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cordevole de' suoi consigli, fece da Atalarico scrivere a Giustiniano I imperadore (il quale essendo succeduto ad Anastasio, allora imperava nell'Oriente) calde ed officiose lettere, per conservare tra essi quella concordia che Teodorico aveva incaricata. Altre parimente ne fece scrivere al senato ed al popolo romano affettuosissime e piene d'ogni stima, le quali ancor oggi appresso Cassiodoro leggiamo1.

Mantenne quell'istessa forma ed istituto nel governo che Teodorico tenne; nè durante il regno di suo figliuolo permise che alcuna cosa si mutasse : le medesime leggi si ritennero, gl'istessi magistrati, l'istessa disposizione delle provincie e la medesima amministrazione. Tutti i suoi studii erano di far allevare il giovine principe alla romana, con farlo istruire nelle buone lettere e nelle virtù, tenendo per questo effetto molti maestri che l'insegnassero. Ma i Goti ed i grandi della corte dimenticatisi prestamente de'consigli di Teodorico, mal sofferivano che Amalasunta allevasse così questo principe; e gridando ch'essi volevano un re che fosse nudrito fra l'armi come i suoi antecessori, fu ella in fine costretta d'abbandonarlo alla lor condotta, la quale fu tanto funesta a questo povero principe, che caduto in molte dissolutezze, perdè affatto la salute, e venne in tale languidezza che lo condusse ben tosto alla tomba; poichè appena giunto all'ottavo anno del suo regnare, finì nel 534 i suoi giorni. Origine che fu de' mali e della ruina de'Goti in Italia, de' disordini e delle tante rivoluzioni che da poi seguirono, mentre già all'imperio d'Oriente era stato innalzato da Giustino, Giustiniano suo nipote, quegli che per le tante sue famose gesta sarà il soggetto del seguente capitolo.

CAPO III.

Di Giustiniano imperadore e sue leggi.

Mentre in Italia per la prudenza di Amalasun ta conservavasi quella stessa pace e tranquillità nella quale

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Teodorico aveala lasciata, ed il regno d'Atalarico, come uniforme a quello del re suo avolo, riusciva a'popoli clementissimo, fu da Giustino, richiedendolo il popolo costantinopolitano, fatto suo collega ed imperadore Giustiniano suo nipote nel di primo d'aprile dell'anno di nostra salute 527. E morto quattro mesi da poi Giustino cominciò egli solo a reggere l'imperio d'Oriente1. Questi fu quel Giustiniano cui i suoi fatti egregi acquistaron il soprannome di Grande, sotto di cui l'imperio ripigliò vigore e forza, non men in tempo di pace che di guerra, a cagion de'famosi giureconsulti che fiorirono nella sua età, e del valore di Belisario e di Narsete suoi illustri capitani. Le sue prime grand'imprese furon quelle adoperate in tempo di pace. Egli ne'primi anni del suo regno s'accinse a voler dare una più nobil forma alla giurisprudenza romana; ed invidiando non men a Teodosio il giovane che a Valentiniano III quella gloria che acquistaronsi, l'uno per la compilazione del famoso Codice Teodosiano, e l'altro per la providenza data sopra i libri de'giureconsulti, volle non pur imitargli, ma emulargli in guisa, che al paragone la fama di coloro rimanesse oscura e spenta, e nell'Oriente non meno che nell'Occidente non più si rammentassero i loro egregi fatti.

I. - Del primo Codice di Giustiniano.

Adunque non ancor giunto al secondo anno del suo imperio, nel mese di febbraio dell'anno 528 promulgò un editto, al senato di Costantinopoli dirizzato, per la compilazione d'un nuovo codice. Trascelse alla fabbrica di questa opera da tre ordini gli uomini più insigni del suo tempo, da' magistrati, da' cattedratici e da quello degli avvocati: dall'ordine de'magistrati furon eletti Giovanni, Leonzio, Foca, Basilide, Tomaso, Triboniano e Costantino de'professori fu trascelto Teofilo, e dall'ordine degli avvocati Dioscoro e Presentino, a' quali tutti fu preposto il famoso Triboniano, come lor capo.

La forma che a costoro si prefisse, fu di dover da' tre

Pagi Diss. hyp. de Consulib. p. 300.

Codici Gregoriano, Ermogeniano e Teodosiano raccorre le costituzioni de' principi che quivi erano, ed oltre a questo di aggiugnervi ancora l'altre che da Teodosio il giovane e dagli altri imperadori suoi successori infin a lui erano state di tempo in tempo promulgate, eziandio quelle che si trovasse egli medesimo aver emanate; le quali tutte in un volume dovessero raccogliere.Prescrisse lor ancora l'istituto ed il modo, cioè di troncar quello che in esse trovavan d'inutile e superfluo, togliere le prefazioni, levare affatto quelle ch'eran tra loro contrarie, raccorciarle, mutarle, correggerle e render più chiaro il loro sentimento; collocarle secondo l'ordine de'tempi e secondo la materia che trattano. Non tralasciassero à ciascheduna costituzione di porv'i nomi degl'imperadori che le promulgarono, il luogo, il tempo e le persone a chi furon indirizzate: il tutto ad emulazione di Teodosio, come è manifesto dall'editto di Giustiniano che. leggiamo sotto il tit. de novo Cod. faciendo.

Impiegarono per tanto quest' insigni giureconsulti le lor fatiche poco più d'un anno per la compilazione di questo nuovo codice, tanto che nel principio del terzo anno del suo imperio, e propriamente in aprile dell'anno seguente 529 fu compiuto e promulgato: e con altro editto, che si legge sotto il tit. de Justinianeo Cod. confirmando, ordinò che questo codice solamente nel foro avesse autorità, che i giudici di quello si servissero, e che gli avvocati non altronde che da questo allegassero nelle contese forensi le leggi; proibi affatto i tre primi codici i quali volle che rimanessero senza alcuna autorità, nè in giudicio potessero più allegarsi; donde nacque che in Oriente s'oscurò il Codice di Teodosio. Il che però non avvenne in Occidente e in Itatia precisamente, ove, durante la dominazione de' Goti, questo di Giustiniano non fu ricevuto, e furono perciò più fortunati i successi del Codice Teodosiano in Occidente che nell'Oriente, per opera di Giustiniano.

Le costituzioni che in questo nuovo codice, in dodici libri distinto, unironsi, come raccolte da'tre primi codici, cominciavan da Adriano infin a Giustiniano, e le leggi promulgate da cinquantaquattro imperadori conteneva

no. E quindi è che alcune costituzioni allegate da'giureconsulti nelle Pandette, in questo nuovo codice si leggono che non possono leggersi nel Codice di Teodosio, come quello che comincia da Costantino Magno, ma che ben erano ne'Codici di Gregorio e di Ermogene, da'quali anche fu questo ultimo compilato.

II. Delle Pandette ed Instituzioni.

Per emular Giustiniano la fama di Teodosio, non contentossi del solo codice: volle che ad impresa più nobile e difficile si ponesse mano, cioè a raccorre ed unire insieme i monumenti di tutta l'antica giurisprudenza, e con ordine disporgli; e siccome erasi fatto delle costituzioni de'principi che da Adriano infin a lui fiorirono, cosi anche si facesse de'responsi degli antichi giurecon.sulti, delle note loro ch'essi si trovassero aver fatte alle leggi de'Romani, e precisamente all'Editto perpetuo; dei loro trattati; de'libri metodici, e finalmente di tutti i lor commentari; l'opere de'quali erano così ampie e numerose, che se ne contavan infin a duemila volumi. Nel quarto anno del suo imperio diede Giustiniano fuori un altro editto, a Triboniano indirizzato, dove quest'opera si comanda, ed al medesimo Triboniano ed a sedici altri suoi colleghi si dà l'impiego di così ardua e ma lagevole impresa. Furono trascelti ingegni i migliori di quel secolo, e quali veramente richiedevansi per opera si difficile. Oltre a Triboniano furon eletti Teofilo e Cratino, celebri professori di legge nell'Accademia di Costantinopoli; Dorodeo ed Anatolio pur anche professori nell' Accademia di Berito: dell'ordine de'magistrati intervenne pure Costantino; e dell'ordine degli avvocati undici ne furono trascelti, Stefano, Menna, Prosdocio, Eutolmio, Timoteo, Leonide, Leonzio, Platone, Jacopo, Costantino. e Giovanni 2.

Mentre costoro sono tutti intesi a questa gran fabbrica, che dopo il corso di tre anni condussero a fine, piacque al medesimo Giustiniano d'ordinare a Triboniano,

L. 1. C. de vet. jur. enucl. 2 L. 2. C. de vet. jur. enucl.

Teofilo e Dorodeo che in grazia della gioventù compilassero le Instituzioni, ovvero gli Elementi e'Principii della legge, perchè i giovani, incamminandosi prima per questo sentiero piano e semplicissimo, potessero poi inoltrarsi allo studio delle Pandette che già si preparavano : siccome infatti da quelli tre insigni giureconsulti ad esempio degli antichi, cioè di Caio, Ulpiano e Fiorentine, furon tantosto compilate; e quantunque la fabbrica dei Digesti fosse stata innanzi comandata, nulladimeno per questo fine si proccurò che le Instituzioni si pubblicassero prima delle Pandette, come in effetto un mese prima, cioè a novembre dell'anno 533 nel settimo anno del suo imperio furono promulgate e divolgate. Divisero questi Elementi in quattro libri, in novantanove titoli; e se anche si vogliano numerare i principii de'medesimi, in ottocento e sedici paragrafi. Opera, secondo il sentimento dell'incomparabile Cuiacio, perfettissima ed elegantissima, che non dovrebbe caricarsi tanto di così ampii e spessi commentari, come a'di nostri s'è fatto, ma da aversi sempre per le mani, e col solo aiuto di picciole note, e per via semplicissima a' giovani insegnarsi, siccome fu l'idea di coloro che la composero, e di Giustiniano stesso che la comandò.

Pubblicati questi Elementi, si venne prestamente a fine della grand'opera delle Pandette, le quali un mese da poi, e propriamente nel decembre dell'istess'anno 533 si pubblicarono per tutt'Oriente e nell'Illirico. Appena nata sorti due nomi, l'uno latino di Digesti, l'altro greco di Pandette, ambidue dagli antichi giureconsulti tolti ed usurpati fulle dato nome di Digesti, perchè ne❜libri che contengono, furono con certo ordine e sotto ciascun titolo collocate le sentenze degli antichi giureconsulti, e disposte, per quanto fu possibile, secondo il metodo e la serie dell'Editto perpetuo: si dissero anche Pandette, come quelle che abbracciano tutta la giurisprudenza antica1.

Donde, da quali giureconsulti e da quali loro libri fu

■ V. Ant. August. in libel. de nominib. propriis Pandect. florens. c. de Pandect. nom. et gener.

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