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gare i maligni umori che nascono nelli uomini; a che si provvede al tutto con ordinarvi le accuse alli assai giudici, e dare riputazione a quelle. Li quali modi furono in Roma sì bene ordinati, che, in tante dissensioni della Plebe e del Senato, mai o il Senato o la Plebe, o alcuno particolare cittadino non diseguò valersi di forze esterne; perchè avendo il rimedio in casa, non erano necessitati andare per quello fuori. E benchè gli esempi soprascritti siano assai sufficienti a provarlo; nondimeno ne voglio addurre un altro recitato da T. Livio nella sua istoria, il quale riferisce come sendo stato in Chiusi, città in quelli tempi nobilissima in Toscana, da un Lucumone violata una sorella di Arunte, e non potendo Arunte vendicarsi per la potenza del violatore, se n' andò a trovare i Francesi, che allora regnavano in quello luogo che oggi si chiama Lombardia, e quelli confortò a venire con armata mano a Chiusi, mostrando loro come con loro utile lo potevano vendicare della ingiuria ricevuta: che se Arunte avesse veduto potersi vendicare con i modi della eittà, non arebbe cerco le forze barbare. Ma come queste accuse sono utili in una Repubblica, così sono inutili e dannose le calunnie, come nel capitolo seguente discor

reremo.

CAPITOLO VIII.

Quanto le accuse sono utili alle Repubbliche, tanto sono perniziose le calunnie.

Non ostante che la virtù di Furio Cammillo, poi ch' egli ebbe liberato Roma dalla oppressione de' Francesi, avesse fatto che tutti i cittadini Romani, senza parer loro torsi riputazione o grado, cedevano a quello; nondimeno Manlio Capitolino non poteva sopportare che gli fusse attribuito tanto onore e tanta gloria; parendogli, quanto alla salute di Roma, per avere salvato il Campidoglio, aver meritato quanto Cammillo, e quanto all' altre belliche laudi, non essere inferiore a lui. Di modo che carico di invidia, non potendo quietarsi per la gloria di quello, e veggendo non potere seminare discordia fra i Padri, si volse alla Plebe, seminando varie opinioni sinistre tra quella. E tra l'altre cose che diceva, era come il tesoro, il quale si era adunato insieme per dare ai Francesi, e poi non dato loro, era stato usurpato da privati cittadini; e, quando si riavesse, si poteva convertirlo in pubblica utilità, alleggerendo la Plebe dai tributi, o da qualche privato debito. Queste parole poterono assai nella Plebe; talche cominciò avere concorso, e a fare a sua posta tumulti assai nella città: la qual cosa dispiacendo al Senato, parendogli di mo

mento, e pericolosa, creò un Dittatore, perchè e' riconoscesse questo caso, e frenasse l'impeto di Manlio. Onde che subito il Dittatore lo fece citare, e condussonsi in pubblico all'incontro l'uno dell' altro, il Dittatore in mezzo de' Nobili, e Manlio in mezzo della Plebe. Fu domandato Manlio che dovesse dire, appresso a chi fusse questo tesoro che ei diceva, perchè ne era così desideroso il Senato d' intenderlo come la Plebe; a che Manlio non rispondeva particolarmente, ma andando sfuggendo, diceva come non era necessario dire loro quello che e' si sapevano, tanto che il Dittatore lo fece mettere in carcere. È da notare per questo testo, quanto siano nelle città libere, e in ogni altro modo di vivere, detestabili le calunnie, e come per reprimerle si debbe non perdonare a ordine alcuno, che vi faccia a proposito. Nè può essere migliore ordine a torle via, che aprire assai luoghi alle accuse, perchè quanto le accuse giovano alle Repubbliche, tanto le calunnie nuocono e dall' altra parte è questa differenza, che le calunnie non hanno bisogno di testimone, nè d'alcun altro particolare riscontro a provarle, in modo che ciascuno da ciascuno può esser calunniato; ma non può già essere accusato, avendo le accuse bisogno di riscontri veri, e di circostanze che mostrino la verità dell'accusa. Accusansi gli uomini ai magistrati, a i popoli, a i consigli; calunniansi per le piazze, e per le Mach, Vol. II.

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logge. Usasi più questa calunnia dove si usa meno la accusa e dove le città sono meno ordinate a riceverle. Però uno ordinatore d'una Repubblica debbe ordinare, che si possa in quella accusare ogni cittadino senza alcuna paura, o senza alcun sospetto; e fatto questo, e bene osservato debbe punire acremente i calunniatori, i quali non si possono dolere quando siano puniti, avendo i luoghi aperti a udire le accuse di colui, che gli avesse per le logge calunniato. E dove non è bene ordinata questa parte, seguitano sempre disordini grandi; perchè le calunnie irritano e non castigano i cittadini; e gl' irritati pensano di valersi, odiando più presto, che temendo, le cose che si dicono contra di loro. Questa parte, come è detto, era bene ordinata in Roma, ed è stata sempre male ordinata nella nostra città di Firenze. E come a Roma questo ordine fece molto bene, a Firenze questo disordine fece molto male. E chi legge le istorie di questa città, vedrà quante calunnie sono state in ogni tempo date. a' suoi cittadini, che si sono adoperati nelle cose importanti di quella. Dell' uno dicevano, ch'egli aveva rubati danari al Comune; dell' altro, che non aveva vinto una impresa, per essere stato corrotto; e che quell'altro, per sua ambizione, aveva fatto il tale e tale inconveniente. Del che ne nasceva, che da ogni parte ne surgeva odio; donde si veniva alla divisione, dalla divi

sione alle sette, dalle sette alla rovina. Che se fusse stato in Firenze ordiné d'accusare i cittadini, e punire i calunniatori, non seguivano infiniti scandali che sono seguiti; perchè quelli cittadini, o condannati o assoluti che fussino, non arebbono potuto nuocere alla città, e sarebbono stati accusati meno assai, che non erano calunniati, non si potendo, come ho detto, accusare come calunniare ciascuno. E tra l'altre cose, di che si è valuto alcuno cittadino per venire alla grandezza sua, sono state queste calunnie, le quali venendo contra a' cittadini potenti, che allo appetito suo si opponevano, facevano assai per quello; perchè pigliando la parte del popolo, e confirmandolo nella mala opinione ch' egli aveva di loro, se lo fece amico. E benchè se ne potesse addurre assai esempi, voglio essere contento solo d'uno. Era l'esercito Fiorentino a campo a Lucca, comandato da Messer Giovanni Guicciardini Commessario di quello. Vollono o i cattivi suoi governi, o la cattiva sua fortuna, che la espugnazione di quella città non seguisse. Pur comunque il caso stesse, ne fu incolpato Messer Giovanni, dicendo come egli era stato corrotto da' Lucchesi; la quale calunnia sendo favorita da' nimici suoi, condusse Messer Giovanni quasi in ultima disperazione. E benchè per giustificarsi ei si volesse mettere nelle mani del Capitano; nondimeño non si potette mai giustificare, per non essere

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