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(1562) virmi delle parole stesse di un insigne storico, come apri l'adito a tutte le miserie e a tutte le calamità, che con esempi prodigiosi hanno lungamente afflitto e lacerato quel regno, così ha oppressi con miserabile esterminio e l'autore medesimo che fece la proposta, e tutti quelli che, tirati dai proprj affetti ; e dall'interesse presente, prestarono l'assenso a così fatta deliberazione.

Per tale modo un disegno politico vestì la sembianza di un disegno religioso, e col manto della fede si coperse la mondana ambizione. Certamente i Guisa peccavano con arrogarsi tanta parte nel governo dello stato, ma far forza al Re con l' armi impugnate era risoluzione per ogni parte condannabile. Intanto qui si può osservare la differenza tra la guerra civile di Francia e quella di Germania, poichè mentre questa fu più religiosa che politica, per l'opposito quella fu più politica che religiosa.

Fatta la risoluzione, s'accordarono che una grossa moltitudine di quelli che professavano la riforma comparissero disarmati alla corte, chiedendo al Re, che allora faceva la sua stanza in Blois, città aperta e senza fortezza, la libertà della coscienza, l'esercizio libero della loro predicazione, e la concessione dei tempi per quest' effetto. Sapevano che la richiesta sarebbe risolutamente negata. Volevano pertanto che seguitassero altre genti armate, da tutte le province segretamente raccolte, le quali, come sdegnate della ripulsa, trovato il Re sprovveduto, e disarmata la corte, uccidessero il Duca di Guisa ed il Cardinal di Lorena con tutti quelli che dipendevano da loro, e così costringessero il Re a dichiarare il Principe di Condè supremo governatore e reggente universale del regno, dal quale avrebbero poi impetrata la cessazione dei giudizi contra di loro, e la permissione libera delle predicazioni e dei riti.

Poco era possibile che un così gran tentativo restasse occulto. In fatti la corte n'ebbe sentore, e ri

377 tirossi in Amboise, dove il castello poteva subitamente ritorre il Re dalla furia dei congiurati. In tanto pericolo Francesco creava il Duca di Guisa luogotenente generale del regno con suprema potestà. Arrivarono i Calvinisti (queste cose succedevano nel mese di marzo del 4560) in prossimità di Amboise. I disarmati, che venivano in foggia di supplicanti, furono alle porte del castello acerbamente ributtati. Seguitarono da varie parti gli armati, condotti da capi audacissimi, ma però con infelice successo, perchè per la vigilanza del Guisa furono parte uccisi, parte presi, parte dispersi.

Seguitavano i supplizj. Fatto processo al Condè, fu dannato a morte. Dell' ammiraglio Coligny gravi erano i sospetti; ma siccome aveva avuto l'arte di essere e di non parere, non fu chiamato in giudizio per mancanza di prove. Preparavasi l'estrema fine al Condè, quando ecco morire improvvisamente il Re Francesco: successe all'eredità della corona Carlo IX, ancora in età pupillare constituito, siccome quegli che appena aveva tocchi gli sedici anni.

In così subito e grave accidente erano prossime a scompigliarsi le cose. Tutti pretendevano alla tutela del Re pupillo, ed alla reggenza del regno afflitto, la Regina madre, il Duca di Guisa, il Re di Navarra; la prima sospetta, come Italiana, il secondo sospetto per ambizione, il terzo sospetto per partecipazione di congiure. Ma grandi erano le arti di Caterina, grande la maestà di un principe del sangue, ed in quest'ultima parte Francesco di Guisa era sormontato da Antonio di Navarra. Dopo lunghe e varie consulte e pratiche i Guisa perderono la preminenza, e fu fermata la concordia per mezzo massimamente del conestabile Montmorency, personaggio prudente ed amnico dei consigli quieti. Fu la Regina chiamata reggente universale, il re Antonio presidente e governatore delle province, il conestabile soprintendente delle armi. Il Guisa rimase gran maestro del palazzo, ed al cardinale suo

fratello restò la cura delle finanze. Rivedutosi il processo del Condè, fu assoluto. Così fermossi il precipizio delle cose, ma mali semi covavano.

L'Ammiraglio non quietava, perchè si conosceva sospetto, il principe di Condè, sdeguato pei trattamenti rigorosi usatigli, il Re di Navarra, persuaso di non poter conservare la potenza, se non dava qualche contentezza ai riformati, perchè ed i cattolici poco si fidavano di lui, e gli avversarj senza qualche concessione da lui si ritiravano. Seguivano risse ed abbattimenti in diversi luoghi fra le due parti contrarie. Vennesi il mese di gennajo del 1561 ad un editto con cui per la prima volta fu data qualche agevolezza alla religione di Calvino in Francia: si rilasciassero tutti i carcerati per occasione della fede, e si mettesse fine a qualunque inquisizione in questo proposito contro qualsivoglia persona; non si permettesse che si disputassero i punti controversi nella fede, nè che i particolari s'ingiuriassero l'un l'altro con denominazione d'eretico o di papista, ma che tutti vivessero concordemente, astenendosi dal raunare congregazioni illecite, e dal suscitare scandali e sedizioni.

Dolce e prudente medicina era questa, ma gli Ugonotti insolentirono; temevasi che la parte protestante sopravanzasse. Il Conestabile ed i signori di Guisa, gelosi dei Principi di Borbone e dell'Ammiraglio, si unirono a conservazione, come dicevano, della religione cattolica; la Regina andava destreggiandosi e schermendosi per non esser preda o di questa parte o di quella. Pure il nome di religione cattolica, religione antichissima del regno, era presso ai più venerando, e prevalse. Nel mese di luglio del medesimo anno 1561 fu, per autorità anche dei parlamenti, fatto un nuovo editto, per cui fu deliberato che i ministri ed i predicatori degli Ugonotti fossero scacciati fuora da tutto il reame; che fossero proibiti tutti i riti e cerimonie altri che quelli della religione cattolica; che fossero vietate tutte le adunanze e congregazioni con

379 armi o senz'armi, eccetto nelle chiese cattoliche; che però da un'altra parte s'intendessero perdonati tutti delitti in materia di fede commessi per lo passato; che finalmente per l'avvenire non si potesse procedere contro i convinti d'eresia con altra pena che con quella dell'esilio.

L'editto procurava la depressione della parte protestante. Ciò non potevano pazientemente tollerare në l'Ammiraglio, nè il Principe di Condè; perchè in quei tempi infelicissimi della Francia, quando sorgevano i Guisa, macchinava l'Ammiraglio, quando sorgeva l'Ammiraglio macchinavano i Guisa. I Protestanti addomandarono un solenne colloquio. Speravano, essendo odioso il nome di papista (che così chiamavano i cattolici ), e grato quello della libertà, che le parole loro avrebbero meglio lusingate le orecchie altrui che quelle di chi predicava obbedienza e sommessione. Eloquenti e dotti uomini erano fra i Protestanti, e molto si confidavano nella bellezza e prontezza del dire.

I più prudenti fra i Cattolici contrastavano alla deliberazione, non che diffidassero di loro medesimi o della causa loro, ma perchè sapevano che ciò avrebbe dato un' importanza grande alla setta contraria, che in queste sorti di contenzioni non si arriva mai a convincere l'avversario, ed a far conclusione, stante che più vi si ama il perfidiare che il ragionare. Non ignoravano nemmeno, che chi va sostenendo la causa dei perseguitati ha sempre il vantaggio. A loro d' altronde non era ignoto, che al Papa dispiacerebbe questo sperimento, siccome quegli che non amava, nè poteva amare, che si mettessero in controversia le materie di fede. Ma il Cardinal di Lorena, che ambiva di far pompa della sua eloquenza ed erudizione per verità amendue fioritissime, e mosso da speranza di convincere gli avversarj e di disingannare le coscienze de' semplici, non contraddiceva alla domanda, ed operava per modo che il governo acconsenti. Si

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scelse per tale effetto il luogo di Poissy, lontano a sei leghe da Parigi. V'intervennero per la parte dei Cattolici i Cardinali di Tornone, di Lorena, di Borbone, d'Armagnac e di Guisa, e con i vescovi e prelati più ragguardevoli molti dottori della Sorbona, ed altri teologi chiamati dalle più celebri accademie del regno. V'intervenne eziandio il Cardinale di Ferrara, Legato del Papa, non per disputare, ma per vedere, udire e rapportare. Comparvero per la parte degli Ugonotti Teodoro Beza, capo di tutti, e Pietro Martire Vermiglio, già altrove da noi menzionato, con molti altri predicanti, venuti parte di Ginevra, parte di Germania e d'altri luoghi vicini.

L'esito fu, che, dopo molte dispute e cavilli, e gran mostra d'eloquenza e d'erudizione da ambe le parti, ciascuno rimase nella propria sentenza. Ma il Re di Navarra non avendo trovato nei Protestanti, verso la dottrina dei quali ei propendeva, quella costanza che si credeva, e stimava compagna della verità, incominciò da quel punto a ritirarsene, e ad accostarsi all'Unità cattolica. A ciò era anche invitato dal proprio interesse, sperando che siccome aveva perduto la Navarra oltre i Pirenei per l'autorità del Papa, cosi potesse col favore di lui riacquistarla. I Protestanti dal canto loro andavano astutamente spargendo d'aver provato ad evidenza le loro credenze, convinto i dottori cattolici, confuso il Cardinal di Lorena, ed ottenuto dal Re licenza di predicare. Per la qual cosa, presa maggior baldanza, e con incredibile concitazione procedendo, incominciarono, violando apertamente la legge, e sprezzando gli ordini dei magistrati, a fare le loro congregazioni dovunque loro bene tornasse, ed a celebrare pubblicamente le cerimonie della loro religione. Vi concorrevano con molta frequenza persone di ogni grado e condizione, per modo che, saldi in questa confidenza di loro medesimi, resistevano con l'armi in mano ai magistrati, che tentavano di procurare l'esecuzione dell' editto. I Cattolici

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