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sità, no meno, di bere il vino e specialmente l'ausonico, traditore, color di rosa, abboccato, con l'asprigno, asciutto, leggero ma graduato a diciotto che a un tratto ti piglia e ti butta nel muro.

Diceva il dottore: Siete matti, qui all'isola, a bere in codesta maniera! Finirete tutti cirrotici !

Tappo scoteva la pipa e sogghignava: Hè! hè bisogna vedere a che età, signor dottore mio bello!

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A che età? Ma se Michelaccio è morto di settanta, chi vi dice che non avrebbe campato cento? e se Schiantacatene non tira le còia si è perchè l'ho messo a dieta e se ne veggono gli effetti....

-

A dieta? signor dottore mio bello? Ci credete proprio che Schiantacatene non ci abbia il boccale dentro al canterano? E la Rosetta, povera figlia, che è morta a diciott'anni, senz'avere assaggiato altro che acqua? Ma se è morta di petto!

E se beveva vino questo non le sarebbe accaduto signor dottore mio bello, sarebbe stata sana fresca e robusta come me! Ci credete voi nel Signore?

Io no! Mi strafischio di lui e di tutti i suoi santi!

Vedete resia, signor dottore mio bello...

il vino è un dono del Signore e chi lo disprezza, disprezza anche lui!

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Altra cosa è disprezzare i doni della natura, altra cosa è abusarne...

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Ma come fate voi, dottore mio bello, a stabilire quando uno abusa e non abusa? A voi vi può far male un boccale' mentre a me ce ne vogliono due fiaschi. Voi ci avete l'ansimo e io me la fumo in questa pipa rocciosa; voi siete sempre arrabbiato e io mi sento sempre in grazia del cielo e, signor dottore mio bello, tengo vent'anni quasi più di voi! hè! hè...! Il medico s'alzava sbuffante e il parroco interveniva stropicciandosi le mani:

Come va, dottore? la scienza battuta dalla natura? la filosofia sconfitta dal Vangelo? Com'è? Com'è?

Mi lasci stare anche lei e non bestemmi a cacciare il Vangelo tra il vino e i rutti di questi briachi...

-

Sor dottore non si arrabbi così! Nostro Signore lasciò anche il vino per suo rappre

sentante...

Ma se trovava tutti Cristiani come voialtri, benchè incommensurabile, a quest'ora l'avreste finito!

-

Su, Tappo! Andiamo a far pace! Io, reverendo, non bevo! urlò il medico inorridito,

Un goccetto, uno solo...
Tantino, così...

Te, Tappo, non tentarmi!

È rosso scelto della vigna di Placido!
Di quello che, con rispetto vostro...
Eppoi, semel in anno...

Su! prima di rimontare in legno, chè s'è messo maretta...

due!

E andiamo, e che Bacco vi subissi tutt'e

-Anita! Giuseppina! Pigliate una bottiglia di quelle che perdono il... (come avrà detto Tappo ve lo immaginate) da sẻ!

E scacciate i polli di sul sacrato che vanno a scaconzarmi anche in chiesa ! Ed entrarono in canonica tutti e tre. Tappo mesceva. Nella stanzuccia. bassa entrava dalla finestra il soffio fresco del mare. Non si sentiva che il gran respiro affannoso, non si vedevano che le antenne dei grossi battelli da pesca cullati dalla risacca nel porto. Il prete aveva detto:

Bisogna beverlo con raccoglimento. Tappo aveva schioccato la lingua alzando gli occhi al soffitto. Poi aveva cominciato a versare in mezzo a quel silenzio religioso.

Il medico guardò, come una medicina, il gran bicchiere pieno di vino rosso, senza decidersi a toccarlo.

Ma Tappo alzò il suo, lo mise contro alla finestra, si deliziò, prima d'assaporarlo, a goderne i riflessi traverso il nitore del cristallo e dell'aria.

Il parroco lo bevve con la mano destra sul cuore, interrompendosi a mezzo per dire costernato:

Domine non sum dignus...

Poi vuotò il calice d'un colpo e lo allungò a Tappo implorando umilmente: Nobis quoque peccatoribus...

E Tappo mesceva.

Il medico assaggiò, centellinò, approvò. Non potè ristarsi dal lodare la squisitezza e l'aroma, poi concluse vuotando il bicchiere e posandolo sul tavolino, quasi con rabbia:

lice!

Dio mi danni! ma questa gente è fe

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Signor dottore mio bello - disse Tappo, parlando senza complimenti anche a nome del prete, noi non abbiamo mai fatto male a persona. La domenica mi metto sul porto e comincio a far visita ai miei compari. Un bicchieretto bianco di quello, un bicchieretto rosso dell'altro, un bicchieretto rosa del terzo, e poi si ricomincia per non cascare nel numero pari perchè porta disgrazia, chè se Dio liberi vi succede di contare fino a tredici, arriverete a venticinque almeno, se no, a passarla liscia,

ci rimetteresti la barca. Quando si leva la luna, ci s'alza per provare un po' come va. La strada è buia, ci sono i pioli dei canapi, gli arnesi del calafato sparpagliati quà e là, qualcun altro che senta un po' di mareggiata, c'è il caso di perder la rotta... e allora comincio a bordeggiare. Con la mia mezza veletta, comincio a bordeggiare. Prima ti metto la prua dalla Pòlita, finchè trovo l'angolo della strada che mena alla chiesa nova. Allora mi raccolgo, gli dò una mano di terzaruoli, piglio un po' di vento e taffete! ti vo a sbattere nel muro di faccia. Di lì, con un altra bordata, ammainando piano piano, mi conduco fino alla scala della Giovannina, e qui, siccome son vicino al porto, butto giù tutte le vele e ti principio a lavorar di remo. Adagino adagino, tastando col braccio sinistro, giro la scala, faccio due passi, sento la porta, alzo il piede, salgo il gradino, entro in casa, agguanto la madia, mi strùcino col groppone muro muro fino in tinello, trovo l'uscio di camera, butto giù l'àncora e mi fermo sul letto.

"Ma che sonno, signor dottore mio bello, tutto filato, a pugni chiusi che nemmeno una creatura!

Vuumm.... vuumm.... vou... uh! uh!

La sirena del vecchio piroscafo in lotta con la boa che lo tratteneva, piccola, a sballottarsi sui flutti, aveva chiamati i passeggeri alle barche.

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