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mini e parte per la speranza, comune anche a'savi, di lunga vita; e più cara a chiunque, essendo capace di lunga ira, ma non sino al grado profoudissimo del disprezzo, si lusinga di sopravvivere alla punizione di chi l'offese. Questa voluttà degli Dei è promessa al poeta da' santi (1); ed ei la santifica nella sua professione di carità a' tre principi degli Apostolic- Doversi amare di grado in grado più sempre le creature che men si dilungano dalla perfezione di Dio, Sommo Bene e Primo Amore dello universo (2)-cne sgorga innegabile la dottrina Che le creature quanto più si dilungano dalla perfezione e da Dio, sono esecrabili e destinate dalla giustizia divina all' inferno. Per l'argomento medesimo, la umana pietà dovendosi tutta concedere alle afflizioni de' buoni, ogni lagrima alle miserie de' reprobi accuserebbe il giudizio divino di crudeltà (3). Ed è il senso schiettissimo de' tre versi,

Qui vive la pietà quand' è ben, morta:

Chi è più scellerato di colui

Che al giudicio divin passion comporta?

Se non che, per non so quale distinzione teologica, il primo verso cominciò ad essere torturato da un secolo in qua. Poi la filologia, che se mai concedesse significato proprio ad ogni vocabolo, troverebbe poco da gloriarsi, distingue: la pietà (latine pielas) ossia zelo di religione, vive quando la pietà (latine commiseratio) verso a' dannati è ben mor

(1) Non vo' però che a' tuoi vicini invidie, Poscia che s' infutura la tua vita

Via più là che il punir di lor perfidic-Parad. xvn.

(2) Parad. xxvi, 64-66.

(3) Vedi Psalm. cxxxvш, v. 21-22.

ta (1): ed è l'antitesi simultanea di che dianzi ho toccato (2); quod rhetores vocant soynuatioμévov dum aliud loquitur aliud agit. Vulgo freddura. Argutantur clarissimi viri; ni fallor per non uscire del debito stile di filologica cortesia; comechè a dirne il vero, i chiarissimi, e sovr'altri quest'uno dell'antitesi simultanea, a chiunque s'attenta di contraddirgli in grammatica manda in risposta morbi e malanni, e il titolo di can sozzo vituperato (3). Per altro la dottrina torna tutt'uno. Dante ne fu ammonito, perchè piangeva allo spettacolo orribile delle umane sembianze sfigurate da' tormenti; e anche dopo:

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L. Certo ei piangeva. Ma quando uno sciagurato per rimorso d' infamia nega di levare la testa, il poeta, a costringerlo di lasciarsi guardare in volto, gli strappa i capelli (5). Ad un altro, affinchè rivelasse le sue proprie ignominie, promette di rompere su gli occhi il ghiaccio che gli rimandava l'angoscia e le lagrime al cuore; e il dannato, compiacendolo più che non gli avea richiesto, lo scongiura d' attendergli la promessa tanto ch' ei possa piangere. Il poeta nol fa, perciò che la villania era la sola cortesia dovuta a quel traditore (6). » E perciò doveva anch'egli il poeta usare arti di

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(1) Le note de' vari, Inf. xx. 28-30, Ed. Padovana.

(2) Sez. XLV, verso la fine.

(3) Biagioli, Commento.

(4) Inf. xxix, 1-3.

(5) Inf. xxx, 97-105.

(6) Inf. xxx, 112-150.

traditore? e abusare della cecità d' uno sciagurato rimeritato debitamente dalla giustizia divina? e ingannarlo con una imprecazione non molto diversa da' giuramenti politici dell'età nostra?

Dimmi chi se'; e s' io non ti disbrigo,

Al fondo della ghiaccia ir mi convegna.

Al cieco degli occhi parve giuramento tremendo, perch'ei non poteva conoscere che il promettitore era un vivente, privilegiato a discendere nel centro dell'Inferno, e poi salire al Paradiso terrestre, e all'Empireo. A tutti, fra quanti ne vedo, degli interpreti basta di ridurre i versi a piane parole; e a taluni pare che non rincresca del traditore gabbato dal poeta sacro (1). Soło il Poggiali vi nota: Quest'è libertà e licenza più che poetica (2), e se vuole accennare, che la è teologica, vi s'appone. Merian e Ginguené travedendo qua e là, ma non peggio di parecchi Italiani, hanno esaminato in modi diversi e con elegantissima critica ogni parte della Commedia: ei loro libri non erano riveduti da gente di chiesa: se non che l'uno non pose mente a quel luogo; e l'altro lo stimò indifferente (3). Pur nondimeno per un esempio minore di mala fede, molte censure toccarono a Omero, aggravate, a quanto la memoria mi suggerisce, dal Cesarotti. Dolone fu côlto a spiare l'esercito greco da Ulisse e da Diomede, che andavano spiando il Troiano. Il debole s'arrese a'due forti. Il più astuto, senza aperta promessa, e tuttavia facendogli cuore a non pensare alla morte, lo indusse a ragguagliarli degli accampamenti d'Ettore. Il più feroce si tacque, intese ciò che impor

(1) LOMBARDI, loc. cit. al verso 117.

(2) Ediz. Livornese, vol. III, pag. 440.

(5) GINGUENÉ, Hist. litt. d' Italie, vol. II, pag. 124. Ediz. 1811.

tava, e uccise la spia (1). Eustazio, Pope, ed altri, difendono Omero, tanto più che scriveva

A' tempi degli Dei falsi e bugiardi.

LI. Or nè l' Iliade, nè la Divina Commedia, nè poeta veruno in si fatte cose, domandano giustificazioni: bensì considerazione attentissima a raffigurarvi l'umana natura, Proteo travestito in guise affatto diverse, e spogliarla delle altre mille apparenze che assume da religioni e scienze e costumi; e vederla schiettissima, per quanto uno può, e quale è stata sempre e sarà. Dell' omerica teologia sappiamo solo, che Giove era Dio costituzionale: godeva de' fulmini, dipendendo da leggi preordinate dalla inesorabile fatalità; e non poteva rivocare mai giuramento d'altri, nè suo. Onde gli eroi dell'Iliade ogni qualvolta non giurino, ingannano crudelmente, e la coscienza non li rimorde; pur se combattono dopo un giuramento violato, non si sperano mai che vituperio e sconfitte (2). I re d'oggi, con formole non diverse d'imprecazione, giurano costituzioni ai lor popoli, congiurando con le armi forestiere a mutarle; e la loro coscienza è giustificata nelle vittorie impetrate dal Dio degli eserciti. Dante, per l'autorità di san Paolo, misura i gradi di amore e di compassione, d'abborrimento e di crudeltà e di supplizi meritati da ogni mortale, secondo che più s'allontana dalla perfezione; e danna gli empi, anche innanzi che muoiano; però che si alti diritti si spettano ad ogni eletto che ha fede e buona coscienza. Anzi chi non s' attiene alla coscienza, fa naufragio nella fede, e deve essere mandato al Demonio, che gl'insegni a non dir eresie. Vedi il te

(1) Iliad. Lib. x, 378-453.

(2) Iliad. Lib. vii, vers. 350-354.

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sto qui a piedi (1). Cosa intendesse precisamente l'Apostolo, l'appurarlo sarebbe studio perduto; sì perchè le sue dottrine, per se stesse oscurissime, furono scritte quasi a fine che ogni uomo potesse tirarle alle sue proprie opinioni, il che avvenne; e si perchè il Nuovo Testamento pare che fosse dettato innanzi tratto in latino, e tradotto nel greco che fu sempre riputato l'originale. Di ciò un pio ministro de' calvinisti presbiteriani ha, da poco in qua, radunato minute, ma connesse e infinite le prove; nè vedo che a' dottissimi della Chiesa anglicana, che gli contrastano, sia venuto ancor fatto di diradarle (2). Ma comunque siano state primamente scritte è pur certo che sia per quelle epistole, sia per le speculazioni sovr'esse, la morale dell' Evangelo rimase in custodia della coscienza, e della logica, e delle leggi degli uomini. Onde chiunque ebbe in sorte coscienza più confidente, e più teologica scienza, e piùo forza, si valse del patibolo, senza del quale niuna umana istituzione è obbedita.

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LII. La dottrina d'ardere gli uomini vivi, a punirli di supplicio che rassomigli al fuoco infernale, è antichissima. E comeche la riforma de' primi protestanti si chiamasse evangelica, fondasi tuttavia su gli oracoli di san Paolo e il carnefice Calvino sa

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(1) Habens fidem, et bonam conscientiam. Quam quidam repellentes, circa fidem naufragaverunt: ex quibus est Hymenæus, et Alexander; quos tradidi Satanæ ut discant non blasphemare. Timoth. Pr. 1, 19-20.

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(2) PALEOROMAICA etc. a provare Che per conciliare le varie lezioni de' testi della Volgata Greca del Nuovo Testamento, e dare evidenza a moltissimi luoghi oscuri, e ragione a molti fenomeni inesplicabili fino ad oggi a' Critici della Scrittura, basterebbe la ipotesi - << Che tutti i diversi codici greci sono traduzioni e ritraduzioni dall'originale latino >> e lo prova; onde il libro è curioso, se non utile; ma come gli altri di queste materie, riesce difficilissimo a leggersi, e lungo. London, Murray, 1822. 8

DANTE

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