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i principi più la lasciavano trascorrere o più la frenavano... Il pretesto era la conservazione della fede, ma la cagione o, per meglio dire, il fine, il terrore e la soggezione dei principi e dei popoli.

Di poi, narrando, alla pag. 93, come l'Imperatore Carlo V, pregò il Papa di stabilire l'Inquisizione nel regno di Napoli, soggiunge così: Paolo, che si viveva in mala soddisfazione, sebbene non palese, con Carlo,diede volentieri il Breve e mandò il commissario, non tanto per desiderio di estirpare le eresie, quanto per isperanza che i Napoletani, siccome quelli che sempre avevano abbominato la Inquisizione, a questo odiato suono si solleverebbero contro il loro signore, o turberebbero quel suo ascendente di voler comandare a tulti. Ognuno vede quanto sia ragionevole il supporre, e quanto sia onesto il promulgare che un Papa, ad istanza di un Re, ordinasse di procedere contro gli Eretici non già per desiderio di estirpar l'eresie, ma per la speranza che con questo i popoli si solleverebbero contro il loro signore.

SOMMARIO.

Travagli nel Conclave per l'elezione del nuovo Papa: vien eletto il cardinal del Monte sotto il nome di Giulio III. Sua benignità e liberalità; ma fa un cardinale indegno. Nuovo discorso su quell'intoppo alla pace di Parma e Piacenza. Giulio rimette il Concilio in Trento. Casi di Siena, e come i cittadini vi sono malcontenti dell'Imperatore. I Farnesi entrano in protezione di Francia; guerra che ne segue per Parma e Piacenza tra l'Imperatore e il re Enrico. 1 Protestanti acquistano nuove forze in Germania, si allegano col titolo di libertà, e fanno un moto tale che cacciano Carlo in sin dal Tirolo. Nuovi nemici sorgono contro di lui in Italia; moti di Siena e di Napoli; Turchi infestano le spiagge del Regno. I Sanesi cacciano gli Spagnuoli dalla loro città, e si voltano alla parte Francese; soldati francesi vi arrivano; reggimento politico che vi si ordina. Accordo in Germania tra l'Imperatore ed i Principi dissenzienti. Famoso assedio di Metz, e come Carlo è costretto a levarsene. Guerra molto varia in Piemonte con danno gravissimo del paese. Si riassume il Concilio in Trento: grave moto che vi suscita una lettera del re Enrico. Decreti del Concilio. Discorso sulla giurisdizione ecclesiastica. Altri decreti dei Tridentini Padri. Si sospende per due anni il Concilio pel moto raccontato dei Protestanti, condotti da Maurizio di Sassonia verso il Tirolo.

CHIUSERSI, fatte secondo l'antico rito l' esequie no

vendiali del morto Papa, i cardinali in Conclave. Gli occhi del mondo stavano intenti a vedere in chi, fra tante tempeste della Repubblica Cristiana e degli stati temporali, avesse a cadere la dignità suprema della Chiesa. Vi nacquero, secondo il solito, le parti, perchè alcuni volevano un Papa d'inclinazione Francese, altri un Papa che favorisse gl'interessi Imperiali. I Principi manifestarono le loro intenzioni: l'Imperatore si

contentava del cardinale di Burgos, in cui concorreva anche il favore del duca Cosimo, per essere lui fratello del Toledo, vicerè di Napoli. Quando poi la elezione sua non potesse aver effetto, proponeva Cesare quella del cardinale Polo, uomo di santi costumi e di profonda dottrina. Ma il Re di Francia dava l'esclusiva, come ben si può credere, a Burgos ed a Polo, più vivamente però al primo che al secondo, e fermava i suoi pensieri in Salviati o Ridolfi, o nel cardinal di Trani. Sul principiar del Conclave, essendo ancora pochi i cardinali francesi, la parte imperiale sarebbe prevalsa, accostandosi a lei il cardinale Farnese, padrone di diciassette voti fermi, s'ella non si fosse fra sè stessa in varie sette divisa: don Diego di Mendozza, ambasciatore Cesareo, e il cardinal Gonzaga, per incentivo del suo fratello don Ferrante e per propria amicizia verso il cardinale Salviati, si adoperavano, contro la voglia dell' Imperatore, a favore di questo. Salviati, ambiziosissimo ed astutissimo, a cui pareva di non poter vivere, se papa non diventasse aveva, per mezzo dei Gonzaga, mitigato l'animo dell'Imperatore, altre volte molto male impresso di lui per avergli attraversati i suoi disegni in Firenze; il che aveva risolutamente constituito il Cardinale nella parte Francese. Prometteva di fare molte cose a beneplacito di Cesare, ridurre il Concilio in Trento, concedergli i beni delle chiese non curate, favorire Cosimo, restituire i beni ai Colonna ed ai Baglioni, far cardinale un figlio di don Ferrante, star neutrale tra Francia e Imperio. Fu chi disse che questa convegna fra alcuni Imperiali e i Francesi fosse fatta con animo di abbassare la potenza imperiale in Italia, e far potente di stati don Ferrante in Lombardia, don Diego signore di Siena, come se i beni dell' Italia fossero messi all' incanto.

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Seppesi queste pratiche il cardinal Farnese, il quale, per le speranze di Parma e Piacenza, si era sinceramente riconciliato con l'Imperatore, e scritto a Sua

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Maestà che, se i suoi ministri non si ritiravano dal favore del Salviati, e dall'opporsi ai proposti per la parte imperiale, che il cardinal fiorentino sarebbe riuscito papa. Scrisse allora Cesare con imperio al Mendozza, che badasse ad obbedirlo e non ad altro. Sfavoriva anche segretamente Salviati il duca Cosimo, ancorchè in apparenza gli si dimostrasse propenso. Poi molti dei cardinali erano infastiditi di sentir parlare di papi che avevano figli, e Salviati ne aveva tre; dal che si deduce che se è bene che i preti cattolici non abbiano moglie, forse sarebbe meglio che l'avessero. Per la qual cosa, stando i Farnesiani fermi nei loro voti, e gli Spagnuoli altresì, obbedienti al loro signore, contrapponendosi, Salviati non potè mai vincere la prova; ma nè anco Burgos, nè Polo vincevano, poichè molti cardinali italiani si ritiravano da loro per essere stranieri all'Italia. Burgos ebbe pochi voti, temendosi della potenza della casa, massime del Vicerè di Napoli; Polo molti più, e stette ad un voto una volta, che non fosse chiamato al seggio. Salviati si travagliava, ma non trovava rimedio; infine i voti si voltavano a Ridolfi, essendo giunti i cardinali francesi, ma egli se ne moriva in quel frangente.

Il Conclave si prolungava; già era stracca l' una parte e l'altra; i cardinali dal tedio e dallo stretto vivere s'ammalavano: vennero finalmente in sul convenire. Il cardinal del Monte, risplendente per fama per avere presieduto in qualità di primo Legato il Concilio, si era procacciato il favore del Farnese con promettergli di restituire Parma e Piacenza alla sua famiglia, se papa fosse; il che fu cagione che il fratello d'Ottavio con tutti i suoi aderenti il portassero. I Francesi nol disfavorivano, perchè aveva nome di appartenere alla loro parte ed era stato autore della traslazione del Concilio, con che si era tirato addosso l'inimicizia dell' Imperatore. Restava adunque la difficoltà, che Cesare alla sua elezione si contrapponeva ; ma sciolse questo nodo il duca Co

(1550) simo, dimostrando a Carlo, che il cardinal del Monte, di natura ingenua e liberale, non aveva mai tradito nessuno, e che bene prometteva a Sua Maestà di guadagnarglielo; che del resto, aggiungeva Cosimo, toccando l'umore particolare dell'Imperatore, Sua Maestà ben sapeva, che autore della traslazione era stato piuttosto il cardinale di Santa-Croce, che quello del Monte. Prometteva in questo il Monte che, se arrivava al soglio, avrebbe tostamente rintegrato la Sinodo in Trento: diede l'Imperatore il suo consenso.

Disposte in tal modo le cose, il cardinal Farnese propose ai voti del Collegio il cardinal del Monte. Fu eletto il di settimo di febbrajo dopo settantatrè giorni di conclave, ed assunse il nome di Giulio III. Concorsero a crearlo tutti i cardinali, toltone quattro, Gonzaga, Pacecco, Madruccio e Queva; i quali vedutolo già papa, vennero a baciargli il piede ed a chiedergli perdono.

L'elezione di Giulio, siccome diede ammirazione, perchè si conosceva la forza delle due fazioni francese ed imperiale, ed egli non era troppo nè dell'una nè dell'altra, così riuscì di non poca contentezza ad ognuno, perchè amavano in lui là liberalità della natura aliena dalla dissimulazione ed aperta a tutti. Nè mancava in lui l'ingegno e la pratica del mondo avendo sempre avuto per le mani negozj di grande importanza non tanto per la parte spirituale, quanto per la temporale.

Lieti e benigni furono i principj del suo pontificato. Aveva egli promesso, anche prima della sua assunzione, al cardinal Farnese, di rendere Parma al duca Ottavio, che si trovava sempre, come deposito ordinato da Paolo III, in potere di Camillo Orsino. Erasi dimo→ strato l'Orsino, in questo suo governo, franco e leale cavaliere; Francesi e Imperiali si erano affaticati con premj grandi e promesse maggiori di ottenerla da lui, le quali offerte, quantunque molto allettative fossero furono da lui costantemente rifiutate. Ricordandosi

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