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nunciava il verdetto 1.

siet, ex altera parti C», ed é detto che ciascun giudice << alteram literam inducito, alteram servato », e si prevede anche il caso che ambc le lettere sieno cancellate « ubei nihil scriptum erit, sine suffra gio »Il non liquet facea luogo all' ampliatio, « amplius pronuntiari », cioé a rinvio per un' istruzione ulteriore-Diversa da questa la comperendinatio, che vi fu sostituita dalla lex Servilia Glauciae, e che importava un doppio dibattimento (prima et secunda actio) con l'intervallo di un giorno almeno-Ascon. Divin. in Caec. p. 118: << In divinatione et in aliis (causis) maioribus universi iudices in cistam tabulas simul coniiciebant suas, easque insculptas literas habentes A, absolutionis; C, condemnationis; cum de alicuius capite agebatur, N et L, ampliationis; his enim literis significabant, non liquere ». Lex Acilia 1. 54 «.. palam pronontiato, ubei A litera scripta erit «< absolvo », ubei C litera scripta erit «< condemno », ubei ni hil scriptum erit «< sine suffragio ». Ascon. in Verr. I p. 164: « Comperendinatio s. actio secunda ». Cic. in Verr. I, 9: « Verum, ut opinor, Glaucia primus tulit, ut comperendinaretur reus: antea vel iudicari primo poterat, vel amplius pronuntiari ». Ascon. ad h. 1.: « Ante legem Glauciae de comperendinatione aut statim sententia didicebatur, si absolvendus esset reus, aut amplius pronuntiabatur, si videretur esse damnandus, quum dixissent iudices non liquet, hoc est, obscura causa est. Itaque ea pars interposita dilatione dicebat, in cuius peroratione videbatur obscuritas. Comperendinatio vero u triusque partis recitatio est. Alii sic adnotant: Comperendinatio est secunda actio. Item: Comperendinatio est ab utrisque litigatoribus invicem sibi denunciatio in perendinum diem ». Ascon. in Act. II in Verr. p. 165: « Acilii Glabrionis (sc. lex).. neque comperendinationem neque ampliationem habet >>.

1 Per la condanna si richiedea la maggioranza, per l'assoluzione bastava la parità dei voti. E il verdetto veniva enunciato con le parole « fecisse o non fecisse videri ». Lex Acilia 1. 55 e 56: «< Sei eae sententiae ibei plurumae aequove numero erunt « absolvo», pretor, quei ex h. 1. quaeret, pronontiato: non fecisse videri.. Sei eae sententiae ibei plurumae erunt «< condemno », praetor, quei ex h. 1. quaeret, pronontiato: fecisse videri ».

§ 3.

Periodo posteriore alle QUAESTIONES PERPETUAE, o delle COGNITIONES EXTRA ORDINEM.

Le giurisdizioni straordinarie, che sotto l' Impero (come già si è detto) si misero ben presto allato alle quaestiones perpetuae, avean fatto sorgere la distinzione fra i iudicia publica e le cognitiones extra ordinem distinzione dipendente del non osservarsi per taluni reati le forme legali de' pubblici giudizi e la competenza dei iudices selecti, e svolgersi invece tutto il processo davanti a magistrati o funzionarii imperiali. Ma dopo che nel terzo secolo le quaestiones perpetuae e con esse l'ordo iudiciorum publicorum scomparvero del tutto, quella distinzione, se fu pur sempre conservata, non lo fu che per tradizione e per sceverare i reati già puniti dalle antiche leggi e nelle forme antiche, da quelli che soltanto di recente erano ⚫ stati colpiti coi provvedimenti nuovi e con le nuove procedure. In ogni modo da quel tempo furon tutti

1 D. 48, 1, 1: « Non omnia iudicia, in quibus crimen vertitur, et publica sunt, sed ea tantum, quae ex legibus iudiciorum publicorum veniunt, ut Iulia maiestatis, Iulia de adulteriis, Cornelia de sicariis et veneficis, Pompeia parricidii, Iulia peculatus, Cornelia de testamentis, Iulia de vi privata, Iulia de vi publica, Iulia ambitus, Iulia repetundarum, Iulia de annona ». D. 48, 16, 15 § 1: « An ad eos, qui hodie de iudiciis publicis extra ordinem cognoscunt, Senatusconsultum pertineat, quaeritur? Sed iam hoc iure ex sacris Constitutionibus utimur, ut pertineat. Ita ex singulis causis singulae

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iudicia extraordinaria 1. E non dirò della giurisdizione straordinaria del Senato, la quale, sorta con l'Impero, fu nei primi due secoli or più larga e or più ristretta secondo il vario carattere de' singoli principi, e in ogni modo fe' concorrenza ai iudicia publica delle quaestiones, e comprese in generale i delitti di Stato e le concussioni de' luogotenenti provinciali e i reati commessi da' senatori; ma si venne poi nel terzo secolo restringendo a questi ultimi, e quasi perdette ogni pratica importanza 2. Dirò solo della giurisdizione de' funzionarii imperiali, la quale per contrario si svol

poenae irrogentur »-D. 47, 20, 1: « Actio stellionatus neque publicis iudiciis, neque privatis actionibus continetur »; 2 « Stellionatus iudicium.. coercitionem extraordinariam habet »; 3 pr. « Stellionatus accusatio ad praesidis cognitionem spectat »; § 2 « Poena autem stellionatus nulla legitima est, cum nec legitimum crimen sit; solent autem ex hoc extra ordinem plecti )) - -D. 47, 2, 92: « Meminisse oportebit, nunc furti plerumque criminaliter agi, et eum, qui agit, in crimen subscribere, non quasi publicum sit iudicium, sed quia visum est temeritatem agentium etiam extraordinaria animadversione coercendam ; non ideo tamen minus, si quis velit, poterit civiliter agere »-D. 48, 19, 1 § 3: « Generaliter placet, in legibus publicorum iudiciorum vel privatorum criminum, qui extra ordinem cognoscunt praefecti vel praesides, ut eis, qui poenam pecuniariam egentes eludunt, coercitionem extraordinariam inducant »-D. 47, 11 de extraordinariis criminibus; 50, 13 de extraordinariis cogni

tionibus.

1 D. 48, 1, 8: « Ordo exercendorum publicorum capitalium ja usu esse desiit, durante tamen poena legum, cum extra ordinem crimina probantur ».

2 Dio Cass. LII, 31, 32; LIII, 21; LXVIII, 2, 5; LXIX, 2— Tac Ann. III, 49-51, 66-70; IV, 15 e ss. ecc.-Svet. Octav. 66; Tib. 58' 61; Calig. 2, 3; Domit. 11 La esclusiva competenza a giudicare de'suoi membri non fu tolta al senato se non da Costantino. C. Th. IX, 1, 1; C. Iust. II, 13, 1.

se e si ampliò sempre maggiormente, e finì per assorbire nel terzo secolo le altre tutte. Questi ufficiali da prima furono specialmente i praefecti urbi, vigilum, annonae nella capitale, i consulares e i iuridici in Italia, i praesides o rectores nelle province; e poi, dopo il riordinamento e la divisione dell'Impero, i praefecti praetorio, i vicarii, i praesides e i defensores civitatum 2. A capo de' quali tutti era il principe col suo consiglio. Una gerarchia ordinata e completa.

Nulla di speciale è da notare per quest'ultimo periodo in ordine ai reati e alle pene; tranne che sotto gl'imperadori cristiani venne introdotta una nuova rubrica, quella de' reati contro la religione ; che le pene divennero sempre più crudeli ; e, cosa ancora più deplorevole, che nell'applicazione di esse fu molto lasciato alla libertà e all'arbitrio de' giudici 5.

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Il processo poi venne di mano in mano smettendo

1 Ciò è detto testualmente per il praefectus urbi. D. 1, 12, 1 pr.: « Omnia omnino crimina praefectura urbis sibi vindicavit ». 2 V. sopra pag. 72-75.

3 e 4 Tanto per le variazioni che avvennero nelle pene pei reati già conosciuti, quanto pei nuovi reati di religione e relative loro pene, rimando senz'altro al Padelletti cap. LVII, nota 1, ove si trovano esatti e larghi particolari. Questi ultimi reati son contemplati in C. Th. XVI, 6-10, e in C. Iust. I, 5.11.

5 Per l'arbitrio imperiale v. ad es. Tac. Ann. III, 24; Svet. Aug. 33, Claud. 14. Per il senato, Plin. Epist. IV, 9 § 17: « quum putaret licere senatui, sicut licet, et mitigare leges et intendere ». Per gli altri funzionarii, D. 48, 19, 13: « hodie licet ei, qui extra ordinem de crimine cognoscit, quam vult sententiam ferre vel graviorem vel leviorem: ita tamen ut in utroque modo rationem non excedat ». 6 Non parlo di quello speciale avanti il senato, presso del quale

sempre più il carattere pubblico ed accusatorio, per diventare inquisitorio e segreto; e, scomparsa ogni distinzione di ius e iudicium, espletavasi tutto, extra ordinem, presso una sola e medesima autorità; con forme e procedure molto più semplici delle antiche e, perchè generalmente non prescritte da leggi, più o meno arbitrarie. Però d' altra parte, quasi in compenso dei soppressi due stadii del procedimento ordinario, s' introdusse col principato e si sviluppò con la gerarchia delle cariche imperiali l'istituto dell'appello, mercè il quale si ottenne un doppio grado di giurisdizione, e con ciò la revisione delle sentenze ed un rimedio contro la eventuale ingiustizia di esse 2.

la dimanda di accusa si presentava ai consoli e da questi s'istruiva, seguiva indi il dibattimento, e il senato poi decideva nella forma consueta delle sue deliberazioni. Tac. Ann. II, 28; III, 10, 22, 23; VI, 4, ecc. Plin. Epist. II, 11, 12; V, 20; VII, 6.

1 V. D. 47, 11 de extraord. criminibus; 50, 13 de exstraord. cognitionibus. E i diversi titoli « de officio praesidis », « de officio praefecti urbis » ecc., citati sopra a pag. 73-75.

2 Il diritto di revisione e di revocazione delle sentenze si ebbe da' principi in virtù della potestas e della intercessio tribunicia, e vedesi attribuito allo stesso Augusto (Dio Cass. 41, 19; LII, 33). Da əssi venne trasferito per delegazione ai praefecti urbi, praetorio ecc. (Svet. Octav. 33; Dio Cass. LII, 21). V. Cod. Th. XI, 30 de appellationibus; D. XLIX, 1 eod.; Cod. VII, 62 de temp. et repar. appellat. Ma anche dopo ciò rimase nei principi il dritto di decisione suprema, sia al seguito di relatio o consultatio de' loro funzionarii, sia per effetto di supplicatio delle parti: v. sopra, pag. 91. Ed oltre questo, ebbero sempre il diritto di grazia. V. D. 42, 1, 45 § 1; 48, 19, 4 in f., 9 § 11,27 pr., 31 pr.

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