Sovra il teatro tragico italiano: considerazioniTip. di Alvisopoli, 1826 - 288 pagine |
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Sovra il Teatro Tragico Italiano considerazioni Giuseppe Urbano Pagani Cesa Visualizzazione completa - 1825 |
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Parole e frasi comuni
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Brani popolari
Pagina 101 - ... nati : ecco l'uditorio opportuno per un genere strano, licenzioso, popolare, irragionevole, di spettacolo agli occhi, che fa correr il mondo, che affastella accidenti incredibili, che associa le maggiori incoerenze, e rappresenta il vero quadro della società, in cui viviamo, dopo una rivoluzione, che romanticamente unì venti secoli in una tragicommedia di pochi lustri. Siccome la rivoluzione per primo oggetto ebbe il rovesciamento dell'ordine, e l'annichilamento dell'autorità : qual sistema...
Pagina 163 - l fin della mia vita. Il colpo attendo che libera la patria: e mi preparo a non temer sì gloriosa morte. Io vado, e nulla meco porterò di più nobile e più degno della mia fé. Tu le memorie mie pietoso accogli, e vivi. Un cener poco, un molto amor ti lascio: prendine cura. Unico e dolce erede de' miei candidi affetti, rendi l'ossa al sepolcro, e serba il nome.
Pagina 166 - Più non ti chiedo se ti spinga a morir caso, ragione, giustizia o forza; sol ti chiedo quando s'ha da morir. Sol tua bontà conceda ch'io generoso men (per me non priego) deplori queste tue somme bellezze, ch'io perdo eternamente, e le cadute misere mie speranze.
Pagina 166 - Policare chiede soltanto, di nuovo, di poter morire con lei e, meno grande e forte, di poter tuttavia piangere sulla vita che si allontana da Merope e da lui, dal suo fremente e sognante amore: « ...sol ti chiedo quando / s'ha da morir. Sol tua bontà conceda, / ch'io generoso men (per me non priego) / deplori queste tue somme bellezze, / ch'io perdo eternamente, e le cadute / misere mie speranze
Pagina 155 - Io non ricuso la sorte mia. Ma non so già se porti dallo scorso periglio qualche men grata impressi'on la vita, 6« che bella non m'appar com'io sperai, e men lieta, e men avida, l'incontro.
Pagina 165 - Se disprezzi il compagno, non amasti lo sposo. Altri che morte congiunger non ci può. Separa morte le basse, e non l'eccelse anime amanti. Ma non è questo il talamo e la face, misero, ch'io sperai. Non sull'erbose rive del pigro Lete teco fra l'ombre aver letto infecondo, e con amplessi vani e freddi baci, sterili, e senza suon nudrir un muto e vano amor d'inefficaci affetti.
Pagina 100 - Teatri di ambedue le Nazioni ? Non dovremo prima esaminare gli effetti di una rivoluzione, che nelle Storie non trova esempio, la quale servì a tutto distruggere, e non generò che mostri e chimere ? Una rivoluzione politica così estesa, così lunga, così sanguinosa, portò anche quella dei costumi , della morale , della letteratura , e del gusto . Li più bei monumenti , frutto di molti secoli , ridersi rovesciati a un'istante . Gli uomini , che illustravano la Francia e l'Italia, o più non...
Pagina 166 - Resti, e più fortunata godi la patria, or ch'io la rendo tale. E ricordati almen, s'ad altra in seno di posseder t'è dato felici amori, ampie fortune e figli, che questo dono è mio; che la mia morte che salvò la Messenia, a te die vita, e sposa e dote e prole.
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Pagina 155 - Io ti confesso ch'una perdita sola perdita mi parca. La patria, il padre, la vita, le fortune, cose o scordate o non amare almeno nel pensier di lasciarle. Sol Policare mio, perdita grave e certa, mi destava un pensiero in cui tutta apparia, quant'è, la morte.