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che Dante nascesse? Risponderete voi nomi di critici? No; ma « l'Alacci, e un altro Ubaldini, e il Quadrio, e il Zilioli e il Crescimbeni (1), » — autorità di compilatori. Il Crescimbeni è il più tristo: al quale i codici del Nostradamus, non veduti nè prima nè poscia da occhio vivente, e le mille baie poetiche, ascritte a chiunque visse e non visse, giovarono di suppellettile a far volumi di storie. Ma chi sa, e non ne ride (2)? non par egli tempo oggimai che la semplicità d'alcuni scrittori forestieri, amorevoli all'italiana letteratura, cessi d'essere rimeritata dal rischio di credere ad imposture? e che la sagacità d'alcuni altri non segua a deridere negli Italiani la boria di sfoggiare false ricchezze? Intorno al Zilioli, del quale non ho mai letto parola, vedi qui a piedi l'altrui parere (5).

CIV. Importa dunque innanzi tratto rifarsi dal verificare l'esistenza e l'autenticità di que'manoscritti; e se vi stavano e stanno tante reliquie de' primi scrittori. Il citare titoli di biblioteche e d'archivii, e de' chiarissimi loro custodi, basta a chi non intende tanto nè quanto si fatte cose: ma gli altri domandano prove rigorosissime e pubbliche. Bensi diresti ch' oggi in Italia s' avveri il proverbio, pur troppo!

Dum vitant docti vitia in contraria currunt.

Dianzi gli uomini dotti venivano computando l'un

(1) Dell'Am. Patr. di D., pag. 262-265.

(2) Molti in Francia che indagano il vero intorno a poeti provenzali - e qui, dov'io scrivo, Edgar Taylor, uomo profondamente versato nella letteratura de' Franchi, e delle lingue romanze.

(5) « La Storia de' poeti, di Alessandro Zilioli, di cui si hanno copie in diverse biblioteche, non è mai uscita alla luce; nè sarebbe bene che uscisse, se non purgata da molte favole ch'ei v’ha inserite. >> TIRABOSCUI, Stor. Lett., vol. VIII, p. 425-426, Ed. Pis.

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dopo l'altro se il Petrarca fosse stato beato della corona d'alloro agli otto d'aprile o a'tredici di aprile o a' diciassette d'aprile (1): e questa data e le centomila della sua razza, ognuno vede di quanto momento riescano alla storia delle lettere, ed alle vite degli uomini illustri. Oggi invece le belle ed utili teorie dell'autore dell'Apologia di Dante intorno alla lingua vanno pericolando a ogni poco per imprudenza d'anacronismi; e molte penne moderne, non so dir quante, li copiano in buona fede. Discorrendo del libro antichissimo che sospinse gli occhi e scolorò il viso di Paolo e di Francesca d'Arimino, gli editori dottissimi di Firenze, e i dottissimi editori di Padova notano: «È uno de'libri più antichi che la Chiesa abbia proibiti. E lo fulminò Innocenzo III al tempo stesso di Dante con una Bolla data l'anno 1313. (Vedi Ducang. Diss. Vi sulla storia di san Luigi re) » e si richiamano all' autore dell' Amor Patrio (2). Ben disse il vero della scomunica del romanzo; solamente Innocenzo III fu sotterrato un secolo e più innanzi Dante (3). Le date ove importano veracemente, s'hanno da temere con religione; sono ostinate, imperterrite, onnipotenti; ti rovesciano ogni ragionamento, e ti vietano di rispondere. Ed or si raffronti agli anni e alle parole di Dante, e alla storia citata dall'autore dell'Apologia, tutto il suo squarcio oratorio trascritto

qui sopra.

(1) BALDELLI, Del Petr. e delle sue Op., pag. 295.

(2) Ediz. Fior., vol. IV. Ed. Pad., vol. I, pag. 157.

(3) MURATORI, Ann. d'It., an. 1218. Nota che l'autore dell' Amor Patrio e i suoi seguaci, non citano dall'antichissimo romanzo proibito, bensì da uno de' tre raccozzati in più volumi nel secolo XVI, sotto il nome di Lancilotto, de' due Tristani, e di Meliadus, dei quali vedi le edizioni presso Apostolo Zeno (Annotaz. alla Bibliot. del Fontanini, vol. II, pag. 192, seg.) ove è da leggersi ogni favola vecchia e nuova de' Cavalieri della Tavola rotonda. Il passo

- CV. L'autore dell' Apologia vide la morte interrompere a un venerabile vecchio l'opera del Convito; e non badò nel Convito che Dante si proponeva di

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di Lancilotto che bacia Ginevra toccato nell'Inf. c. v. deriva dal romanzo originale; ma il Galeotto di Dante è nominato Galleaut il Bruno, cavaliere e compagno fidato di Lancilotto; onde non pare ch'ei scrivesse il romanzo. Di Lancilotto Dante parla nel Convito (verso la fine) come di personaggio men favoloso che storico; e nel libro della Eloquenza Volgare scrive in lode de' Francesi d'avere alquanto prima degl'Italiani diffusa per via di quelle storie la loro lingua. Però può darsi che all'età sua fossero tradotte, e che Francesca e Paolo le leggessero in italiano, benchè diverso da quello in che furono poi stampate a mezzo il secolo XVI: «e di<< vennero general pascolo per tutta Italia di dotti e d'idioti, di << nobili e di plebei.» (Zeno, ivi, pag. 197) e benchè non si dipartissero dalle favole de Cavalieri d'Artù, le ampliarono, e agli editori moderni, che alle volte le ritraducevano nel vecchio francese, parevano romanzi del medesimo soggetto, e gli incorporavano in uno; e alle volte ritoccavano le traduzioni antiche, lasciandovi a ogni modo o innestandovi idiotismi di tutte provincie italiane. Onde il Zeno ne novera molti intesi solamente da' Veneziani (loc. cit. pag. 194). Pare che fossero di lingua più pura e di mole minore que' manoscritti che i grammatici fiorentini leggevano sotto il nome della Tayola rotonda, in due traduzioni, una antica mollo (Proemio de' Deputati alla correz. del Decamer.): anzi il Salviati, Avvert. vol. I sentenziando a indovinamenti l'assegna al 1355. Forse è anteriore, e forse più tarda d'assai — ma sarebbe da leggere il codice, che a me non venne mai fatto di vedere. I periodi brevi calzanti, e schiettissimi citati qua e là nel vocabolario farebbero indizio di scrittore antichissimo ma talor anche t'abbatti in nomi e imprese di re vissuti da cento anni e più dopo Dante; ma dove il vero non è da appurarsi se non per via d'anni certi, e d'istoria, que valentuomini della Crusca sono sempre guide incertissime; e per quanto sia pur fatto storico notato a una voce e da Dante (Eloq. Volg.) e dal vecchio Villani (Cron. Lib. I, cap. 24) e dal Boccaccio (Laberinto d'Amore), e da altri molti ch'erano romanzi in francese, gli Accademici tuttavia senza starvi a pensare, li chiamano tradotti dal provenzale (Proemio de' Deputati alla correz. del Decamer.). Discorre il Zeno a provare contro al Fontanini che que' romanzi non fossero in provenzale. Il Tasso fondato sul verso del Purg. xxvi che allude ad Arnaldo Daniele che superò

« Versi d'amore e prose di romanzi »

congetturò che fossero da attribuirsi a questo poeta; ma oltrechè come il Zeno nota potè avere scritto romanzi d'altro che della Tavola rotonda, it verso può essere interpretato così << Adoperò

"

trattare, quando che fosse, dell'idioma moderno (1), e poscia ne scrisse due libri; ma non terminò. L'intera dottrina di questa operetta è il soggetto vero del libro su l'Amor Patrio; e nondimeno all' uomo dottissimo parve che fossero dettate le prime pagine del Convito su l'orlo del sepolero; " e comechè l'una e l'altra opera fosse rimasta a mezzo, ideò che questa era l'ultima. Il vero schietto si è, che a riempiere l'orditura di si fatto lavoro bisognavano lunghe vigilie. Il poeta intendeva di commentare quattordici canzoni; le prime tre gli occuparono un giusto volume; e lasciò stare le altre undici. All'altra opera su la Volgare Eloquenza scritta senza troppe questioni morali, nè digressioni, un anno avrebbe bastato a finirla; il che riordina i tempi nella narrazione de'suoi coetanei, incerti se questo fosse il lavoro ultimo impeditogli dalla morte. Pur non ingombrano l'altrui me

« la sua lingua materna in poesia, in guisa che superò quanti mai << la scrissero in verso e in prosa.» Forse i primi cominciarono in Inghilterra a scriverli que' Normanni, che vi vennero con Guglielmo Conquistatore; e di certo la Bolla allegata pur dianzi palesa che fossero libri noti già da tre o quattro generazioni innanzi che Dante nascesse; ma quali e in che lingua si leggessero all'età sua, è questione che tuttavia non m'è chiara. Più degno d'attenzione agli osservatori del corso di letteratura delle nazioni, parrà, che come nell'epoca eroica della Grecia, i poemi per l'impresa degli Argonauti per la conquista del Vello d'oro, hanno preceduto I'Iliade per la spedizione di tutta la Grecia contro all'Asia, così i romanzi intorno alle imprese di Carlo Magno, e della Cristianità contro a' pagani, furono preceduti dalle avventure de' re della Tavola rotonda e del re Artù, de' quali tutti l'impresa era di conquistare il santo bacino di Giuseppe d'Arimatea, sul quale Cristo nell'ultima cena mangiò l'agnello pasquale co' dodici Apostoli. Intorno alla impresa di sì fatta conquista si avviluppano e si snodano le favole tutte di que' romanzi. Il Leland (Script. Britann., vol. I, cap. 24) parla di croniche inglesi antichissime le quali trovano il sepolcro di Giuseppe d'Arimatea nella Badia di Glosseburgo in Bretagna, e furono per avventura principio a' romanzieri venuti più tardi.

(1) Convito, pag. 76 e le parole stanno trascritte qui dietro,

SCZ. XXIX.

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moria di false nozioni intorno alla vita e alle opinioni di Dante (1). Queste industrie misere nostre, sa il cielo! e più che noiose, ma tuttavia necessarie a trovare lume di verità, pur dove s'adoprino intristite della pedanteria de' nostri vecchi, o pompeggino, com' oggi è l'usanza, con troppa rettorica, tornano vane ad un modo e aggiungono fumo alla nebbia. Dante credeva « Che l'umana vita si parte per quattro etadi Adolescenza Gioventute Senettute - Senio A queste parti si fanno somigliantemente nell'anno in Primavera, Istate, Autunno, Inverno - La Gioventute nel quarantacinquesimo anno si compie; e così si termina la Senettute nel settantesimo anno Avviene che oltre la Senettute rimane alla nostra vita forse in quantità di dieci anni o poco più o poco meno, e questo tempo si chiama Senio (2) oggi decrepitezza. Morì d'anni cinquantasei, e forse pronunziava nel cuore il quæsivi residuum annorum meorum della Scrittura; perch'ei di certo vedevasi ancora a mezzo l'autunno,

Quando il frutto risponde al fior d'aprile.

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Questo ripartimento della vita umana fu indicato da tutti gli antichi e il vecchio scoliaste d'Orazio al verso della Poetica

<< Multa ferunt anni venientes commoda secum >>

nota che il poeta attenevasi alla opinione universale

(1) «Cominciò uno comento sopra quattordeci delle sopradette Canzoni morali volgarmente, il quale per la sopravvenuta morte non perfetto si trova. Altresì fece un libretto, che l'intitolò De Vulgari Eloquentia, ove promette fare quattro libri, ma non se ne trova se non due, forse per l'affrettata sua fine. »> G. VILLANI, lib. IX, 134.

(2) Convito, pag. 258-260.

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