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CAPITOLO SECONDO

La feudalità in Italia fino al Barbarossa.
A. 888-1154.

1. Cagioni, per le quali nel x secolo la popolazione dei liberi indipendenti sparisce, sorge la feudalità, e la milizia resta a cavallo. Vicende della voce Miles. II. Uso della parola feudo. Aspetto generale della feudalità. I beneficii fatti ereditarii. Qual danno ne provenga al feudalismo.

HII. Leggi, usi e obbligazioni feudali. Distinzioni de'feudi. IV. Le avvocazie.

V. La feudalità in azione. Le guerre private. La tregua di Dio. Le torri feudali.

VI. La corte del signore feudale. La scara. La masnada. Vicende di queste voci e instituzioni.

VII. Milizia feudale. Una battaglia. Le fortezze. Gli assedii.

CAPITOLO SECONDO

La feudalità in Italia fino al Barbarossa.

A. 888-1154.

I.

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Settantatrè anni durarono gli intestini contrasti A. 888 de'signori italiani, dalla rovina de' Carolingi allo stabilimento della casa di Sassonia: nè giammai prima o dipoi l'Italia moderna fu più indipendente, od infelice. Un Arnolfo, un Guido, un Lamberto, un Ugo, due Berengarii, un Ludovico, un Lotario, vennero mano mano a disputarsi quel trono, che le incursioni de'Saraceni ed Ungheri insanguinavano tuttodi. Pesti, fami, guerre civili, scorrerie di Barbari, oppressioni di tiranno, angarie di principe, rendevano a uom privato la libertà personale, se non impossibile, pericolosa. Già proclamavasi vicino il finimondo; già i popoli guardavansi in volto smarriti, quasichè il suolo fosse per fallire a' loro piè. Fra tanta desolazione, mancando la tutela delle leggi, la sicurezza personale dovea da ciascuno procacciarsi per mezzo di contratti particolari ; e viver libero e ricco non si potendo, immolavasi la ricchezza per assicurare la libertà, immolavasi la libertà per assicurare la vita. Chi si raccomandava, chi si offeriva, chi si dava in vassatico coll'obbligo di seguire il signore alla guerra, chi si vendeva in servitù, chi concedeva a uom più forte parte di sua libertà e sostanza. Altri dopo di avere per eccesso di divozione donato alla Chiesa

terre, case, suppellettili, donavano al postutto la famiglia e se stessi. Altri con più ragionevole consiglio offeriva l'allode a potente signore, per riaverlo a titolo di beneficio sotto il gravame delle obbligazioni feudali. Infelici cambii, che cacciavano indietro di molti lustri i progressi dell'umana civiltà !

Cosi quella popolazione de' piccoli possidenti già soliti a seguire a piè le bandiere del conte, e quella de'meglio agiati, che senza essere vassalli possedeano pur tanto da militare a cavallo, in un secolo e mezzo di confusioni e dolori spari. Questi entrarono nel novero de' vassalli e retro-vassalli: quelli s'ascosero nella miserabile schiera degli ascrittizii e dipendenti, sia negli averi e nella persona, sia ne' soli avéri. Due risultati di grave momento pella storia d'Italia conseguitarono da ciò:

1° Insieme colla popolazione de' liberi indipendenti, l'autorità comitale a poco a poco scompare. Nelle città il vescovo, che ne è la prima persona, e da qualche tempo vi tiene ufficio di regal messo, e vi possiede immense immunità, e dispone nelle elezioni de'contendenti all'impero, succede al conte, e aggiunge al pastorale spada e bilancia. Il contado viene diviso in feudi ed esenzioni laiche ed ecclesiastiche.

2o Nel medesimo tempo la milizia si fa tutta feudale; gli eserciti s' impiccoliscono; della fanteria, già già diventata vil turba di dipendenti e ministeriali, non si tien conto; le forze degli Stati si computano dalla cavalleria, e la cavalleria ne risolve le sorti. Formano poi la cavalleria i vassalli obbligati fin dai tempi di Carlomagno a cosiffatta mili

zia (1); sicchè oramai tra uomo a cavallo e fante v'è tal differenza qual tra padrone e servo. Di que sta differenza è segno un vocabolo, le cui vicende siccome compendiano la storia della milizia del medio evo, così meritano di venir qui brevemente raccontate.

Milite era presso a' Romani l'uom libero, che guerreggiava in servigio della patria a piè o a cavallo, Comune essendo questo ufficio a tutti i cittadini, e il nerbo de' loro eserciti nella fanteria, la voce di milite s'oppose talora a quella d'equite per denotare il soldato a piè (2). Siccome poi il più sovente al poter militare s'aggiungeva il civile, la significazione del vocabolo venne estesa ad indicare l'esercizio di qualsiasi carica, eziandio civile; e quando, spenta la repubblica, la potestà suprema fu rappresentata sotto il titolo militare d'imperatore, e i nomi delle cariche del sacro palazzo pigliaronsi dalla milizia, milite fu appellato genericamente chi le esercitava, e milizia siffatti esercizii (3). Nel tempo stesso a quest'ultimo significato s'univa pur quello di fedeltà e dipendenza personale, propria di cotal servire cortegiano. Con questo duplice senso la voce passò nel linguaggio latino-barbarico, e si trova adoperata nelle storie del sesto secolo di Gregorio Turonense, e in una lettera di Sigismondo re di Borgogna all'imperatore Anastasio (4).

(1) Vedi sopra, p. 13.

(2) Tripartito milites equitesque in expeditionem misit. Cæs. B. G. V. 10. Milite atque equite... Liv. 22. 37.

(3) Forcellini, Lexic. voc. Miles, Militia.

(4) Ducange, voc. Miles.

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