della Meloria, quando venne cioè dai Genovesi distrutta nel 1986. Le secche poi, che da essa si estendono a guisa di banco sul mare, e che maravigliosamente servono adesso di molo naturale alla stazione dei Bastimenti alla rada, hanno di lunghezza circa cinque miglia nella direzione da ostro a settentrione-maestro, ed un miglio o poco più nell'opposto lato. Vanno esse coperte dal mare in gran parte col fondo di sei sino a dodici braccia, ed intorno alla Torre di quindici a ventiquattro, conforme apparisce dai Portulani antichi, e moderni, e dalla descrizione fattane anche dall'egregio Sig. Repetti. (Diz. della Tos.) Udiremo in progresso come sotto il Principato Mediceo un secondo Faro vi fosse inalzato, il quale però non molto dopo venne, per quanto appare, abbandonato. (27) L'attuale Torre detta già del Magnale, ed ora chiamata Torraccia, non è che un avanzo, per così dire, di quella prima, la quale rimasta spesso abbattuta, e rovinata nelle guerre, che i Pisani ebbero a sostenere pel corso di oltre due secoli, non fù da essi in seguito rifabbricata che nel modo umile, in cui adesso la vediamo. Và la medesima al presente composta fino quasi alla metà di pietre verrucane quadrate, e nel rimanente, cioè al di sopra, di opera laterizia con pietre negli angoli. Tiene al piede verso libeccio un parapetto di macigno, il quale però ben si ravvisa esserle stato aggiunto posteriormente. Il piano superiore a volta esiste tuttora: ma i piani intermedj che servirono già di caserma al presidio sono caduti. Vi si entrava per una sola porta, la quale situata assai in alto nel lato riguardante la terra, non le dava l'accesso che per mezzo di una lunga scala esterna da rimuoversi all' occasione onde renderla affatto isolata sul mare. Ha otto faccie; ciascuna delle quali è di braccia sei. Pende quasi due braccia verso Levante; ed è alta braccia cinquantotto circa. Si scorge poi divisa dalla base alla sommità in sette ordini; mentre l'ultimo è ridotto circolare. Gli ordini istessi sono decrescenti in altezza, ed in larghezza per altrettante riseghe tampoco apparenti ad una qualche distanza, ma ottimamente ideate per dare all'insieme della fabbrica una rastrematura simile a quella delle colonne; quali riseghe d'altronde la dividono in altrettanti nodi a guisa di canna, giusta gli avvertimenti dei migliori Architetti, ed in specie del nostro celebre Alberti. Sopra il sesto ordine rimane tuttora l'avanzo d'un altro in pianta circolare inscritta; e sembra che questo fosse il tamburo dell' antica cupoletta, nelle cui esterne pareti si scorgono tuttora le orme, sebbene assai languide, ed appena visibili, della antica candida Croce Pisana. Non ha guari questa istessa Torre minacciava di cadere; poichè in specie dal lato del mare presentava delle aperture, e degli squarci di oltre quattro braccia di larghezza. Pel quale suo stato da alcuni si era già domandata la permissione di poterla abbattere, onde toglierne, come eglino si esprimevano, l'inutile ingombro dai terreni.con cui confinava. Sentiva io correre queste voci col più vivo rincrescimento; imperocchè mi apparivano rispettabili mai sempre, e venerandi anco quei miseri avanzi tuttochè rovinosi e cadenti; perchè atti a rammentare a noi, ed alle età future la antica gloria, e la possanza marittima degli Italiani nel Medio Evo, ed insieme a testimoniare l'esistenza in quel punto del magnifico Porto Pisano. Ma il vigile sguardo del Principe, che ora regge i nostri destini, calmata già aveva ogni mia ansietà; mentre davasi Egli stesso il pensiero, rigettando la enunciata indiscreta domanda, di fare anzi pienamente risarcire la Torre istessa da ogni danno sofferto, onde serbarla quale monumento dei tempi memorabili dei Pisani. Sia perciò lode sincera a quel suo munificente pensiero. Nè vogliamo tacere come la stessa Torre avesse già corso pericolo nell'anno 1814 di essere dai Francesi atterrata colle artiglierie del Marzocco, alloraquando gli Inglesi per tentare un colpo di mano contro Livorno ponevano a terra non lungi dal Calambrone alcune centinaja di valorosi avventurieri Italiani. La Formice poi non esiste più neppure nelle sue fondamenta; poichè non molti anni indietro le ultime pietre, che ne formavano la base rotonda (da me stesso più volte visitata e veduta), vennero tolte, ed impiegate a sostenere un nuovo stradello, che dai Portacci si doveva inoltrare verso le Cascine della Paduletta. (28) In riprova di ciò vogliamo referire come intorno all'anno 1819 essendosi dal Dipartimento Sanitario preso di mira il nuovo ammasso di alghe, formatosi tra le così dette Torraccie, ed il Forte S. Pietro, venne dato in tale occasione di conoscere: 1.° Che si era quell' ammasso adunato nello spazio di soli sette a otto anni colle alghe ivi gettate dai venti: 2.° E che a modo di lingua inoltravasi già dal lido sul mare pel tratto di oltre braccia sessanta. Se adunque in tal modo, ed in sì breve corso di anni, il mare si era dovuto ritirare da quel punto di costa per più di braccia sessanta; e se questo ritiro per effetto soltanto delle alghe aveva avuto luogo, riuscirà facile a ciascuno il calcolare quale debba essere stato proporzionatamente il suo retrocedere durante il giro di tanti secoli anteriori. Oltre di che sà ognuno di noi essersi di recente colmati in gran parte colle alghe quasi che tutti i vastissimi pantani, che già ingombravano lo spazio interposto tra le mura del ridetto Forte S. Pietro, il Testajo, e la Fraschetta in modo da essere convertiti in campi feraci di messi, come adesso in effetto si vedono. Nè i più di noi ponno avere dimenticato eziandio il ricordevole lavoro detto dell'Aliga, eseguito nell'anno 1796, e dal cuore paterno dell'ottimo Ferdinando III. di santa memoria promosso, onde riempiendo i più lontani marazzi, porgere alla classe dei brac cianti di Livorno un mezzo di sussistenza alla epoca della prima invasione della Città dalle armi Repubblicane Francesi condotte dal Generale Buonaparte. Vogliamo poi aggiungere, in proposito dell'estensione dei pantani ridetti, ciò che i più vecchi del paese rammentavano, e di cui spesso meco tenevano discorso, di avere essi cioè nei primi anni della loro gioventù cacciato più, e più volte con gli stivali da padule quasi sotto il Forte S. Pietro negli stagni, di cui allora andavano coperti i terreni tutti situati immediatamente presso il Forte suddetto sino oltre al luogo chiamato anche al presente il Testajo, e conosciuto già sotto il generico nome di Portacci, che erano gli avanzi indubitati dell' antico letto del Porto Pisano. (29) Era questi il Reverendo M. Munster Vescovo di Selandia, celebre filologo di Europa. Pubblicando egli nel 1821 un nuovo opuscolo col titolo « Summa Geographiae ad mentem Islandorum Medii Aevi » tratto da un Codice membranaceo, ci dava la descrizione del viaggio eseguito dai Monaci Islandesi sino a Roma, ed in Palestina; opuscolo che inviava all' egregio suo amico, e numismatico Sig. Domenico Sestini. L' Antologia di Firenze (Num. XXIV. del 1822) rendendone conto aggiungeva che « fù un tempo, in cui gli abitatori dell' antica Tule, o Islanda frequentarono le altre nazioni..... e ciò accadde specialmente dopo che la luce benefica del Vangelo penetrò in quella Isola (circa il 1050); dopo la quale epoca vediamo estese le relazioni degli Islandesi con gli altri paesi. I loro mercanti in fatti navigavano dopo quel tempo nel Baltico, e penetrarono talvolta nel Mediterraneo: molti altri Islandesi mossi da zelo di religione, e secondando il costume di quei tempi, intrapresero lunghi pellegrinaggi, e si portarono a Compostella, a Cantoberi, a Roma, e per sino a Gerusaleтте. (30) Nel testo di sopra riportato dall' Antologia di Firenze, ove si nomina il luogo detto Arnblack, si aggiungeva in spiegazione (il Porto Pisano) come se gli Islandesi con quella voce avessero voluto designare quell' allora celebre Emporio. Ma con buona pace dell' autore di sì fatta spiegazione noi siamo invece di avviso che accennare volessero piuttosto il nostro Livorno; imperocchè nè ad un porto esteso quale era allora il Porto Pisano poteva in alcun modo convenire il titolo di Borgo, e neppure alla Bocca d' Arno attribuirsi; mentre il titolo stesso si addiceva invece a meraviglia, e con tutta l'esattezza al Villaggio, che sul porto Pisano esisteva, vale a dire a Livorno, il quale ne formava già come il Borgo, ed il Capo-luogo principale. In riprova di che gli stessi Islandesi dichiaravano e notavano che il medesimo al suolo giaceva, cioè che in pianura era situato, circostanza che trionfalmente comprova la nostra asserzione, trovandosi Livorno appunto sul margine della estesa pianura Pisana. Oltre di che a me sembra che gli Islandesi avessero già data in qualche guisa un idea del Porto Pisano più che sufficiente quando avevano detto e notato che Pisa era allora frequentata dai Dromoni Mercantili provenienti dagli scali del Levante, dell'Egitto, e dalla Barbaria, senza di nuovo doverne ripetere la memoria con lo enunciato nome di Arnblack. (31) L' Ospizio di Matilde tanto rinomato anche presso gli oltramontani, al dire del Sig. Repetti (Diz. della Tos.), si dovrebbe credere situato ove ora trovasi l'Altopascio, presso il quale sorgeva già una magnifica Villa sull'antica strada Francesca fabbricatavi dalla enunciata Matilde. « É luogo celebre, aggiunge il medesimo « Scrittore, per essere stata quivi la prima mansione dei Maestri dell' Ordine degli Ospitalieri, nominato per la prima volta all'an« no 952 nelle carte dell' Arcivescovado di Lucca. Situato in vici« nanza di Vivinaja, Villa celebre del Marchese Bonifazio, e della « di lui figlia Contessa Matilde, fù preso sotto la protezione di que |