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nel volere assicurarsi de' popoli di Lazio e della città di Priverno, non pensassino di edificarvi qualche fortezza, la qual fusse un freno a tenergli in fede; seudo massime un detto in Firenze, allegato da' nostri savi, che Pisa e le altre simili città si debbono tenere con le fortezze. E veramente se i Romani fussino stati fatti come loro, egli arebbero pensato di edificarle; ma perchè egli erano d'altra virtù, d'altro giudizio, d'altra potenza, e' non le edificarono. E mentre che Roma visse libera, e che la seguì gli ordini suoi, e le sue virtuose constituzioni, mai ne edificò per tenere o città o provincie, ma salvò bene alcune delle edificate. Donde veduto il modo del procedere de' Romani in questa parte, e quello de' Principi de' nostri tempi, mi pare da mettere in considerazione, se gli è bene edificare fortezze, e se le fanno danno o utile a quello che le edifica. Debbesi adunque considerare come le fortezze si fanno o per difendersi da' nimici, o per difendersi da soggetti. Nel primo caso le non sono necessarie; nel secondo dannose. E cominciando a render ragione, perchè nel secon do caso le siano dannose, dico, che quel Principe o quella Repubblica che ha paura de' suoi sudditi, e della ribellione foro prima conviene che tal paura nasca da odio che abbiano i suoi sudditi seco; l'odio da' mali suoi portamenti; i mali portamenti nascono o da poter credere tenergli con forza, o da poca prudenza di chi gli go

verna; e una delle cose che fa credere potergli forzare, è l'avere loro addosso le fortezze perchè i mali trattamenti, che sono cagione dell' odio, nascono in buona parte per avere quel Principe, o quella Repubblica le fortezze, le quali, quando sia vero questo, di gran lunga sono più nocive, che utili. Perchè in prima, come è detto, le ti fanno esser più audace, e più violento ne' sudditi; dipoi non ci è quella sicurtà dentro che tu ti persuadi; perchè tutte le forze, tutte le violenze che si usano per tenere un popolo, sono nulla, eccetto che due : o che tu abbia sempre da mettere in campagna un buono esercito, come avevano i Romani; o che gli dissipi, spenga, disordini, disgiunga, in modo che non possino convenire ad offenderti; perchè se tu gl' impoverisci, spoliatis arma supersunt; se tu gli disarmi, furor arma ministrat; se tu ammazzi i capi, e gli altri segui d'ingiuriare, rinascono i capi, come quelli dell' Idra; se tu fai le fortezze, le sono utili ne' tempi di pace, perchè ti danno più animo a far loro male; ma ne' tempi di guerra sono inutilissime, perchè le sono assaltate dal nimico e da' sudditi, nè è possibile che le faccino resistenza all' uno e all' altro. E se mai furono disutili, sono ne' tempi nostri rispetto all' artiglierie, per il furore delle quali i luoghi piccoli, e dove altri non si possa ritirare con li ripari, è impossibile difendere, come di

sopra

discorremmo. Io voglio questa materia disputarla più tritamente. O tu, Principe vuoi con queste fortezze tenere in freno il popolo della città; o tu, Principe, o tu, Repubblica, vuoi frenare una città occupata per guerra. Io mi voglio voltare al Principe, e gli dico, che tal fortezza per tenere in freno i suoi cittadini, non può essere più inutile di quello ch' ella è, per le cagioni dette di sopra; perchè la ti fa più pronto e men rispettivo ad oppressargli, e quella oppressione gli fa sì esposti alla tua rovina e gli accende in modo, che quella fortezza che ne è cagione, non ti può poi difendere. Tanto che un Principe savio e buono, per mantenersi buono, per non dare cagione nè ardire a' figliuoli di diventare tristi, mai non farà fortezza, acciocchè quelli non in su la fortezza, ma in su la benivolenza degli uomini si fondino. E se il Conte Francesco Sforza diventato Duca di Milano fu riputato savio, e nondimeno fece in Milano una fortezza, dico, che in questo caso ei non fu savio, e l'effetto ha dimostrato, come tal fortezza fu a danno e non a sicurtà de' suoi eredi : perchè giudicando, mediante quella viver sicuri, e potere offendere gli cittadini e sudditi loro non perdonarono ad alcuna generazione di violenza; talchè diventati soprammodo odiosi perderono quello Stato, come prima il nimico gli assalto; nè quella fortezza gli difese, nè fece loro nella guerra utile alcuno,

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e nella pace aveva loro fatto danno assai ; perchè se non avessino avuto quella, e se per poca prudenza avessino maneggiati agramente i loro cittadini, arebbero scoperto il pericolo più presto, e sarebbonsene ritirati, ed arebbero poi potuto più animosamente resistere all' impeto Francese co'sudditi amici senza fortezza, che con quelli inimici con la fortezza: le quali non ti giovano in alcuna parte; perché o le si perdono per fraude di chi le guarda, o per violenza di chi l'assalta, o per fame. E se tu vuoi che Je ti giovino, e ti ajutino a ricuperare uno Stato perduto, dove ti sia solo rimaso la fortezza, ti conviene avere un esercito, con il quale tu possa assaltare colui che t' ha cacciato; e quando tu abbia questo esercito, tu riaresti lo Stato in ogni modo, eziandio che la fortezza non vi fusse; e tanto più facilmente, quanto gli uomini ti fussino più amici che non ti erano, avendogli mal trattati per l'orgoglio della fortezza. E per isperienza s' è visto come questa fortezza di Milano nè agli Sforzeschi, nè a' Francesi, ne' tempi avversi dell' uno e dell' altro, non ha fatto ad alcuno di loro utile alcuno; anzi a tutti ha recato danni e rovine assai, non avendo pensato mediante quella a più onesto modo di tener quello Stato. Guido Ubaldo Duca d'Urbino, figliuolo di Federigo, che fu ne' suoi tempi tanto stimato capitano, sendo cacciato da Cesare Borgia, figliuolo di Papa Alessan

dro VI, dello Stato, come dipoi per uno accidente nato vi ritornò, fece rovinare tutte le fortezze ch' erano in quella provincia giudicandole dannose. Perchè sendo quello amato dagli uomini , per rispetto di loro non le voleva, e per conto de' nimici vedeva non le potere difendere, avendo quelle bisogno d'uno esercito in campagna, che le difendesse; talchè si volse a rovinarle. Papa Giulio, cacciati i Bentivogli di Bologna, fece in quella città una fortezza; e dipoi faceva assassinare quel popolo da un suo governatore; talchè quel popolo si ribellò, e subito perdè la fortezza, e così non gli giovò la fortezzá, e l'offese, intanto che, portandosi altrimenti, gli arebbe giovato. Niccolò da Castello, padre de' Vitelli, tornato nella sua patria, donde era esule, subito disfece due fortezze vi aveva edificate Papa Sisto IV, giudicando non la fortezza, ma la benivolenza del Popolo l'avesse a tenere in quello Stato. Ma di tutti gli altri esempi il più fresco, il più notabile in ogni parte, ed atto a mostrare la inutilità dello edificarle l'utilità del disfarle, è quello di Genova seguito ne' prossimi tempi. Ciascuno sa come nel 1507 Genova si ribellò da Luigi XII Re di Francia, il qual venne personalmente, e con tutte le forze sue a riacquistarla, e ricuperata che l'ebbe, fece una fortezza fortissima di tutte l'altre, delle quali al presente si avesse notizia; perchè era per sito e per ogni altra circostanza inespugna

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