Immagini della pagina
PDF
ePub
[ocr errors]

danno con una certa mala grazia e quasi dispetto, tal che si conosce che lo fan per for. za; altri non solamente non son secreti, ma chiamano i testimonii, e quasi fanno bandire

il

le loro liberalità; altri pazzamente votano in un tratto quel fonte della liberalità, tanto che poi nou si può usar più Però in questo, come nell'altre cose, bisogna sapere, e governarsi con quella prudenza ch'è necessaria compagna a tutte le virtù; le quali, per esser mediocrità, sono vicine alli due estremi, che sono vizii; onde chi non sa, facilmente incorre in essi; perchè così, come è difficile nel circolo trovare il punto del centro, che è il mezzo, così è dificile trovare il punto della virtù posta nel mezzo delli due estremi viziosi, l'uno per il troppo, l'altro per poco; ed a questi siamo or all' uno, or all'altro inclinati; e ciò si conosce per il piacere e per il dispiacere che in noi si sente, che per l'uno facciamo quello che non dobbiamo, per l'altro lasciamo di far quello che dovremmo; benchè il piacere è molto più pericoloso, perchè facilmente il giudizio nostro da quello si lascia corrompere; ma perchè il conoscere quanto sia l'uom lontano dal centro della virtù è cosa difficile, dobbiamo ritirarci a poco a poco da noi stessi alla contraria parte di quello estremo al qual conosciamo esser inclinati: come fanno quelli che indrizzano i legni distorti, chè in tal modo ci accosteremo alla virtù, la quale (come ho detto) consiste in quel punto della mediocrità; onde interviene che noi per molti modi erriamo, e per un solo facciamo l'officio e debito nostro; così come gli arcieri, che per una via sola danno nella brocca, e per molte fallano il segno: però spesso un principe per voler esser umano ed affabile, fa infinite cose fuor del decoro, e si avvilisce tanto, che è dis

prezzato. Alcun altro per servar quella maestà grave con autorità conveniente, divien austero ed intollerabile. Alcun, per esser tenuto eloquente, entra in mille strane maniere, e lunghi circui. ti di parole affettate, ascoltando sè stesso tanto, che gli altri per fastidio ascoltar non lo possono. Sicchè non chiamate, M. Cesare, per minuzia cosa alcuna che possa migliorare un principe in qualsivoglia parte, per minima che ella sia; ne pensate già ch'io estimi che voi biasimiate i miei documenti, dicendo che con quelli piuttosto si formerebbe un buon governatore, che un buon principe: chè non si può forse dare maggior Tode, nè più conveniente ad un principe, che chiamarlo buon governatore; però se a me toccasse instituirlo, vorrei che egli avesse cura non solamente di governar le cose già dette, ma le molto minori, ed intendesse tutte le particolarità appartenenti a'suoi popoli quanto fosse possibile; ne mai credesse tauto, nè tanto si confidasse d'alcun suo ministro, che a quel solo rimettesse totalmente la briglia e l'arbitrio di tutto 'I go. verno; perchè non è alcuno che sia attissimo a tutte le cose; e molto maggior danno procede dalla credulità de' signori, che dalla incredulità; la qual non solamente talor non nuoce, ma spesso sommamente giova: pur in questo è necessario il buon giudizio del principe, per conoscere chi merita esser creduto e chi no. Vorrei che avesse cura d'intendere le azioni, ed esser censore de' suoi ministri; di levare ed abbreviare le liti tra i sudditi; di far far pace tra essi, ed allegarli insieme de' parentadi; di far che la città fosse tutta unita e concorde in amicizia, come una casa privata; popolosa, non povera, quieta, piena di buoni artefici; di favorir i mercatanti, ed aiutarli ancora con denari; d'esser liberale ed

onorevole nella ospitalità verso i forestieri verso i religiosi; di temperar tutte le superfluità; perchè spesso per gli errori che si fanno in queste cose, benchè paiano piccoli, le città vanno in ruina però è ragionevole che 'l principe ponga meta ai troppo sontuosi edificii dei privati, ai convivii, alle doti eccessive delle donne, al lusso, alle pompe nelle gioie e ne' vestimenti che non è altro che un argomento della lor pazzia, chè spesso per quella ambizione ed invidia che si portano l'una all'altra, dissipano le facoltà e la sostanza de' mariti. Allora M. Bernardo Bibiena ridendo, Signor Ottaviano, disse, voi entrate nella parte del signor Gasparo e del Frigio. Rispose il signor Ottaviano, pur ridendo: La lite è finita, ed io non voglio già rinnovarla; però non dirò più delle donne, ma ritornerò al mio principe. Rispose il Frigio: Ben potete oramai lasciarlo, e contentarvi ch'egli sia tale come l'avete formato ; chè senza dubbio più facil cosa sarebbe trovare una donna con le condizioni dette dal signor Magnifico, che un principe con le condizioni dette da voi; però dubito che sia come la repubblica di Platone, e che non siamo per vederne mai un tale, se non forse in cielo. Rispose il signor Ottaviano: Le cose possibili, benchè siano difficili, pur si può sperare che abbiano da essere; perciò forse vedremolo ancor a' nostri tempi in terra, jchè benchè i cieli siano tanto avari in produr principi eccellenti, che a pena 'in molti secoli se ne vede uno, potrebbe questa buona fortuna toccare a noi. Disse allor il conte Lodovico: lo resto con assai buona speranza, perchè, oltra quelli tre grandi che abbiamo nominati, dei quali sperar si può ciò che s'è detto convenirsi al supremo grado di perfetto principe, ancora in Italia si ritro Castiglione, fasc. 105. 15 *

CO

vano oggidì alcuni figliuoli di signori, li quali, benchè non siano per aver tanta potenza, forse suppliranno con la virtù; e quegli che tra tutti si mostra di miglior indole, e di sè promette mag. giore speranza che alcun degli altri parmi che sia il signor Federico Gonzaga, primogenito del marchese di Mantova, nipote della signora duchessa nostra qui: chè, oltre la gentilezza de'costumi, e la discrezione che in così tenera età dimostra, coloro che lo governano, di lui dicono cose di maraviglia, circa l'essere ingegnoso, cupido d'onore, magnanimo, cortese, liberale, amico della giustizia; di modo che di così buon principio non si può se non aspettare ottimo fine. Allor il Frigio, Or non più, disse; pregheremo Dio di vedere adempita questa vostra speranza. Quivi il signor Ottaviano, rivolto alla signora duchessa, con maniera d'aver dato fine al suo ragionamento, Ecco. vi, signora, disse, quello che a dir m'occorre del fin del cortigiano; nella qual cosa s'io non avrò soddisfatto in tutto, basterammi alınen aver dimostrato che qualche perfezione ancora dar se gli potea, oltra le cose dette da questi signori, i quali io estimo che abbiano pretermesso e questo e tutto quello ch' io potrei dire, non perchè non lo sapessero meglio di me, ma per fuggir fatica; però lascierò che essi vadano continuando, se a dir loro avanza cosa alcuna.

Allora disse la signora duchessa : Oltra che l'ora è tanto tarda, che tosto sarà tempo di dar fine per questa sera, a ine non par che noi dob biam mescolare altro ragionamento con questo; nel quale voi avete raccolto tante varie e belle cose, che circa il fine della cortigiania si può dir che non solamente siate quel perfetto cortigiano che noi cerchiamo, e bastante per instituir bene

[ocr errors]

il vostro príncipe, ma se la fortuna vi sarà propizia, che dobbiate ancor esser ottimo principe (1), il che sarebbe con molia utilità della patria vostra. Rise il signor Ottaviano, e disse: Forse, signora, s'io fossi in tal grado, a me ancor interverrebbe quello che suole intervenire a molti altri, li quali san meglio dire che fare.

CAPO XII.

Si risponde ad alcune obbiezioni che si fanno contro le dourine insegnate di sopra. Cortigiania di Fenice, Aristotele, Callistene e Platone.

Quivi essendosi replicato un poco di ragiona

mento tra tutta la compagnia confusamente, con alcune contraddizioni pur a lode di quello che s'era parlato, e dettosi che ancor non era l'ora d'andar a dormire, disse ridendo il Magnifico Giuliano Signora, io son tanto nemico degl' inganni, che mi è forza contraddir al signor Otta viano, il qual, per esser (come io dubito) congiurato secretamente col signor Gasparo contra le donne, è incorso in due errori (secondo me :) grandissimi; dei quali l'uno è, che per preporre questo cortigiano alla donna di palazzo, e farlo eccedere quei termini a che essa può giungere, l'ha preposto ancor al principe, il che è inconvenientissimo; l'altro, che gli ha dato un tal fine, che sempre è difficile, e talor impossibile che lo conseguisca; e quando pur lo consegue, non si deve nominar per cortigiano. Io non intendo disse la signora Emilia, come sia così difficile o impossibile che 'l cortigiano conseguisca questo suo fiue, nè meno come il signor Ottaviano

(1) Vedi nel capo 1 di questo stesso libro avverato il proe mostico riguardo al signor Ottaviano FregoLo.

« IndietroContinua »