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BENEDIZIONI NUZIALI. Non si debbono fare ne' tempi proibiti, ancorchè si celebri il Matrimonio.

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I. Perchè è proibito il farlo da' sacri Canoni, come si ha nel Decreto di Graziano alla causa 33 q. 4 Nuptias celebrare convivia facere: nè il Concilio di Trento ha innovata su tal rapporto cosa veruna, per meglio dire non ha stabilito cosa di più, che non fosse stata già determinata dagli antichi Canoni, come chiaramente si raccoglie dal capo 10 sess. 24. de Reformatione Matrimonii, dove dice : Antiquas solemnium Nuptiarum prohibitiones diligenter ab omnibus observari Sancta Synodus præcipit. In aliis vero temporibus Nuptias solemniter celebrari permittit,,.

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II. Perchè giusta la comune opinione de Teologi, e de' Canonisti, non è proibito il Matrimonio nei tempi feriali, ma solamente la solennità delle Nozze, che nella predetta Benedizione consiste: sopra di che fra i Teologi si possono vedere il Sanchez ( De Matrim. lib. 7. disp. 7. n. 10.), il Pontas ( De Matrim. lib. 6 cap. 8 n. 8.), il Bisso ( In Herurgia Tom. II. alla parola Tempus Feriatum §. 1.,) e tanti altri; e fra i Canonisti, il Barbosa (§. 24 cap. 10 n. 4.), l'Anacleto ( N. 12, 13.), il Braschi ( In Promptuario cap. 65. n. 4.), ed altri molti.

Che le Benedizioni poi Nuziali formino la solennità delle Nozze, si deduce dal Rituale Romano nelle Rubriche del Sacramento del Matrimonio, dove dice: Postremo meminerint Parochi a Dominica prima Adventus, usque ad diem Epiphaniæ, & a Feria " quarta Cinerum usque ad Octavam Paschæ inclu

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sive, solemnitates Nuptiarum prohibitas esse: ut ,, Nuptias benedicere, Sponsam traducere, nuptialia ce lebrare convivia. Matrimonium autem omni tempore contrahi potest.,, E i Teologi sopraindicati, nei luoghi quì allegati sostengono che le Benedizioni sono le prime che vengono sotto il nome di Solennità, e però non si debbono usare nei Matrimoni, che si fan

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no nei tempi feriali. I Vescovi però possono permettere che si facciano, sempre che vi sia una causa ragionevole, come ci attestano col Monacelli (D. 1. n. 3.) varj Autori. ( Baruf. Tit. XLI. )

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BISSESTILE, Anno. E' quello ch'è maggiore di un giorno dell' Anno comune, il qual giorno si aggiunge a Febbrajo, dicendo: Bis-sexto Kalendas Martii dalle quali parole si dice un simile Anno Bissestile, e ricorre ogni quattro Anni. Imperciocchè constando l' Anno Solare comune di 365 giorni, e 6 ore, certo è, che nello spazio di quattro Anni si viene a costituire un giorno quasi intero da aggiungersi al mese di Febbrajo come sopra. Dissi quasi intero, perchè, le sei ore, che sopravanzano all' Anno comune, non sono intere, mancandovi alcuni minuti, il numero de' quali non poterono ancora determinare gli Astronomi. (Colti par. 2 lett. B. )

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BORSA, che si pone sopra il Calice. (V. Pre

parazione del Sacerdote.)

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BUGIA. Non la possono usare i Canonici, giusta il presente Decreto : Non possunt Canonici in celebratione Missæ uti Palmatoria, vulgo Bugia. (S. R. C. 11 julii 1699 in Vicentina.)

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CADAVERE di un Defunto Ecclesiastico si ador

nerà colle sue Clericali, o Sacerdotali insegne: quindi

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I. Se sarà Sacerdote, si vestirà di Amitto, Camice, Cingolo, Manipolo, Stola, e Pianeta pavonazza (1).

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II. Se sarà Diacono, parimente di Amitto, Camice, Cingolo, Manipolo, Stola Diaconale, e Dalmatica pavonazza.,,

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III. Così pure il Suddiacono, ma senza Stola.
IV. I Chierici poi si adorneranno di Veste ta-

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lare, e Cotta, colla Tonsura, e loro Berretta

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V. Si porrà sempre il Sacerdote col capo verso all'Altar maggior (2), a differenza del Defunto secolare, che deve andar coi piedi.

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VI. Il Parroco procuri finalmente di riservare il cadavere del Defunto per celebrargli la Messa præsente corpore, poichè ciò è di antichissimo instituto. (3),, (Ritual. Rom. De Exequiis.)

CALENDARIO. E' una distribuzione de' tempi, che le Nazioni adattarono a'loro usi: una Tabella, ο Almanacco, che contiene l'ordine dei giorni della settimana, dei mesi, e delle Feste, che occorrono nello spazio di un anno. Si chiama Calendario dalla parola Calendæ, con cui si scrive ogni primo del mese. Il Calendario Romano trae la sua origine da Romolo, ma fu più volte riformato. Nel Breviario usiamo del Calendario Romano, o Gregoriano. Gregorio Pp. lo riformò nell' anno 1582, dopo di essere stato riformato più volte. ( Macri Hierolexicon Tit. Calendarium.)

(1) Fra le altre vesti Sacerdotali, ossia suppellettili, (Lavorio d. 1. 2. cap. 1. n. 105.) enumera eziandio il Calice, che si legava nelle mani de' Sacerdoti, com' era consuetudine un tempo di Roma. Ma il dottissimo Sarnelli (Epist. 33. ) disapprova questo costume, come anco di porre il Messale aperto, perchè ripugna alla Rubrica e alla decenza.

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(2) Questo è un privilegio conceduto ai soli Sacerdoti, non agli altri Chierici, ancorchè sieno costituiti in Ordine Suddiaconale ,0 Diaconale. (Baruf. Tit. XXXIV. n. 148. )

(3) Fu costume fin dagli Apostoli di offrire il Sacrifizio dell' Altare a suffragio dei Defunti, come ci attestano Clemente Romano discepolo di S. Pietro ( In Constit. Apostolic. 6. cap. 1o, e. 1. 8.), ed altri molti.)

Sarebbe poi difficile insegnare quì il modo di formare il Calendario Diocesano, giacchè si dovrebbero riportare in gran parte le Rubriche generali del Breviario Romano, le quali già si trovano estese in questo Dizionario, secondo i titoli che portano.

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CALENDARIO PARTICOLARE di una Chiesa, ossia Appendice al Calendario Diocesano. Dev' esser assegnato dall' Ordinario, giusta il presente Decreto : Prima dies proxima non impedita assignanda est cuilibet Festo a suo die ob perpetuum impedimentum translato; ita ut dies illa in posterum sit tam dies ,, propria, & fixa Festi translati, justificatis tamen apud ,, Episcopum loci ordinarium translatorum numero, & ,, causis dierum assignandorum ordine, ac qualitate (S. R. C. 23 Aug. 1744 In Frinsigen Dec. n. 4012.) CALICE (1). Dev'esser consecrato dal Vescovo, la qual consecrazione dura finchè si franga, o di nuovo s'indori internamente ( Suarez disp. 81. ); imperciocchè, secondo la Rubrica, la Coppa dev' esser al

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(1) Calice viene dalla voce greca Kalon, che significa legno, perché un tempo si faceva di legno. Il Baronio (Ex Beda Anno 34. n. 63.) asserisce, che Cristo ha consecrato in un Calice d' argento; ma ciò nega il Grisostomo ( Hom. 51 in Matth. ) con queste parole: Non erat ex argento illa Mensa, nec ex auro ille Calix, quo Christus Discipulis sanguinem præbuit suum; pretiosa tamen erant omnia, et venerationis plena, quia spiritu abundabant. Stando adunque al sentimento di questo Santo Padre si vede, che fu prezioso il Calice dell' ultima Cena, ma ciò si deve intendere misticamente, e non fisicamente. E di fatti gli Apostoli usavano i Calici di legno, l' uso de' quali ritenne per qualche tempo la Chiesa; poichè S. Bonifacio Vescovo, e Martire solea dire: Quondam Sacerdotes aurei ligneis Calicibus utebantur: nune contra lignei Sacerdotes aureis utuntur Calicibus. Poscia furono decretati da S. Zefirino i Calici di vetro, (Apud Damasum in ejus Vita); ma in allora appresso alcuni erano in uso quelli d'argento, come nota il Baronio nell' Annotazioni al Martirologio (7 aug. Epist. 165.) Urbano poi gl instituì d'oro, e d' argento, e si formavano con otto angoli, nonchè si decoravano d'immagini. (Ex Prudentio apud Bulegerum lib. 2 cap. 20.)

Fornici Joannes: Institutiones Liturg. in usum Seminari Rom. (Romæ et Florentiæ 1825; part. 1. Cap. 4) Zaccaria: Onomasticon Rit. Selectum ad usum cum Cleri, tum studiosæ Ecclesiasticarum antiquitatum Juventutis. (Faventice 1787)

meno d'argento, internamente dorata. Calices cum Patenis, si inaurandi, instaurandi sint, ictu manus vel instrumenti despici non debent: Dec. n. 4438.

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Il Sacerdote poi che deve celebrare, vestito di tutti i sacri Paramenti, prenderà la Berretta, e si coprirá il capo, e indi prenderà colla sinistra pel nodo il Calice, che non dovrà portare nè troppo distante, nè troppo vicino al petto, colla destra posta sopra la Borsa del Calice per tenerla ferma. Prima però che si discosti dal luogo dei Paramenti, farà col capo coperto una riverenza profonda alla Croce, o Immagine ch'è in Sacristia (così Castaldo, Ippolito, a Portu e il Quarti rapportati dal Colti nel suo Dizionario, Tit. Calix). Qual inchino, riverenza , e genuflessione si debba fare passando col Calice dinanzi alla Croce dell' Altare e al Santissimo Sacramento, V. Genuflessioni, Inchinazioni. Si deve notare poi che il Sacerdote non dovrà porre nulla sopra il Calice, fuori di quelle cose, che sono prescritte dalla Rubrica, non il Mantile, giusta il presente Decreto (S. R. C. 1 septemb. 1703. Dec. n. 3512.),, Sacerdotes non debent deferre Manutergium super Calicem ,, quam redeundo ab Altari ,,: nè altra cosa parimente, come sarebbe la Chiave del Tabernacolo, o la Patena colle Ostie per comunicare ( Cærem. PP. Discal. SS. Trinitatis p. 2 cap. 1. ) Il Calice poi rimarrà coperto dal principio della Messa fino all' Offertorio, e scoperto dall' Offertorio fino compiuta la Co

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munione.

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tam eundo

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Quando il Sacerdote poi porrà il Vino, e l' Acqua nel Calice, avvertirà di non tenerlo innalzato, ma posto sopra l' Altare, anzi ben vicino all' Ampolle, onde le gocce del Vino, e dell' Acqua non deturpino la Tovaglia. Si deve notare però, che se dopo di aver posto il Vino appariscano alcune goccie disperse tra il Calice, si procuri di unirle al Vino, o si tergano col Purificatorio, acciocchè non nasca il dubbio dopo,

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