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sarebbe bene dar moglie a tutti i preti, a tutti i vescovi, e a tutti i cardinali, qui non ci si trova nè buona logica, nè buona fede.

Alla pag. 211 e seg., trattandosi delle riforme adottate dal Concilio intorno alla giurisdizione ecclesiastica, leggiamo le seguenti parole nell'Istoria del Botta:

Ai tempi della Chiesa primtiva i Cristiani schifavano di ricorrere ai tribunali dei pagani perchè, essendo da questi avuti non solamente in odio, ma ancora in disprezzo, non potevano attendere buona giustizia. Nacque da ciò che nelle loro cause, sì criminali, cioè in quelle in cui si trattava di offese dell'uno contro l'altro, come nelle civil, le savie persone s'intromettevano per far perdonare l'ingiuria dall'offeso all'offenditore, e giudicare della possessione quando si trattava di azioni reali. Era poi anche stabilito che, se i giudizj dati dalle persone autorevoli non fossero attesi, l'universale dei fedeli, civė il corpo della Chiesa, decidesse, il che costituiva modo di appello..

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Ma coll'andar del tempo, diminuitosi il fervor religioso e contaminatosi il costume, incominciossi a giudicarsi nè con la medesima integrità dai giudici, nè ad uniformarsi con la medesima prontezza dai condannati; dal che nascevano rancori, risse e scandali. Oltre a ciò, essendo cresciuto notabilmente il numero dei Cristiani, e i giudizj diventarono troppo frequenti, ed il convocare i più incomodo. Da ciò derivarono due mutazioni importanti. Primieramente sorse la necessità del braccio Imperiale per assicurare la esecuzione dei giudizj; in secondo luogo, le deliberazioni si restrinsero, e se ne esclusero prima la moltitudine, poi il presbiterio, cioè il collegio dei preti e diaconi, e tutto si ridusse nella decisione del vescovo. Ciò successe non solo per necessità, ma ancora senza difficoltà, perchè i vescovi già tenevano il primo luogo nelle sue assemblee giudiziarie, posciachè ei bisognava bene che quando interveniva la moltitudine il giudizio procedesse con ordine, e che uno presiedesse, guidasse l'azione, proponesse le materie, raccogliesse i partiti, dichiarasse il giudizio; le quali cose dal vescovo si facevano siccome primo in dignità. Il

passo poi da presidente a giudice unico non era malagevole assai.

La religione Cristiana vuole certamente che la giustizia venga amministrata con rettitudine, ma non divieta ai laici l'ufficio di giudicare, e la Chiesa non pretende che i giudizj sulle materie temporali debbano essere una privativa del sacerdozio. Perciò la esposizione prenarrata del Botta potrebbe lasciarsi senza censura se non ci paresse diretta a stabilire l'idea che la Chiesa Cattolica nel suo nascere fosse una vera repubblica, e che quindi il modo naturale di reggimento per il Cristianesimo debba essere la democrazia. Che primitivi Cristiani schifassero di ricorrere ai tribunali degl'idolatri, e che uomini probi s'intromettessero a pacificare amichevolmente le loro contese, questo si trova ragionevole e proporzionato alla modestia delle persone e alla condizione dei tempi; ma che, non bastando l'autorità dei mediatori, si ricorresse all' assemblea generale, e si giudicassero le cause alla pluralità dei voti, restando al vescovo il solo ufficio di contare le fave, questo è quanto non si trova conforme alla natura delle cose e degli uomini. 1 figliuoli, quando vengono in contrasto fra loro, ricorrono naturalmente al padre, e i soldați ricorrono al capitano; e per giudicare sulla proprietà di un letto o di un vestito non si pensa nemmeno a convocare la famiglia ovvero l'armata, in cui non si riconoscono nè la capacità nè l'autorità di proferire un giudizio. Altronde, il Cristianesimo si dilatò rapidissimamente, e abbiamo dagli Atti Apostolici che ai due primi sermoni di San. Pietro si convertirono otto mila persone. Come potè dunque farsi che l'universale dei fedeli si radunasse sempre per discutere e giudicare le cause de'loro fratelli? E quale Babilonia sarebbe stata mai quella in cui, per decidere sulla proprietà di un capretto, avesse dovuto radunarsi e dare il voto tutto il corpo della Chiesa? Perciò finchè il nostro autore ci spaccerà queste istorie sulla sua parola, e non le documenterà con allegazioni precise e incontrastabili, sară permesso di credere che la moltitudine giudicatrice nelle cause dei primi Cristiani, e il vescovo che, come primo solamente in dignita, tiene il bussolotto in mano e non ha da far altro che raccogliere i partiti, sieno frottole e romanzi del giansenismo e della filosofia,

Di poi il nostro Autore siegue a trattare sopra questa materia astutamente si, e con certa apparenza di candore, ma sempre con animo avverso alla Chiesa, e sempre ravvisando quali usurpatori i preti contro i laici, i vescovi contro i preti, e i papi contro i vescovi e contro tutti. Ma inseguire il Botta in tutte le sue astute circonflessioni, e ragionare adequatamente della giurisdizione ecclesiastica coi fondamenti del dogma, dell'istoria e della giurisprudenza, questo la brevità e l'istituto di un gior nale non lo comporta.

Infine, detto delle riforme decretate sopra questi propositi dal Sinodo tridentino, soggiunge così: Debbonsi stimare i raccontati decreti buoni: anzi oltimi ma non toglievano a gran pezza tutti gli abusi, nè certamente si poteva aspettare da un'assemblea di ecclesiastici convocata dal Papa, che spogliasse Roma di quanto aveva in sè di eccessivo e la riconducesse a quanto solamente le appartiene per diritto. La pienezza della riforma in questa parte non poteva ven re, e non venne realmente, che dalla podestà secolare stessa, che, svegliatasi, volle appoco appoco riassumere tutta la debita autorità e rientrare nei suoi diritti.

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Che queste cose sieno conformi al diritto pubblico dei principi e non contrarie alla religione il dimostrano le promulgazioni falte nei tempi più moderni dai principi stessi, con le quali rivendicarono medesimi gli antichi diritti di giustizia, togliendo alle mense vescovili ed alle nunziature molte cause senza ehe Roma abbia sentenziato gravemente contro di loro. Nè si scuopre ch'ella inveisca contro la Franeia, qual ella è ordinata presentemente, in cui tutte le cause civili e criminali, non escluse, anzi formalmente incluse, quelle de' chierici, sono giudicate da tribunali Regj, e ridotti gli uffiziali delle mense episcopali al giudizio delle cause meramente spirituali. Chi vorrà sostenere che i privilegi del fóro ecclesiastico, di cui abbiamo trattato, e che feriscono l'autorità del Principe, appartengono all'essenza della Religione Cattolica, bisognerà che confessi che in un paese in cui il Papa elegge parecchi cardinali, in cui istituisce tutti i vescovi, e manda un nunzio, ed in cui la Religione Cattolica è tenuta in tantò onore, dico la Francia, sia eretica e degna di scomunicazione.

I Cristiani, tanto ecclesiastici come laici, sono tutti uomini composti di spirito e di corpo, e quindi la Chiesa, avendo il diritto e il debito di governarli e di giudicarli, dovrà avere necessariamente il modo di far eseguire i suoi regolamenti e i suoi giudizi anche col costringimento del corpo. Altrimenti gli scandalosi, gli apostati e gli eresiarchi, se la riderebbero della potestà della Chiesa, e i vescovi e il papa non potrebbero allontanare un prete contumace e scomunicato dall'altare, dal pulpito e dal confessionale, perchè questo allontanamento non può farsi senza la coazione del corpo D'altra parte, anche i principi sono ministri di Dio per il bene, ed hanno autorità di costringere nel corpo i loro sudditi; perlocchè, trattandosi che i prelati della Chiesa e i principi temporali sono tutti uomini, è naturale che insorga fra di loro qualche controversia, e che i limiti delle due podestà non vengano sempre nè perfettamente conosciuti ne esattamente rispettati. Noi dunque non assumiamo di farne la ricognizione, e non vogliamo esaminare quando e quanto debba estendersi la podestà della Chiesa sulle persone e sulle temporalità dei Cristiani, con quali norme l'esecuzione dei giudizi ecclesiastici debba commettersi al braccio secolare, e quanto potesse esservi di giustizia ovvero di esagerazione nelle pretese occupazioni di Roma, ma diciamo bensì che se i principi considereranno di essere anch'essi figliuoli e sudditi della Chiesa, se rammenteranno di avere il ministero da Dio con obbligo di esercitarlo per il bene, e se esporranno le loro istanze con l'affetto di figli e con la mansuetudine di Cristiani, il sacerdozio anderà sempre d'accordo con essi e non ci saranno mai contese fra il potere della Chiesa e il potere dei Re.

Cosa diremo però di quel modo di argomentare con cui il Botta dichiara che, Le promulgazioni fatte nei tempi più moderni da principi, sono conformi al diritto e non sono contrarie alla religione, perchè Roma non ha sentenziato gravemente contro di loro? Forse non bastavano i reclami e le ammonizioni di Roma per qualificare quei fatti ? E forse la pazienza del sopportare assolve l'ingiustizia del commettere? Roma ha pianto, ha esclamato, ha ammonito, e se non ha sentenziato gravemente, ciò è stato perchè sulla cattedra di Roma

ci siede il Vicario di un Dio d'infinita misericordia e d'infinita pazienza. Ma tant'è. Se Roma sentenzia gravemente, le sue sentenze sono abusi, scandali, enormità; e se poi si restringe alle rimostranze e alle lagrime, ciò dimostra che le promulgazioni fatte nei tempi moderni sono conformi al diritto pubblico, e non contrarie alla religione. E questa è la logica e la lealtà del giansenismo e della filosofia.

Finalmente, quanto alla Francia, certo la maggior parte di quell'illustre e religioso popolo non ha concorso a renderla qual' ella è ordinata presentemente, e perciò la maggior parte dei Francesi non è eretica e degna di scomunicazione, ma tuttavia di scomunicati ce n'è colà una grande abbondanza, e per incorrere la scomunica non ci è bisogno di essere scritto nominatamente sui cedoloni. Proporre poi la Francia di oggidì come un modello di rispetto verso l'autorità ecclesiastica, argomentare che gli ordinamenti dei tempi moderni non sieno contrarj alla religione perchè Roma non inveisce contro la Francia, e pronunziare in faccia a tutto il mondo che in quel paese la Religione Cattolica è tenuta in tanto onore, questo si chiama veramente andare a caccia di storni, e crediamo che nello scrivere tali cose si sentisse crepare Idal ridere ancora il Botta.

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