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l'Imperatore, che fu cagione della scrittura sopra nominata, non provenne solamente da opinioni ed interessi di religione e di Roma, ma ancora da cupidità temporali; perciocchè le faccende di Piacenza vi si trovavano mescolate, nelle quali, non che unȧ, tutte due le parti avevano torto.

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L'ordinazione dell'Interim non portò con sè tutti i frutti che l'Imperatore sen' era promesso; anzi in ogni luogo, principalmente nei paesi protestanti, era stato ricevuto di malgrado, e vi aveva eccitato un eccessivo maltalento. In Sassonia si scrissero anche libri contro di lei, ed in molte città era stato necessario usare la forza per procurarne l'esecuzione. I predicatori non si astenevano d'inveire non solamente contro i Cattolici, quantunque ciò fosse loro vietato dall'Interim, ma ancora contro l'Interim medesimo. Il disfavore tanto più crebbe quanto che nei paesi di religione riformata costretti all' obbedienza, Cesare mutava il governo, ritraendolo dalle mani dei Protestanti e dei popolani, e dandolo per lo più in balia dei Cattolici e delle persone nobili e più agiate; il qual procedere interpretavano come se a servitù conducesse. I Cattolici, dal canto loro, pretendendo maggior favore dal novello ordine, insolentivano ancor essi, nè volevapo tollerare che gli avversarj godessero quella piena libertà di religione, che loro era promessa dal rescritto; perciò si viveva in cattiva disposizione da ambe le parti, la quale non istette lungo tempo a manifestarsi con nuovi tumulti e guerre del pari ostinate che le precedenti. Tant' è, gli spiriti mossi non si soddisfanno nemmeno. di quello stato che in sul cominciare non avrebbero potuto, non che possedere, sperare! In tal modo l'Interim durò con poca esecuzione sin che restò del tutto annullato per l'accordo di Passavia, succeduto nel 1552, in cui si regolarono, in un modo per altro poco disforme, le faccende religiose dell' Alemagna.

M'accosto adesso a trattare una materia che ren

87 derebbe odiosa la religione Cattolica, se gli uomini giusti e buoni non sapessero distinguere quanto è inerente alla sua natura da quanto l'ambizione e l'altre sfrenate passioni le hanno aggiunto. Certamente questa parte la fece tremenda in cospetto delle generazioni, e tanto dissimile dal suo divino Fondatore, quanto la dolcezza e mansuetudine di Cristo è lontana dalla crudeltà di un Nerone. Nè più stando su i generali, dico che l'Inquisizione, opera che non mai tanto si potrà biasimare ed abborrire che non meriti molto più, venne a rendere funesto quanto era stato dato dal cielo per rimedio consolatorio. Questa. peste, nata in Ispagna, propagossi in Italia, ed ancorchè pel trasporto il suo veleno si fosse in qualche parte temperato, non era però che ancora terribile e mortalissimo non fosse. In Roma viveva, e da Roma contaminava poscia con atroci supplizj le altre italiche contrade. E ciò più o meno faceva secondo che i principi o più la lasciavano trascorrere o più la frenavano. Il pretesto era la conservazione della fede, ma la cagione, o, per meglio dire, il fine, il terrore e la soggezione dei Principi e dei Popoli. Sarebbe bene da far maraviglia, come s'inviluppino le cose più semplici, se non si sapesse che la sfrenatezza dell'uomo offusca la ragione ed in chi soffre ed in chi fa soffrire. Principio fuori d'ogni dubitazione si è, che quando una religione s'è stabilita generalmente in un popolo, e che ella ha tirato a sè la credenza dell' universale, opera rea fa e degna di castigo e da essere frenata colui che la vuol turbare; imperciocchè, oltrechè la religione è la proprietà più preziosa di chi l'ha accettata, ella fa parte ed è principale fondamento dell'ordine pubblico, cui a niuno è lecito rompere senza misfatto. Ma primieramente, se la cognizione delle materie concernenti la fede è di competenza di chi le ha studiate e di chi ha mandato in ciò, che è quanto a dire, degli ecclesiastici, quando si risolve in castigo temporale, gli ecclesiastici nè possono, nè debbono

averci ingerenza, e tutto appartiensi all'autorità se colare. Questa sola dee giudicare del modo con cui i miscredenti debbono essere frenati, perchè non turbino la religione altrui, e producano per questo mezzo disordini nello stato. L'avere i principi consentito ad essere semplici esecutori di sentenze ecclesiastiche, è cosa nata, prima dalla loro ignoranza, poi mantenuta da un abbominevol consuetudine. I cherici in ciò non debbono e non possono far altro che l'ufficio d'avvisatori, ma assumersi quello di processanti e di condannanti a pene temporali, è pratica del tutto assurda ed incomportabile. Quindi è, che se la persona sospetta tiene in sè le sue credenze, e non le manifesta fuori per modo che ne nasca pericolo per l'ordine pubblico, nessuno è che giudicare e molto meno punire il possa; conciossiacosachè delle credenze religiose, quando non si risolvono in atti esteriori pericolosi, Iddio solo è e può essere giudice e castigatore. A nessuno Cristo disse: Ammazza chi non mi segue; a nessuno nessun Concilio disse: Ammazzate chi non crede; anzi nelle lettere convocatorie dei Concilj, e segnatamente in quelle di Paolo III per la convocazione di quel di Trento, sempre si esprimeva e si espresse, che si condannassero gli errori, ma che si risparmiassero le persone, e che con loro si procedesse con ogni soavità.

Tutte le deliberazioni della Tridentina Sinodo di tali mansueti precetti sono piene. Or qual è questo furore che la feroce Spagna volle gettare sul mondo? Qual è questo furore che Roma adottò, e con cui volle contaminare la restante Italia? Tormentatori ed abbruciatori d'uomini sono adunque diventati i seguaci di Cristo? Credo, che mostruosità simile a questa non sia stata al mondo mai. Or quando poi le opinioni erronee di qualcheduno passano per opera di lui in esteriorità, per cui ne nasca pericolo di turbazione nell'ordine pubblico, o la turbazione medesima, s'appartiene in tal caso alla potestà secolare il vedere quali mezzi di freno si convengano o d'ammonizione o

89 di carcere o d'esilio o di qual altra pena si voglia per ragione e per giustizia, bene inteso però sempre, che in tali casi il giudice secolare punisce, non l'er rore in materia di fede, chè ciò a Dio solo s'appartiene, ma si solamente il delitto commesso, o il tentativo di delitto contro la società. Persuadere con le buone ragioni i miscredenti, edificarli con le buone opere sono azioni degne dei ministri della religione; ma il perseguitarli, e prendere in mano contro di loro il flagello, che i soli principi hanno diritto di maneggiare, è esorbitanza, come assurda, così crudele e odiosa e pregiudiziale alla religione. Certamente gli eculei e i roghi sono cose molto temporali e di questo misero mondo, nè so perchè i ministri di un Dio dolcissimo, che venne su di questa terra per perdonare e far perdonare, abbiano avuto la spietata invidia di usurparle su i principi ed appropriarsele. Di ciò bene. s'accôrsero i sovrani quando incominciarono a sapere leggere e scrivere; e perciò o l'Inquisizione non accettarono nei loro stati, come successe in Francia, o la moderarono con assistere per mezzo dei loro com missarj alle sue deliberazioni, il che si vide su parecchi stati d'Italia, e specialmente in Venezia. Poi quando, pel ministerio delle lettere, gli spiriti vie più si ammaestrarono ed i costumi s'ingentilirono, quantunque l'Inquisizione non fosse abolita per legge, anzi sempre sussistesse, era ella passata in disuso, reliquia morta, e memoria di barbarie piuttosto che barbarie.

Sonvi alcuni uomini, non so se mi debba dire goffi o ignoranti o ambiziosi o crudeli, ma certamente perversi, che la vorrebbero risuscitare; ma il secolo ripugna, il quale se ha, come ha veramente, ambizioni nuove, sarebbe anche meglio, per guarirlo, che non si risuscitassero le ambizioni vecchie. Costoro parlano di rivoluzioni, come se l'Inquisizione le avesse impedite in Ispagna. La Spagna perdè i Paesi Basst per l'Inquisizione, e poco mancò che non perdesse Napoli per la medesima cagione, come ora siamo per rac

contare.

Carlo V Imperatore, trovandosi in Napoli nel 1536, ed accorgendosi che le dottrine di Lutero vi avevano messo qualche radice, come anche negli altri stati d'Italia, vi aveva pubblicato un editto rigoroso da eseguirsi in tutti i paesi dipendenti dal suo dominio, col quale proibiva sotto pena di morte e di confisca di beni qualunque commercio o corrispondenza_con persone infette o sospette dell'eresia Luterana. Partendo poi raccomandò espressamente al vicerè Pietro di Toledo, che con diligenza sopravvigilasse su di questa materia per preservare il Regno da simile contaminazione. Sforzossene il Toledo sì per l'ordine dell' Imperatore, come per inclinazione propria; ma il procedere dei Luterani o di coloro che alle dottrine di Lutero si accostavano, era molto cauto, ed insidiosamente si insinuavano negli animi. Non punto apertamente contraddicevano alle dottrine insegnate dalla Chiesa Romana, ma andavano destramente ragionando e chiosando nelle loro predicazioni e conversazioni sulle Scritture Sacre, massimamente sull' Epistole di San Paolo, dalle quali, interpretate a loro modo, cavavano i principali fondamenti delle novelle opinioni. Da ciò ne nasceva in molti ed anche fra il minuto popolo il desiderio di leggere in dette scritture e di comentarle, e finalmente le intendevano siccome loro dettava o la loro ragione, sempre fallace guida, o le passioni, che più spesso tirano al male che al bene.

I principali autori di tali novità erano il cappuccino di Siena Bernardino Ochino, già in altro luogo da noi nominato, predicatore esimio e di molto grido, Giovanni Montalcino, dell'ordine dei frati minori di San Francesco, Lorenzo Romano di Sicilia, antico agostiniano, Pietro Martire Vermigli, canonico regolare di Firenze, e finalmente don Giovanni Valdes, spagnuolo, amico intimo del frate Ochino, uomo sai fanatico, e che pretendeva di avere per inspirazione dello Spirito Santo il dono di bene intendere e bene spiegare le divine Scritture. I primi, per la pre

as

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