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CAPITOLO SESTO

Le guardie sveve e angioine.

A. 1200-1320.

I.

Se proprio della feudalità era il bisogno di servirsi delle milizie mercenarie, molto più questo bisogno si manifestava allorchè, stante il disordine della pubblica amministrazione, non si potevano godere nemmeno tutti interi i vantaggi di quel sistema. Sulla fine del XI secolo la stirpe sveva sottentrò per violenza A.1194 alla normanna nella dominazione delle Due Sicilie: ma sanguinavano ancora i palchi, su' quali alla più fiorita nobiltà del regno erano stati mozzi i capi o svelti gli occhi, quando Enrico vi conquistatore della nobile provincia si moriva, e il nuovo stato perve- A. 1197 niva in Federico I ancor pargoletto in fasce. Qual confusione vi nascesse, è facile immaginare. Ordinamenti nuovi stavano sovrapposti ad antichi nè affatto aboliti, nè mantenuti affatto; il desiderio della pristina signoria serviva di velo a' baroni per ricoprire la bramosia di indipendenza ; le soldatesche imperiali erano strumento a Marquardo di Annewil per devastar la contrada e aspirarvi a tirannide; e mentre una mano di venturieri francesi la invadeva sotto pretesto di rivendicare a Gualtieri di Brienne antichi

diritti, a difesa del reale potere s'affaticavano le voci non sempre obbedite d'un pontefice e d'una donna.

Quando Federico u uscì di questa travagliosa minorità, due punti soprattutto gli rimanevano da conseguire affine di ravvivare la suprema autorità — rintegrare nella primitiva purezza gli ordini feudali, su cui posava il nerbo delle forze militari dello Stato, e rilevare la monarchia dalle insolenze de'vassalli.Le riforme introdotte da lui a questo effetto ne innalzarono la memoria sopra quella di tutti i principi suoi contemporanei.

Un giustiziere, sottoposto di tempo in tempo a sindacato, presiedè in ciascuna provincia alla milizia feudale; alcuni conestabili da lui dipendenti vegliarono in ogni terra alla esecuzione de' regii comandi intorno alla milizia de'vassalli e de'Comuni, Furonyi guardie di notte per buon ordine, furonvi visitatori e commessarii deputati a riconoscere ogni settimana lo stato de' castelli regii, e quali vi fossero i portamenti de’castellani, e quale la condizione de'servienti e dell'armamento (1). Si proibirono le presaglie e rappresaglie (2). Si vietò a'feudatarii il sentenziare nelle proprie terre (5). Si esentarono dalle molestie forensi, non solo tutti i soldati durante la spedizione, e 15 di prima e dopo di essa, ma financo i banditi e fuorgiudicati che accorressero all'esercito (4). Oltre a ciò, coll'esca di esenzioni e di privilegi, si provvide ad accrescere la popolazione

(1) Richard. de S. German., p. 1043. 1044. 1049. 1025 E, Petr. de Vin., Epp. L. V. c. 4. e 88 e V. Nota III. (A. (2) Constitut. Regni Sic., L. I. tit. 8 (ap. Canciani, Legg. barb. t. 1).

(3) Ibid. I. 46.

(4) Ibid. II. 20.

dello Stato (1): e si vietò a' vassalli di vendere o sminuire le regalie, di costrurre torri o castella (2), di ricettare verun borghese o villano appartenente al reale demanio, molto più poi di riceverlo con obblighi di personale servitù; posciachè il re solo voleva essere signore delle persone (5). Alla perfine un codice pubblicato a Melfi in generale parlamento riuni in A.1234 chiare pagine tutte le leggi e consuetudini della monarchia.

Ma di che efficacia erano elleno mai queste riforme, allorchè una seconda lega lombarda rinnovava a Federico i travagli dell'avolo Barbarossa, e le scomuniche papali gli suscitavano odii, inobbedienze e congiure nel seno medesimo dello Stato? Pareva destino che il feudalismo dovesse cagionare la rovina degli Svevi, come aveva cagionato quella de' Normanni, è come era per cagionarla più tardi agli Angioini ed Aragonesi. Federico, trovandosi non solo abbandonato, ma combattuto da' suoi vassalli, anzichè sulle milizie feudali, dovè appoggiar la sua autorità sopra quelle delle terre demaniali, sopra i Saraceni trasportati dalla Sicilia in Puglia, e nodriti colle spoglie

(1) Videntes vero hoc fieri non posse commodius, quam si ejusdem regni locuples gremium ad ubertatis suæ participium recipiat extraneos et alienigenas..... Quare magna quadam próvisione decrevimus, ut quicumque regni nostri filius effici cupiens, domiciliis illuc et familiis omnino translatis, ipsius habere voluerit incolatum, ut ad locum pascuæ libere veniat, et ab ejus grata fidelitate vescatur, et præter naturæ plenitudinem gratiæ, quam sibi favorabiliter pollicemur, et in collectis et exactionibus publicis immunitate decennii, se gaudeat immutabiliter potiturum... Petr. de Vin., Epp. VI. 7.

(2) Constit. Regn. Sic., III. 1. 29. (3) Ibid. III. 6. 9.

della Capitanata e particolarmente sopra le bande de' venturieri raccolti a stipendio. Videsi pertanto A. 1238 il maestro de' cavalieri teutonici muovere in Germania ad assoldarne a nome del re, e le spoglie dell'infelice Vicenza saziarne la naturale rapacità (1). Del resto la protezione stessa impartita per legge a qualunque bandito che venisse a servire nell'esercito, non mostra ella abbastanza a quali strette fossero le forze naturali dello Stato?

Crebbero queste necessità per Corrado e Manfredi, figliuoli e successori di Federico; a' quali non solo mancò il vantaggio della dignità imperiale, ma si i nemici si addoppiarono coll'addoppiarsi delle difficoltà. Anzi Corrado fu per avventura il primo de' principi italiani a mettere quell'uso delle paghe doppie e triple che fu la distruzione di molti Stati; allorchè sotto NaA. 1252 poli le promise alla squadra, che prima ne scalasse le mura (2). Alla corte poi del re Manfredi ogni bravo soldato, di qualsivoglia patria o fazione ei si fosse, era certo di rinvenire armi, cavalli, poderi e tanta grazia, che infino i nemici vi accorrevano (3). Cosi l'esercito del re s'era a mano a mano riempito di mercenarii: così, quando i baroni si protestarono di non essere obbligati a militare fuor del regno, Manfredi non esitò punto a dispensarli dal servigio, ed

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(1) Richard. de S. German., p. 1039 D Ant. Godi, Chr. p. 82.

(2) Matth. Spinell., Ephem. p. 1071 (R. I. S. t. VII). Già sotto Federico II i suoi stipendiarii Latini e Tedeschi stanzianti in Vetralla avevano messo l'uso, stante il disagio nelle paghe, d'impegnar armi e cavalli. Petr. de Vin., Epp. II. 58.

(3) Nic. de Jamsilla, p. 500. 533. 536 E.

assoldare in lor vece di là dalle Alpi per sei mesi duemila tedeschi a doppia paga (1).

- Ma quand' anche ne' baroni fosse stata più fede, nel governo più ordine, ne' popoli più amore e pratica delle armi, non perciò le forze naturali del regno sarebbero bastate sia a Federico ш, sia a Manfredi. Sapendo che gli antemurali di Napoli erano la Lombardia e la Toscana, in que' luoghi di esse, dove non potevano comandare direttamente, cercavano di primeggiare col favore delle parti. A tale effetto qua e là alcuni vicarii regii con grosse schiere d'armati vegliavano le provincie d'Italia, pronti a darvi mano alle intraprese più ardite della fazione ghibellina, e quasi vessilli sventolanti del continuo, attorno cul quella potesse rannodarsi e combattere (2).

Queste guardie tenute in Italia dai principi della Casa di Svevia servivano a due scopi. Ora assicuravano da' Guelfi e da' fuorusciti le città che in conseguenza delle proprie discordie si davano per certo tempo in potestà al re di Napoli. Ora il vicario stesso del re era taluno di que' signori rurali dello stampo d'Ezelino, e quelle schiere diventavano in sua mano un mezzo opportunissimo per istabilire alcuna tirannide sotto la salvaguardia della casa di Svevia. In entrambi i casi, il servigio essendo lontano e molto durativo, nè la milizia feudale, atteso i privilegi suoi, nè quella delle terre demaniali, atteso il soverchio aggravio, lo potevano fornire: ond'è che a Saraceni od a mercenarii veniva raccomandato. Assoldavali il

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(1) Sabæ Malasp., II. 22 (R. I. S. t. VIH).

(2) Intorno alla giurisdizione di questi vicarii, V. la Nota III (B.

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