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cercano di ritornarvi, non tanto per utilità del possederla, quanto per cupidità di vendicarsene. Però vostra santità ne abbia quella cura, che buon padre e signore deve aver di unico ed obbediente figliuolo e servitore. Che ormai si può dire che Italia sia unica obbediente alla Sede apostolica; e conservandosi questa in pace, e stando bene unita con Cesare possa esser mezzo a vostra santità di satisfare a'suoi santi desiderii, e guadagnar gloria presso al mondo e merito presso a Dio. Ma senza l'unione di Cesare nè pace universale tra cristiani. nè impresa contra infedeli, nè alcun altro buon effetto cred' io sia per succedere mai. E questo giudicar si può dalle risposte, che qualche volta hanno fatte alcuni principi cristiani a chi gli ha ricercati di contribuire ed unirsi con gli altri a questa impresa.

Ben veggo che grande inezia e presunzione è la mia ricordar cosa alcuna a vostra santità, la quale e per la prudenza sua infinita e somma bontà in un momento conosce più ch'io non potrei in mill'anni, ed è sempre inclinata e prontissima ad investigare ed eseguire ogni bene. Ma parmi che l'affetto della mia cordial servitù, dalla quale procede questo mio errore, mi debba far escusato. E veramente non erro per altro che per un estremo desiderio dell'onore e gloria di vostra santità e che se pur Dio vuole per li nostri peccati flagellarne ancora con nuova guerra, almen non paia che vostra santità sia la prima a pigliar essa la face in mano, ed andar appiccando in ogni lato questo incendio, e chiudere la strada alla pace ed aprirla ad un diluvio di Turchi (1) e alla servitù della cristianità. E certo è che quella opinione di bontà,

(1) 1 Turchi facevano già deʼmovimenti contro l'Ungheria,

religione ed integrità di vita, che vostra santità si ha guadagnata per tutto il mondo e della quale io mi allegro sommamente sentendone sonar tanto la fama qui in Ispagna, merita che da lei si aspetti, non ch'ella semini guerre, il che pare che sia stata cosa fatale a molti pontefici suoi antecessori con grandissimo biasimo loro; ma che abbracci il bene universale nè si mostri inimica ad un príncipe più che all'altro; lasciando massimamente quello a cui non ba mai fatto, nè da lui ricevuto altro che piaceri; e che in una tanta vittoria mostrò tanta modestia ancor contra quelli che, essendo obbligati d'aiutarlo, forse aveano fatto il contrario, per congiungersi con quello che le ha fatto e da lei ricevuto molti dispiaceri (1); e che nella perdita dell'esercito e della sua libertà mostrò così vendicativo e fiero animo, che in prigione minacciò ancora a quelli che forse erano obbligati ad offenderlo, e pur non l'aveano offeso.

Io ho voluto per una volta satisfar a me stesso con questa lettera; la quale è scritta sola mente per istimolo di una affettuosa e cordial servitù verso vostra santità, nou per parer eloquente o dir belle parole, nè per odio e amor ch'io porti a principe alcuno che al mondo sia, se non quanto mi stringe lo interesse di quella, che è il solo bersaglio al quale io ho indiriz zato tutte le mie saette. E così nostro Signore Dio mi conceda poter accertare in servirla, come sopra tutte altre cose lo desidero: e così resto baciando umilmente i santissimi piedi di vostra santità.

In Toledo alli XXVIII di decembre MDXXV.

(1) S'era Clemente e da cardinale e da papa opposto sem pre a' disegni de' Francesi per conto dello stato di Milano e del reame di Napoli.

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All' arcivescovo di Capua.

L'ultima

ultima mia fu dell'ultimo di settembre, il #triplicato della quale sarà con questa. Dopo occorremi dire che alli 25 del passato giunse D. Francesco di Mendozza, e portò, insieme con la nuova di quello che si era fatto in Roma (il che si era però inteso, ma non così particolarmente), le lettere di vostra signoria de' 23 di settembre, con le copie ch'ella m'avvisa, e il breve all'imperatore. Don Francesco escusò più che potè D. Ugo e i Colonnesi di quello che si era fatto in Roma (1), e penso ch'esponesse

(1) Cioè del sacco che Don Ugo ei signori Colonnesi dato aveano al tempio e agrestia di S. Pietro, al palagio del papa e alle migliori case del borgo il di ventesimo di settembre del 1526, Del quale, poichè il Varchi, alla pag. 19 della sua storia, ne descrive i disegni e il modo non meno distintamente che con molta precisione, non crediamo fuori di proposito il qui recare le sue stesse parole. Don Ugo di Moncada s'accozzò poco di poi con Pompeo cardinale Colonna, il quale, parte per l'amisia e servitù che teneva con l'imperadore, e parte per l'invidia e odio che al pa pa portava, s'era deliberato di volerlo, rinnovando l'esempio di Sciarra, assaltare e prendere nel suo palaz zo medesimo e tanto più che egli divisava tra se, e pora tava firmissima opinione di dovere, o morto o depo. sto Clemente, esser egli in luogo di lui col favore dell'imperadore a sommo pontefice eletto. Laonde sapendo egli, che 'l papa sotto la fede e sicurezza della tregua fatta da lui con Vespasiano figliuolo del signor Prospero, a nome de Colonnevi, aveva non meno imprudentemente che avaramente licenziato tutti i soldati; fece segretamente i suoi fratelli e altri capi di casa Colonna chiamare, e dello che mettessino in punto, e stessero a ordine con tulle le genti loro, ordinò la bisogna in modo che, giunti la mattina per tempo a Roma, in quella senza contrasto alcuno entrali, presero in un tratto, e più che barbaramente sac

fedelissimamente quanto sua santità gli avea împosto. Pochi furono che accettassero tal escusazione: benchè alcuni dicessero che alla guerra non si possono aver rispetti, e tai cose. Pure l'imperatore ha mostrato grandissimo_dispiacere così con altri come con me, quando gli die. di il breve, e parlai lungamente aggravando la cosa più che potei, come ragionevolmente si avea da fare; ricordando che mai più era stata così barbara nazione, nè così inimica del nome di Cristo, che avesse osato a far tanto obbrobriosa ingiuria alla Sede apostolica, e a quella santa Chiesa, capo della cristianità. E prometto a vostra signoria che mi allargai tanto sopra questo, che restai contento di me medesimo, e conobbi che sua maestà si commosse molto e dissemi, che appresso Dio egli pensava d'essere escusato, giurando che mai non avea dato tal com

era

cheggiarono non solo il palazzo proprio del papa, e l' un borgo e l'altro, con molte case di prelati e altri granmaestri e gentiluomini, ma spogliarono eziandio con inaudita avarizia ed empietà di tutti i paramenti ed altri arnesi ecclesiastici la sagrestia e l'augustissimo tempio di S. Pietro; cosa che mai più fino a quel giorno, nè eziandio al tempo de' Goli e de' Longobardi avvenuta non era; ed il papa, il quale tutto dolente e pauroso a gran pena stato a tempo a fuggirsi occultamente in Castello, non vi trovando, per poco ordine di monsignor Guido de'Medici castellano e troppa avarizia del cardinale Ormellino tesoriere, ne soldati, nè munizione, ne vettovaglie pure per tre i, fu costretto a mandare per Don Ugo, e mandatigli per istatichi due cardinali, Čibo e Ridolfi ) pregarlo stret tissunamente, che gli dovesse piacere di venire a parlamen to con esso lui: la qual cosa egli contra la voglia del Co. lonna non rifiuto, e dopo molte parole, o per reverenza della Sede apostolica, o piuttosto da Clemente con monela, come si disse, corrotto, fece un accordo. Chi poi.bramasse più minute e curiose notizie delle ruberie fatte a' privati ju questo tumulto, può vedere una lettera di Girolamo Ne gro a Marcantonio Micheli tra quelle de'principi, tom. 1, pag. 91, dell'edizione del 1562,

missione, e che gli pesava nell'anima di quello che s'era fatto: però vedendosi tutto il mondo contra e una guerra accesa senza sua colpa, e stando circondato da tanti inimici, non potea rifiutar quelli che si offerivano di volerlo servire, accennando i Colonnesi e qui ragionò molto del desiderio che sempre avea tenuto di essere unito col papa e obbedientissimo figliuolo di sua santità, il qual desiderio teneva più che mai. E benchè le cose della cristianità fossero in tanto pericolo con la perdita di Ungheria, la quale, oltre all'universale, toccava a sua maestà tanto particolarmente (1); non per questo desiderava la unione con nostro signore più di quello, che avea fatto infin qui, perchè non potea il desiderio suo essere maggiore di quello che era stato sempre; e che se avea ricevuto ingiuria alcuna da sua santità, il che non si presumeva aver ricevuto e da altri, come in vero avea ricevuto, era contento scordarsele tutte: e s'egli ne avea fatto a nostro signore, lo supplicava che gli perdonasse; e così gli domandava perdono ed era contento che si stimasse che sua maestà fosse stata l'offensore. A questo proposito passarono molte cose sempre in dimostrare l'estremo desiderio d'esser unito con sua santità, e voler mettere da canto tutte le cose che potessero ingrossare gli animi dall'una parte e dall'altra, e intendere nel rimediare a'pericoli della cristiauità con tutte le forze sue e con la vita propria, e desiderare estremamente che sua santità pigliasse confidenza di sua maestà. In ultimo dissemi che consulterebbe il resto, e mi darebbe risoluta ri

(1) Per l'infelice morte del re Lodovico suo cognato; e perchè gli stati dell'arciduca Ferdinando suo fratello erano esposti al medesimo pericolo.

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