in qua si è destata tra noi una ammirazione viva per i maestri classici della Germania.

Firenze, maggio 1899.

LEO S. OLSCHKI.

1) BARTSCH, op. cit., p. 150: « La grande rareté de cet ouvrage dont les collections les plus riches ne peuvent offrir tout au plus que quelques pièces détachées, etc. »

2) Per dare qualche ragguaglio sul valore commerciale delle stampe di Dürer, facciamo notare che nell'aprile del 1898 fu venduta a Berlino dalla Libreria Amsler & Ruthardt la ricca collezione del defunto sig. Alfred von Sallet, già direttore del R. Gabinetto numismatico di Berlino, della quale toccarono i prezzi più elevati le stampe seguenti: Adamo ed Eva, Fr. 4000; Cristo morente, Fr. 812.50; S. Girolamo nella sua cella, Fr. 575; Il cavallo della Morte, Fr. 1625; Blasone con la testa di morto, Fr. 1450; Vita di Maria, serie composta da venti stampe, Fr. 1450; ed il ritratto di Ulrich Varnbüler, Fr. 575.

LE ANTICHE CARTE DA GIUOCO

Il rintracciare la origine delle carte da giuoco importa sotto un duplice aspetto, per la storia del giuoco stesso, e per gli incunabuli della xilografia, e per l'arte della stampa, come dimostreremo piú sotto. Tale ricerca si ricollega altresí

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alla materia statutaria de' nostri municipii; dacché la invenzione delle carte da giuoco, a quanto appare dai documenti, e specialmente dagli studi fatti sui nostri statuti e cronisti, spetta all' Italia, e particolarmente alla Toscana, come opina l' egregio Lud. Zdekauer ne' suoi pregevoli scritti su questo argomento. Egli cita la testimonianza diretta della provvisione fiorentina del 23 marzo 1376, in cui i Naibi si dicono un giuoco nuovo, e però si applicano ad essi le leggi sulla zecca; e già Jacopo La Croix col suo studio Sur les cartes à jouer avea dimostrato i Naibi, cosí detti negli statuti di Assisi e in parecchie cronache, essere identici alle carte da giuoco.

CHAVALIER VI.
Fig. 1.

Da questo fatto prende le mosse la dotta monografia del Merlin, Origine des cartes à jouer (Paris, 1869), nella quale si dànno notizie esatte, segnatamente sui tarochi o tarocchi; a proposito dei quali giova ricordare che il conte Leopoldo Cicognara, nelle sue Memorie spettanti alla storia della Calcografia (Prato, 1831), fu il primo ad occuparsi di queste ricerche, attribuendo l'invenzione delle carte al bolognese Francesco Fibbia (1360-1410). Ma lo Zdekauer giustamente osserva, che l'iscrizione su cui il Cicognara fonda il suo asserto, non dice altro che questo: essere

il Fibbia inventore de' tarochini bolognesi, ed avere egli avuto dai XIV Riformatori della città il privilegio di porre lo stemma dei Fibbia nella regina di bastoni, e quello di sua moglie (che fu figlia di Giovanni Bentivoglio) nella regina di denari. Si trattava adunque di un nuovo modo di giocare, o meglio, di una nuova foggia di carte, non già della origine delle carte stesse, ed anzi questa da quello era già presupposta.

Ciò che appare certo da tale testimonianza si è che le divise italiane bastoni, denari, coppe e spade fossero in uso fin da quel tempo contemporaneamente alle divise francesi: picche, cuori, quadri e fiori.

Quello ch'è certo del pari si è che l'uso delle carte da giuoco si andava diffondendo con una straordinaria rapidità, tanto che non bastando all'uopo le fabbriche italiane, si ricorreva alle straniere, come ne fa fede il decreto che in Venezia l'11 ottobre 1441 il Senato pubblicò ad istanza dell'associazione dei maestri d'arte degl' incisori e dipintori di figure, per inibire l'importazione delle carte e immagini impresse e dipinte negli Stati esteri, sotto pena di sequestro di esse e d'ammenda.

La data più antica dei Naibi, che sin qui si conosca, è quella della sopra mentovata provvisione fiorentina del 1376, non già l'altra apparente nella cronaca di Viterbo, in cui i Naibi si dicono venuti « da Saracinia » ed introdotti in quella città l'anno 1379. L'opinione del Merlin, che i Naibi da prima fossero un giuoco di bambini, è confermata da un passo della Cronaca del Morelli, o meglio ancora dagli statuti del contado fiorentino là dove, sin dall'inizio del secolo xv, si dichiara il giuoco dei Naibi del tutto innocuo e permesso. Risulta altresí da atti notarili fiorentini la forma dei Naibi consistente in foglietti di pergamena, artisticamente figurati e dipinti, e di dimensioni piú grandi di quelle che poscia presero le carte vere, come si vede dal mazzo famoso attribuito al Mantegna.

Comunque ne sia della provenienza dei Naibi dal commercio di Levante, vagamente accennata dallo statuto di Viterbo, egli è certo, come osserva lo Zdekauer, che l'ingegnoso sviluppo, che essi presero, e specialmente il trapasso significantissimo dall'antico materiale ad un altro nuovo, che diede loro il nome durevole di « carte », tutto ciò è schiettamente italiano. Oltre la citata provvisione fiorentina, un'analoga legge senese del 1377 e lo statuto di Siena, ci dànno prova della rapida diffusione, ch' ebbe il giuoco delle carte, il quale formava la principale occupazione d'una società di nobili.

L'origine toscana del giuoco delle carte è raffermata sí dalla reazione che contro di esse sorse da Firenze e da Siena, come dal carattere dei tarocchi fiorentini (le cosí dette minchiate) le quali hanno conservato piú figure di tutte le altre specie di questo giuoco, cioè quarantadue; e che quindi hanno più di tutti gli altri attinenza coll'antico giuoco dei Naibi.

Dai nostri statuti si rilevano anche i diversi nomi dei giuochi che si facevano colle carte; come nei Remaedia utriusque fortunae del Petrarca si trova la enumerazione di quasi tutti i giuochi, ch'erano in uso a' suoi tempi.

Lo Zdekauer a ragione si maraviglia che l'Italia, il paese cioè a cui dovrebbe piú importare questa ricerca, e in cui fu sempre in voga il giuoco d'azzardo e di passatempo colle carte, non abbia contribuito quasi nulla a promuoverla e a porla in relazione cogli studi illustrativi dei suoi statuti e dei suoi costumi.

La xilografia, gravure en bloc, come la chiamano i francesi, ebbe origine dalla fabbricazione delle carte da giuoco, l'uso grande e sempre crescente delle quali per gli svaghi della vita e pel mal vezzo de' viziosi giuochi d'azzardo, succeduti agl' innocenti giuochi di società, resero necessaria la piú facile e pronta riproduzione de' cosí detti mazzi di carte, tirandone un gran numero di copie.

L'intaglio delle tabelle di legno, dalle carte da giuoco si allargò ben presto a quello delle immagini de' santi e delle pie leggende, e con un altro passo si arrivò ai Salterii, alla Biblia pauperum, ai libretti della dottrina cristiana, e ai Donatelli pro puerulis, cioé alle piccole grammatichette, per uso e consumo, queste delle scuole, quelli delle chiese.

Col sistema tabellare si giunse alla perfine a riprodurre grossi volumi, prima origine del libro a stampa, e da quello fu aperto l'adito alla vera e compiuta perfezione della stampa colla invenzione de' caratteri fusi e mobili, dovuta a Gutenberg.

Onde si può dire che la tipografia trae la sua origine dalle carte da giuoco, che ne furono i primi incunabuli. I tedeschi la portarono in Italia, ed Ulric Han di Vienna, dopoché a Subiaco erasi stampato come saggio, il Donatus pro puerulis, nel 1464, e come frutto maturo nel 1465, il Lattantius, fu il primo a stampare in Roma un libro figurato, il Torquemada, nel 1467, con trentaquattro stampe in legno, ossia grandi vignette ad illustrazione storica.

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Delle primissime carte da giuoco, a vero sistema xilografico, essendo andate quasi interamente distrutte dal grande uso e dal lungo tempo, non si è sin qui trovato, ch' io mi sappia, una serie completa, o mazzo intero. È già molto possederne qualche frammento o carta, che ne' musei è tenuta in conto di una preziosissima reliquia. Sono rarissimi i mazzi completi anche della prima epoca della incisione a taglio dolce, e basti per tutti il ricordare quello bellissimo e rinomatissimo de' tarocchi del Mantegna di cui diamo riprodotta a fac-simile una carta; fig. 1. E qui

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cade in acconcio il ricordare che di questo giuoco, il cav. Olschki possedé un esemplare di 47 carte ch'egli cedette per 12 mila lire alla signora Charlotta Schreiber, suocera del celebre Henry Layard, scopritore di Niniveh.

Ricordo d'aver visto, presso il marchese Molza di Modena, un mazzo di carte di tarocchi, le cui figure nereggianti rassomigliavano alla maniera del Dürer, ma a me parvero di quasi due secoli posteriori; e ciò non di meno da un antiquario furono acquistate al prezzo di L. 3000! Ciascuna carta nel rovescio aveva uno stornello colle relative note musicali.

Si sono conservate anche alcune tavolette, da cui furon tirate le figure; e non è molto il giornale Le Temps in un articolo intitolato: Vieilles cartes à jouer, dava contezza di una collezione di plaquettes de bois fatta dal

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