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Giustiniano si profferirono le Novelle 108, 109, 111, 113, 115, 117, 119, 120, 121, 123, 124, 125, 128, 129, 130, 131, 132, 134, 135, 136, 137, 145, 146, 147, 153. Ne'seguenti anni niente da Giustiniano promulgossi; ma nell'anno 32, ultimo del suo imperio, fu emanata la Novella 141, onde l'ultima di tutte dee riputarsi questa, come quella che si fece nell'anno 558.

Queste Novelle insieme co'tredici editti promulgati di tempo in tempo da Giustiniano furono unite e raccolte in un volume, nou per ordine di Giustiniano', ma dopo la sua morte per privata diligenza ed industria, come mostrano Cuiacio ed Antonio Agostino, senza tenersi altr'ordine di quello che di sopra s'è detto. Fu tutta opera degl'interpetri poi dividerle in nove Collazioni, le quali a similitudine de libri contengono ciascheduna più titoli. E fu nominato da poi ne' tempi di Bulgaro Autentico, o perchè a queste costituzioni, come quelle che promulgate dopo le leggi del codice, loro si desse maggiore autorità e peso; ovvero, com'è più probabile, che al paragone dell'Epitome latina fatta da Giuliano, questa opera, come quella che conteneva le Novelle intere, e come furon da Giustiniano promulgate, doveva riputarsi l'origine e l'autentica2.

Abbiam di queste Novelle tre versioni latine: una antica, della quale si crede autore Bulgaro; ma Cuiacio3 ed altri vi dissentiscono: l'altra fatta da Aloandro; e la terza da Errico Agileo. Non convengono gli autori nè nel nome, nè nell'età di questo antico interpetre. Alcuni lo credettero o più antico, ovvero coetaneo di S. Gregorio Magno, allegando e trascrivendo questo pontefice molti passi di queste Novelle ne'suoi libri; della quale opinione fu anche Balduino. Ma Antonio Agostino seguitato da Rittersusio rapporta che ne'tempi di Irnerio e di Bulgaro fu per opera d'un certo monaco trovato il volume greco di queste Novelle, il quale lo tradusse in latino.

1 Rittersus. in Jure Justin. c. 1, n. 18, in prooem.

2 Id. in Jure Justin. in prooem. c. 1, n. 18, c. 1, n. 10, 11, 12.

3

Cujac. 1. 8, obs. cap. ult. Doujat. Hist. jur. civil.

4 Balduini Justin. p. 573.

Ant. August. in Parat. Nov. 90. Rittersus. in prooem. c. 4, n. 9.

Fu questi chiamato Bergonzione Pisano, del quale anche si narra che traducesse in latino quelle clausole greche che si trovano ne'libri de'Digesti.

La traduzione fatta da Aloandro segui in questo modo. Conservavasi in Firenze un volume MS. delle greche Novelle, dal qual libro fiorentino fu copiato quello di Bologna di questo si servi Aloandro, e fu il primo che diede alle stampe le Novelle greche da lui tradotte in latino. La prima edizione si fece nell'anno 1531 non senza gloria del senato di Norimbergh, il quale somministrò le spese. Enrico Scrimgero molti anni dopo avendo avuto in mano in Venezia un altro esemplare MS. più esatto, che fu del cardinale Bessarione, suppli da questo nuovo volume molto di ciò che mancava nell'edizione di Norimbergh, stampò le Novelle in quell'idioma, cioè greco; donde ne nacque poi la terza traduzione di Enrico Agileo, il quale tradusse ancora le Novelle di Lione; e Conzio ne trasportò ancora alcune altre nella latina favella.

Wernero, ovvero, come i nostri l'appellano, Irnerio, con non picciol comodo degli studiosi avendole accorciate, a ciascuna legge del codice che per le Novelle venisse corretta, o che trattasse di simil argomento, aggiunse il ristretto delle medesime, perchè potesse conoscersi ciò che su quel soggetto erasi innovato per queste novissime costituzioni di Giustiniano, che perciò acquistaron il nome d'Autentiche, le quali cautamente debbon co'suoi fonti onde derivano confrontarsi, poichè alle volte si discostano da'medesimi; e Giorgio Rittersusio 'figliuolo di Corrado novera 70 luoghi che discordano da❜loro originali.

È ancora d'avvertire che in tre cose principalmente differisce dal codice questo volume delle Novelle. La prima, che il codice abbraccia le costituzioni di più principi, cominciando da Adriano infino a Giustiniano; e le Novelle sono costituzioni del solo Giustiniano. La seconda, che le leggi del codice furono quasi tutte dettate in sermon latino, e le Novelle in greco. La terza, che uel codice le costituzioni sono ripartite in certe classi e col

Georg. Rittersus. in appendice ad Jus Justin. patris.

locate sotto varii titoli, secondo la varietà del soggetto che trattano, e molte volte ne sono state più disposte sotto un titolo; quando nel volume delle Novelle ciascheduna costituzione ha il suo titolo, e furono senz'ordine unite insieme, con serbarsi solamente l'ordine del tempo; il qual ordine nemmeno fu in tutto osservato, come di sopra s'è veduto.

V. Dell'uso ed autorità di questi libri in Italia
ed in queste nostre provincie.

Quantunque Giustiniano, per queste insigni sue opere, avesse nell'Oriente oscurata la fama di Teodosio, tanto che s'estinse affatto il nome del costui codice, nè altrove che a questi suoi libri poteva ricorrersi o nel foro, o nell'accademie; e fossero stati nell'imperio d'Oriente questi soli ricevuti, e rifiutati tutti gli altri; nulladimeno nell'Occidente ed in Italia precisamente diversa fu la lor fortuna; poichè essendo stati da Giustiniano pubblicati negli ultimi anni del regno d'Atalarico, mentre ancor durava la dominazione de'Goti, non furono in Italia, nè in queste nostre provincie ricevuti, nè qui, come in alieno terreno poterono esser piantati e metter profonde radici; ma si ritennero gli antichi codici, e gli antichi libri de'giureconsulti, ed il codice di Teodosio niente perdè di stima e di autorità; anzi appresso i Westrogoti per l'autorità d'Alarico fu in somma riputazione avuto; tanto che il suo Compendio che essi chiamavan Breviario, non pure appresso agli Ostrogoti e presso a molte altre nazioni, come Borgognoni, Franzesi e Longobardi, niente perdè di pregio e di autorità; e ciò ch'era legge de' Romani, in questi libri era racchiuso.

E se bene dopo la morte d'Atalarico, ed indi a poco d'Amalasunta, le cose de'Goti in Italia si riducessero ad infelicissimo stato, e Giustiniano col valore di Belisario riportasse di loro più vittorie, ed avesse con particolar editto ordinato l'osservanza delle leggi romane ne'suoi libri contenute per tutte le provincie d'Italia; e da poi che Belisario nel decim'anno del suo imperio ebbe espu

Pragm. Justin. post. Novel.

gnata Napoli, la Puglia, la Calabria, il Sannio e la Campania, avesse tolto a'Goti queste provincie; nulladimeno avendo poi costoro sotto Totila valorosissimo e prudentissimo principe ripreso l'antico spirito e valore, e poste in tanta revoluzione le cose d'Italia che a tutt'altro potė badarsi che alle leggi in mezzo a tant'armi e guerre si crudeli e feroci, rimasero perciò di nuovo senza vigore ed autorità alcuna le leggi romane ne'libri di Giustiniano contenute. E quantunque alla fine negli ultimi anni del suo imperio avesse riportata de'medesimi intera vittoria, e sotto Teia ultimo loro re gli avesse per mezzo di Narsete interamente debellati e sconfitti; contuttociò sopraggiunto non molto da poi dalla morte, e succedutogli Giustino il giovane, principe inettissimo, non andò guari che l'Italia passò sotto il dominio de'Longobardi, i quali seguitando gli esempii de'Goti, non altre leggi riconobbero se non le proprie, e quelle de'Romani che nel codice di Teodosio eran comprese, e ciò che per tradizione era rimaso delle medesime nella memoria de'Provinciali; nulla curando de'libri di Giustiniano, de'quali poca e rada era la notizia, come quinci a poco partitamente vedrassi.

Si aggiunse ancora, che non passarono molti anni che questa medesima fortuna cominciarono ad avere in Oriente, ove, come diremo ne'seguenti libri, parte per imperizia ed inerzia de' suoi successori, parte per invidia, vennero in tanta dimenticanza, per le tant'altre compilazioni che ad emulazione di Giustiniano seguirono, che di questa di Giustiniano rimase ogni fama oscurata e spenta. E vedi in tanto le strane vicende delle mondane cose: questa grand'opera di Giustiniano con tanta cura e studio compilata, che per tutti i secoli avrebbe dovuto correre gloriosa e immortale, appena mancato il suo autore, che restò anch'ella per lo spazio di cinque secoli sepolta in tenebre densissime ed in una profonda oblivione; risorta poi in Occidente a'tempi di Lotario, fu cosi avventurosa, che alzò i vanni e la fama sopra tutte l'altre provincie del mondo, nè trovò nazione alcuna culta o barbara che fosse, che in somma stima e venerazione non l'avesse, e che non la preferisse alle medesime loro proprie leggi e costumi.

CAPO IV.

Espedizione di Giustiniano contra Teodato re d'Italia successor d'Atalarico.

Dopo aver Giustiniano in così fatta guisa posta l'ultima mano a dar certa e stabil forma alla giurisprudenza romana, disbrigato dalle leggi, passa con non disugual fortuna all'armi. Principe così nella pace come nella guerra fortunatissimo; poichè siccome per condurre a fine quell'impresa delle leggi, quanto magnanima e nobile, altrettanto ardua e difficile, ebbe ne'suoi tempi giureconsulti insigni, quali furono Triboniano, Teofilo, Dorodeo, e tutti quegli altri de'quali s'è fatta onorata menzione, che poteron ridurla a perfezione; così nell'armi ebbe capitani valorosissimi ed insigni, un Belisario, unt Narsete, Mondo ed alquanti altri, i quali per le loro incomparabili virtù e gloriose gesta accrebbero non meno la sua gloria che per tante conquiste l'imperio; onde potè il suo nome andarne appresso la posterità fregiato con tanti titoli, d'Alemannico, Gotico, Francico, Germanico, Antico, Alanico, Vandalico ed Africano, per le tante genti vinte e debellate. Nè minor fu la sua fortuna per li tanti illustri e valorosi capitani che fiorirono a' suoi tempi, quanto per le opportunità che se gli presentarono per agevolar le conquiste; e particolarmente nella guerra che mosse a'Goti per l'impresa d'Italia, di cui saremo brevemente a narrare i successi.

Da poi che Belisario ebbe trionfato de'Vandali nell'Africa e presa Cartagine, avendo fatto prigioniero Gilimere loro re, e portatolo in trionfo a Costantinopoli; vedendo Giustiniano sottomesso al suo imperio quel vastissimo regno, rivolse tutti i suoi disegni all'impresa d'Italia, per sottrarla dalla dominazione de'Goti; ed una opportunità assai prospera, che presentossegli, accelerò l'impresa, e diede maggiori stimoli all'esecuzione.

Amalasunta principessa prudentissima, come vide suo figliuolo Atalarico per la sua dissolutezza caduto in una mortale languidezza che non v'era più da sperare di sua

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