97 quisti ed augumenti loro sono grandi CAP. XXI. Quanto biasimo meriti quel Principe, e quella Repubblica che manca d'armi proprie » 98 CAP. XXII. Quello che sia da notare nel caso dei tre Orazi Romani, e dei tre Curiazi Albani . » 100 CAP. XXIII. Che non si debbe mettere a pericolo tutta la fortuna, e non tutte le forze; e per questo, spes SO il guardare i passi è dan » ΙΟΙ CAP. XXIV. Le Repubbliche bene ordinate constituiscono premi e pene a' loro cittadini, nè compensano mai l'uno con l'altro " 104 CAP. XXV. Chi vuole riformare uno Stato antico in una Città libera, ritenga almeno l'ombra de' modi antichi » 107 CAP. XXVI. Un Principe nuovo in una Città, o Provincia presa da lui debbe fare ogni cosa пио va » IIO » 108 CAP. XXVII. Sanno rarissime volte gli uomini essere al tutto tristi, o al tutto buoni CAP. XXVIII. Per qual cagione i Romani furono meno ingrati ai loro cittadini, che gli Ateniesi. » III CAP. XXIX. Quale sia più ingrato o un. Popolo, o un Principe » 113 CAP. XXX. Quali modi debbe usare un Principe, o una Repubblica per fuggire questo vizio della in gratitudine, e quali quel Capitano, o quel Cittadino per non essere oppresso da quella » 118 CAP. XXXI. Che i Capitani Romani per errore commesso non furono mai istraordinariamente puniti, nè furono mai ancora puniti quando, per la ignoranza loro, o tristi partiti presi da loro ne fussino seguiti danni alla Repubblica CAP. XXXII. Una Repubblica, o uno Principe non debbe differire a beneficare gli uomini nelle loro necessitadi » 123 CAP. XXXIII. Quando uno inconveniente è cresciuto o in uno Stato, o contra ad uno Stato, è più salutifero partito temporeggiarlo, che urtarlo » 125 CAP. XXXIV. L'autorità Dittatoria fece bene, e non danno alla Repubblica Romana; e come le autorità che i Cittadini si tolgono, non quelle che sono loro dai suffragi liberi date, sono alla vita civile perniziose CAP. XXXV. La cagione, perchè in Roma la creazione del Decemvirato fu nociva alla libertà di quella » 129 » 133 » 136 Repubblica, non ostante che fusse creato per suffragi pubblici e liberi CAP. XXXVI. Non debbono i cittadi ni che hanno avuti i maggiori onori, sdegnarsi de' minori CAP. XXXVII. Quali scandali partori in Roma la legge Agraria; e come fare una legge in una Repubblica che risguardi assai indietro, e sia contra ad una consuetudine antica della città, è scandalosissimo » 137 CAP. XXXVIII. Le Repubbliche deboli sono male risolute, e non si sanno deliberare; e se le pigliano mai. alcuno partito, nasce più da neces· sità, che da elezione » 143 CAP. XXXIX. In diversi Popoli si veggono spesso i medesimi accidenti » 147 CAP. XL. La creazione del Decemvirato in Roma, e quello che in essa è da notare; dove si considera, tra molte altre cose, come si può salvare per simile accidente, o oppressare una Repubblica » 150 CAP. XLI. Saltare dalla umiltà alla superbia, dalla pietà alla crudeltà senza debiti mezzi, è cosa impru dente ed inutile » 158 CAP. XLII. Quanto gli uomini facilmente si possono corrompere » 159 CAP. XLIII. Quelli che combattono per » 160 la gloria propria, sono buoni e » 161 » 163 CAP. XLV. È cosa di malo esempio » 178 » 180 CAP. LI. Una Repubblica, o un Principe debbe mostrare di fare per liberalità quello, a che la necessità lo costringe CAP. LII. A reprimere la insolenza di uno che surga in una Repubblica potente, non vi è più sicuro e meno scandaloso modo, che preoccuparli quelle vie, per le quali e' viene a quella potenza. » 181 CAP. LIII. Il Popolo molte volte desidera la rovina sua, ingannato da una falsa spezie di bene; e come le grandi speranze e gagliarde promesse facilmente lo muovono » 184 CAP. LIV. Quanta autorità abbia un uomo grande a frenare una moltitudine concitata » 190 CAP. LV. Quanto facilmente si conduchino le cose in quella Città, dove la moltitudine non è corrotta; e che, dove è equalità, non si può fare Principato; e dove la non è, non si può far Repubblica» 192 CAP. LVI. Innanzi che seguino i grandi accidenti in una città o in una provincia, vengono segni che gli pronosticano, o uomini che gli predicono CAP. LVII. La Plebe insieme'è gliarda; di per sè è debole » 198 ga >> 200 CAP. LVIII. La moltitudine è più sa |