Immagini della pagina
PDF
ePub

1

queste ultime condizioni appartenenti allo amo. re, parmi pur che esso l'abbia fatta un poco troppo austera, massimamente volendo che con le parole, gesti e modi suoi ella levi in tutto la speranza allo amante.

[ocr errors]

Allora il signor Magnifico, Non voglio, disse, che la mia donna di palazzo levi la speranza di ogni cosa, ma delle cose disoneste, le quali se il cortigiano sarà tanto cortese e discreto Come l'hanno formato questi signori, non solamente non le spererà, ma pur non le desidererà, Iperchè se la bellezza, i costumi, l'ingegno, la bontà, il sapere, la modestia, e tante altre virtuose condizioni che alla donna abbiamo date, saranno la causa dell' estimazion del cortigiano verso lei, necessariamente il fin ancora di questa estimazione sarà virtuoso (1); e se la mia donna di palazzo non avrà amori mossi da mala speranza, non per questo ne resterà senza, perchè non le mancheran quei che saranno mossi e dai meriti e dalla confidenza del valore di sè stessi, per lo quale si conosceran degni d' essere da lei amati. M. Roberto pur contraddicea, ma la signora Duchessa gli diede torto, confermando la ragion del signor Magnifico; poi soggiunse: Noi non abbiam causa di dolersi del signor Magnifico, perchè in vero estimo che la donna di palazzo da lui formata possa star al paragon del cortigiano, ed ancor con qualche vantaggio; perchè le ha insegnato ad amare, il che non han fatto questi signori al lor cortigiano.

(1) Cioè non altro che, nubili essendo ambedue, si coni giungano, come già si disse, in matrimonio.

Si propone l'argomento del quarto libro, e si dà l'impresa di ragionare al signor Ottaviano Fregoso.

Quivi tacendo ognuno, disse il signor Otta

viano: Lasciamo oramai sì pericoloso argomen to, poichè emmi dispiaciuta tauta contenzione, non perchè m'increscesse vederne la vittoria in favor delle donne, ma perchè ha indotto il signor Gasparo e il Frigio a calunniarle più che non dovea, e 'l signor Magnifico a lodarle forse un poco più che 'l debito; oltre che per la lunghezza del ragionamento, abbiamo perduto d'intender molt' altre belle cose che restavano a dirsi del cortigiano. Eccovi, disse la siguora Emilia, che pur siete nostro avversario; e perciò vi dispiace il ragionamento passato; nè vorreste che si fosse formata questa così eccellente donna di palazzo; non perchè vi fosse altro che dire sopra il cortigiano (perchè già questi signori hau detto quanto sapevano, nè voi, credo, ne altri potrebbe aggiungervi più cosa alcuna ), ma per la invidia che avete all' onor delle donne. Certo e, rispose il signor Ottaviano, che oltre alle cose dette sopra il cortigiano, io ne desidererei molte altre; pur poichè ognun si contenta, che ei sia tale, io ancora me ne contento, nè in altra cosa lo muterei, se non in farlo un poco più amico delle donne che non è il signor Gasparo e'l Frigio, ma forse non tanto quanto è alcuno di questi altri signori, Allora la signora Duchessa, Bisogna, disse, in ogni modo, che noi veggiamo se l'ingegno vostro è tanto che basti a dar maggior perfezione al cortigiano che non han dato questi siguori. Però siate contento di dir ciò

D'

IL CORTIGIANO LIBRO TERZO

295 che n' avete in animo; altrimenti noi penseremo che nè voi ancora sappiate aggiungergii più di quello che s'è detto, ma che abbiate voluto detrarre alle lodi della donna di palazzo, parendo vi ch'ella sia eguale al cortigiano, il quale perciò voi vorreste che si credesse che potesse esser molto più perfetto che quello che hanno formato questi signori. Rise il signor Ottaviano, e disse: Le lodi e i biasimi dati alle donne più del debito, hanno tanto piene l'orecchie e l'animo di chi ode, che non han lasciato luogo che altra cosa star vi possa. Adunque, disse la signo ra Duchessa, aspettando insino a domani avremo più tempo; e quelle lodi e biasimi che voi dite essere stati dati alle donne dell' una parte e dell'altra, troppo eccessivamente, fratianto usciranno dell'animo di questi signori, di modo che pur saranno capaci di quella verità che voi direte. Cosi parlando la signora Duchessa, levossi in piedi, e cortesemente donando licenza a tutti, si ritrasse nella stanza sua più secreta, ed ognuno si fu a dormire.

www

CAPO PRIMO.

Proemio intorno la morte d'alcuni, e l'esalta mento d'altri gentiluomini che intervennero ai ragionamenti di quest' opera.

Pensando io di scrivere i ragionamenti che la quarta sera, dopo le narrate nei precedenti libri, s'ebbero, sento tra varii discorsi, uno amaro pensiero che nell' animo mi percuote, e delle miserie umane e nostre speranze fallaci ricordevole mi fa; e come spesso la fortuna a mezzo il corso, talor presso al fine, rompa i nostri fragili e vani disegni, talor li sommerga prima che pur veder da lontano possano il porto. Tornami adunque a memoria che non molto tempo dappoi che questi ragionamenti passaro. no, privò morte importuna la casa nostra di tre rarissimi gentiluomini, quando di prospera età e sperauza d'onore più fiorivano; e di questi il primo fu il signor Gasparo Pallavicino, il quale essendo stato da una acuta infermità combattuto, e più che una volta ridotto all' estremo, benchè l'animo fosse di tanto vigore che per un tempo tenesse gli spiriti in quel corpo a dispetto di morte, pur in età molto immatura forni il suo natural corso; perdita grandissima non solamente nella casa nostra ed agli amici e parenti suoi, ma alla patria ed a tutta la Lombardia. Non molto appresso mori M. Cesare Gonzaga, il quale a tutti coloro che aveano di lui notizia, lasciò acerba e dolorosa memoria della sua morte; perchè producendo

IL CORTIGIANO LIBRO QUARTO

297 la natura cosi rare volte come fa, tali uomini, pareva pur conveniente che di questo così tosto non ci privasse; chè certo dir si può che M. Cesare ci fosse appunto ritolto quando cominciava a mostrar di sè più che la speranza, ed esser estimato quanto meritavano le sue ottime qualità; perchè già con molte virtuose fatiche avea fatto buon testimonio del suo valore, il quale risplendeva, oltre alla nobiltà del sangue, dell' ornamento ancora delle lettere e d'arine > e d'ogni lodevol costume; tal che, per la bontà, per l'ingegno, per l'animo e per lo saper suo, non era cosa tauto grande che di lui aspettar non si potesse (1). Non passò molto che M. Roberto da Bari, esso ancor morendo, molto dispiacer diede a tutta la casa; perchè ragionevole pareva che ognun si dolesse della morte d'un giovane di buoni costumi, piacevole, e di bellezza, d'aspetto e disposizion della persona rarissimo, in complession tanto prosperosa e gagliarda quanto desiderar si potesse. Questi adunque se vivuti fossero, penso che sarebbero giunti a grado che avrebbero ad ognuno che conosciuti gli avesse, potuto dimostrar chiaro argomento quanto la corte d'Urbino fosse degna di lode, e come di nobili cavalieri ornata; il che fatto hanno quasi tutti gli altri che in essa creati si sono; che veramente del caval troiauo non uscirono tanti signori e capitani, quanti di questa casa usciti sono uomini per virtù singolari, e da ognuno sommamente pregiati. Chè, come sapete, M. Federico Fregoso fu fatto arcivescovo di Salerno, il conte Lodovico, vescovo di Bajous; il signor Ottaviano, duce di Geno

(1) M. Cesare Gonzaga, valoroso, guerriero, leggiadro poe ta, grande ed accorto ministro. Le sue poesie si trovano stam pate con quelle dell' autore, che era suo cugino. } 13

Castiglione fasc. 105.

« IndietroContinua »