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fetto suddetto d'Italia quella costituzione' che oggi ancor si legge nel Codice Teodosiano.

Non fu eziandio trascurata da Onorio, il quale nell'anno 413 concede a questa provincia, non mediocremente aggravata, alcun rilascio di tributi, come dalla costituzione di quest'imperadore che dirizzata al prefetto suddetto d'Italia leggiamo nel Codice di Teodosio. Nè mancan altre leggi, per le quali diedesi dagli altri imperadori providenza agli affari di questa provincia, dirette a'prefetti d'Italia, a'quali era sottoposta.

CAPO IV.

Prima invasione de' Westrogoti a' tempi d'Onorio.

Non sentirono queste provincie nel regno di Costantino, nè degli altri suoi successori infin ad Onorio, quei mali e quelle calamità che avevan già cominciato a portare i Goti nell'altre provincie dell'imperio. Questi popoli, usciti dalla Scandinavia ne'tempi di Costantino Magno e prima ancora, vissero in comune fortuna, quantunque sotto un sol capo militassero, fino a Ermauarico, che si fece loro re. Ma morto costui, fra di loro si divisero, e ne'tempi di Valente imperadore, quelli che chiamavansi Westrogoti s'elessero per lor capitano Fridigerno, e poi per loro re Atanarico. Teodosio il Grande amator della pace seppe si ben contenergli ne' loro limiti, che con essi non pur ebbe continua pace, ma gli ridusse in tale stato, che morto Atanarico loro re, senza prendersi essi cura di eleggerne un altro, tutti si sottoposero al romano imperio, e fecero della milizia un sol corpo, militando sotto l'insegne di Teodosio, che gli ebbe per suoi confederati ed ausiliarii. Ma estinto questo principe nell'anno 395, e succeduto all'imperio d'Oriente Arcadio suo figliuol maggiore, e reggendosi l'Occidente dall'altro suo figliuolo Onorio, cominciaron questi principi, lussuriosamente vivendo, a turbar la repubblica, ed a

IL. 1. C. Theod. Quib. equ. usus. 2 L. 7. C. Th. de Indulg. debit.

togliere a' Westrogoti lor ausiliarii que'doni e quelli stipendii che Teodosio lor padre, per contenergli sotto lo imperio romano e sotto le sue insegne, largamente avea loro assegnati. Del che malcontenti i Westrogoti, e dubitando che per si lunga pace potesse nell'ozio snervarsi il lor valore e fortezza, deliberarono far di presente ciò che avean trascurato ne'tempi di Teodosio, creandosi un re, che fu Alarico, uomo che per la sua bizzarria aveasi appo i suoi acquistato soprannome d'audace; e come quegli che traeva sua origine dall'illustre stirpe de'Balti, lo riputaron abilissimo a poter con decoro e magnificenza sostenere la regal dignità. Questi considerando che di sua maggior gloria e della sua nazione sarebbe stato acquistar con proprii sudori i regni, che vivere oziosi e lenti in quelli degli altri, persuase a'suoi di cercar nuovi paesi per conquistargli; onde raccolto, come potè il meglio, un competente esercito, avendo superata la Pannonia, il Norico e la Rezia, entrò in Italia, che trovatala vôta di truppe ed in lungo ozio, con molta celerità cominciò ad invaderla, e presso a Ravenna fermossi, sede allora dell'imperio d'Occidente '.

Avea già Onorio, lasciato Milano, in quest'anno 402 trasferita la sua residenza in Ravenna, da lui destinata sede dell'imperio, acciocchè potesse con più facilità opporsi all'irruzione che per questa parte solevan tentare le straniere nazioni. Ma gli venne cotanto improvviso ed inaspettato quest' insulto de' Westrogoti, che trovandosi sorpreso, nè potendo con quella celerità che sarebbe stata necessaria, ragunar eserciti per reprimergli, fu obbligato a prestar subitamente orecchio a'trattati di pace da Alarico offertagli; il quale se bene proccurasse co'suoi fermarsi in Italia, nulladimeno fu accordato che dovessero i Goti abbandonarla, dandosi loro in iscambio l'Aquitania e le Spagne, provincie quasi che perdute da Onorio, poichè da Gizerico re de' Vandali erano state in gran parte occupate. Consentirono i Goti; e lasciata l'Italia, alla conquista di quelle regioni erano tutti i loro. animi rivolti; nè per questo lor primo passaggio patì la

I Prudent. 1. 2, adv. Simmac. Claud. de Bello Getico.

Italia cos'alcuna di male. Ma furon irritati da poi per gli ingannevoli tratti di Stilicone, il quale presso a Polenzia, città della Liguria, mentr'essi a tutto altro pensavano, gli attaccò improvvisamente; e quantunque dissipati e vinti, nulladimeno ripreso da poi tantosto animo, e raccolti insieme, dall'inganno e dall'ingiuria stimolati, furiosamente si rivolsero, e lasciando la destinata impresa, posero in fuga Stilicone col suo esercito, e nella Liguria ritornati, proseguirono a devastar con quella la Emilia, la Flaminia, la Toscana, e tutto ciò che altro lor veniva tra' piedi, fin a Roma trascorrendo, ove tutto il circostante paese similmente depredarono e saccheggiarono. Alla fine entrati in Roma, la spogliarono solamente, non permettendo Alarico che s'incendiasse, nè ch'alcuna ingiuria a' tempii si facesse.

Non pur Roma più volte e le provincie sopraddette patirono questi travagli e questi mali, ma non molto da poi l'istesse calamità sostennero l'altre ancora ch'oggi compongon il nostro regno. La Campagna, la Puglia e la Calabria, la Lucania ed i Bruzi ed il Sannio soffersero lo stesso destino. Scorrevano i Goti portando in ogni parte flagelli e ruine; nè si fermarono, se non arrivati nell'ultima punta d'Italia, ove trattenuti dallo Stretto siciliano, ne'Bruzi posero la lor sede; e quivi mentre a nuove imprese della Sicilia e dell'Africa si dispone Alarico, essendosi in quello stretto naufragate le navi che per ciò avea disposte, dall'avversità di sì funesto accidente toccato amaramente nell'anima, fini suoi giorni con morte immatura presso a Cosenza, e non mai abbastanza pianto da'suoi, fu nel fondo del fiume Busento, con molte ricchezze depredate in Roma, seppellito 2.

La morte d'Alarico fu cagione che le cose d'Italia e di queste nostre provincie, ripigliando sotto l'imperio dello stesso Onorio qualche tranquillità, assai pacifiche ritornassero. Poichè se bene Ataulfo, che ad Alarico suo parente succedè, ritornato in Roma, avesse a guisa delle locuste raso ciò che in quella città dopo le tante prede

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Claud. lib. de Bello Getico. 2 Jornand. cap. 30. 3 Paul. Emil. de Reb. Franc. lib. 1.

e saccheggiamenti era restato, ed avesse da capo miseramente spogliata l'Italia, ed Onorio esausto di forze non potesse contrastargli; nientedimeno, essendosi da poi Ataulfo congiunto in matrimonio con Galla Placidia sorella d'Onorio, potè tanto l'amor che portava a questa principessa, ed il vincolo del nuovo parentado appresso lui, che racchetatosi con Onorio, tutta libera lasciogli l'Italia, ed egli co'suoi nelle Gallie fece ritorno, contro a'Franchi ed a'Borgognoni, che quelle infestavano, portando le sue armi; donde si gittarono in quelle regioni i primi semi del loro reame. Imperocchè dopo la morte d'Ataulfo, ed indi a poco di Sigerico, essendo succeduto Vallia, gli fu da Onorio stabilmente asseguata l'Aquitania con molt'altre città della provincia di Narbona, ove fermata la residenza in Tolosa, si dissero re de'Westrogoti, cioè de'Goti occidentali, a differenza degli Ostrogoti che le parti orientali e l'Italia da poi signoreggiarono, come più innanzi diremo.

Onorio adunque, morto Alarico,e purgata di Goti l'Italia per la pace indi fatta con Ataulfo, volendo ristorar dei passati danni queste provincie, nell'anno 413 promulgò quella costituzione' ch'oggi ancor leggiamo nel Codice di Teodosio. Erano la Campagna, la Toscana, il Piceno, il Sannio, la Puglia e la Calabria, la Lucania e' Bruzi in

pur troppo lagrimevole ridotte; e perciò, risedendo egli in Ravenna, sede allora dell'imperio d'Occidente, dirizzò a Giovanni prefetto pretorio d'Italia quella legge, nella quale a tutte queste provincie concede indulgenza di non potere i suoi provinciali esser astrettia pagare interamente i tributi, ma contentossi che pagando solamente la quinta parte di ciò ch'essi solevano, tutto il resto lor si rimettesse.

Nè minore ne'seguenti anni fu la cura che prese Onorio di queste provincie; poichè, risedendo, come si disse, in Ravenna, molte leggi per la buona amministrazione di esse promulgò. Sua parimente fu quella data in Ravenna, per cui passato il decennio si tolse a'testamenti ogni vigore, la qual oggi pur abbiamo nel Codice di Giu

IL. 7. C. Th. de indul. debit. 2 L. 6. C. Th. de testam.

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stiniano. E nell'anno 418 nuovo indulto di tributi concedè alla Campagna, al Piceno ed alla Toscana; e finchè visse, al riparo delle cose d'Italia fu tutto inteso e pronto.

Ma essendo egli in Ravenna, nell'anno 423 fini i giorni suoi; onde Teodosio il giovane, che nell'imperio d'Oriente era succeduto ad Arcadio suo padre, quantunque per brieve tempo avesse e'solo governato l'imperio, fece tantosto dichiarar Augusto ed imperador d'Occidente Valentiniano III figliuolo di Costanzo e di Placidia, la quale dopo la morte d'Ataulfo, restituita ad Onorio, a Costanzo fu sposata. Valentiniano portatosi in Ravenna, ed indi a poco in Roma, rassettò molte cose di quella città, e a dar riparo alla giurisprudenza, ne'suoi tempi già caduta dall'antico splendore, pose ogni cura; mentre nello stesso tempo Teodosio pensava in Oriente a ristabilirla nell'Accademia di Costantinopoli; ed alla fabbrica del nuovo Codice, che dal di lui nome fu detto Teodosiano, avea rivolti i suoi pensieri.

Questo fu dunque lo stato delle provincie ch'oggi forman il nostro regno, da' tempi di Costantino fino a Valentiniano III, ne'quali tempi furon dominate da quelli Cesari, a'quali, secondo le varie divisioni dell'imperio, l'Italia appartenne. Questi sono Costantino Magno, Costante e Costanzo suoi figliuoli, Giuliano, Gioviniano, Valentiniano I, Valentiniano II,Onorio e Valentiniano III. Furono parimente sotto la disposizione e governo dei prefetti d'Italia e de'vicarii di Roma. Ed ebbero in oltre altri più immediati moderatori, un consolare, due correttori ed un preside, da'quali, risedendo nelle provincie a loro commesse, eran più da presso rette e gover

nate.

Secondo le leggi romane e le costituzioni di questi principi venivan amministrate; nè il nome d'altre leggi s'udiva. Toltone alcune città, nelle quali essendo ancor rimaso qualche vestigio dell'antiche ragioni di municipio e di città confederata, conforme a' loro particolari istituti si vivea; in ogni provincia non si riconobbero altre leggi, che quelle de' Romani, alle quali solevan questi

1 Pagi Dissert. de Consulib. pag. 282.

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