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LIBRO TERZO

I varii moti civili, le grandi mutazioni di Stato e le vicende della giurisprudenza romana che avvennero dopo la morte di Valentiniano IIIiufino al regno di Giustino II imperadore, saranno il soggetto di questo libro. Si narreranno gli avvenimenti di un secolo, nel quale nuovi dominii, straniere genti e nuove leggi vide l'Italia, e videro queste nostre provincie che ora compongono il regno di Napoli. Infino a questo tempo non altri magistrati si conobbero, non altre leggi, se non quelle de'Romani : da ora innanzi si vedranno mescolate con quelle di straniere nazioni, le quali, ancorchè barbare, meritan però ogni commendazione, non solo per le molte ed insigni virtù loro, ma anche perchè furon delle leggi romane cosi ossequiose e riverenti, che non pur non osaron oltraggiarle, ma con somma moderazione, contro alle leggi della vittoria, che dettavano di far passare i vinti sotto le leggi de'vincitori, le ritennero. Non aspettino per tanto i lettori che dovendo io in questo e ne'seguenti libri favellar de'Goti, de'Longobardi e de' Normanni, che hanno una medesima origine, debbia, come han fatto moltissimi, aspramente trattargli da inumani, da fieri e da crudeli, ed avere le loro leggi per empie, ingiuste ed asinili, come vengon per lo più da'nostri scrittori riputate. Splenderà ancora nelle gesta de' loro principi non meno la fortezza e la magnanimità, che la pietà, la giustizia e la temperanza; e le loro leggi e i loro costumi, se bene non potranno paragonarsi con quelli degli antichi Romani, non dovranno però posporsi a quegli degli ultimi tempi dello scadimento dell' imperio, ne'quali la condizione d'esser Romano divenne più vile ed abbietta che quella di coloro che barbari e stranieri furon riputati.

Dovendo adunque prima d'ogni altro favellar de'Goti, non è del mio instituto che venga da più alti principii a

narrar la loro origine, e da qual parte del Settentrione usciti, venissero ad inondare queste nostre contrade. Non mancano scrittori che ci descrissero la loro origine, i progressi e le conquiste sopra varie regioni d'Europa; ed ultimamente l'incomparabile Ugone Grozio1ne trattò con tanta esattezza e dignità, che oscurò tutti gli altri. Quel che però dee sommamente importare, sarà il distinguere con chiarezza i Goti orientali dagli occidentali; poichè dall' avergli alcuni nostri autori confusi, e non ben distinti, han parimente confuse le loro leggi e costumi, ed appropriato agli uni ciò che s'apparteneva agli altri, come si vedrà chiaro più innanzi nel corso di questo libro.

L'origine del loro nome non è molto oscura: essi che per l'ospitalità e cortesia verso i forastieri furono assai rinomati e celebri, anche prima che abbracciassero il cristianesimo, s'acquistarono presso a'Germani il nome di buoni: Boni, dice Grozio2, Germanis sunt Goten, aut Guten: onde avvenne che poi presso a tutte l' altre nazioni d'Europa Goti s'appellassero. Furono divisi, secondo i siti delle regioni che abitarono, in Goti orientali o siano Ostrogoti, e Goti occidentali ovvero Westrogoti che i Latini corrottamente chiamarono Visigoti. Quegli ch' abitarono le regioni più all'Oriente rivolte verso il Ponto Eussino, insino al fiume Tiras, e che poi con permissione degl'imperadori orientali ebbero la Pannonia, la Tracia, ed ultimamente l'Illirico per loro sede, furon appellati Ostrogoti; ed eran governati da'principi della non meno antica che illustre casa degli Amali, donde trasse la sua origine Teodorico Ostrogoto che resse queste nostre provincie. Gli altri che verso Occidente furono rivolti, e che a' tempi d'Onorio ressero l'Aquitania e la Narbona, e da poi molte provincie della Spagna, Westrogoti furon nomati: questi erano comandati da' principi della casa de Balti; gente illustre altresì, ma non quanto la stirpe degli Amali, la quale in nobiltà teneva il vanto : Tolosa fu la loro sede, capitale della Provincia, detta poi per la loro residenza questa contrada Guascogna, che

I Grot. in Proleg. in Hist. Got. 2 Grot. in Proleg. pag. 13.

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tanto vuol dire in loro lingua, quanto Gozia occidentale'; benchè altri dicano che da'Vasconi popoli di Spagna, che varcati i Pirenei, occuparono questa provincia, fosse detta Guascogna.

CAPO I.

De' Goti occidentali e delle loro leggi.

I principi westrogoti della stirpe de'Balti, essendo stata loro sotto l'imperio d' Onorio da questo principe stabilmente assegnata l'Aquitania e molte altre città della Narbona, in Tolosa fermaron la loro sede, onde poi re di Tolosa si dissero. Essi a tutto potere proccuravano stendere il lor dominio nell'altre provincie della Gallia e delle Spagne, le quali eran da'Vandali malmenate ed oppresse. Più volte a Vallia, che, come si disse nel precedente libro, a Rigerico successor d'Ataulfo succedè, fortunatamente avvenne che nelle Spagne trionfasse d'essi, e lor desse molte gravi e memorabili rotte. Morì Vallia, dopo aver riportate contro a' Vandali tante vittorie, in Tolosa l'anno di Cristo 428, ed a lui succedè nel regno Teodorico 2. Gli scrittori variano nel nome di questo principe: Gregorio di Tours' lo chiama Teudo: Isidoro, Teudorido: Idacio, Teodoro: ma noi seguendo Giornandes", scrittore il più antico e'l più accurato delle cose de'Goti, lo chiameremo con Alteserra Teodorico. Resse questo principe l'Aquitania anni ventitrè; prɔde ed eccellente capitano, che contro ad Attila ne'campi di Chaalons diede l'ultime prove del suo valore: fu egli in questa battaglia gravemente ferito, e sbalzato da cavallo restò tutto infranto, ed indì a poco mori. Lasciò di lui sei figliuoli maschi, Torrismondo, Teodorico il giováne, Frederico, Evarico, Rotemero ed Aimerico, ed una figliuola, che collocolla in matrimonio con Unnerico figliuolo di Gizerico re dei Vandali.

I Paulus Emil. de Reb. Franc. lib. 1. 2 Paul. Emil. loc. cit. Greg. 1. 2. Hist. Franc. cap. 7.

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4 Jornand. de Reb. Getic. cap. 24.
5 Altes. Rer. Aquit. lib. 5, cap. 12.

Torrismondo adunque succedè nel reame, il quale aucorchè si fosse trovato insieme col padre contro ad Attila, e fosse stato in quella battaglia ferito, intesa ch'ebbe la morte del medesimo, tornò subito in Tolosa, ove con universale acclamazione fu nel trono regio assunto1. Il regno di questo principe ebbe brevissima durata; e se dee prestarsi fede ad Isidoro, non imperò più che un sol anno, poichè per opera di Teodorico e Frederico suoi fratelli, che mal soffrivan il suo governo, fu crudelmente ucciso 2.

Teodorico il giovane, suo fratello, gli succedè nel reguo; principe, secondo Sidonio Apollinare3, dotato di nobili ed eccellenti virtù; ed ancorchè il genio de' Westrogoti mal s'adattasse alle leggi romane, contra il costume degli Ostrogoti, che l'ebbero sempre in somma stima e venerazione, fu non però Teodorico II amantissimo delle medesime, e n'ebbe grandissima stima.

I Westrogoti, per le continue guerre ch' ebbero coi Romani, furon non poco avversi alle leggi romane; tanto che parlando de'loro tempi, ebbe a dire Claudiano4: Moerent captivae, pellito judice leges. Ataulfo loro re, che, come si disse, ad Alarico I succedè, per la ferocia del suo animo, già meditava d'esterminarle in tutto; ma raddolcito per le continue persuasioni e conforti di Placidia sua moglie cotanto da lui amata, se n'astenne e mutò consiglio; ed ancorchè i suoi Goti mal ciò soffrissero, pur egli appresso Orosio confessò che non poteva senza quelle la repubblica perfettamente conservarsi, nè gli dava il cuore di toglierle affatto: Neque Gothos, ei dice, ullo modo parere legibus posse, propter effraenatam barbariem, neque reip. interdici leges oportere, sine quibus resp. non est respublica. Onde narrasi che questo principe nell'anno 412 avesse per pubblico editto comandato a suoi sudditi che le leggi de' Romani insieme co' costumi dei Goti osservassero. Goldasto tra le Costituzioni imperiali

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Jornand. de Reb. Getic. cap. 41. Paul. Æmil, de Reb. Franc. 1. 1. 2 Altes. loc. cit. cap. 13.

4 Claud. 1. 2, ad Rufin.

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3 Sidon. lib. 1,

Oros. 1. 7, c. 29.

ep.

2.

Artur. Duck de usu et auth. jur. civ. 1. 2, c. 6, num. 14.

Goldast. Const. Imp. tom. 3.

ne rapporta l'editto, ma si vede esser conceputo coll'istesse parole poc'anzi riferite d'Orosio e molte cose in esso aggiunte che in quell'autore non sono.

Ma a Teodorico il giovane, del quale si favella, fu in tanto pregio lo studio delle romane leggi, che Sidonio Apollinare introducendolo in un suo carme a parlar con Avito, cosi gli fa dire:

mihi Romula dudum

Per te jura placent.

Ed altrove chiamò questo Teodorico....Romanae columen, salusque gentis. Ed appresso Claudiano parlandosi di questo principe, come osservò Grozio3, pur si legge: Windicet Arctous violatas advena leges. Nè i Westrogoti, ne' tempi di questo re, o de' suoi predecessori, ebbero proprie leggi scritte, nè si presero mai cura di formarle.

Ma morto Teodorico nel decimo terzo anno del suo regno, essendogli stato renduto da Evarico ciò ch'egli fece a Torrismondo, succedette nel reame Evarico suo fratello. Questi fu il primo che diede a'Goti le leggi scritte, come ce n'accerta Isidoro: Sub hoc Rege Gothi legum instituta scriptis habere coeperunt, nam antea tantum moribus et consuetudine tenebantur: per la qual cosa da Sidonio in una epistola che dirizzò all'imperadore Lione, fu celebrato Evarico per principe saggio e conditor delle leggi: Modo per promotae limitem sortis, ut populus sub armis, sic fraenat arma sub legibus.

Nel regno di questo principe cominciaron le leggi dei Romani ad oscurarsi, non già in Italia, ma nell' Aquitania e nella Narbona, ed in alcun'altre provincie della Spagna; poichè queste nuove leggi che Teodoriciane furon dette, proposte per opera de'Goti a'Provinciali, si fece in modo che le Teodosiane non cotanto s'apprezzassero; ed al deterioramento di quelle non poco vi cooperò ancora la malvagità de' proprii romani uffiziali, e partico

1 Sidon. carm. 7. 2 Carm. de Narbon.

3 Grot. in Proleg. in Hist. Got. 4 Isid. in Chron. Era 504.
Sidon. lib. 8, epist. 3.

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