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possa proporre; ed è bene che ciascuno sopra quello possa dire l'opinione sua, acciocchè il Popolo, inteso ciascuno, possa poi eleggere il meglio. Ma diventati i cittadini cattivi, divento tale ordine pessimo; perchè solo i potenti proponevano leggi, non per la comune libertà, ma per la potenza loro, e coutra a quelle non poteva parlare alcuno per paura di quelli; talchè il Popolo veniva o ingannato, o forzato a deliberare la sua rovina. Era necessario pertanto a volere che Roma nella corruzione si mantenesse libera, che, così come aveva nel processo del vivere suo fatte nuove leggi l'avesse fatti nuovi ordini ; perchè altri ordini e modi di vivere si debbe ordinare in un soggetto cattivo, che in un buono, nè può essere la forma simile in una materia al tutto contraria. Ma perchè questi ordini o e' si hanno a rinnovare tutti ad un tratto, scoperti che sono non esser più buoni, o a poco a poco, in prima che si conoschino per ciascuno; dico, che l'una e l'altra di queste due cose è quasi impossibile. Perchè a volergli rinnovare a poco a poco, conviene che ne sia cagione un prudente che veggia questo inconveniente assai discosto, e quando e' nasce. Di questi tali è facilissima cosa che in una città non ne $urga mai nessuno; o quando pure ve ne surgesse, non potrebbe persuadere mai ad altrui quello che egli proprio intendesse; perchè gli uomini usi a vivere in un mo

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do, non lo vogliono variare; e tanto più non veggendo il male in viso, ma avendo ad essere loro mostro per conietture. Quanto allo innovare questi ordini ad un tratto quando ciascuno conosce che non son buoni, dico, che questa inutilità, che facilmente si conosce, è difficile a ricorreggerla; perchè a far questo non basta usare termini ordinari, essendo i modi ordinari cattivi, ma è necessario venire allo straordinario, come è alla violenza ed all' armi, e diventare innanzi ad ogni cosa Principe di quella città, e poterne disporre a suo modo. E perchè il riordinare una città al vivere politico presuppone un uomo buono, e il diventare per violenza Principe di una Repubblica presuppone un uomo cattivo; per questo si troverà che radissime volte accaggia, che uno uomo buono voglia diventare Principe per vie cattive, ancora chè il fine suo fusse buono; e che uno reo divenuto Principe voglia operare bene, é che gli caggia nell' animo usare quella autorità bene, ch' egli ha male acquistata. Da tutte le soprascritte cose nasce la difficultà, o impossibilità, che è nelle città corrotte, a mantenervi una Repubblica, o a crearvela di nuovo. E quando pure la vi si avesse a creare, o a mantenere, sarebbe necessario ridurla più verso lo stato Regio che verso lo stato Popolare, acciocchè quelli nomini, i quali dalle leggi, per la loro insolenzia, non possono essere corretti, fussero

da una podestà quasi Regia in qualche modo frenati. Ed a volergli fare per altra via diventare buoni, sarebbe o crudelissima impresa, o al tutto impossibile, come io dissi di sopra che fece Cleomene; il quale se, per essere solo, ammazzò gli Efori, e se Romolo per le medesime cagioni ammazzò il fratello e Tito Tazio Sabino, e dipoi usarono bene quella loro autorità; nondimeno si debbe avvertire che l'uno e l'altro di costoro non avevano il soggetto di quella corruzione macchiato, della quale in questo capitolo ragioniamo; e però poterono volere, e, volendo, colorire il disegno loro.

CAPITOLO XIX.

Dopo uno eccellente principio si può mantenere un Principe debole; ma, dopo un debole, non si può con un altro debole mantenere alcun Regno.

Considerato la virtù, ed il modo del procedere di Romolo, Numa, e di Tullo, i primi tre Re Romani, si vede come Roma sorti una fortuna grandissima, avendo il primo Re ferocissimo e bellicoso, l'altro quieto e religioso, il terzo simile di fero-. cia a Romolo, e più amatore della guerra, che della pace. Perchè in Roma era necessario che surgesse ne' primi principii suoi un ordinatore del vivere civile; ma bene poi necessario che gli altri Re ripiglias

sero la virtù di Romolo; altrimenti quella città sarebbe diventata effemminata, e preda de' suoi vicini. Donde si può notare che uno successore, non di tanta virtù quanto il primo, può mantenere uno Stato per .la virtù di colui che l'ha retto innanzi, e si può godere le sue fatiche; ma se egli av viene o che sia di lunga vita, o che dopo lui non surga un altro che ripigli la virtù di quel primo, è necessitato quel Regno a rovinare. Così per il contrario, se due l'uno dopo l'altro, sono di gran virtù, si vede spesso che fanno cose grandissime, e che ne vanno con la fama in fino al cielo Davit senza dubbio fu un uomo per arme, per dottrina, per giudizio eccellentissimo; e fu tanta la sua virtù, che, avendo vinti ed abbattuti tutti i suoi vicini, lasciò a Salomone suo figliuolo un Regno pacifico, quale egli si potette con le arti della pace e della guerra conservare, e si potette godere felicemente la virtù di suo padre. Ma non potette già lasciarlo a Roboan suo figliuolo, il quale non essendo per virtù simile all' avolo, nè per fortuna simile al padre, rimase con fatica erede della sesta parte del Regno. Baisit Sultan de' Turchi, ancora che fusse più amatore della pace che della guerra, potette godersi le fatiche di Maumetto suo padre, il quale avendo come Davit, abbattuti i suoi vicini, gli lasciò un Regno fermo, e da poterlo con l'arte pace facilmente conservare. Ma se il

della

figliuolo suo Sali, presente Signore, fusse stato simile al padre, e non all' avolo, quel Regno rovinava; ma e' si vede costui essere per superare la gloria dell'avolo. Dico pertanto con questi esempi, che dopo uno eccellente Principe si può mantenere un Principe debole, ma dopo un debole non si può con un altro debole mantenere alcun Regno, se già e' non fusse come quello di Francia, che gli ordini suoi antichi lo mantenessero; e quelli Principi souo deboli che non stanno in su la guerra. Conchiudo pertanto con questo discorso, che la virtù di Romolo fu tanta, che la potette dare spazio a Numa Pompilio di potere molti anni con l'arte della pace reggere Roma; ma dopo lui successe Tullo, il quale per la sua ferocità riprese la riputazione di Romolo; dopo il quale venue Anco in modo dalla natura dotato, che poteva usare la pace, e sopportare la guerra. E prima si dirizzò a volere tenere la via della pace, ma subito conobbe come i vicini giudicandolo effeminato, lo stimavano poco; talmente che penso che, a voler mantenere Roma, bisognava volgersi alla guerra, e somigliare Romolo e non Numa. Da questo piglino esempio tutti i Principi che tengono Stato, che chi somiglierà Numa lo terrà, o non terrà secondo che i tempi, o la fortuna gli girerà sotto; ma chi somiglierà Romolo, e fia come esso armato di prudenza e d'armi, lo terrà in ogni modo, se da una ostinata ed

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