Immagini della pagina
PDF
ePub

incorso era il suo avversario. Fu questa corta scrittura con gran plauso ricevuta dal pubblico, ed operò sì fattamente, ch'egli guadagnasse la lite, la quale essendo negli anni addietro risvegliata di nuovo, fu finalmente nell'anno 1745 terminata d'accordo con un'amichevole transazione, molto vantaggiosa a'cittadini di S. Pietro in Lama'.

Non vo' qui tralasciare di far menzione d'un'altra erudita scrittura che il Giannone compose a pro del marchese di Rofrano corrier maggiore del regno di Napoli, la quale comechè non fosse allora che dettata, fu messa alle stampe, e l'abbiam ora degna riputata della pubblica luce si per l'importanza del suggetto, si per la scelta erudizione di che è fornita. Ella è una ragionata memoria2 diretta in forma di supplica all'imperatore Carlo VI, in cui egli mostra l'origine e la successione dell'uffizio del Corrier maggiore negli stati soggetti alla casa d'Austria e spezialmente nel regno di Napoli: spiega la natura, gli obblighi e l'importanza di quella ragguardevole carica: s'ingegna di pruovar valida e legittima per le private e per le pubbliche ragioni dello Stato la concessione di quell'impiego fatta al marchese di Rofrano per i suoi meriti dall'imperatore Carlo VI, adducendo insieme le cagioni onde restato era legittimamente privo di quell'uffizio il conte d'Ognatte signore spagnuolo, a cui si sarebbe altrimenti appartenuto in vigore delle concessioni fattene da' monarchi di Spagna a' conti della Torre, a'quali succeduti erano i conti d'Ognatte. Conchiude finalmente con supplicar S. M. Imperiale a voler dare speziale istruzione a' suoi ministri plenipotenziari nominati per la pace, non saprei dire se d'Utrecht ovvero di Vienna, affinchè a simiglianza d'altri uffizi di simile importanza, verso de'quali si è praticato in più trattati di pace lo stesso riguardo, eccettuato fosse dalla generale restituzione de' beni e reintegrazione de'dritti e privi

1 Acta Transactionis inter Episcop. Lyciensem et Naturales S. Petri in Lama. Questi Atti sono nel tribunale del S. Consiglio.

2 Porta questo titolo: Ragioni per le quali si dimostra l' uffizio del Corrier maggiore del regno di Napoli non dover esser compreso nella reciproca restituzione de' beni da stabilirsi negli articoli della futura pace

[graphic]

legi de'rispettivi sudditi, che suole reciprocamente convenirsi tra' principi ne loro trattati, l'uffizio del Corrier maggiore del regno di Napoli, siccome quello ch'egli dimostra mal potersi esercitare, e non senza pericolo della pubblica sicurezza dello Stato, da uno straniero negli altrui dominii dimorante.

Come il Giannone si fu con alcun decoro in Napoli stabilito per queste ed altre somiglianti cause, ordinò che il padre suo, il quale esercitava nel suo paese la professione di speziale, questa lasciata, e gli arredi tutti della sua bottega venduti, presso di sè in Napoli si ritirasse, siccome poco innanzi ritirato s'era il suo minor fratello Carlo. Mi sono alquanto dilungato in si fatti racconti, per fare a grado a grado osservare al lettore i mezzi e le occasioni onde il Giannone si produsse nel foro, e montò sull'ale del proprio valore ad un distinto posto nell'ordine degli avvocati.

Tra le incessanti cure ed i rumori del foro egli non lasciò nondimeno di proseguire l'incominciato lavoro della sua Storia Civile. Sottraevasi perciò agli strepiti della città ne'giorni festivi, che a ristoramento dell'animo sogliono gli altri impiegare, e nella riviera di Posilipo, nel casino del principe d'Ischitella ritirato, quivi a null'altro badando, a così fatta opera volgea interamente il pensiero. Il signor D. Onofrio Scassa, suo amico, solea quivi tenergli compagnia, per rilevarlo d'una piccola parte della sua fatica, quanto si era quella dello scrivere e del riscontrare i luoghi degli autori che faceangli bisogno. Con tutto ciò quest'opera fu vicina, non che a soffrire qualche interrompimento, si bene ad essere abbandonata del tutto dal suo autore, si per le gravi difficoltà che egl'incontrava, tanto più ardue e malagevoli come più innanzi procedeya; si per le molte e necessarie occupazioni che impacciato il teneano ne' raggiri del foro. Ma la ragion potissima che lo scoraggiava di continuarla, si fu, secondo egli stesso racconta, che il P. Partenio Giannettasio gesuita essendo applicato da lungo tempo e con grandi aiuti a scrivere la Storia Napoletana, e però aggirandosi con esso lui intorno allo stesso suggetto, egli temette non quegli in brieve il dovesse prevenire ed an

che avanzare nella scoverta e novità di molte cose che egli notate avea intorno a quella. Tuttavolta i conforti ed i pungenti stimoli de' suoi amici nol lasciaron cedere a si fatti intoppi. Si dispose pertanto a continuar l'opera, e continuandola prese via maggior coraggio; poichè ebbe letta la desiderata Storia Napoletana del P. Giannettasio, venuta in luce nell'anno 1713, ed ebbe scorto che tutt'altro dal suo era stato l'intendimento di quel valentuomo, il quale niun'altra cosa operò, che in grazia di coloro che non hanno della nostra italiana favella perfetta contezza, trasportare in buon latino l'Istoria del Summonte1.

Mentre il Giannone era già tutto inteso in su'l fatto di quest'opera, non lasciavano i suoi amici, che del suo senno tenevano spezial conto, d'invitarlo ad altre letterarie pruove. Nell' anno 1718 fu richiesto dal soprallodato medico Niccolò Cirillo a proporre pubblicamente il suo sentimento intorno alla cagione onde avviene che nelle due cime del Vesuvio la neve si conservi più lungamente in quella ch'è più bassa e manda fiamme, che nell'altra ch'è alquanto alta e non vomitante fuoco. In questa occasione il Giannoue dette alle stampe una breve lettera sotto'l nome di Giano Perentino, pretto anagramma del suo nome e cognome, nella quale maestrevolmente scioglie il problema proposto, mostrando con semplici e naturali argomenti che la ragione della differenza nelle due sommità del Vesuvio vien prodotta dalla sopravesta d'arena e di zolfo che ha dintorno all'orlo della bocca quella cima che getta fiamme, laddove l'altra sommità non è coverta che di terreno sodo e duro sasso; di sorta che la neve caduta in sulla prima, ancorché men alta, truova facile scolo, com'ella si vien liquefacendo, per i pori e meati del sabbione su cui si posa, senza che le resti luogo a disfar l'altra, che rimane perciò intera

1 Stor. Civile, loc. cit.

2 Eccone il titolo: Lettera scritta da Giano Perentino ad un suo amico, che lo richiedea onde avvenisse che nelle due cime del Vesuvio, in quella che butta fiamme ed è più bassa, la neve lungamente si conservi, e nell'altra ch'è alquanto più alta ed intera, non vi duri che per pochi giorni. In Napoli, li 26 febbraio 1718.

« IndietroContinua »