Immagini della pagina
PDF
ePub

un consiglio da fare alla loro patria grande utilità, ma non lo poteva dire per non lo scoprire, perchè scoprendolo si toglieva la occasione del farlo. Onde il popolo di Atene elesse Aristide, al qual si comunicasse la cosa, e, secondo dipoi che paresse a lui, se ne deliberasse; al quale Temistocle mostrò come l'armata di tutta Grecia, ancorachè stesse sotto la fede loro, era in lato che facilmente si poteva guadagnare o distruggere; il che faceva gli Ateniesi al tutto arbitri di quella provincia. Donde Aristide riferi al popolo il partito di Temistocle essere utilissimo, ma disonestissimo: per la qual cosa il popolo al tutto lo ricuso. Il che non arebbe fatto Filippo Macedone, e gli altri Principi, che più utile hanno cercato, e più guadagnato con il rompere la fede, che con verun altro modo. Quanto a rompere i patti per qualche cagione d'inosservanza, di questo io non parlo come di cosa ordinaria; ma parlo di quelli che si rompono per cagioni straordinarie; dove io credo, per le cose dette, che il popolo facci minori errori, che il Principe; e per questo si possa fidare più di lui, che del Principe.

*

CAPITOLO LX.

'Come il Consolato, e qualunque altro Magistrato in Roma si dava senza rispetto di età.

E'si vede, per l'ordine della istoria, come la Repubblica Romana, poichè il Consolato venne nella plebe, concesse quello a i suoi cittadini senza rispetto di età o di sangue, ancorachè il rispetto della età mai non fusse in Roma, ma sempre si andò a trovare la virtù, o in giovane o in vecchio che la fusse. Il che si vede per il testimone di Valerio Corvino, che fu fatto Consolo nelli ventitrè anni; e Valerio detto parlando a i suoi soldati disse, come il Consolato erat præmium virtutis, non sanguinis. La qual cosa se fu bene considerata o no, sarebbe da disputare assai. E quanto al sangue, fu concesso questo per necessità, e quella necessità che fu in Roma, sarebbe in ogni città che volesse fare gli effetti che fece Roma, come altra volta si è detto; perchè e' non si può dare agli uomini disagio senza premio, nè si può torre la speranza di conseguire il premio senza pericolo. E però a buona ora convenne che la plebe avesse speranza di avere il Consolato, e di questa speranza si nutri un tempo senza averlo. Dipoi non bastò la speranza, che e' convenne che si

venisse allo effetto. Ma la città che non adopera la sua plebe ad alcuna cosa gloriosa, la può trattare a suo modo, come altrove si disputò; ma quella che vuol fare quel che fe' Roma, non ha a fare questa distinzione. E dato che così sia, quella del tempo non ha replica, anzi è necessaria; perchè nello eleggere un giovane in un grado che abbi bisogno d' una prudenza di vecchio, conviene, avendolo ad eleggere la moltitudine, che a quel grado lo facci pervenire qualche sua nobilissima azione. E quando un giovane è di tanta virtù, che si sia fatto in qualche cosa notabile conosarebbe cosa dannosissima che la

scere,

e

città non se ne potesse valere allora, e che l'avesse ad aspettare, che fusse invecchiato con lui quel vigore dell' animo quella prontezza, della quale in quella età la patria sua si poteva valere; come si valse Roma di Valerio Corvino, di Scipione, di Pompeo, e di molti altri che trionfarono giovanissimi.

DI NICCOLO MACHIAVELLI

SEGRETARIO E CITT. FIORENTINO

SOPRA

LA PRIMA DECA DI T. LIVIO

A ZANOBI BUONDELMONTI

E COSIMO RUCELLAI.

LIBRO SECONDO.

Laudano sempre gli uomini

ma non

sempre ragionevolmente, gli antichi tempi, e gli presenti accusano; e in modo sono delle cose passate partigiani, che non solamente celebrano quelle etadi che da loro sono state, per la memoria che ne hanno lasciata gli scrittori, conosciute; ma quelle

ancora che, sende già vecchi, si ricordano nella loro giovanezza avere vedute. E quando questa loro opinione sia falsa, come il più delle volte è, mi persuado varie essere le cagioni, che a questo inganno gli conducono. E la prima credo sia, che delle cose antiche non s'intenda al tutto la verità, e che di quelle il più delle volte si nasconda quelle cose, che recherebbono a quelli tempi infamia, e quelle altre che possono partorire loro gloria, si rendino magnifiche e amplissime. Però che i più degli scrittori in modo alla fortuna de'vincitori ubbidiscono, che per fare le loro vittorie gloriose, non solamente accrescono quello che da loro è virtuosamente operato, ma ancora le azioni de' nimici in modo illustrano, che qualunque nasce dipoi in qualunque delle due provincie, o nella vittoriosa o nella vinta, ha cagione di maravigliarsi di quelli uomini e di quelli tempi, ed è forzato sommamente laudargli ed amargli. Oltra di questo, odiando gli uomini le cose o per timore o per invidia, vengono ad essere spente due potentissime cagioni dell' odio nelle cose passate, non ti potendo quelle offendere, e non ti dando cagione d'invidiarle. Ma al contrario interviene di quelle cose che si maneggiano e veggono, le quali, per la intera cognizione di esse, non ti essendo in alcuna parte nascoste, e conoscendo in quelle insieme con il bene molte altre cose che ti dispiac

« IndietroContinua »