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chiara nelle sue lettere assai tenuto alla cordialità e cortesia del marchese Valignani suo nazionale dimorante in quel tempo in Venezia, il quale tolse non solo la cura d'introdurlo presso i suddetti ambasciadori e di caldamente raccomandarvelo, ma il fece ancora conoscere a molti di que'nobili e letterati, da cui egli ricevette singolari testimonianze di stima e di benevolenza. In questo mentre il conte di Fuenclara scrisse in Napoli al conte di S. Stefano aio e direttore del re D. Carlo, notiziandolo dell'arrivo del Giannone in Venezia, e del pensiero che avea di ripatriare. S'adoperarono vigorosamente appo il conte di S. Stefano gli amici del Giannone, ed in ispezialità il signor Vincenzo d'Ippolito, il signor Niccolò Cirillo, il signor D. Francesco Buonocore primo medico del re, monsignor Galiani cappellano maggiore e'l signor D. Carlo Mauri, affine di ottenere una favorevole condiscendenza a' desiderii di lui. Ma la prudenza del conte di S. Stefano ed i riguardi di Stato che usare gli conveniva in su'principii di quel governo colla corte di Roma e con tutto l'ordine ecclesiastico, il quale troppo malvolentieri sofferto avrebbe nel regno il ritorno del Giannone, fecero sì ch'e'non istimasse di accordare a costui quella facoltà ch'egli era per altro ben disposto a concedergli. Si aggiunse in oltre che la corte di Roma informata dal suo nunzio risedente in Vienna della partenza del Giannone di colà, e del disegno con cui s'era messo in viaggio di far de'maneggi per tornare in Napoli, avea per mezzo di monsignor Ratto vescovo di Cordova, ministro in Roma del re di Spagna, fatte positive parti colla corte di Napoli per impedirlo 2. Per le quali cose fu risposto dal conte di S. Stefano all'ambasciadore di Spagna in Venezia, che non ispedisse al Giannone il passaporto per Napoli, e che costui si dispensasse per allora di entrare nel regno; e comechè l'ambasciador di Francia, il quale più di ogni altro avea in gran pregio l'abilità e'l merito del Giannone, scritto avesse in suo favore

I Citata lettera de' 18 settembre, e lettera del Giannone al signor Cirillo de' 23 ottobre 1734.

2 Lettere del Giannone al signor Cirillo de' 23 e de' 30 ottobre 1734.

a Monsieur di Bissy ministro pure del Cristianissimo appo il re di Napoli, e fatto avessegli ancora scrivere dalla sua corte'; la corte di Napoli ebbe nondimeno tali e sì efficaci ragioni da non deferire in questo alle altrui istanze, che ancor colle premure della corte di Francia non fu conceduta al Giannone la libertà di tornar nel regno. Il Giannone fece ancora le sue pratiche colla corte di Spagna per consiglio e per mezzo dello stesso conte di Fuenclara, affinchè quella interposta si fosse a suo favore colla corte di Napoli. Ma le stesse ragioni di Stato e di quiete, che sono di sopra dette, non permisero al conte di S. Stefano di poter condiscendere alle replicate domande di lui. Stimò il Giannone pertanto di trattenersi in Venezia, siccome in luogo più opportuno a cogliere pel suo disegno que'mezzi e quelle favorevoli occasioni che il tempo e'l vario corso delle umane cose offrir gli potessero, ed insieme più sicuro per essere al coperto delle insidie de' suoi nemici 3. Dette quindi ordine che il venisse a trovare in Venezia suo figliuolo Giovanni, il quale, egli partendo di Napoli, era quivi restato fanciullo sotto la cura e l'educazione del suo fratello Carlo; siccome questo giovine v'andò, e tennegli compagnia nelle sue seguenti di

savventure.

Intanto i signori veneziani avendo da vicino scorto il valore del Giannone, non lasciarono di colmarlo di grandi cortesie e di più singolari segni di stima. Essi vollero tirarlo a'servigi della serenissima repubblica, e perciò gli offrirono la primaria cattedra delle Pandette nella università di Padova, e'l futuro posto di consultore della repubblica nel caso venisse a mancare l'ordinario possessore di quell'impiego. Ma egli ch'avea la mira, dopo tanti anni di lontananza, di rivedere la patria, e credeva che i maneggi da lui adoperati non dovessero sortire contrario esito, rifiutò co'convenevoli termini di ringrazia

Citata lettera del Giannone al signor Cirillo.

2 Lettere del Giannone a suo fratello scritte nel mese di ottobre 1734. 3 Lettera del Giannone al signor Cirillo de' 30 ottobre, e lettera del Giannone a suo fratello de' 6 novembre 1734.

4 Lettera al signor Cirillo de'2 e de'30 ottobre, e lettera del Giannone a suo fratello de' 6 novembre 1734.

mento si larga offerta. I veneziani non si ritrassero dal loro impegno al suo primo rifiuto. Tornarono di bel nuovo a fargli la medesima proposizione, poichè egli uscito fu di speranza di potere ritornare nella patria. Ma il Giannone tuttavia stimò di non dover accettare si onorevoli profferte, si perchè il titolo di onorario consultore della repubblica, e la rimota speranza di doverne in avvenire conseguire il posto, valer non gli potevan di sostentamento in quella città; sì perchè non era il suo mestiere quello dello spiegare in cattedra le leggi, siccom' egli non ebbe difficoltà di rispondere a'Riformatori dello Studio di Padova 2; e tanto ancor meno quanto ch'era costume di quella università di farvi le spiegazioni in latino; linguaggio, il quale comechè egli avesse coltivato negli anni della sua giovanezza, distratto di poi in occupazioni più gravi ed in istudi più seri, non vi si era giammai esercitato nello scriverlo bene ed assai meno in favellarlo.

Il Giannone acquistò in Venezia l'amicizia di più persone per nascita e per dignità ragguardevoli, ovvero per iscienza. Tra'primi sono d'annoverarsi l'ambasciador di Francia, il principe Trivulzi milanese, il quale mentre era lo Stato di Milano travagliato da quella guerra trattenevasi in Venezia, i senatori Angelo Pisani ed Antonio Cornaro, ed altri somiglianti. Tra'secondi vi sono il mar

Citata lettera del Giannone al signor Cirillo de 2 ottobre 1734. Leggasi il seguente biglietto scritto al Giannone dal sig. Domenico Pasqualigo:

Illustriss. Signor mio Signor Colendiss.-Quando i Riformatori dello Studio di Padova mi avevano incaricato con pieno godere del grato uffizio di persuadere V. S. Illustriss. ad accettare la Lettura delle Pan«< dette, io già sin da' primi momenti ebbi a cuore l'onorifico di V. S. Illustriss., e ad essa confidai gli emergenti. Se avessi a consigliare un tal « suggetto dotto al pari che sperimentato, direi che fosse di suo decoro prevenire le operazioni col dichiararmi in iscritto subito il suo animo alieno da leggere in cattedra, come altre volte me ne ha comandato, « per sincerare la volontà di que' signori che lo desiderano. Nel mentre « col suo senno risolve, aggradirà la mia ingenuità e gl' interessi mi prendo in servirla, che sempre saranmi, come gli ebbi, a cuore. Di V. S. « Illustriss.- Casa or ora.-Divotiss. ed Obbligatiss. Servit.-Domenico . Pasqualigo. »

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2 Veggasi il qui sopra rapportato biglietto del signor Pasqualigo. Lettere del Giannone al signor Cirillo de' 2 e de' 30 ottobre, e lettera del Giannone a suo fratello de' 24 novembre 1734.

chese Valignani, il signor Domenico Lalli napoletano poeta drammatico 1, il signor Giuseppe Smith console d'Inghilterra, il conte Giuseppe Terzi avvocato di gran fama e di egual merito, D.a Maria Riva monaca in S. Lorenzo Giustiniano, donna di molto spirito ed ornata d'una erudizione non volgare, perchè s'attirava al giorno nel suo monistero la conversazione de' migliori uomini e de' più distinti personaggi ch'erano in Venezia. Soprattutto egli fu onorato ed in grande stima avuto dall'abate Conti nobile veneto, filosofo di sublimi talenti e di saper profondo, e però di rispettabile autorità nella repubblica letteraria.

Mentr'egli credeva di poter col favore del saggio veneziano governo tenere da sè lontani gli acuti guardi e le maligne macchinazioni degli ecclesiastici, eccolo provocato per le loro segrete pratiche a nuove brighe ed a pericolosi impegni. I gesuiti erano fortemente contro di lui adirati pel poco cortese trattamento da esso fatto al P. Sanfelice ed a tutta la Compagnia nella Professione di fede, e vie più montarono in isdegno poichè ebbero veduto che il Giannone volentieri spargendola manoscritta per Venezia, e dando ancor altrui la facoltà di ricavarne copia, tirata ella s'avea prima la curiosità e di poi l'approvazione de' più accorti ed intelligenti suoi lettori. Gli altri ordini de'frati, che in qual luogo che il Giannone mai si trovasse, il riguardavano qual lor nemico, e credevansi però interessati a traversarlo in ogni cosa, troppo male soffrivano che il Giannone fosse in Venezia dalle più ragguardevoli persone riverito ed onorato; e perciò da vie maggior dispetto commossi e spinti unironsi a suo danno insieme co' gesuiti, e tali mezzi adoprarono e tali insidie tesero, ch'essi alfine restarono paghi del loro maltalento. Cominciarono da prima dal divolgare tra la gente sciocca ed idiota che il Giannone fosse un empio, e ch'egli altro procacciato non avesse di fare si nella Storia Civile, si nella Professione di fede, che di mettere il sagro ministero, anzi l'intera religione nella vista la più

Il Lalli compose quattro capitoli burleschi che presso di me si conservano, e gl'indirizzò al Giannone.

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svantaggiosa e nell'universale discredito. Ma siccome in Venezia poco ovvero nulla influiscono su gli affari di Stato le voci popolari ed i sentimenti del volgo, essi rivolsero le loro reti verso i nobili ed i senatori, che hanno nelle mani l'intero governo di quella repubblica. Poco potevano far essi colpo negli animi di costoro con quelle voci ch'erano dirette a sorprendere solo la credenza e 'l falso zelo degl'ignoranti. S'avvisarono però di susurrare negli orecchi di que'nobili tali detti e sì fatti sentimenti, che in apparenza almeno coperti fossero dal manto della ragion di Stato e dell'interesse della repubblica. Dissero adunque che non era bene nè decoro della repubblica il dare albergo, non che far grata accoglienza ad un uomo che risparmiato non avea ne'suoi libri l'onore e l'interesse di quella, anzi impiegato avea di proposito un capitolo della sua opera2 a dimostrar vana ed insussistente l'antica ragion di dominio de'veneziani sull'Adriatico. Soggiugnevano inoltre, che uno ch'avea reso all'imperator Carlo VI importanti servigi, come il Giannone avea fatto colla sua opera e nel corso di più anni che trattenuto si era nella corte imperiale, ottenuto non avea dalla liberalità di quel sovrano un premio corrispondente al suo merito, doveva ad ogni ragione credersi che fosse uomo di troppo mal talento e di sì perverso costume, che meritato non s'avesse la grazia e la benevolenza di Carlo VI e de'suoi ministri. Con queste ed altrettali apparenze di ragioni i nemici del Giannone pensarono di mettere negli animi de'nobili veneziani tali sospetti e riguardi, che costoro si rivolsero in fine a rimovere da lui la loro stima e protezione. Infatti il Giannone vedendo. che presso alcuni prevaleva il primo capo, per così dire, della loro accusa, stimò di comporre in sua difesa una piccola scrittura e farla girare manoscritta in Venezia per le mani del pubblico. Egli la intitolò: Risposta di Pietro Giannone giureconsulto ed avvocato napoletano ad una lettera scrittagli da un suo amico, nella quale gli avvisa

I Lettera del senatore Angelo Pisani al Giannone de' 21 settembre 1735.

2 Storia Civile, lib. XIII, cap. 1..

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