quando vi avevan principato i Bentivoglio. Di fatti, ve n'è uno con l'arma di questa famiglia, munifica fautrice d'arti e d'artisti, colla sega rossa, e non altro nello scudo, ed una pantera sul cimiero, col motto: Fides et amor. Sono molto piú grandi dell'ordinarie: e vi ha di figure sacre, e anche quella del Papa. Nella città di Bologna fu sempre in uso il giuoco de' Tarocchi, preferito dai vecchi, e ancora se ne può vedere qualche tavolo di giuocatori nelle riunioni serali della società felsinea. L'ultimo mazzo artistico di Tarocchi fu disegnato e inciso dal pittore e incisore bolognese Mitelli, sullo scorcio del secolo xvii, e se siam bene informati, a richiesta di un ultimo avanzo di casa Bentivoglio. Di queste carte, essendo più note, non occorre dare fac-simile; il confronto che se ne volesse istituire con quelle del Mantegna, non tornerebbe certo ad onore dell'arte moderna. Andrea Mantegna (latinamente nomossi anche Mantinea), nato a Padova nel 1431, morí a Mantova nel 1506. Ebbe a maestro e a padre adottivo lo Squarcione. Datosi all'incisione verso il 1484, superd ben tosto i suoi contemporanei. Se ne togli la Discesa al Limbo, in cui piú si accosta alla maniera del Baldini e del Botticelli, le altre sue stampe non son condotte a guisa di disegni, o di lavori a penna, come quelle dei predetti artefici, ma a guisa di pitture ben lumeggiate; maniera pittorica che fu imitata dai migliori incisori moderni, ma con maggiore maestría dal romano Paolo Mercuri, segnatamente ne’rami incisi a Parigi. Oltre a ciò, nel dar moto alle figure, secondo le diverse passioni dell'animo, fu argutissimo e diligentissimo; il primo che ridusse con grande industria a perfezione il volgere ed il piegar de' panni intorno alle figure, che ne acquistavano sempre piú parvenza di vere e vive persone. È fama che le stampe di lui viste da Martino Schoen, reputato uno de' maestri del Dürer, egli ne apprendesse a render migliore il suo stile. Di assai maggior uso, che può dirsi comune a quasi tutta Italia e piú che altrove nel regno di Napoli, sono le carte da giuoco, appunto per ciò dette napolitane, le quali si compongono di 40 figure, divise in quattro categorie di dieci ciascuna, sotto le notissime denominazioni di coppe, denari, spade, bastoni. Un mazzo notevolissimo di queste carte fu eseguito quasi contemporaneamente a quelle del Mitelli dal cav. Pierleone Ghezzi, nato in Roma nel 1674 dal pittore cav. Cesare di Comunanza in provincia di Ascoli-Piceno. Il Ghezzi (morto ivi nel 1755), pittore, incisore, caricaturista, musicista, erudito, fu uno di quei versatili ingegni, di cui l'Italia fu privilegiata piú d'ogni altra nazione. Lavoro di smalto e incise su le pietre fini con non poca lode; ma ebbe un genio speciale per le caricature, di cui una raccolta, di ben 400 fogli, rappresentante, in maniera ridicola, cardinali, principi, principesse, ambasciatori, sempre con fisonomíe somigliantissime, andò ad arricchire un museo straniero (di Dresda, se mal non ricordo). Onde il Cantalamessa nelle sue Memorie di letterati e artisti ascolani, cosí ne scrive, tra l'altro: « È debitore di piú maggiore celebrità al talento ch'ebbe singolare in caricature, rimaste ne' gabinetti di Roma e divulgate anche fuori, e che erano avidamente ricercate.» Chi ne voglia ammirare un seguito pregevolissimo ricorra alla Biblioteca del marchese Ferrajoli in Roma, a cui parecchi anni fa io lo cedetti in cambio d'altro cimelio. Qui ne riproduciamo una della Raccolta incisa a Dresda, fig. 6. Tornando al mazzo di carte napolitane, è certo ch'egli ne fece il disegno e l'incisione a colori per la casa de' principi Barberini, come appare dallo stemma colle api figurato nel rovescio di ciascuna carta. Vi si legge poi, ripetuta in piú carte, questa iscrizione: Pietro Leone Ghezzi inventò, delineò e scolpí, figure 7 a 10. Avendo la fortuna di possedere un bel mazzo di queste carte, ci piace darne qui riprodotte alcune, scegliendo appunto quelle che piú rivelano il suo spirito originale, umoristico e bizzarro. Colli del Tronto, maggio 1899. C. Lozzi. LA PRIMA EDIZIONE DI VALTURIO Fra i libri piú rari e preziosi che si conoscano, tiene certamente uno dei principali posti la prima edizione di Valturio che è in pari tempo il primo libro impresso a Verona e il primo stampato con incisioni di un artista italiano; dacché il Turrecremata, pubblicato prima di questo a Roma – l'unico volume con figure che precede il Valturio — fu illustrato da un tedesco. La descrizione bibliografica del primo libro veronese è talmente disparata presso i vari bibliografi, tanto pel numero delle carte che lo compongono, quanto per quello delle figure che l'abbellano, ch'io ritengo non del tutto inutile di descrivere un esemplare conservato nel suo stato originario, che or ora m'è capitato fra mani. Premetto che quest'esemplare deve avere appartenuto ad un antico bibliofilo, il quale s'era dato la cura di numerare a mano ogni quinterno, e di darne poi il riassunto numerico sul lato interno della rilegatura dell'epoca. Il volume si com pone di 27 quinterni cosi formati: 1) carte 6, 2-8) c. 10,9) C. 14, 10) C. 2, 6 2 2 2 I 2 come Ogni quinterno di quest'esemplare è separatamente cucito è allora si usava — in una striscia di pergamena, e si distingue perciò visibilmente già all'esterno del volume. Precede il libro [E]LENCHVS ET INDEX RE-| rum militarium que singulis codicis huius i | uolumībus continet (sic), che occupa le prime 7 pagine; il verso della quarta carta (8a pagina) e le carte 5 e 6 sono bianche. Sulla metà del recto della 7. carta (lo spazio superiore è lasciato in bianco per essere riempito da un disegno o da una miniatura), comincia il Proemio [C]REDO EQVIDEM NEC SVM nescius Dux & imp. inclite figismunde pã- | dulfe: etc., che va sino alla metà del verso della carta 1o. Quivi comincia il testo che giunge, interrotto qua e là da illustrazioni, sino alla metà del verso della carta 261, ed è seguíto da una poesía in onore di Valturio, composta di 16 distici. Verso la metà del recto della 26 2a carta leggesi la seguente sottoscrizione tipografica: Iohannes ex verona oriundus: Nicolai cyrurgię filius: Artis | impressorię magister: hunc de re militari librum elegantiffiFig. 2. mum: | litteris & figuratis fignis fua in patria primus impreffit. An. M. CCCCLXXII. ! Il verso di quest'ultima carta è bianco, come pure sono bianche, oltre quelle già sopra citate, le carte 92 verso, 160 recto, 170 verso, 183 recto, 187 verso e 192 recto. Apprendiamo dalla sottoscrizione tipografica in forma non dubbia (Iohannes ex verona oriundus.... hunc librum in patria primus impressit), che maestro Giovanni era il primo tipografo della sua città nativa che stampò questo libro, mentre non ne risulta chiaramente, che egli sia stato il primo stampatore né questo il primo libro impresso a Verona. Ma ben a ragione il bibliografo Giuliari invita coloro che ne dubitano ancora (e ne trovano il motivo appunto nel primus anziché primum) a presentargli dinanzi un'altra stampa di Verona con data anteriore al 1472. Non essendosi presentato nel corso dei secoli sino a tutt'oggi alcun altro libro impresso a Verona prima del 1472, possiamo considerare il Valturio, senza téma di sbagliare, come il primo libro impresso in quella città, e |