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vati studi delle scienze, cercò di provarlo nelle pubbliche esercitazioni. Soleano in quel tempo, cioè verso il principio del corrente secolo, diversi sollevati ingegni radunarsi di tanto in tanto in accademici congressi nella casa del dottissimo Gaetano Argento avvocato allora d'insigne rinomanza e di gran fortuna, e poscia per i suoi rari meriti innalzato dall'imperator Carlo VI a consigliere di S. Chiara, quindi a presidente del sagro Consiglio. Il Giannone fece opera di esser messo nel novero di sì fatti valentuomini, e vi fu senza contrasto annoverato; e poichè era costume di quell' adunanza il lasciare in piacer di ognuno di scegliere di qual scienza egli volesse il tema de' suoi ragionamenti, egli, cui era principalmente a cuore lo studio della erudita giurisprudenza, tolse di tessere i suoi discorsi sulla l. 2, § de orig. Juris: ampio e malagevole argomento, intorno a cui sono stati da lunga stagione tenuti in opera più grand'uomini. Era in quel tempo da più persone ignorato in Napoli tutto quell'apparato di varia erudizione ch'è mestieri alla retta intelligenza delle romane leggi: i migliori interpreti di quelle o erano sconosciuti del tutto, o da troppo pochi solamente avuti in istima; nè gli sforzi d'alcuni dotti avvocati erano ancora sufficienti a discacciar dal foro quella rozzezza ed ignoranza ch'aveano colà messa lor propria sede; di sorte che qual miracolo compariva agli occhi di que' pochi valentuomini, i quali allora fiorivano, che un giovine s'allontanasse dal volgar sentiero, e pren-desse piacere di quelle cose che sembravano inutili e dispregevoli alla vista della moltitudine. Questo è ciò ch'avvenne al Giannone nel primo comparire che fece in quella dotta adunanza. Furono presi que'valentuomini da maraviglia, come udirongli pronunziare il suo primo discorso di molta erudizione fornito e d'esatto giudizio ; fu egli quindi rincorato a proseguire collo stesso impegno quell'opera che incominciato avea con si gran lode; e seguitolla di fatto per più altre volte. Questa fu l'occasione onde se gli svegliò nell'animo il pensiero di comporre una Storia Civile delle leggi e delle vicende della civile polizia del regno di Napoli, non altrimenti che il giureconsulto Pomponio fatto avea per la città e l'impe

rio di Roma. Ed invero cotesta principal parte della Storia Napoletana troppo era stata trasandata, e dal poco accorgimento de' nazionali scrittori presso che messa in obblio pel solo ozioso fine di badare a'più minuti e meno rilevanti racconti; però ella avea mestieri di una mano industre che dalle tenebre la traesse e l' allogasse in sereno lustro. Tanto appunto il nostro autore divisò di fornire nel concetto che formò di essa; nè mal rispose al pensier l'effetto. Egli incominciò a darvi mano intorno all'anno 1703: nel qual tempo parimente, prima sotto la scorta d'un famoso proccuratore di que' tempi, nominato Giovanni Musto, e quindi sotto la direzione dell' Argento, di cui s' avea nella sua accademia guadagnata la stima e'l favore, prese a frequentare e studiare praticamente il foro, profonda voragine che assorbisce in Napoli i migliori ingegni sotto non vana speranza di avanzare ricchezze ed onori. Dotato siccom' egli era di non volgari talenti e delle vere cognizioni legali, si fattamente apprese la ragione e lo stile forense, che se dell'arte oratoria e della maniera di ben aringare fosse stato dal ciel donato, si avrebbe di gran lunga indietro lasciato i più famosi avvocati dell' età sua. Ma comechè per questo conto il Giannone fosse da meno degli altri, gli sorpassò nondimeno nell' arte di bene e dottamente scrivere nelle cause; di sorta che se egli non ebbe nome del più facondo oratore del tempo suo, l'ebbe si bene, per confessione d'ognuno, del più erudito e giudizioso scrittore. Prima che nondimeno egli salisse in estimazione di valente avvocato, lungo tempo passò; nè per la sua infelice maniera di dire ebbe altro nel foro per parecchi anni, salvo che piccolo nome e troppa mezzana fortuna. Il mestier ch'esercitò da prima, fu quello di proceuratore; assidue e penose fatiche sostenne non già tanto per affari confidati al suo patrocinio, quanto per altre più rilevanti cause ad alcuno celebre avvocato commesse, a cui egli forniva le scritture forensi per certo convenuto prezzo, mercè di che solamente potè provvedere a' suoi bisogni, altro fondo non avendo onde potersi in Napoli mantenere, fuorchè quello della sua penna e della sua industria. Così scarsa era la ragione del suo guadagno,

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ch'egli non avendo potere di comprar que❜libri ch'erangli mestieri per coltivare il suo squisito gusto nello studio delle scienze e della storia spezialmente, era costretto a cercarli nella pubblica libreria di S. Angelo a Nilo, e nelle private biblioteche del signor Gaetano Argento e del signor Giuseppe Valletta, di quelle ch'erano in quel tempo in Napoli le meglio guernite d'ottimi libri. Raccontasi parimente ch' egli non potendo altrimenti acquistare, siccome bramava, le opere del Cuiacio, che allora troppo valeano, perchè egli potesse comprarle, si mise con indicibile travaglio a trascrivere di sua propria mano i comenti di quel famoso giureconsulto a'Libri ed alle Consuetudini feudali; le quali cose egli avvisò potergli essere di più istruzione e di maggior uso. Crebbe il Giannone dappoi in fortuna, siccome di giorno in giorno egli avanzava in fama. La difesa della causa delle decime del feudo di S. Pietro in Lama contro al vescovo di Lecce fu la fortunata epoca de'suoi avanzamenti, ed all'anno 1716 assegnar si può il principio della sua luminosa comparsa nel foro, e del miglioramento nelle sue familiari ragioni.

Io debbo confessare di aver letto con singolare compiacimento diverse sue forensi scritture, e tra queste, quelle che furono composte per l' anzi nominata causa delle decime, tutte dettate con tant' ordine e maestria, e con si soda ed opportuna dottrina, che e'non sarebbe se non vantaggio del pubblico, che insieme raccolte alla luce si dessero, perchè d' esemplare valessero agli avvocati di oggidi di chiarezza e sobrietà nello scrivere, due principalissime qualità che il miglior pregio costituiscono d'ogni scrittura, e che non s'incontrano fuorchè di rado. Io ne ricorderò qui soltanto, giusta l'ordine del tempo, le principali, e per erudizione più rinomate. La prima è in favore del vescovo di Capaccio contro l' abate della real badia e cappella di S. Egidio, in cui egli esamina i vario dritto de' vescovi sulle reali cappelle, e quello spezialmente del vescovo di Capaccio sopra la suddetta badia di S. Egidio. Non ho potuto giammai avere nelle mani sì fatta scrittura, ancorchè con esquisita diligenza l'avessi ricercata: sì bene me n'è stato sommi

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nistrato l'argomento dal dottor Vitagliani in una sua scrittura e da alcune note critiche del Giannone applicate al margine d'un altro scritto dello stesso dottor Vitagliani.

Il secondo scritto fu composto nell'anno 1717, e porta questo titolo: Ragioni per l'illustre principe d'Ischitella contro Ciro Gioserani, nel quale sottilmente, ma con opportuna brevità egli discorre sulla ragion civile e canonica degli alimenti, ed in quali casi si debbano per l'un dritto e per l'altro a' figliuoli non nati di legittimo matrimonio. Darò del terzo, ch'è quello delle decime, un più distinto ragguaglio, siccome di quello che tra tutti gli altri menò seco più gran rumore, e che, secondo è innanzi detto, sollevò il nostro autore ad un grado più alto e luminoso. Sappiasi adunque che nel villaggio di S. Pietro in Lama i possessori degli uliveti erano da lunga stagione stati in lite col vescovo di Lecce lor barone per conto della decima dell' ulive che egli pretendea di riscuotere da' suoi vassalli, non altrimenti che tutti universalmente i baroni di quella provincia o sono nel dritto d'esigerla, o almeno pretendono di dovervi essere. Questa causa, forte intrigata, per la multiplicità degli articoli di malagevole esame, ricevuto avea in diversi tempi varia sorte e successo; quando essendo presidente del sagro Consiglio il famoso Gaetano Argento, ambedue le parti litiganti risolverono di condurla al fine. Tolsero perciò in avvocato i cittadini di S. Pietro in Lama il Giannone, e'l vescovo di Lecce Niccolò di Afflitto, uno de' principali avvocati del tempo suo. Produsse primieramente l' Afflitto le ragioni del vescovo in una scrittura di mezzano pregio, pubblicata in data de'20 giugno 1715. Il Giannone risposegli con gran forza nello stesso anno, mettendo a chiaro lume e con giust' ordine accoppiando que' fatti e quelle pruove ond'egli tesse la difesa del

Questa scrittura è intitolata : L'antico dritto de' regii cappellani di onore della real cappella di Napoli dimostrato e sostenuto contro le nuove pretensioni de' regii cappellani stipendiati della medesima. Napoli a' 25 del mese di marzo dell' anno 1738.

2 Questo n'è il titolo: Ragioni della mensa vescovile di Lecce intorno all'esazione della decima co'posseditori di oliveti nel feudo di S. Pietro in Lama

l'immunità e franchigia del suolo del feudo di S. Pietro, e validamente ribatte le ragioni che addotte si erano per dimostrarne la servitù'; e poichè gli fu d'uopo d'entrar in esame d'alcuni articoli di storia naturale intorno alla vita ed al frutto degli ulivi, sì il fece egli con somma perizia ed erudizione, giovandosi in qualche parte dei - lumi che somministrati gli furono dal signor Niccolò Cirillo, insigne medico di que' tempi e suo intimo amico. Tennesi oltraggiato il suo contraddittore dalla maniera con cui il Giannone esposto avea la falsità de' suoi argomenti, l'insufficienza delle sue ragioni, e'l mal adattamento delle sue dottrine. Dette però al pubblico nell'anno 1716 una molt' ampia confutazione della scrittura del Giannone, le stesse cose che anzi detto avea, ridicendo e confermandole a suo modo con alcuni altri leggieri argomenti, ma con istile sempre aspro ed istizzito. Il Giannone non volle impegnarsi a rendergli risposta capo per capo: si contentò solo di cacciar in luce una brevissima replica, nella quale ridotto in poche parole lo stato della controversia, e narrate in brieve le ragioni ch'erano dalla sua parte, trapassa con gran maestria e con istile schernevole a scuoprir la debolezza e la vanità delle contrarie, facendo in ultimo osservare ad arte al lettore i grossi sbagli ed i madornali errori in cui

Questo è il titolo della sua scrittura: Per i possessori degli oliveti nel feudo di S. Pietro in Lama contro monsig. vescovo di Lecce barone di quel feudo, intorno all'esazione della decima dell' ulive. Commissario il Reg. Cons. signor D. Costantino Grimaldi.

2 Tra i consulti medici del signor Cirillo, stampati in Napoli nell'anno 1738, vi sono due piccole memorie distese dal medesimo nel 1715, a ricerca del Giannone: l'una sopra la lunga età dell'albero dell'olivo e l'altra sulla quistione botanica, qual sia il natural frutto di cotesto albero, se l'oliva, ovvero l'olio che da quelle si cava. La prima può leggersi alla seconda centuria del tom. I, n. 21 e la seconda al n. 23 della stessa centuria. Dell' una e dell'altra si valse il Giannone nella sua scrittura.

3 Eccone il titolo: Confutazione della nuova scrittura composta a pro de' possessori di S. Pietro in Lama contra il vescovo di Lecce.

Il Giannone la intitolò: Ristretto delle ragioni de' possessori degli oliveti nel feudo di S. Pietro in Lama, contro monsig. vescovo di Lecce barone di quel feudo, dove brevemente si risponde alla lunga confutazione della nuova scrittura composta a pro de' possessori suddetti. E compresa questa scrittura in 12 carte in 4°.

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