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l'Entenza; sicchè le une alloggiassero la sera là donde il mattino fossero partite le altre. Veramente cost camminossi alquanti di: ma un bel mattino eccoti i soldati del Rocafort presi dalla dolcezza di certa valletta abbandonarla molto più tardi del consueto, e quelli dell'Entenza fatigati dal caldo mettersi in via molto più per tempo, talchè senza accorgersene giungano a veduta dei primi. A tal vista il rancore fa credere tradimento ciò che è semplice caso: i Rocafortesi, voltata faccia, si scagliano sopra i venienti, che dapprima come inermi sono uccisi, poi si difendono, offendendo. Nel fiero scompiglio l'Entenza venne ucciso per mano dello zio e del nipote medesimi del Rocafort: nè prima fini la strage che pon giacque a terra spenti 500 fanti e 150 cavalli (1).

Fu questo all'Infante un sufficiente indizio di quello che macchinava il Rocafort. Fatto perciò ancora un ultimo e vano sforzo per ridurre la compagnia alla divozione del re di Sicilia, lasciò col buon Muntaner gli alloggiamenti pieni di sangue e di discordie, e drizzò i remi a Negroponte, dove altre venture nè meno dolorose attendevano entrambi. Più fortunato di tutti il Ximenes, che, fuggitosi dal macello a Costantinopoli con cento compagni, vi godè a lungo di quel berretto granducale, che era stato occasione di morte a'suoi predecessori!

Il tempo perduto ad uccidere i proprii e ad elevare un monumento di espiazione allo Entenza, mandò a

(1) Muntaner, ch. 232. Muncada, III. 6.- Pachym. VII. 36. — Ducange, Hist. de Constantin. VI. § 46. — Niceph. Gregoras, 1. VII, ch. 4.

monte l'impresa. Gli Almovari non trovando più nella Macedonia che popoli armati e chiusi dentro terre ottimamente fornite, posaronsi con istento nelle rovine dell'antica Cassandria, sul promontorio che sta alla destra del golfo di Salonicchi. Quivi l'aspro e crudele imperio di Berengario da Rocafort, oramai degenerato in una tirannide infestissima a'capitani ed a'nobili, quanto più vicini al potere, altrettanto facili a venirne urtati, ebbe termine sanguinoso e inaspettato. Aveva egli cercato riparo al mal umore de'compagni sotto la protezione d'un nome famoso, chiamando da Negroponte Tebaldo di Chapois, luogotenente di quel Carlo di Valois, che, figlio, fratello, padre, genero, cognato di re, non doveva per suo tormento gustare del regnare che la vicinanza. Sbarcato adunque a Cassandria, Tebaldo ricevè a nome del suo principe in obbedienza la compagnia: ma ben tosto i capitani fannogli grave calca, querelando i tirannici modi del Rocafort, le eredità de'morti soldati usurpate, le più belle donne rapite, a Gomez Palacin mozzo il capo per nimistà privata: infine Tebaldo medesimo in pochi giorni diventa di molti oltraggi testimonio e segno. Dapprima s'appigliò alle rimostranze: avendole sperimentate vane, aspetta l'arrivo delle proprie galee; quindi chiama il superbo uomo a dir sue scuse nel consiglio dell' esercito. Al primo apparire di Berengario nella sala, una general voce si innalzò dai seggi ad accusarlo: invano si provò egli a confonderli con violente minaccie: mille grida soffocarono quelle parole, molte mani si levarono per farne vendetta: insomma essendosegli tutti insieme scagliati addosso, l'afferrarono strettamente per la persona, e ben le

gato lo portarono insieme col suo fratello nel padiglione di Tebaldo. Trasferiti incontanente sulle navi, morirono poi entrambi di fame nelle torri di Aversa (1).

Ma non così tosto avevano salpato da Cassandria i legni, i quali portavano a miserabile supplizio il famoso capitano, che le schiere, sciolte dal primo stupore, si pentivano del fatto, e nel sangue e negli averi di coloro, che n'erano stati partecipi, ne prendevano adequata vendetta. Elessero quindi quattro uomini, due cavalieri, un adalido (2) e un Almovaro a reggere il consiglio della compagnia. Del resto l'aprirsi della primavera col dare principio alla guerra soffocò le discordie.

VI.

Quello spazio di terra, che dal golfo di Salonicchi A. 1310 a quel di Larta si distende insino al mare con tutte le isole che gli fan corona, serbava nel 1310 ancora i segni della dominazione, che altri venturieri crociati gli avevano imposto un secolo avanti. Il sistema feudale era stato piantato sulle rovine dell' impero d'Oriente. Atene e Tebe erano state infranciosate in Sethines e Stives: Corinto aveva il suo conte, l'Attica un duca; Chio, Lesbo, l'Eubea, Mitilene, Argo, luoghi sacri per immortali memorie, erano retti da proprii signori e fra tanti principi da niun potere supremo

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(1) Muncada, III. 13.-Muntaner, ch. 239.

(2) Ufficio degli adalidi nella milizia spagnuola era giudicare delle emende e della divisione delle prede, comandare a' soldati a piè, mettere le sentinelle, governare le pattuglie. Sotto di loro stavano gli Almocadeni, specie di caporali. V. Ducange, Glossar. voc. Adalides.

raffrenati, inevitabile era la guerra e continua. Non è a dirsi pertanto con quale letizia Gualtieri di Brienne duca d'Atene accogliesse dentro sè il pensiero di valersi della gran compagnia degli Almovari per proprio ingrandimento, e con quale premura s'affrettasse a proporle condotta di sei mesi a uguali condizioni di quelle già da essa stipulate col Paleologo. Se non che a'Catalani affine di giungere nell'Attica occorreva di aprirsi a viva forza il passo a traverso di una gran parte della Macedonia e di tutta la Tessaglia per vie sconosciute, in mezzo a popolazioni numerose ed agguerrite.

Governava la Tessaglia con titolo di Sebastocratore e con indipendenza pressochè regia un Giovanni Duca; reggevano la Macedonia i Greci, o per meglio dire le imperatrici Irene e Maria ricoverate a Tessalonica, capitale della provincia. A questa città appuntaronsi le mire de'Catalani disperati di penetrare per quell'anno in Grecia: occupar Tessalonica per sorpresa o per assedio, appropriarsi i tesori della corte imperiale, stabilirvi la sede di una vasta signoria e di grandi venture, questo era il disegno che i nuovi capi avevano ereditato dal Rocafort. Ma la cosa era stata con somma diligenza antivenuta dall'imperatore. Respinti da Tessalonica, respinti da ogni terra murata, avviaronsi allora gli Almovari per rientrare nella Tracia: ma a metà stráda ne arresta la marcia certo prigioniero, che narra loro: un'immensa muraglia essere in quel mezzo stata costrutta da'sommi gioghi del monte Rodope a'lidi del mare: ogni altro adito rimaner chiuso e a sforzarsi impossibile; le genti attorno levate in arme essere per tagliare le vie alle

vittovaglie; quand'anche eglino, benchè ottomila soli, avessero modo di resistere alla forza, come resisteranno alla certa fame? »

In tanta necessità un sol partito rimaneva, e a quello senza indugio s'appigliarono. Radunati prestissimamente uomini e bagaglie, s'incamminano a gran passi verso la Tessaglia, e primachè que'del paese abbiano tempo d'impedirlo, piantano i quartieri d'inverno sulle sponde del Peneo, nella deliziosa valle A.1311 di Tempe. Di colà disputando passo passo agli indigeni i monti che separano la Tessaglia dalla Grecia, calaronsi al venir della primavera nelle pianure del Cefiso. Quivi si fecero loro incontro i legati di Gualtieri di Brienne duca d'Atene spediti sia per festeggiarne l'arrivo, sia per concludere con essi i patti di assoldamento già discussi a Cassandria. Stipulato l'accordo, la compagnia s'innoltrò verso l'Attica, e passò la state a guerreggiare molto bravamente pel novello padrone i signori vicini.

1312

Ma come prima cessò colla buona stagione il lavoro 4 marzo delle armi, e scadde il tempo de'pagamenti, eccoti il duca investir bensì alcuni Almovari di buoni feudi, ma a'restanti negar soldo, negar terre, e non altrimenti che a malfattori imporre di sgombrare da'suoi Stati. Per simil gente ciò fu caso di guerra: Gualtieri di Brienne con molto maggiore spesa e fastidio radunò un esercito di 8000 fanti e di 6400 cavalli: tutta la compagnia in numero di 5500 a cavallo, e di 4000 a piè escì dalle sue stanze, e si dispose a battaglia.

Era il sito irrigato da un vasto canale, le cui acque, a mano a mano penetrando nel suolo, gli-mantenevano una perpetua veste di folta verzura. I Catalani, lascia

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